Dopo la straordinaria stagione greca del Teatro, della Tragedia, della Commedia e del Dramma Satiresco la cui grandezza raggiunse vertici tali, seppur inquadrati entro un sistema di cultura e civiltà in cui la religione interagiva con lo spettacolo, nel fiorire della Romanità anche nelle aree decentrate o periferiche (analizziamo qui a titolo d'esempio il Teatro di Ventimiglia Romana) il fenomeno del Teatro per quanto secondario nei gusti delle masse a forme ludiche più consone ai padroni del mondo quali i Ludi e comunque i giochi circensi mantenne una grande partecipazione, anche popolare, ed una fruizione altamente considerevole con tutta una sua casistica particolare su cui giova meditare oltre che sulla caratteristica di essere un munus (dono) cui si partecipava gratuitamente a condizione di ostentare all'ingresso quelle "Tessere Teatrali" che da un lato costituivano un modo per gestire i rapporti sociali, di clientela ma anche di pubblicità e intercomunicazione e dall'altro finirono per rappresentare un oggetto anche enigmatico di indagine per antiquario e collezionisti dai tempi dell'Aprosio a partire da quel G. B. Casali che alle Tessere nelle loro varie specialità dedicò un corposo intervento in un suo volume su Roma Antica e che qui si può leggere per intiero digitalizzato da testo antiquario (con immagini) (magari soffermandoci a pro dei più curiosi sull'uso fra tante altre delle Tessere di Ospitalità e quindi, par quasi inevitabile, sulle Tessere Teatrali).
Come detto -anche se forse, e per quanto privatissimo, il più affascinante quanto originale "Teatro", inteso quale sede straordinaria per ogni sorta di divertimenti, dovette essere quello,o
voluto dall'imperatore Caligola, mobile sulle Navi del Lago di Nemi destinate ad opsitare con i suoi ospiti belle ragazze molto spesso provenienti dal Mondo dello Spettacolo- il fenomeno scenico mantenne quandi non solo grande rilevanza sociale ma vide pian piano il proliferare di strutture monumentali atte a contenere folle di appassionati spettatori
A prescindere dall' incredibile ed anomala struttura voluta da Caligola , come di altre che potranno magari esser scoperte in futuro, a riguardo della "vita nella vera e propria" della Complessa ed istituzionale struttura del "Pubblico Teatro" destinata ad ospitare migliaia di spettatori, prescindendo dalle dimensioni e dalla maggiore e/o dalla minore tecnologia a disposizione (restando in tema si potrebbero menzionare i due teatri mobili di Curione destinati, quando necessario, a diventare fusi tra loro in maniera da costituire un Anfiteatro (e quindi offrire una forma alternativa di spettacolo e divertimento) = II metà del I secolo a. C.; vedi: Plinio, lib. XXXVI della Storia Naturale) quasi tutto rispondeva ad una tipologia abbastanza costante e ripetitiva di cui qui si propongono osservazioni atte ad un confronto tra teatro greco e (p. 1200, colonna II in basso) teatro romano (con l'inserimento di uno schema attivo dal lato multimediale) = ed occorre anzi dire che anche a Roma, originariamente, per quanto concernevano Commedie e Tragedie -al tradizionale uso greco- le parti femminili erano attribuite ad uomini, che portavano maschere.
Anche se col passare del tempo ed in rappresentazioni più consone (dalle "Atellane" ai "Mimi") ai nuovi gusti dell'ecumene romano presero a recitare con sempre maggior successo, senza maschera né particolari caratteri distintivi come i coturni,
le donne accanto agli uomini = erano queste le "Mime"
che parteciparono anche al nuovo genere, ma indubbiamente di gran richiamo, delle "Pantomime" = occorre dire che in effetti non godevano di gran reputazione secondo la morale comune romana (assai più severa di quanto pessime traslazioni romanzesche e cinematografiche abbiano lasciato intendere) ma non erano affatto relegate nel limbo sociale degli emarginati ed anzi se alcune di loro, di piccole compagnie operanti in provincia, dovevano spesso integrare i magri guadagni concedendosi a protettori più o meno occasionali nemmeno mancarono quelle idolatrate e ricercate in grado di accumulare buoni guadagni e vantare potenti amicizie.
