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GIOACCHINO ROSSINI (ARCHIVIO "MUSEO DELLA CANZONE DI VALLECROSIA - IM")












Nel contesto della produzione musicale settecentesca sono da citare le figure di Luigi Cherubini e Gaspare Spontini.
Cherubini, nato a Firenze nel 1760, dopo un soggiorno in Inghilterra, raggiunse la Francia ove decise di stabilirsi trascorrendo a Parigi tutta la vita, spegendovisi nel 1842.
Egli rivestì posti di rilievo nel Conservatorio parigino di musica e del quale divenne direttore dal 1822.
Sostanzialmente egli fu uno dei migliori compositori del suo tempo, tanto che ottenne pure il plauso dello Haydn e di Beethoven.
Sono da ascrivergli varie opere teatrali tra cui spiccano Lodoiska, Medea, Le due giornate, Anacreonte, ma fu altresì autore di musica religiosa e di quartetti per archi in cui mediamente denotò ricchezza d'idee e grande qualità di elaborazione.
Gaspare Spontini vide invece la luce a Maiolati nel 1774 e dopo l'importante formazione italiana raggiunse la Francia nel 1803 per poi trasferirsi a Berlino nel 1820.
Successivamente in dipendenza di insorti contrastì lasciò la Germania e, dopo una sosta a Parigi, raggiunse il paese natio ove condusse il resto della sua esistenza che finì nel 1851.
Lo Spontini finalizzò quasi tutta la sua attività alla composizione di opere teatrali, fra cui La Vestale, Fernando Cortis, Olimpia e Agnese di Hohenstaufen.
GIOACCHINO ROSSINI ebbe i natali a Pesaro il 29 febbraio del 1792. Era figlio di un modesto sonatore di corno che gli insegnò i rudimenti della musica.
Visto che il giovinetto possedeva una voce importante, ne fece dapprima un cantore ma resosi consapevole delle disposizioni musicali del figlio, fece in modo che seguisse gli studi al Liceo Musicale di Bologna.
Quivi Gioacchino sfruttò il magistero di Stanislao Mattei e si formò sulle opere di grandi musicisti quali Cimarosa, Mozart, Haydn.
Rimase al Liceo per tre anni, componendo alcuni lavori, e poi si volse verso nuovi orizzonti.
La cambiale di matrimonio fu la sua prima opera e venne con discreto successo rappresentata al Teatro San Moisè di Venezia il 3 novembre 1810.
I1 6 settembre del 1812 Rossini rappresentò alla Scala di Milano l'opera La pietra de! paragone, che godette di gran un successo anche per l'implicita originalità.
Col Tancredi che fu rappresentato a Venezia il 6 febbraio 1813 l'ancora ventenne compositore eguagliò la fama dei migliori del suo tempo.
In particolare egli sostituì al tradizonale recitativo secco, eseguito dal cembalo e dai bassi, il recitativo obbligato, sviluppando il pezzo di assieme e concedendo ampio volo alla sue ispirazione.
Dopo tre mesi di distanza comparve sulle scene l' Italiana in Algeri: Venezia, 22 maggio 1813.
Al San Carlo di Napoli (4 ottobre 1815) Rossini rappresentò Elisabetta regina d'Inghilterra : in tale opera, che fu accolta trionfalmente, il compositore scrisse per intero quelle fioriture nella parte del canto, che prima erano concesse all'arbitrio del cantante sì da creare abusi e deformazioni delle ideazioni del compositore; e atteso come a Rossini si sia rimproverato non a torso) di aver sempre ecceduto nel canto fiorito, giova far rilevare come gli si debba comunque riconoscere di avere almeno frenato la licenza degli esecutori.
Col Barbiere di Siviglia (rappresentato al teatro Argentina di Roma il 20 febbraio 1816) Rossini realizzò uno dei principali capolavori del teatro musicale.
Dopo il Barbiere fu la volta dell' Otello (Napoli, 4-XII-1816) in cui il recitativo risultò molto accurato e l'orchestra dimostrò di possedere una valenza prima inconsueta.
