cultura barocca
SCRIVERE IN MASCHERA SI' CHE NON SI IDENTIFICHI L'AUTORE O SORGANO DUBBI SULLO STESSO [ANCHE PER MESSAGGI POLITICI E MILITARI (VEDI = MESSAGGISTICA SEGRETA DALLA CRITTOGRAFIA AGLI INCHIOSTRI SIMPATICI)] PER EVITARE, IN CASO DI PUBBLICAZIONI IN ETA' INTERMEDIA, CENSURA DI CHIESA E DI STATO - FINGERE CHE ALTRI ABBIA SCRITTO IL PROPRIO LAVORO - LO SCRIVERE ARTIFICIOSO RICOSTRUIBILE SOLO DA CHI SIA AMICO E FAUTORE COME NEL CASO DELLE ERRONEAMENTE GIUDICATE PERDUTE ANTICHITA' DI VENTIMIGLIA DI CUI NELL'IMMAGINE SOTTO SI PROPONE LA "CHIAVE DI LETTURA" CELATA DA APROSIO IN ALTRO SUO MANOSCRITTO INEDITO = APROSIO, ANCHE PER IL CARATTERE FUMANTINO, SI ERA INIMICATO ESPONENTI DEI CETI DIRIGENTI E IN PARTICOLARE DI QUALCHE GRUPPO CULTURALE LOCALE AL PUNTO DI ESTERNARE -STANCO MA PURE INTIMORITO DAI CONTENZIOSI- IN MANIERA, TALORA CRIPTICA, LA PROPRIA SCARSA CONSIDERAZIONE SUL LIVELLO INTELLETTUALE DI VENTIMIGLIA SI' DA LASCIAR TRAPELARE, ANCHE CON PAROLE PIU' ASPRE DI QUANTO STAMPATO, DI ESSERSI PENTITO DI AVER ASCOLTATO IL BONIFACIO ED AVER ERETTO LA PROPRIA BIBLIOTECA NELLA CITTA' NATIA, ANZICHE' AVER CEDUTO IL SUO MATERIALE, ALLA ROMANA BIBLIOTECA ANGELICA, ACCETTANDO L'INVITO DI G. FOSCHI ILLUSTRE CUSTODE DELLA CELEBRE "LIBRARIA" DI ROMA - E SOPRATTUTTO SCRIVERE PER SIMBOLI, IN MANIERA CIFRATA Vedi qui l'espressione di una forma crittata, su chiave, di informazione in merito a "libri pericolosi" intercorsa tra il Cavana, mecenate della "Libraria" intemelia e Angelico Aprosio = Gematria, Numerologia, Isopsefia, Steganografia del Tritemio, Simboli, Icone, Rune, Geroglifici ma anche Crittografie varie: proposte di decifrazione nel '600 = Vedi l' Icona od Emblema della Biblioteca Aprosiana, allestito ma non finalizzato a livello strumentale e quindi vedi il "Canzoniere a codice o chiave" portante celata altra minore struttura poetica, donde si è elaborato per decrittazione alfanumerica il terminale grafico dell' Icona / Emblema

Ad inizio di p.191 della sua Biblioteca Aprosiana dando ascolto a Monsignor Bonifacio per cui Nusquam bene, nisi in Patria Aprosio in qualche modo tormentato dall'appellativo di Poeta ma nel significato di Polemico, Irrequieto e Ribelle [vantò molti pseudonimi sotto cui scrisse in maschera (vedi) e due altre denominazioni caratteriali ed etniche oltre quella di "Poeta": vale a dire "il Ventimiglia" (dalla terra natia) e da giovinetto quella de "Il Filosofo" per il fatto di preferire alla compagnia degli altri studenti quella dei libri o la solitudine della Prebenda Occidentale del Nervia dove aveva scoperto giacere reperti antichi, romani verisimilmente]
Dopo viaggi e soggiorni diversi -con relative avventure, letterarie e non- caratterizzati da non poche vicissitudini (vedi indice a scorrimento cronologico) tornò in Ventimiglia come scrisse " imaginandosi di ritovare [nella terra natale] maggior quiete " (in vero anche per dar sistemazione alla sua enorme "Libraria" o forse meglio "Wunderkammer" o Camera delle Meraviglie: non convinto o disilluso in merito alle proposte di donazione o assimilazione ricevute anche da sedi e personalità di assoluto prestigio) ma forse aveva dimenticata o voluta dimenticare - dando troppo ascolto all'esternazione Nusquam bene, nisi in Patria del fidatissimo amico Monsignor Bonifacio- l' altra espressione proverbiale quanto antitetica per cui "nessuno è profeta in patria" ed infatti di seguito aggiunse
"Ma s'ingannò [parlava di se stesso in terza persona nell'opera] , non havendo provato giamai maggior quiete, che in Siena, ed in Venetia ".
La considerazione sopra proposta è qui solo proemiale in merito ad un discorso che sarà via via approfondito e che comportò altri motivi di attrito localistico = Angelico Aprosio era giustamente orgoglioso di aver messo insieme una grande biblioteca arricchita oltre naturalmente da libri anche presiosissimi da reperti antichi, collezioni varie, raccolte numismatiche, quadri che oggettivamente ne deprimeva la presunta caratura fratesca strutturandola piuttosto classicamente e alla moda del tempo quasi come una "Wunderkammer" [ma forse si è analizzato relativamente questo fatto ed a Ventimiglia la tipologia innovativa della Libraria o "Biblioteca Aprosiana", in onore anche alla cultura del collezionismo antiquario oltre che della biblioteconomia/bibliofilia, per certi versi più prossima ad una "Wunderkammer" o "Camera delle Meraviglie" che ad una convenzionale "Biblioteca Fratesca" poteva contro le aspettative d'entusiasmo ed ammirazione esser ragione di diffidenza, specie in tale contesto, decisamente provinciale e tradizionalista = anche per il fatto che, data la preziosità dei reperti, oltre che la struttura muraria di per se stessa già singolare e da tutti affatto condivisa (vedi), sussisteva l'esigenza difese in essere contro i furti dei libri. che dovevano rispondere ad esigenze peculiari ed inconsuete per una struttura monastica come qui si legge = furti, che può in parte sorprendere, ma che essendo spesso le biblioteche non fratesche autentici reperti di tesori culturali e non solo cartacei risalivano a tempi antichissimi sì che come qui si vede le stesse Biblioteche dell'Impero di Roma ne erano soggette al punto di organizzare sorveglianze, controlli, sistemi sofisticati di chiusura, precisi regolamenti, anche opportunatamente affissi per estratti sin a ricorrere all'espediente estremo di cui è illustre documento il Codex Astensis cioè a quello di dotare di lucchetti e catene onde non libri molto importanti non potessero asportati senza procurare loro gravi danni rendendoli o invendibili o palesemente rubati, cioè il principio dei
" Libri Catenati o Libri Incatenati " (vedi qui l'immagine del "Catenato" Codex Astensis
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Comunque, dopo aver rifiutato di lasciarla in dotazione alla "Libraria" del genovese Convento di S. Maria della Consolazione di Genova e soprattutto dopo essersi opposto a una
richiesta più che lusinghiera fattagli quella di lasciare la Libraria e la sua dotazione alla Biblioteca Angelica di Roma di cui era custode l'amico Gabriello Foschi che gli avrebbe garantito un soggiorno gratuito per il resto dell'esistenza in quella sede prestigiosa
si lasciò convincere dall'assunto del Bonifacio di farne una sede in Ventimiglia sulla base del Nusquam bene, nisi in Patria senza sapere che avrebbe dovuto parzialmente ricredersi = infatti, anche per lo spirito che aveva e che non mascherava la consapevolezza della propria fama, Angelico si aspettava un'accoglienza superiore ed onori superiori che gli permettessero facilmente per esempio di vanificare il divieto, contestato e cui dovette piegarsi, di sistemarla sì nel Convento Agostiniano di Ventimiglia ma senza particolari orpelli e favori e soprattutto
targhe o stemmi che la collegassero, tramite lui, al Casato degli Aprosio: cosa che accettò redigendo ufficialmente una giustificazione di tal ragione
ma in effetti rodendosi per quella che giudicò una mancanza di riguardo provincialistica al suo nome e su cui
nelle erroneamente ritenute disperse Antichità di Ventimiglia, pur non editando l'opera né divulgandone i contenuti manoscritti, vergò come qui si legge parole di fuoco.