Sul tema più esteso del Teatro in Roma un "Fautore dell'Aprosiana" oltre che corrispondente de "Il Ventimiglia" ha lasciato un contribuo vasto e tuttora utile per quanto raro entro un suo volume oggi molto raro su molteplici lati di " Roma Antica": si tratta di Giovan Battista Casali la cui opera, su cui si ritornerà per distinti versi, giunge molto interessante in merito agli aspetti del Mondo dello Spettacolo e che qui si propone con la sua ricca iconografia (la curiosità e rarità del volume non ha impedito che -specie per il non facile latino in cui è scritto- che gli fosse accostato in testo italiano il basilare "Lessico dell'Antichità di F. Lubker" con l'indice delle voci più significative)
Per vari aspetti le Cantatrici e le Musiche godevano di miglior reputazione; qui possiamo vedere l'organo di
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città della Pannonia e qui possiamo vedere una struggente iscrizione (dal lapidario della stessa città) in cui un marito, suonatore d'organo salariato della Legione II ausilaria compiange la morte della moglie Sabina soprattutto affermata cantante ma anche suonatrice d'organo.
La fortuna delle "Mime" e delle "Ballerine" (perlopiù comunque impiegate quali attrici di varietà e che spesso non lesinavano a presentarsi ostentando tutta la loro bellezza e sensualità) ma anche quello delle cantanti e suonatrici decadde con l'avvento del Cristianesimo: in
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"Il termine eunuco, che letteralmente significa "custode del letto" (dal greco "eune", "letto", ed "eko"), nel senso di "custodire", indica un uomo privo delle facoltà virili per difetto organico o in seguito a evirazione.
La castrazione veniva praticata, sia come cerimonia iniziatica sia come punizione per adulteri e sacrilegi, tanto nell'antico Egitto quanto nell'India vedica, ed era diffusa, insieme con altri tipi di interventi rituali sugli organi sessuali maschili o femminili - circoncisione e infibulazione (v. circoncisione) - soprattutto in Africa, dalla valle del Nilo al Kordofan, al Sudan occidentale, all'Etiopia meridionale; forme di evirazione si riscontrano inoltre nelle popolazioni dell'area andina preincaica.
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Nel mondo greco il più intenso e duraturo caso di tradizione fondata sull'evirazione a noi noto è legato alla leggenda di Cibele, che ha probabilmente origini anatoliche e pare in relazione con tradizioni indiane, vediche o postvediche. La Magna Mater Cibele amava il giovane pastore Attis, che fece gran sacerdote del suo tempio; Attis la tradì però con una ninfa e, dinanzi alla terribile ira della dea, provò paura e rimorso tali da evirarsi con le sue mani. Il giovane morì per la ferita: commossa, Cibele instaurò allora il suo culto, incentrato sulla cerimonia del pino reciso che simbolizzava l'ablazione dell'amato. A tale cerimonia potevano partecipare solo gli eunuchi; sovente, ci si castrava durante la cerimonia dell'ostensione del pino sacro, accompagnata da scene di esaltazione mistica. I sacerdoti di Cibele, detti galli, erano castrati e provenivano di solito dalla terra d'elezione del culto orgiastico della Magna Mater, la Frigia. La castrazione rituale trova in effetti il suo più denso e frequente riscontro in un'area compresa tra la penisola anatolica e la Siria, dove non era solo Cibele a venire adorata da sacerdoti castrati: a Efeso, eunuchi erano addetti al culto nel tempio di Artemide; a Lagina, in Caria, eunuchi servivano una dea identificata solitamente con Ecate; le divinità siriane Astarte e Atargatis venivano servite da sacerdoti eunuchi.