Rossini con la Cenerentola (Rome, 25 gennaio 1817) e la Gazza ladra (Scala, 31-maggio-1817) riprese abilmente il genere comico anche se la Cenerentola conobbe le sorti del Barbiere di modo che una prima rappresentazione dall'esito esito negativo procedette il successo più autentico schietto.
Col Mosé, rappresentata al San Carlo di Napoli il 5 marzo 1818, Rossini diede una prova sontuosa della poliedricità del suo suo ingegno capace di estrinsecarsi altresì in lavori di ordine tragico e sacro.
La donna del lago, rappresentata a Napoli il 24 settembre 1819, fu invece caratterizzata da un insuccesso che turbò Rossini, che pure aveva retto senza troppi ripensamenti i momentanei "fiaschi" del Barbiere e della Cenerentola .
In Zelmira , data ancora a Napoli il 26 dicembre 1821 ed a Vienna nell'aprile del 1822, Rossini inaugurò un suo nuovo stile crtamente più controllato e senza troppe concessioni alle fioriture ed ai facili effetti.
Il trionfale successo viennese di Zelmira attirò l'attenzione della stampa ma contestualmente generò discussioni e polemiche: a queste parteciparono anche Weber e il filosofo Hegel, il primo ostile, il secondo incodizionatamente favorevole a Rossini.
Semiramide (Venezia 3 febbraio 1823) ottenne fredda accoglienza anche se per molti aspetti fu una delle più belle partiture rossiniane:ad essa non giovò quasi certamente una nuova concessione ad eccessi delle fioriture nel canto.
In occasione del suo soggiorno a Vienna, ascoltata una esecuzione dell'Eroica di Beethoven, Rossini si recò a visitare il grande compositore tedesco, da cui non sentì lodare Zelmira ma il Barbiere, ricevendone altresì il consiglio di scrivere sempre in quel genere comico, che Beethoven riteneva adatto al temperamento italiano.
Una volta fatto direttore di musica al Teatro Italiano di Parigi, Rossini vi rappresentò, il 19 giugno 1 825, Un viaggio a Reims, opera non priva di notevoli qualità ma cui fu dannosa la prolissità dell'unico atto, tanto che la rappresentazione non ebbe successo.
Il 3 agosto 1829 ebbe luogo a Parigi la prima rappresentazione del Guglielmo Tell.
Dalla tragedia di Schiller i poeti Jouy e Bis avevano tratto un brutto e soprattutto prolisso libretto e tuttavia Rossini realizzò un capolavoro.
L'opera risultò ricca di pagine immortali, come la famosa sinfonia, il duetto d'amore tra soprano e tenore e il coro finale.
Tutto il lavoro risultò permeato d'una poesia squisita, di una drammatica intensità e di una grande ricchezza orchestrale.
Nell'opera Rossini aveva sapientemente sposato l'ispirazione e la melodia italiana con la profondità della scuola tedesca e la drammaticita del teatro francese.
Tramite questo suo capolavoro il Maestr italiano diede testimonianzaa coloro che ancora lo designavano quale il compositore ideale dell'opera comica d'esser capace di sentire e riprodurre i moti profondi dell 'anima umana e gli svariati aspetti della natura.
I1 successo del Guglielmo Tell in prima istanza non fu pari alle attese del compositore e fu soprattutto disdicevole che alla prima rappresentazione venissero fatte seguire delle esecuzioni mutilate con soppressioni di intere scene e in qualche circostanza di di interi atti.
Rossini ne fu indignato e disgustato, tanto più che a quest'opera egli aveva dedicato tempo e cure infinitamente maggiori che a qualsiasi altro suo pregresso lavoro: oltre a ciò l'autore restò negativamente impressionato dall'insorgenza di complicanze di carattere amministrativo sì che seguirono le dimissioni di Rossini e una lite giudiziaria durata vari anni e conclusasi con la sua vittoria.