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La sua irrequietezza e spontaneità erano un fenomeno caratteriale innegabile (attestato nel dibattito femminismo-antifemminismo -per quanto poi tardivamente rivisitato ed anche coraggiosamente riesaminato - e nella pur tardiva partecipazione alla polemica Marino Stigliani in merito all'Adone) ma principalmente sublimato in altri contesti ed in rapporto ad altre umorali esternazioni come gli aveva procurati nemici potenti e situazioni a rischio in altri luoghi pseudometropolitani = col rischio di denunzie varie e nel contesto di vicende anche intrise di sangue da cui uscì con fatica [ ma nemmeno bisogna dimenticare che Aprosio fu Vicario della Santa Inquisizione per la Diocesi di Ventimiglia dimostrando però discernimento e competenza anche se per la sua indole certo polemica ma talora anche giustamente intransigente in modo, ancor più ampio di un'attività investigativa che svolse senza eccessi, egli si procurò odii e nemici per la giusta intransigenza di cui diede prova ai tempi della Bolla di Soppressione dei Piccoli Conventi resasi necessaria per frenare gli abusi dei Conventi più poveri soliti utilizzare fuori del lecito la concessione del Diritto d'Asilo Ecclesiastico dietro compenso da parte di criminali giustamente perseguiti
In siffatta evenienza Aprosio, Vicario Generale della Congregazione Agostiniana Genovese, non scrisse a caso di "tempi torbidi "(p. 287 de la Biblioteca Aprosiana) riferendosi all'emanazione di tale
***********Bolla attesa, atteso oltre quanto detto, la continua elusione delle "Ordinanze Pontificie" sì da rendere necessarie anche da parte sua le Visitazioni***********
sotto la reiterata minaccia di "severe pene" non esclusa la soppressione di determinati Conventi = in particolare -anche se poi risolse il tutto senza farsi intimorire seppur certo creandosi dei nemici- ebbe problemi con l'allora dipendente dalla Congregazione Genovese Convento Agostiniano "Della Trinità di Viterbo" che come Aprosio stesso scrisse "...gli fece pure gustare nel 1652 più d'un boccone amaro..." (p. 287 de la Biblioteca Aprosiana) ]
Fenomeno caratteriale che, verisimilmente contro le sue stesse aspettative e gli auspici di Monsignor B. Bonifacio non mancò di procurargli problemi con relativi osteggiatori (anche se vi ebbe pure affettuosi sostenitori) anche nel più piccolo centro provinciale, frontaliere e natio dove si "inimicò alcuni che contavano" attesi in particolare gli attacchi di sine cura e "privati interessi" che non lesinò di esprimere a voce e per scritto avverso sia i potenti che gli amministratori pubblici che altresì un buon numero di confratelli e religiosi oltre che di intellettuali laici [e non mancano sull'argomento gli episodi esemplificativi = già non certo diplomatica fu l'asserzione che a Ventimiglia i Poeti non fanno numero p. 258. metà della Biblioteca Aprosiana.
Ma certo più cruda e di sicuro impopolare fu la cosiderazione sull'imprecisione storico-documentaria dei religiosi e con essa l'asserzione - anche se rivolta ai religiosi in generale e non solo di Ventimiglia- sempre nella Biblioteca Aprosiana p. 61, metà in cui si diceva:
"Non m'è però nuovo, che li PP. quasi tanti Galli di Esopo, poco curandosi di simili gemme (epigrafi, lapidi romane, monumenti ecc.), le sogliono come si fa d'ogn'altra più rozza pietra, mettere a rinfuso nella fabrica d'un muro "
per giungere volendo all'acme polemico quando anche per qualificare, ai dotti amici lontani non privi di sarcasmo, la sede scelta per la "Libraria" senza demotivarla a ragione della lontananza e della poca reputazione del luogo d'erezione cioè Ventimiglia -all'epoca ritenuta zona dal clima insalubre- l'Aprosio volendo esentare il luogo da disdicevole reputazione connaturata ad un per lui falso terema dell'insalubrità dell'aria ed invece semmai -sempre a suo giudizio- in gran parte contraddetta dalla purezza delle acque, dei pesci fluviali e non oltre che del celeberrimo vino "Moscatellino" certo poco consona all' idea classicheggiante dell' Otium Negotiosum che associa all'esistenza bucolica la gratificazione del quieto lavoro erudito e poetico
si lasciò andare ad una serie di osservazioni contro la sine cura di tutti popolani e non (in la Biblioteca Aprosiana, p. 37 dal basso e seguenti precisando che da troppi "...Si contamina l'aria dalle essalationi, da' vapori, ds fumi, da caligini, da fetori di acque morte, da serpi infraciditi, e da cadaveri, o sian carogne... [di animali]...]) ma annotò, finendo con l'attirarsi l'avversione ("politicamente e socialmente" cosa più perigliosa) semmai di qualche potente scrivendo che a tal degrado ambientale (per quanto potessero risultare oggettive le responsabilità degli umili ma ignoranti e privi di potere decisionale ) =
".....potrebbero porger rimedio li Capitani, li Commissarii, o Governatori, che si appellino: li Sindici, o siano Consoli della Città: e lo farebbero, se fussero così zelanti del publico, quanto del proprio interesse..... "
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Con il tempo prese ad usare qualche volta una prudenza che non gli era solita ma, giustamente anche per la diversa indole oltre che per le indubbie qualità, esultò in forza dell'arrivo d'uno spirito a lui tanto simile qual fu il futuro discepolo Domenico Antonio Gandolfo: il quale, futuro Concionator degli Agostiniani possedeva però una capacità innata alla diplomazia e in più di una occasione indusse l'irascibile Maestro ad avvalersi, anche nello spicciolo delle osservazioni comuni e correnti, di quanto a suo tempo aveva imparato e di approfondire certe camaleontiche capacità espressive già elaborate ed esperite nei contatti col Minozzi di usare alla maniera epocale espressioni adeguate -come affettazione e onesta dissimulazione (vedi sotto)- alla bisogna se non addirittura immediatamente non recepibili e/o decrittabili all'unisono quanto sostanziali per quanti ne sapessero fruire l'essenza e decifrare i messaggio quando necessario non di rado rifugiandosi in quelle scritture ermetiche e da pochi decifrabili che proprio con il Minozzi aveva studiate.