L'evirazione sacrale è variamente interpretata: come atto di amore sublime e di sacrificio della virilità alla dea, ma anche come gesto che, producendo una sorta di femminilità artificiale, rendeva i suoi fedeli più simili a lei e al tempo stesso li dotava di una potenza superiore, su un piano spirituale e forse extrasensoriale. In questo senso non manca chi interpreta l'evirazione come la riconquista della condizione umana primigenia e perfetta, quella dell'androgino che possiede entrambi i caratteri sessuali. A tale riguardo è da notare che i sacerdoti eunuchi indossavano vesti femminili e che, dalla Siberia alle pianure nordamericane, alla Mesoamerica precolombiana, le culture sciamaniche attribuiscono un valore sacrale agli uomini che si travestono o si atteggiano a donna (cosa notoriamente riprovata dal Cristianesimo): ciò collega strettamente facoltà sciamaniche, castrazione reale o rituale e omosessualità.
A Roma, il culto di Cibele, come qualunque altro culto a carattere orgiastico, fu inizialmente accolto con ostilità e sospetto. Cibele divenne tuttavia una delle protettrici principali della città e del popolo romano, allorché a essa si attribuì il fatto che nel 204 a.C., durante la Seconda guerra punica, la vittoriosa marcia di Annibale non avesse travolto l'Urbe. Da allora le cerimonie primaverili in onore della dea, che si tenevano tra il 15 e il 24 marzo, furono celebrate con grande fasto; nel corso di esse i galli e i fedeli d'entrambi i sessi si flagellavano e si mutilavano in vario modo (ferendosi in varie parti del corpo), le donne giungevano fino all'amputazione di uno o di tutti e due i seni e gli uomini alla castrazione.
Il dilagare dei costumi d'origine microasiatica - che la cultura ellenistica aveva diffuso in tutto il bacino mediterraneo - determinò una forte richiesta di eunuchi, grazie anche all'ambiguità che li rendeva adatti a qualunque tipo di prestazione sessuale (si riteneva, anzi, che fossero inclini alla mollezza e al piacere). I romani conoscevano tre classi di eunuchi: gli spadones, cui erano state tagliate le gonadi; i thlasiae (dal greco "thlao", "schiaccio"), ai quali esse erano state schiacciate; infine i castrati, cui era stata praticata l'ablazione totale di verga e testicoli. L'uso di castrare giovani schiavi a scopo di lucro (il mercato relativo era florido) o di corruzione sessuale era tanto diffuso nel 2° secolo d.C. che Adriano promulgò al riguardo leggi molto severe. D'altronde, il periodo tra il 2° e il 3° secolo d.C. fu l'età aurea della castrazione a fini religiosi; in particolare l'evirazione sacrale toccò i suoi vertici nel primo quarto del 3° secolo d.C., sotto gli imperatori d'origine siriaca che favorirono il culto della Magna Mater: uno di essi, Eliogabalo, giunse a evirarsi per divenire egli stesso gran sacerdote di Cibele. Il cristianesimo sembra aver mutuato da fonti ellenico-asiatiche la sua alta valutazione della castità (originario dell'Asia Minore era appunto Paolo di Tarso), ed è rimasto celebre il gesto di un padre della Chiesa, Origene, che procedette all'autoevirazione. Attorno alla metà del 3° secolo un cristiano eterodosso, Valesio, fondò presso il Giordano una comunità i cui membri, per seguire alla lettera un passo del Vangelo, rimuovevano dal loro corpo l'organo origine dello scandalo sessuale, cioè si castravano. La setta giunse a tali eccessi da assalire estranei e mutilarli per salvarli dal peccato e, in seguito a ciò, la Chiesa precisò la sua opposizione a qualunque metodo di castità costrittiva. Il Concilio di Nicea condannò, nel 325, l'evirazione, volontaria o meno. Anzi la volontà di reprimere qualunque eresia al riguardo, insieme all'idea che il pontefice dovesse essere con sicurezza uomo fisiologicamente indenne, condusse, nel 9° secolo, la Chiesa romana a introdurre il rito della palpazione dei testicoli del nuovo papa.
