"..... Stobeo [vedi qui]
ne' precetti connubiali lasciò scritto, che l'offico della buona donna era il servire, non comandare al marito...." scrive il Nolfi come qui si può ben leggere, quasi a corroborare con il giudizio (con quello d'altri autori pagani) di un "autore classico", una tradizione di misoginia ed antifemminismo comunque enfatizzata dal Cristianesimo e che, con toni diversi, percorre il suo secolo = non a caso nel contesto di queste postulazioni epocali, spinto anche dall'esigenza di emergere ma uniformandosi onde non crearsi inimicizie, il giovane A. Aprosio in un'opera che avrebbe dovuto proporlo all'attenzione epocale "LO SCUDO DI RINALDO..." parte I, edita 1647 (poi rivisitato nel più moderato e oggettivo "LO SCUDO DI RINALDO", parte seconda - già inedita, ora qui leggibile con app. critica, lettere e liriche di Dati, Marchetti, Redi ecc.) esperimenta la produzione moralistico/satirica di stampo prevalentemente misogino e la connessa influenza sul tema del libertinismo degli Accademici Incogniti di Venezia [vedi qui lo studio dello Scudo di Rinaldo con varie integrazioni critiche insieme con la "Lettera dell' Aprosio sulle ragioni di tale pubblicazione" ed ancora con la proposizione di una serie di approfondimenti tematici e bibliografici e vedi pure le ragioni del sottotitolo dell'opera = Specchio del Disinganno ("Arte del Disinganno" forgiata anche sulla scia "scientifica" della seicentesca "Mateologia" ed ancora analizza sugli scritti antifemministi aprosiani l'influsso degli eruditi napoletani
CAPITOLO XXXIX A MONSIGNOR GIULIO CLEMENTE SCOTTI: Dell'infelicità de' maritati
CAPITOLO XL AL SIGNOR PIETRO ZAGHIS: Chi sia manco infelice, o'l Marito, o la Moglie