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L'analisi dei limiti aprosiani, delle delusioni e delle "rinascite sociali" legate alle estrosità di un carattere indubbiamente raro per quanto talentuoso si può in qualche maniera estrapolare da un
inedito del frate cioè Le Antichità di Ventimiglia dato per disperso iniziato quasi con certezza da giovane studente quando era soprannominato "il Filosofo" ed andava a cercare reperti e documenti sulla propria terra =
opera in realtà ricostruibile in buona parte per l'uso parcellizzato e occasionale che ne fece Angelico attraverso lo scorrere degli anni
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Lavoro particolare per vari aspetti [forse ancor meglio intitolabile Fuimus Troes ("Fummo come i Troiani, dispersi e sepolti sotto la sabbia") trattando principalmente delle "Antichità di Ventimiglia Romana" = ma poi rispetto a questo titolo convenzionalmente dato -di cui Fuimus Troes potrebbe esser stato asseqnato quale sotto o sovratitolo significante, data anche la convergenza di quasi omonimia con l'opera di G. G. Lanteri -per una costumanza culturale provinciale panitaliana, tuttora spesso ancora in essere, in qualche maniera reputato nume culturale storigrafico locale- dai cui contenuti Aprosio voleva giustamente distinguersi)] in cui peraltro mai si cita l'espressione celiana che divenne parte del simbolo della città vale a dire Civitas ad Arma iit [ semmai sottolineando a pro delle sue archeologiche scoperte giovanili (vedi dal testo digitalizzato) di vari manufatti romani -monete in particolare ma non solo- nella vasta area prebendale di Nervia di Ventimiglia entro ruderi ed edifici romani fatti riaffiorare anche dalle tracimazioni non rare del fiume/torrente Nervia l'ambiguo quanto celebre ed interessante quanto mai abbastanza studiato giudizio del geografo greco Strabone Urbs Ingens est Albion Intemelium ... "Albintimilium è una città grande" ].
Indubbiamente lavoro difficile per Aprosio da scrivere Le Antichità di Ventimiglia -al punto da venir lasciato manoscritto anche se disseminato per sarcine in opere varie ed in vari casi editate- e per altri altrettanto difficile da ricomporre ma in cui stavano tante verità, stoltamente se non invidiosamente all'epoca ignorate alla stregua di favole, ma poi rivalutate al segno che tempo dopo l'archeologo G. Rossi si trovò nella necessità di definire Aprosio il primo, vero scopritore della topografia del nucleo demico di Albintimilium].
Opera dalle intuizioni e dalle scoperte straordinarie proprio di un giovinetto solitario detto, per celia forse più che ammirazione, "il Filosofo" il quale ai giochi dei compagni antepose i sogni sul passato ricostruibile e risultato quindi interrotto anche per umana disillusione dallo stesso giovinetto divenuto erudito, celebre al suo tempo come "il Ventimiglia", e che pure non esperimentò, come ambito, il motto "Nusquam bene nisi in Patria" = ma anche opera innovativa quanto coraggiosa per le postulazioni e presumibilmente troppo moderna per la temperie epocale, scritto comunque in qualche modo rivoluzionario ed ancor più (che nella dimensionalità e specificità storiografica, concernente uno spazio superiore a quello del territorio del Capitanato e forse più identificabile con l'areale della Diocesi Intemelia in qualche maniera calco del "Municipio Romano di Albintimilium = a titolo d'esempio vale la pena di uno stralcio, per altre ragioni e piccola parte, recuperato e stampato su Bordighera a p. 43 della "Biblioteca Aprosiana") procedendo la disanima dalla frontiera dell'epoca all'area del confine diocesano della Lissia- rivoluzionario per l'importanza conferita a fianco di un sempre più razionale collezionismo sia antiquario che investigativo per la crescente utilizzazione delle così dette scienze sussidiarie, tra cui un ruolo egemonico prese subito -a fronte d'una certa sine cura italica e fratesca- la scuola tedesca
anche se purtoppo
assieme a tanti libri e manoscrtti di grande valore, il materiale antiquario, raccolto da Aprosio in Ventimiglia Romana ma anche nei suoi viaggi, e quindi conservato, a corredo della Biblioteca Aprosiana, in apposite collezioni è andato disperso attraverso le molteplici vicissitudini della grande crisi di "Libraria" e "Convento" :
partendo dalla settecentesca battaglia detta di S. Agostino durante la guerra di Successione al Trono Imperiale d'Austria
per giungere alle dicutibili operazioni di spoliazione culturale per legge imposte ai tempi di Napoleone I
senza nemmeno dimenticare sullo stesso tema l'abbandono per l'allontanamento dei frati e gli "acquisti" di molti privati collezionisti registrati anche da vari autori ottocenteschi:
per giungere infine ai non meno perniciosi eventi della II Guerra Mondiale

Dell'aprosiano lavoro delle Antichità di Ventimiglia (conserviamo qui per praticità la intitolazione di prassi) si darà
************contezza globale a stampa per intiero e non per sarcine narrative al momento opportuno e fatte le debite ricostruzioni critiche************
essendo stato, per le motivazioni qui più volte segnalate ma ancora qui seppur variamante riproposte,
smembrato in settori l'insieme del manoscritto dal corpo unico sì da venir editato per piccole parti disposte però in sezioni anche tematicamente diverse di più opere (se non addirittura della medesima), ora lasciato per settori inedito entro il vasto materiale manoscritto aprosiano in fascicoli altrimenti intitolati e soprattutto ancora, in parecchie circostanze, redatto in crittografia da A. Aprosio viste distinte motivazioni tra cui una certa sua preoccupazione attesa l'aleggiante, in apparenza sussurrata ma in effetti rancorosa freddezza quale risposta alle critiche, giuste, da Angelico mosse avverso gli storici ufficiali di Ventimiglia in qualche modo capeggiati da G. G. Lanteri ed altresì vagliate alcune opposizioni pregresse, ed in essere, variamente patite da Aprosio per le sue iniziative culturali quanto tenuto conto, anche in dipendenza del suo carattere polemico ed intellettualmente altezzoso, di alcune accidiose reazioni variamente esternate da confratelli ed altri religiosi anche aizzanti a suo danno parte della popolazione (argomento assai pericoloso dato il momento storico = mutatis mutandis Aprosio lo stornò non senza qualche forzatura ma coerentemente in linea logica e pubblicistica -nulla dando alle stampe in maniera esplicitamente polemica ed aggressiva su un tema sì delicato ma verisimilmente facendo intendere, divulgando o pubblicamente esprimendo oralmente il suo parere- avvalendosi comunque anche per l'inedito di un procedere prossimo se non proprio simile a quello dell'Accetto sostenendo che la Biblioteca -oggetto delle proteste per supposto sperpero di denaro pubblico ma Prima Pubblica in Liguria la eresse " anche " a pro dei popolani onde (risultando in essere l'acceso e lungo contenzioso tra cittadini e villici per una scissione amministrativa tra Ventimiglia e quella che di fatto per sanzione della Repubblica di Genova sarebbe divenuta la Magnifica Comunità degli Otto Luoghi) servisse a tutti specie ai poveri, essendo "pubblica", sì da fruire gratuitamente della consultazione senza assumere costosi patrocinatori, causidici ed avvocati dei testi giuridici in essa conservati per questa ma anche altre ragioni nelle cause contro privati, istituzioni, Chiesa.