Dopo il Guglielmo Tell succedette un periodo di: silenzio che perdurò ben trentanove anni, momentaneamente interrotto solo dallo Stabat Mater che venne eseguito a Parigi il 7 gennaio 1842 e a Bologna, sotto la direzione di Gaetano Donizetti, il 18 marzo 1842, e quindi con la Messa solenne, privatamente rappresentata a Parigi il 14 marzo 1864.
Lo Stabat Mater ha i connotati della grande composizione, pregna di pagine di grande ispirazione, anche se di carattere poco liturgico.
La Messa solenne, che Rossini preferiva chiamare Piccola Messa, venne scritta per quattro voci e coro con accompagnamento d'armonium o due pianoforti: gli slanci dell'ispirazione risultarono piegati alla severa forma del contrappunto ed il Maestro si rivelò qui capace delle più grandi dimostrazioni di perizia stilistica.
Abbandonata la Francia nel 1836, Rossini risiedette fino al 1848 a Bologna, città ove asunse la direzione dell Liceo Musicale, insistendo poi senza frutto perché tal posto venisse accettato da Donizetti.
Successivamente prese dimora per qualche anno in donde poi si recò ancora a Parigi, ove condusse vita mondana, senza mai più esser coinvolto dalla nostalgia di quel teatro cui , in appena tredici anni era risucito a dare tanti capolavori.
I1 suo così lungo silenzio costituisce un mistero dell'arte che è stato indagato, ma non ancora spiegato se non per via di ipotesi.
Il grande compositore morì a Passy, presso Parigi, il 13 novembre 1868.
GAETANO DONIZETTI ebbe i natali a Bergamo il 29 novembre 1797.
Entrato fra i cantori della Basilica di Santa Maria Maggiore, e poi nella scuola musicale conosciuta sotto il nome di Lezioni caritatevoli di musica, ricevette gli ammaestramenti del maestro Gonzales venendo altresì segulto con amore dal direttore Simone Mayr, che aveva intuiti l'avvenire luminoso.
proprio i1 Mayr stesso gli procurò una sorta di borsa dis tudio che gli consentì di recarsi a studiare nel prestigioso Liceo Musicale di Bologna. Come prove di esame, Donizetti compose una sinfonia addirittura premiata, quindi, nel 1818, conclusi gli studi, tornò a Bergamo, dove affinò la sua cultura musicale con la lettura dei classici, Haydn e Beethoven.
Le sue prime opere Enrico di Borgogna e Pietro il Grande, zar delle Russie, rappresentate a Venezia nel 1818 e nel 1819, ebbero soltanto discreto successo ma non trionfarono: ed ancor minori furono gli esiti della rappresentazione mantovana de Le nozze in villa.
Segnalato dal Mayr all'impresa del Teatro Argentina di Roma, Donizetti compose quindi la Zoraide di Granata, cheinvece, rappresentata nel 1822, conquistò davvero un importante successo, sulla scia del quale, Donizetti passò a Napoli, scrivendoci in un solo biennio parecchie opere, mentre altre ne fece rappresentare a Roma, Venezia e Palermo.
Anna Bolena data alle scene in Napoli nel 1830 fu in verità il primo trionfo del compositore.
Donizetti compose questo lavoro importante nell'arco di soli 40 giorni ed ancor meno tempo impiegò a comporre quell'autentico capolavoro che è L'elisir d amore, rappresentato con esito trionfale al Teatro Carcano di Milano il 12 maggio 1832.
Un insuccesso accompagnava invece nel 1833, alla Scala di Milano, la prima della Lucrezia Borgia, tuttavia i fasti di Donizetti furono presto rinvigoriti nel 1835 a Napoli l'esito trionfale della Lucia di Lammermoor, che sostanzialmente costituisce il capolavoro del compositore bergamasco.
Contemporaneamente Donizetti diventò docente di contrappunto al Conservatorio di San Pietro a Maiella di Napoli: quindi partecipò per concorso al posto di direttore del Conservatorio, ma non superò la prova sì che risultò nominato Mereadante.
Donizetti, benché addolorato dello scacco, nobilmente si complimentò per il fatto che il posto fosse stato assegnato a un musicista degno di occuparlo.
Gli anni seguenti per Donizetti risultarono davvero drammatici.
