cultura barocca
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Vedi qui con collegamenti specialmente connessi alla terminologia = I Riti nella storia della Chiesa - Il Rito Ambrosiano - Il Rito Romano - altri Riti - Vedi qui un antifonario redatto secondo lo schema del tetragramma e non del pentagramma - Vedi anche qui la Musica sacra e non attraverso i millenni

Sopra tetragramma Praefatio Ferialis de Beata Maria da collezione privata.
Il tetragramma è il rigo musicale composto da quattro linee utilizzato nella notazione quadrata. È il predecessore del pentagramma, il rigo di cinque linee utilizzato nella notazione moderna. Il tetragramma e la notazione quadrata, insieme alla notazione metense ed alla notazione sangallese, sono tutt'oggi utilizzate nella notazione del canto gregoriano. Nell'antichitità, fino al medioevo, non si conosceva una maniera di scrivere la melodia musicale, anche se in alcuni ambiti si era trovata qualche forma di notazione. I primi codici musicali risalgono al IX secolo. Le note erano segnate con dei segni grafici chiamati neumi. Ma la preoccupazione dei primi annotatori non era quella di dare indicazioni melodiche poiché la muisica veniva trasmessa ancora mnemonicamente, ma ritmiche. Per questo venivano chiamate notazioni adiastematiche, cioè in campo aperto. A partire dal X secolo nacque l'esigenza di dare indicazione, oltre che del ritmo, anche degli intervalli melodici. Gli antichi amanuensi, prima di scrivere, preparavano le pergamene tracciando a secco delle linee che utilizzavano come guida per una corretta scrittura. Si prese l'abitudine inizialmente di scrivere il testo una linea sì ed una no e di utilizzare le linee vuote per scrivere la musica. In un secondo tempo le linee divennero due che vennero colorate: di rosso per indicare il Fa e di giallo per indicare il Do. Fu così che nacque la notazione diastematica. Le linee si assestarono fino a quattro, poiché l'ambitus della musica medievale non era così esteso come nella musica moderna. L'invenzione del tetragramma è impropriamente attribuita al monaco benedettino Guido D'Arezzo all'inizio dell'XI secolo, insieme ai nomi delle note musicali, sebbene sistemi musicali analoghi fossero già utilizzati dal IX secolo. I neumi andavano scritti su una linea o su uno spazio interlineare, analogamente all'uso attuale del pentagramma e le note vennero chiamate Ut (cambiata nel XVII secolo in Do da Giovanni Battista Doni), Re, Mi, Fa, Sol, La, dalle iniziali dei versi della prima strofa dell'inno a San Giovanni Battista Ut queant laxis, utilizzato da Guido D'Arezzo come memorandum per i suoi allievi. Il nome della nota Si fu aggiunto solo nel XVI secolo. I neumi furono rappresentati da Guido D'Arezzo con dei quadrati, poi diventarono romboidali ed infine tonde. L'introduzione delle figure di durata è attribuita a Francone da Colonia nel 1260 [da "Wikipedia"]

Informatizzazione a cura di Bartolomeo Durante