Affettazione ed Onesta Dissimulazione erano un modo epocale di scrivere ed agire: ma in caso di dettagli più pepati si ricorreva facimente all' iconologia come in questo caso a riguardo della Suora "femminista" Arcangela Tarabotti (in cui reciprocamente compaiono tracce di come cripticamente i due si offesero: con fantasiosa e abbastanza volgare prevalenza aprosiana) o come detto a composizioni alfanumeriche (come in merito all'Emblema dell'Aprosiana) se non alla crittografia come ancora nel citato caso di parti delle Antichità di Ventimiglia = crittoscrittura di cui sopra si propone nella grafia aprosiana la correlazione fra segni convenzionali e lettere reali di riferimento. Tutto ciò per dare idea della innovativa prudenziale cura aprosiana ai fini della segnalazione di concetti ed idee specifiche spesso sfuggite dalla penna (vedi da metà p. 258 della Biblioteca Aprosiana una considerazione sugli eruditi di Ventimiglia) ma che talora era meglio rinchiudere nello scrigno dei segreti cui potessero accedere "Fautori" però opportunatamente iniziati, si vede un'ipotesi di soluzioni grafiche atte a sostituire i segni linguistici convenzionali.
Come si è scritto sopra Aprosio per molteplici ragioni , non esluso l'arrivo di Domenico Antonio Gandolfo, ma anche per una maggiore qualità di autocontrollarsi appresa con il tempo e le esperienze negative esperite si era andato adeguando, salvo impreviste levate di capo legate al carattere, a comportamenti, poi recepiti pienamente, di "affettazione ed onesta dissimulazione", non evitando altresì il ricorso alle forme di comunicazione più criptiche di cui si è appena prima dissertato = un attestato di questo comportamento -per quanto ondivago data la menzionata indole- lo troviamo proprio in uno scritto, già inedito, in cui, avendo occasione di dedicare il capitolo IX della II parte rimasta inedita dello Scudo di Rinaldo, al nobile siciliano ma di ascendenze intemelie Giovanni Ventimiglia peraltro da lui apprezzato esponente del'Accademismo Meridionale e del pari da lui già difeso nel contesto di un dibattito filologico acceso del patrizio con il misterioso letterato di Messina Antonino Merello Mora su cui si son di recente fatte acquisizioni rilevanti e di cui qui si propone -a titolo documentario- la digitalizzazione di un'opera chiave di cui al mondo è noto questo solo esemplare intitolato Arcadio Liberato. Nel contesto della citata dedica qui proposta del capitolo XI dello Scudo di Rinaldo II e già inedito è fuor di dubbio come Aprosio abbia saputo far ricorso all'onesta dissimulazione segnalando all'interlocutore lo storico ufficiale di Ventimiglia -ma senza evidenziarne i palesi limiti- ed anzi citandone i difetti poi venuti alla luce -anche in relazione ad altri difetti documentari a scapito dell'Italia Sacra dell'Ughelli- con la prudenza dell'affettazione, senza far nomi ma facendoli intendere menzionando le sviste che da altri sarebbero state accostate palesemente al nome
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Angelico Aprosio era sicuramente un umorale ed un polemico oltre che probabilmente un vanesio come tanti eruditi del suo tempo ma contestualmente era anche un "semplice" -cosa che spesso si coniuga con un'indole ribelle ai formalismi quando si possono evitare- cosa che per certi aspetti può accostarsi seppur variamente all'appellativo datogli di "poeta" = la sinergia od il sincretismo di queste due postazioni [fortificate dalla convinzione dell'autorità in "Patria" conferitagli dalla sua reale rinomanza e fama epocale (cose indubbie e garantite dal gran numero di ammiratori ed assidui corrispondenti)] a suo giudizio, avventato e semplicistico, avrebbero dovuto costituire un palinschermo. Un antemurale magari cedevole talora a fronte di quelli che lui riteneva autenticamente potenti e con cui aveva dovuto anche inghiottire "bocconi amari" ma quasi certamente efficace in un contesto più provinciale dove, credeva lui, avrebbe forse potuto presentarsi come una sorta di "Veggente Autorevole".
Ma le cose non stavano e non stanno e mai staranno così = che si tratti del "Mondo Grande" o del "Mondo Piccolo", ritualità sociale e storia vogliono spesso che i valori già sanciti sian prioritari e che i "nuovi arrivati", per quanto prestigiosi, debbano seguire una trafila dettata da cnsuetudini e consolidati ritmi di vita sociale. In tutto ciò risiede una ineluttabilità che Aprosio, come detto dall'alto di una fama che però a Ventimiglia aveva avuto echi relativi ed in ambienti settoriali della cultura e della religione, finì colpevolmente per ignorare lasciandosi andare ad una serie di esternazioni anche non prive di fondamento ma giammai mitigate dagli estri dell'onesta dissimulazione e dell'affettazione, in definitiva della diplomazia spicciola sì da rimanerne di seguito demoralizzato e scosso al punto di scrivere note di delusione.