L'evirazione, costantemente avversata in Occidente, continuò a esser seguita a Bisanzio, nei paesi islamici e in Cina.
Dall'abitudine bizantina di avere gli eunuchi come guardiani di ginecei, l'islamismo mutuò la tradizione secondo cui essi erano preposti alla custodia degli harem. Il grande medico Abulcasis (10° secolo), pur sottolineando la proibizione della castrazione per i musulmani (p. 321, par. 18), fornisce metodi per lo schiacciamento e l'asportazione dei testicoli, misura adottata soprattutto nei confronti degli schiavi. Al di là dei motivi medici o sociali che potevano determinare la castrazione, essa era praticata in differenti circostanze, anche a fini di punizione o di vendetta. Tra i casi più celebri al riguardo, è da porre quello del filosofo Pietro Abelardo che, in pieno 12° secolo, venne mutilato per punizione dei suoi rapporti con Eloisa. Nel corso del 16° secolo, forse in coincidenza con la polemica tra cattolici e riformati sui temi della castità e del celibato dei sacerdoti, si diffusero contemporaneamente voci relative a pratiche di castrazione.
Nel 1565, i luterani di Monaco accusarono i gesuiti di castrare i loro giovani scolari per mantenerne intatta la castità ma le prove addotte dimostrarono come l'equivoco fosse nato da una cattiva interpretazione di un caso di criptorchidismo.
Intanto si diffondeva soprattutto nello Stato della Chiesa, dove il divieto di esibizione delle donne in teatro rimaneva rigoroso, la pratica (illecita, ma seguita a scopo di lucro pur se come ben noto ad Aprosio parecchi religiosi volevano aggirare l'ostacola per il "pubblico bene" di sistemare "Evirati cantori" nelle Cantorie Ecclesiastiche) di far castrare bambini e adolescenti per mantenerne intatti i caratteri del timbro della voce e impiegarli poi come 'voci bianche' [ferma restando è doveroso ribadirlo questa "esigenza" ecclesiale per il "pubblico vantaggio" come si diceva fra contestazioni sempre crescenti l'operazione era tenuta segreta sì che chi su di essa investigò non riuscì a trovare soluzioni competenti].
I musici, o 'evirati cantori' - celebre fra tutti Carlo Broschi, detto il Farinelli, amico del Metastasio -, furono di gran moda tra il 17° e i primi del 19° secolo, allorché la pratica venne dichiarata illegale e come tale perseguita. L'eunuchismo conobbe un revival nella Russia zarista del 18° secolo, con il vasto successo della setta dei radenyi ("flagellanti"), che in un'estasi tra il mistico e l'erotico giungevano non solo alla flagellazione e al digiuno, ma anche alla castrazione. Da questa setta derivarono gli skoptzy ("castrati"), il successo dei quali, sotto il regno di Nicola I (1825-55), fu tale che lo zar fu costretto ad adeguarsi alla scelta della Chiesa cattolica, che condannava solennemente ed esplicitamente l'evirazione volontaria. Nonostante le persecuzioni, la setta era ancora attiva nella prima fase del regime sovietico.
L'evirazione rituale è tuttora seguita in alcune culture tradizionali africane. In India sopravvive ancor oggi, nonostante le proibizioni legali, la setta dei Hijra, fondata nella prima metà del 20° secolo da Dada Guru Sankar, che diffonde la pratica dell'autocastrazione. Essa, però, non si può correttamente ricondurre né alle tradizioni dell'età vedica, né alle consuetudini indiane antecedenti alla conquista britannica del subcontinente" (Franco Cardini, "Enciclopedia Treccani - on line; qui con integrazioni multimediali e interattive)
bibliografia
A.G. Labanchi, Gli eunuchi e le scuole del canto del secolo XVIII, Napoli, Guida, 1923.
U. Ranke-Heinemann, Eunuchen für das Himmelreich, Hamburg, Hoffmann und Campe, 1988 (trad. it. Milano, Rizzoli, 1990).