In breve tempo perdette padre e madre, moglie e figlio: alla fine l'artista era letteralmente prostrato da siffatte sciagure, tanto che ne risentì la sua contestuale produzione non certo al livello dei lavori che l'avevano preeeduta.
Nel novembre del 1837 Donizetti fece eseguire a Napoli la sua Messa di Requiem, in maniera di finalizzare per primo l'esperimento dell 'orchestra invisibile.
Il suo genio tornò a brillare verso il 1840 con opere quali La figlia del reggimento, Poliato (in francese Les Martyrs), La favorita tutte rappresentate a Parigi.
Nel 1842 di Donizetti venne messa in scena a Vienna la Linda di Chamonix la quale ottenne tanto successo che Donizetti venne nominato maestro di camera e di cappella dell'Imperatore d'Austria.
A Parigi, al Teatro degli Italiani, il 4 gennaio 1843 avvenne quindi la prima fortunatissima rappresentazione del DonPasquale, cui vennero dietro, con uguale esito di caloroso successo, la Maria di Rohan (Vienna, 5 giugno 1843) e il Don Sebastiano (L'Opera di Parigi, 13 novembre 1843).
Nell'autunno del 1 845 il genio di Donizetti venne meno per sempre: colpito da paralisi, ricoverato in una case di salute, demente, Donizetti languì per qualche tempo sin a quando venne trasportato in Italia in condizioni disparate per morire, senza dubbio prematuratamente, nella natia Bergamo 1'8 aprile 1848.
VINCENZO BELLINI ebbe i natali a Catania il 3 novembre 1801, Vincenzo Bellini ricevendo le prime istruzioni nell'arte della musica dal padre organista.
Aveva soltanto 7 anni allorché compose un Tantum ergo e un Salve Regina.
Il nonno paterno, abilissimo musicista, gli insegnò allora il contrappunto e alla sue scuola Vincenzo scrisse diversecomposizioni tra cui la cantata Ombre pacifiche.
Nel giugno 1819 Bellini entro al Conservatorio di musica di Napoli meritandosi celermente il posto gratuito con l'incarico di maestrino.
E' l'epoca in cui scrisse numerose composizioni strumentali, sei sinfonie, una cantata, varia musica religiosa.
Il suo primo saggio operistico risulta costituito dall'Adelson e Salvini che venne eseguito nel Conservatorio stesso, e che fu il solo saggio di opera comica partorito dal genio belliniano.
Ancora essendo allievo del Conservatorio, Vincenzo compose Bianca e Fernando messa in scena al San Carlo di Napoli i! 30 maggio 1826.
In merito a tal opera Donizetti lasciò scritto: " ... Bianca e Fernando è un'opera bella, bella, bella; è purtroppo bella, e me ne accorgerò io con la mia fra quindici giorni".
Una volta che lasciò il Conservatorio, Bellini fu contattato dall'impresario Barbaia, grande conoscitore di musicisti, che lo impegnò a comporre un'opera per il Teatro alla Scala di Milano.
Al Pirata, questa era stata l'opera realizzata, seguì, ancora alla Scala di Milano, La straniera cui il pubblico fece un'accoglienza entusiastica destinata purtroppo ad evocare avverso il giovane maestro l'animosita degli invidiosi e dei pedanti sì che addirittura la stampa entrò nel merito delle critiche e degli elogi, alternativamente battendosi pro e contro la sua opera.
Dopo tre mesi, Bellini face rappresentare a Parma la Zaira, il cui insuccesso, forse anche per una certa frettolosità di stesura, non fu senza ragioni.
Nocque forse ad essa Bellini non era, al pari di Rossini e Donizetti, un improvvisatore: le sue melodie, pur di tanta cristallina bellezza, furono non raramente il risultato di un lungo travaglio interiorecui il poeta doveva contribuire atteso che senza emozione Bellini non riusciva a creare.
Bellini sofferse per l'insuccesso dell'opera, ma reagì rimettendosi al lavoro e creando lavori importanti quali l'opera Capuleti e Montecchi che alla Fenice di Venezia, 1' 11 marzo 1830, ottenne un grande successo.