L'arrivo del maggiormente realistico e diplomatico suo discepolo Domenico Antonio Gandolfo gli fu più giovevole di quanto si creda e -a prescindere dai dialoghi di cui sapremo sempre poco anche se qualche traccia rimane come nell'abbastanza sorprendente consiglio aprosiano dato al giovinetto e cioè di non far lasciti, come nei suoi desideri, alla "Libraria"- colui che sarebbe divenuto illustre per vari motivi ed addirittura a Roma ove fu trasferito in seguito e che si meritò l'appellativo di Concionator o Predicatore dell'Ordine Agostiniano seppe dare utili consigli al Maestro, non ultimo quello di non astrarsi come fatto dalla vita sociale ma, utilizzando vari mezzi dall'affettazione alla crittografia, di dare a quanto divulgato, verbalmente o per iscritto, una veste quantomeno meno aggressiva se non auspicabilmente più diplomatica, anche a costo di "relegare nel cassetto" le esternazioni più pepate in attesa di quietare i proprio umori e nel caso dar loro, in seguito, una caratura più consona al pragmatismo sociale.
Aprosio, sia per le esperienze vissute sia per l'età ma forse soprattutto per questi consigli, vi si adeguò, anche nel caso di affrontare temi pregressi, apparentemente sepolti, ma senza mai davvero sapere se potesse sussistere qualche permaloso sostenitore di antichi nemici. Per esempio nella circostanza di cui ora si va a parlare Angelico non usò segni convenzionali di cui si sia reperita attestazione ma, a dimostrazione che le polemiche aprosiane non dovettero mancare di pepe nemmeno "in patria" e che forse era meglio non rinvangare antichi scontri lasciando come detto "nel cassetto le discussioni" (del resto prima di stampare al frate era sempre concesso anche in rapporto all' Imprimatur -mai semplice da ottenere per le molteplici autorità ecclesiastiche che vi avevano competenza- il tempo di cassare e/o sopprimere per usarle nascostamente parti a rischio) se ne rimase quieto affidando alla penna e poi al silenzio il ricordo di vechie e sgradevoli storie che avrebbero però potuto riaccendere sopiti focolai.
Ritornando ai suggerimenti gandolfiani, ad una crescente quiete esistenziale d'Aprosio giunge alla fine emblematica un'esperienza locale in cui si fa riferimento al dibattito, peraltro a suo tempo acceso, inserito nella II parte dello Scudo di Rinaldo già inedita relativa al qui riprodotto urto ideologico ma anche legale tra gli amici aprosiani l'architetto ingegnere Francesco Marvado Candrasco e il dotto sacerdote di Dolceacqua Giovanni Battista Maccario (o Macario) ed il conservatore religioso detto da Aprosio Tragopogono, "Animale" ed anche "Cramatofilo" e "Filocremato" in merito alla realizzazione della Chiesa del Suffragio nella villa di Camporosso = anche qui parti pepate che non avrebbero forse ottenuta l'autorizzazione alla stampa dalla Censura Ecclesiastica non mancano qui e in casi ulteriori, come per esempio quando Angelico si sbilancia troppo apertamente contro l' avarizia di parecchi religiosi , quando affronta la vicenda drammatica d' un Religioso punito dal Sant'Uffizio per aver violato il voto di celibato ecclesiastico e, cosa davvero sorprendente dopo certe sue esternazioni giovanili alquanto conformiste, l'improvviso cambio ideologico di rotta in merito alle Monacazioni Forzate = costumanza che definisce barbara, ad esclusivo tornaconto delle famiglie e a danno di fanciulle per nulla votate alla vita spirituale: ma sono questi solo esempi assunti a caso fra molte altre tematiche non prive di insita pericolosità agli occhi della Censura (basta qui scorrerne un indice modernamente allestito) e comunque il problema non si pose -per le citate molteplici ragioni di cui si è parlato e che, anche su altrui consiglio, avevano finalmente edotto l'Aprosio in direzione della cautela e della silente prudenza- essendo come detto sopra rimasta inedita l'opera sin a tempi abbastanza recenti).
[Prima di entrar nel merito delle crittoscritture val la pena di una chiosa = nonostante il carattere indocile Aprosio finì per divenire una figura istituzionale ai fini anche della sua Biblioteca comunque ammirata e tale da attrarre personaggi illustri a Ventimiglia ed occorre riconoscere che dopo la morte il suo funerale risultò davvero sontuoso ma verosimilmente in ciò ebbe gran peso il suo amato discepolo Domenico Antonio Gandolfo che al tempo era Priore e nuovo bibliotecario: il quale oltre a curare meticolosamente e personalmente i funerali del Maestro si sforzò -riqualificandone i meriti ed attirando varie simpatie su se stesso e la Biblioteca Aprosiana- di assemblare attorno alla Libraria ventimigliese i dispersi intellettuali non solo di Ventimiglia ma di tutto l'areale senza escludere la Francia e il Basso Piemonte]
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In merito alle scritture cifrate od ai giuochi paralinguistici le procedure aprosiane risultano elaborate nel contesto della epocale tradizione per la
CRITTOGRAFIA il cui fulcro all'epoca - giudicato proprio di vari settori non esclusa la Magia- era la "STEGANOGRAFIA DEL TRITEMIO".
Si tratta di codici di comunicazione e linguaggi cifrati anche a sostegno della documentazione da gestire sia in
VARI SETTORI DEL CAMPO LETTERARIO = DAL POLEMISMO CRITICO-LETTERARIO A QUELLO MORALISTICO ALL'ACCADEMISMO SINO ALLA SUBLIMAZIONE DEL TUTTO IN BIBLIOTECONOMIA REALIZZANDO UNA GRANDE BIBLIOTECA BAROCCA E ALLESTENDONE I PREZIOSI REPERTORI BIBLIOTECONOMICI A STAMPA
che nel settore della
DOCUMENTAZIONE ANTIQUARIA ED EPIGRAFICA CONNESSA ALL'EPOCALE TRADIZONE DEL COLLEZIONISMO =
nello specifico analizza poi qui:
ALTRE FORME DI SCRITTURA COSTRUITA SECONDO IL PRINCIPIO DELL'ONESTA DISSIMULAZIONE" IN MERITO SPECIFICATAMENTE AD ANTIQUARIATO, EPIGRAFIA E MUSEOLOGIA:
DALL'ELOGIO DEGLI ANTIQUARI TEDESCHI ALLE POSTULAZIONI SULL'OPERA DEGLI ITALIANI
=
ed ancora in dettaglio visualizza sempre qui di seguito:
OVIDIO MONTALBANI E LORENZO LEGATI QUALI INTERMEDIARI TRA IL VECCHIO ED IL NUOVO NELLE RACCOLTE MUSEALI
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A - Per un contributo alla conoscenza della FAMIGLIA E/O DONNA NELLA FAMIGLIA durante l'età intermedia: PADRI- FIGLI e loro RAPPORTI - la storica vicenda di ORFANI - ABBANDONATI - FANCIULLI ESPOSTI - FIGLI ESPOSTI ("RUOTA DEGLI ESPOSTI") = analizza qui il complesso argomento del NASCERE FEMMINA NELL'ETA' INTERMEDIA: E...L'"ARDUO MESTIERE" DELL' ESSER BIMBA - FANCIULLA - VERGINE - DONNA E FEMMINA ]
B - LA DONNA - CONDIZIONAMENTI E VIOLENZE DEL CONTESTO DI FAMIGLIA E NEL SISTEMA SOCIALE DELL'ETA' INTERMEDIA = si visualizzino qui due casi limite: quello della SPOSA COATTA - SPOSA SENZA AMORE - MATRIMONIO IMPOSTO PER INTERESSE DI FAMIGLIA ed ancora si analizzi la casistica di SUORA COATTA - DONNA SENZA VOCAZIONE COSTRETTA AD ENTRARE IN CONVENTO - LE MONACAZIONI FORZATE (MONACAZIONE IMPOSTA DA SCELTE DI FAMIGLIA)
C - La DONNA BIFRONTE = vedi qui due imprevedibili ESTREMI destinati a "toccarsi"della condizione femminile nella postazione di DONNA PERDUTA = vale a dire la figura dell' ATTRICE/DONNA DI SPETTACOLO e la figura della MONACA SCONTENTA
* - La "DONNA DELLA NORMA ISTITUZIONALE" = vedi qui, da testi d'età intermedia, le voci FOEMINA e SPOSA - MOGLIE - MADRE [per il FETO e la PROLE ogni buona MADRE deve esser disposta a GRANDI SACRIFICI ANCHE A COSTO DELLA SUA VITA]
** - La "DONNA DELLA NORMA ISTITUZIONALE" = vedi qui, da testi d'età intermedia, le voci MONACA - MONACHE - SUORA - SUORE
***La "DONNA EMARGINATA": la DONNA ADULTERA e la DONNA LUSSURIOSA e/o MERETRICE (PUTTANA) [anche a rischio di MARCHIO DI INFAMIA]
***"LA "DONNA INGANNATRICE - GLI INGANNI DELLE DONNE" = Il libertinismo e l'antifemminismo degli Accademici Incogniti di Venezia analizzato attraverso l'esperienza dell'erudito A. Aprosio = le riflessioni sul "gabbo delle donne" vale a dire l'epocale, innata astuzia e gli abbigliamenti (moda) utilizzati dalle donne per ingannare padri e mariti onde soddisfare amori proibiti e passioni nascoste: le denunzie di autori misogini, da Clemente Barrera e "Ernando Tivega" a L. Adimari (opere qui digitalizzate da testi d'epoca)
****LA "DONNA CELATA NELL'OMBRA" secondo il diritto intermedio: l'oscurità e difficoltà di interpretazione di SAFFISMO, LEBISMO (LESBICA), TRIBADISMO (TRIBADE), OMOSESSUALITA' FEMMINILE a fronte dell' OMOSESSUALITA' MASCHILE
***** - LA "DONNA IMPRIGIONATA NELL'IGNORANZA" = l'aspra lotta delle donne per ottenere -contro l'usanza pregressa- una formazione culturale pari a quella dell'uomo
1 - Due "DONNE CONTROCORRENTE" e precisamente l'ebrea veneziana Sara Copio Sullam e la coraggiosa "femminista ante litteram" suor Arcangela Tarabotti veneziana [ LA SEMPLICITA' INGANNATA (QUI DIGITALIZZATA) di Arcangela Tarabotti: testo integrale - edizione critica, commentata e collazionata anche con l' INFERNO MONACALE qui parimenti proposto in versione moderna, digitalizzato integralmente e arricchito di glosse esplicative = e tra tante riflessioni su femminismo ed antifemminismo un piccolo ma utile teorema retorico "lunatiche le donne? alcune forse sì per quanto non meno di altrettanti signori uomini"]
2 - SARRA / SARA COPIO SULLAM bellissima ed enigmatica ERUDITA DEL GHETTO DEGLI EBREI DI VENEZIA = vedi qui integralmente digitalizzate le "LETTERE DI ANSALDO CEBA' SCRITTE A SARRA COPIA..."
3 - ELENA CASSANDRA TARABOTTI alias SUOR ARCANGELA TARABOTTI = A. APROSIO ED ARCANGELA TARABOTTI (CLICCA QUI PER APPROFONDIRE I DATI SULLA "SUORA FEMMINISTA" E LEGGERNE LE OPERE): i presupposti di una collaborazione intellettuale e poi la degenerazione dei rapporti con l'esplosione di un'acre polemica personale oltre che generale ed intellettuale su rapporti fra uomini e donne, specie se di cultura
4 - Ma ecco, nei "ricordi pieni di rabbia" entro la "Biblioteca Aprosiana" come in effetti, ancora nel 1673, A. Aprosio giudicava l'Antisatira della Tarabotti, il suo lavoro a difesa delle donne e quegli attacchi della suora che lo avevano lasciato, forse, senza respiro: "Aprosio mordace ed una risposta coniata dal Nebulo Nebulonum del Flitnerus" = all' Ode XII del Nebulo Nebulonum di G. Flitner è accorpata appunto questa icona con il motto Hic merdam cribrando movet: apertamente riferita nel citato testo aprosiano all'agire di A. Tarabotti [dovere filologico impone comunque rammentare che l'acre e, per quanto erudita, certamente "volgare" espressione aprosiana avverso la Tarabotti trae il destro dal fatto che la suora veneziana per prima - dopo la grave alterazione dei suoi rapporti con A. Aprosio- apostrofò pesantemente "il Ventimiglia" quale predicatore delle glorie del vino, confessore dei bugiardi e mecenate degli ubriachi...." = alimentando, sulla linea della sua fama di frate buongustaio e amante del buon vino oltre che di raccoglitore di rarissime opere di enologia, la pericolosa pubblica nomea di "frate ubriacone" come si evince dalle lettere della donna = in effetti Aprosio si rivela ombroso specie quando si fa riferimento al suo passato "libertino e veneziano dell'Accademia degli