Essa fu il preludio della stesura di uno dei capolavori belliniano, vale a dire La sonnambula che venne rappresentata in Milano, al Teatro Carcano il 6 marzo 1831.
A quest'opera semiseria, sublime nella sua semplicità idilliaca, il Bellini fece succedere un lavoro dai connotati diametralmente opposti , la Norma, opera splendida e fervente di passione, forza, e drammaticità, romanticamente permeata di scene violente di guerra, di un urto di sentimenti che si svolgono sul palcoscenico nell'avvicendarsi della movimentata azione.
In effetti alla prima teatrale (sera del 26 dicembre 1831) il pubblico fece all'opera un'accoglienza ostile ma presto l'opinione critica venne meno ed il grande successo acclamò questo lavoro.
Norma è stata definita "...una delle più belle creazioni del genio umano, ricca com'è di squisita sensibilita, di ispirazione large e maestosa, di accenti drammatici. I suoi numerosi cori sono larghi e nutriti, l'orchestrazione è nobile ed efficacissima; i caratteri dei personaggi sono nitidamente ed efficacemente marcati. L'incanto della scene in cui Norma canta Casta diva è indimenticabile; il finale è una delle più belle pagine che siano state scritte: in essa la preghiera, la pietà, il rancore, il dolore cozzano e si fondono con una eloquenza drammatica veramente potente e irresistibile".
Riccardo Wagner, in occasione di una sua serata d'onore a Riga, scelse e diresse la Norma di Bellini e nel programma fece stampare questa sua significativa annotazione: " I1 sottoscritto crede non poter meglio dimostrare la sue stima al pubblico di questa città che scegliendo la Norma. Quest'opera, fra tutte le creazioni di Bellini, è quella che alla più ricca vena melodica unisce, con profonda realtà, la passione più intima. Tutti gli avversari della musica italiana renderanno giustizia a questa grande partitura, dicendo che essa parla al cuore e che è un lavoro di genio".
Dopo aver riposato un anno, Bellini musicò la Beatrice di Tenda, opera che causò dolore per Bellini, tanto per l'insuccesso ch'essa riportò a Venezia il 16 marzo 1833, quanto per la rottura che ne derivò fra lui e il poeta Romani, suo librettista.
Bellini lasciò allora l'Italia partendo bruscamente per Londra dove soggiornò qualche mese facendovi rappresentare la Norma.
Dalla capitale inglese si spostò quindi a Parigi, avendo accettato l'impegno di scrivere un'opera per il Teatro Italiano di tale città.
Privo della valida collaborazione del Romani, al fine d'assolvere l'impegno assunto, Bellini ripiegò sul poeta Carlo Pepoli, affinché gli scrivesse il libretto della nuova opera.
L'argomento scelto fu I Puritani ed al fine di concretizzare la sua progettazione il celebre compositore inflisse al poeta un autentico martirio, caratterizzato da tagli, rifacimenti e soppressioni.
Dopo tante fatiche, il libretto fu pronto e la musica pure.
L'opera, rappresentata il 25 gennaio 1835, venne accolta con entusiasmo ed in essa si potevano riscontrare le qualità migliori del Maestro.
Nei mesi che seguirono, Bellini ebbe presto dal Teatro dell'Opera e dal Teatro dell'Opera Comique proposte di scrivere un'opera che per varie ragioni non finalizzò.
Il destino gli avrebbe peraltro negato di comporre altri capolavori: sofferente di un male che in passato lo aveva colpito, egli trascorreva la sua esistenza nel quieto ritiro di Puteaux, presso Parigi, allorché la morte lo colse il 23 settembre 1835, senza che nulla avesse fatto presagire la catastrofe. Si spegneva in tal modo ancora assai giovane, a soli 34 anni, colui che al mondo della musica aveva dato un notevole contributo di genialità.
Le sue ceneri, dal cimitero del Pere-Lachaise di Parigi, dove avevano trovato sepoltura prowisoria, furono poi con straordinari onori traslate a Catania nel 1876.