Incogniti"; quasi ne sia rimasto "scottato" preferisce negli ultimi tempi parlare apertamente solo di "ubriachezza" quale vizio contro cui ha preso a combattere come Vicario dell'Inquisizione anche per cercare -invano- di dissipare del tutto il retaggio ambiguo e negativo dell'appellativo di "poeta" datogli a Venezia dal reggente Campiglia = nel senso però di spirito bizzarro ed imprevedibile, anche impulsivo e non raramente litigioso, comunque non del tutto ancora avvezzo alla vita conventuale = sì che, ben oltre i possibili interventi del buon Campiglia, sentite alcune voci A. Aprosio aveva temuto che si presentasse anche a lui per dissuaderlo a più consono comportamento e minacciosamente cinto di spada come era suo costume come aveva fatto contro altri il potente ed intransigente Nunzio Apostolico di Venezia Francesco Vitelli ( il rispettoso formale comportamento di poi assunto da Aprosio non impedì (prescindendo dal delicato ma sempre risolvibile problema dei suoi reali rapporti con le donne e specificatamente con i "libri delle donne controcorrente, revisioniste e/o ribelli") la persistenza a suo carico -quali maschere riflettenti antichi costumi- di almeno 10 interrogativi su pregresse stranezze comportamentali di Angelico Aprosio e cioè: I - qual fosse stata la sua reale posizione a riguardo del libertinismo = con la conseguente accademica curiosità per la lettura di libri proibiti, dannati, alchemici, eretici, "famosi" o cui comunque non si fosse concesso l' imprimatur [scampoli di acerbo, "giovanile", antifemminismo aprosiano digitalizzati dallo "Scudo di Rinaldo" = che per studiosi, ricercatori od appassionati si può anche leggere integralmente digitalizzato e multimedializzato cliccando qui collazionando il tutto con l'influenza da lui recpita a Venezia nel contesto dell' "Accademia degli Incogniti e delle pubblicazioni spesso oscene di certi suoi autori" sempre valutando l'influenza anche esercitata sugli scritti antidonneschi dalle satire misogine un tempo famose dei letterati napoletani Ernando Tivega e di Clemente Barrera] - - II - qual fosse stata la sua reale posizione nella tragica vicenda di Ferrante Pallavicino di cui si occupò proprio il Legato Francesco Vitelli - III - qual fosse il suo reale rapporto con eresia e scritti ereticali - IV - quale fosse la reale portata e/o condivisione sua del pensiero di autori italiani e soprattutto di letterati stranieri specie se di area riformata - V - quale interesse avesse per autori di libri maledetti e/o dannati specie per panteismo come Marcello Palingenio e Giordano Bruno - VI - quali fossero i suoi reali rapporti con gli esponenti della "scienza nuova" - eliocentrica - antiaristotelica e galileiana e nel dettaglio quale potesse esser stato il suo apporto reale di collaborazione e/o critica avverso o a favore esponenti della "scienza nuova": in dettaglio il caso di A. Marchetti - VII - se mai fosse stato innamorato e per estrema ragione perseguibile, in caso di accertato dolo, per sollicitatio ad turpia od altri crimini di fornicazione e/o molestie sessuali secondo i testi canonici [innamorato forse non lo fu mai anche se si sentì in obbligo di precisarlo per iscritto (Scudo di Rinaldo I): ma certamente dalla Donne, dalla Donna e dal mistero della sua sensualità ma anche della possibilità di concepire e dar la vita fu sempre incuriosito ed affascinato al punto che nei momenti più cupi della vita si lasciò andare ad un'osservazione rimasta poco nota = "quanto diversa sia la sorte di un religioso da quella d'un laico che può eternarsi nella carne d'un figlio e tramandarne nel tempo nome, opere e sentimenti"] - VIII - se fosse stato o meno un opsophago amante della "vita dei classici" - IX - se fosse da intendere in senso lato o non la sua antica espressione sul valore del bere buon vino per il buon poetare) - X - quali fossero state mai realmente le ragioni degli interessi occultistici ed esoterici di Aprosio = quelli che soprattutto lo collegarono ad Ole Worm molto discusso in ambito cattolico per i suoi scritti sulle "Rune" nordiche e i suoi interessi per la "Clavicola di Salomone" variamente confusa con il "Libro dei Morti" poi trasformato da elaborazioni romanzesche in "Necronomicon" - XI - dubbi su vita e morte: quale fosse realmente la fortezza della sua fede con l'incupimento degli ultimi anni - XII (che per molti versi tutti gli altri XI recupera ed elabora segretamente) - la valenza "innovativa" dei contenuti del mai pubblicato e "pericoloso" Scudo di Rinaldo II = comportante tra molte ombre di "timore e tremore" qualche affermazione sulla scoperta fragilità della vita con l'evidente inevitabilità della morte e fallacia di qualsiasi marchingegno per ingannarla e con l' "ereticale" confessione della sofferenza di un religioso di non potersi eternare come altri almeno nella carne di un figlio perché per quanto avesse egli costruito un meccanismo di autoperpetuazione la Biblioteca e i Libri, tanto propri quanto per altri custoditi, non erano figli in cui replicarsi [ ma aldilà di queste postulazioni anche possibilmente dipendenti da una visione parziale del critico moderno è proprio sempre nello Scudo di Rinaldo II (qui anche elencato capitolo per capitolo) che si riconosce una mai pubblicamente confessata serie di esternazioni di Aprosio Vicario dell'Inquisizione che proprio perchè punto soddisfatto dall'ambito ruolo o forse perchè istruito dal ruolo stesso su una complessità esistenziale a lui prima ignota od ancora magari perchè deluso dai continui scontri di potere tra legge dello Stato e Santa Inquisizione si era andato formulando idee seriose ed alternative, del tutto estranee all'iridescenza delle altre opere moralistiche (Scudo di Rinaldo I e quindi Grillaia) sì che alla fine -in un globale piano di sfiducia per l'umanità tanto femminile che maschile, tanto laica che ecclesiastica, quasi chiuse il cerchio delle polemiche in una sorta di excusatio non petita verso le idee della Tarabotti; e in sintonia con colei che contro le monacazioni forzate aveva scritto LA TIRANNIA PATERNA (LA SEMPLICITA' INGANNATA) e l' INFERNO MONACALE nel Capitolo XIV dello Scudo di Rinaldo II il prima intransigente Angelico trovò una giammai prevedibile convergenza laddove -trattando di monacazioni forzate (per entrambi i sessi)- parlò poi a proposito di Monacelle incarcerate contro il loro volere dalla TIRANNIA PATERNA e recluse in un convento che diventa un INFERNO = ed in particolare quando scrisse Se la figliuola sarà con gli occhi strambi, con le spalle incurvate, con gambe diseguali, difettosa da cap'a piedi si pensa subito di monacarla si intende facilmente un riferimento alla Tarabotti monacata a forza dal padre in quanto ritenuta non "spendibile" sul mercato dei matrimoni in quanto zoppa = a prescindere dai ripensamenti, dalle inarcature polemiche come quella qui del poeta Aprosio che aggredisce eruditamente la donna pare davvero che con questo punto XII non solo si sia conclusa la querelle ideologica ma che si sia stemperata anche la passione, fermi restando alcuni momenti di rabbia (anche scenografici ma probabilmente -dato il suo carattere impulsivo- occasionalmente scatenati dalla difficoltà di stampare la Maschera Scoperta avverso cui la suora veneziana aveva posto paletti alquanto resistenti e solidi , rivelatisi per tutta l'esistenza di Aprosio invalicabili) - * - le imprevedibilità aprosiane = Influenza del Pievano di una Villa del Capitanato Intemelio tal Marco Lamberti su un ritorno, poi frustrato, di Angelico Aprosio alla produzione moralistica non escluse le composizioni escrologiche = specie ai fini di rivisitare -sotto una nuova prospettiva- l'asprezza del vivere, l'errore di donne ma anche uomini, per nulla esclusi gli ecclesiastici - ed ancora i "ritorni di rabbia" per la sconfitta culturale patita dalla Tarabotti e mascherato da un'espressione che ha fatto ingigantire la misoginia di Aprosio "quanto siano bestiali, e vendicative le donne"]
5 - Ambigue convergenze ideologiche tra A. Aprosio ed A. Tarabotti in merito al tema delle "monacazioni forzate" [la plausibile influenza, su certo revisionismo aprosiano, della narrativa femminile francese, in particolare di un'autrice come Maddeleine de Scudéry nota in Italia attraverso le traduzioni di un "amico" d'Aprosio, Maiolino Bisaccioni]
6 - Altre donne di cultura variamente interpretate da A. Aprosio: Isotta Nogarola - Margherita Sarocchi o Sarrocchi - Orsina Cavaletta - Isabella Sori - Anna Maria Schurman la "Saffo di Colonia" e Camilla Bertelli Martini di Nizza - suor Lorenza Strozzi - "Maria Below danese" - Laura Cereta - Lucrezia Marinella = inoltre VEDI QUI sul tema DONNA - DONNA ERUDITA E NON: RAPPORTI CON LA FAMIGLIA ED IL CONTESTO PATRIARCALE : inoltreper un approfondimento critico si visualizzino qui i CATALOGHI APROSIANI DELLE DONNE ERUDITE anche confrontandoli con l' ELENCO DELLE DONNE COLTE EUROPEE E NON proposto nella più vasta settecentesca LOTTA AI PREGIUDIZI PORTATA AVANTI DOMENICANO SPAGNOLO BENEDETTO GEROLAMO FEIJOO NEL SUO TEATRO CRITICO UNIVERSALE
7 - Aprosio, prima di diventare più cauto o di rivedere alcune postazioni, sfodera soprattutto nel giovanile "Scudo di Rinaldo I" la sua acidità antifemminista: come in questo Capitolo XXXVII ove sulla base di un discutibile prestito letterario (ma è forse lui l'autore degli aspri versi?) sviluppa l'equazione "DONNA = MAZZO DI CARTE"
8 - Scampoli di acerbo, "giovanile", antifemminismo aprosiano digitalizzati dallo "SCUDO DI RINALDO" = che per studiosi, ricercatori od appassionati si può anche leggere integralmente digitalizzato e multimedializzato CLICCANDO QUI sempre valutando l'influenza esercitata su quest'opera dalle satire antidonnesche un tempo famose di Ernando Tivega e di Clemente Barrera.
In merito ai "difetti donneschi" elaborati nello Scudo di Rinaldo e specialmente legati a "moda e vanità" può esser sufficiente leggere i seguenti capitoli:
CAP. XIX ("QUANTO GRANDE SIA IL LUSSO DELLE DONNE NEI CAPELLI...") - cap. XX (SULL'ERRORE DI TINGERSI I CAPELLI) - cap. XXI (SUL COLORE IDEALE DEI CAPELLI) - CAP XXIV (IL RICORSO DELLE DONNE -MA NON SOLO- ALLA COSMESI PER APPARIR PIU' BELLE E' RIPROVEVOLE) - CAP. XXIX ("QUANTO DISDICA ALLE DONNE IL PORTAR LE POPPE SCOPERTE") - CAP. XXX ("DELLE UNGHIE LUNGHE") - CAP. XXXI ("LE SCARPE DEL DIAVOLO" ovvero meno retoricamente LE SCARPE DELLA VANITA' E DELLA PERDIZIONE FEMMINILE) - CAP. XXXII (IL LUSSO DISDICEVOLE DELLE DONNE) - CAP. XXXV (un "CENTONE SATIRICO" contro le donne che attesta l'influenza su Aprosio e sulla stesura dello scudo della "Satira e Antisatira" di ERNANDO TIVEGA) - CAP. XXXXIII (TRADISCONO TUTTI, UOMINI E DONNE: MA I TRADIMENTI DELLE ADULTERE SONO DI MAGGIOR GRAVITA')
C - LA MODA, I DIVERTIMENTI E IL PECCATO = IN MERITO ALL'ANTIFEMMINISMO DI APROSIO NELLO SCUDO DI RINALDO SULLE ESAGERAZIONI DEL LUSSO DELLE DONNE VEDI QUI L' INFLUENZA DELLA SATIRA,/& ANTISATIRA DI "ERNANDO TIVEGA"
1 - L'USO DELLA GONNA AMPIA O "GUARDINFANTE" ESCOGITATO SIA PER NASCONDERE UNA GRAVIDANZA NON VOLUTA SIA PER POTER PARTECIPARE A FESTE E BALLI NONOSTANTE I SANCITI DOVERI DI UNA FUTURA MADRE
2 - CONCIA DELLE PELLI - CONFEZIONE DELLE SCARPE: ma tra le ragioni per cui la moda confezionò SCARPE CON TACCHI ALTISSIMI DA ALCUNI DETTE ZOCCOLI DEL DIAVOLO - THE SHOES OF DEVIL esistevano motivi pratici oggi dimenticati -anche se conservatori e moralisti preferivano la DONNA RECLUSA IN CASA, SOCIALMENTE PARTECIPE ALLA VITA RELIGIOSA MA NON A QUELLA DELLE ISTITUZIONI LAICHE- come quelli di rendere possibile in qualsiasi condizione alle DAME DI PASSEGGIARE PER VIE SPESSO PALUDOSE, SPORCHE, ALLUVIONATE, NON DI RADO PERCORSE DA LIQUAMI = UN DIFETTO STORICO DEL PUR SPLENDENTE RINASCIMENTO COSI' POCO ATTENTO ALLA CURA DELL'IGIENE PUBBLICA E PRIVATA
3 - Clemente Barrera napoletano ed il suo velenoso "Specchio del disinganno" ad "uso delle donne vanitose"
4 - "LO SCUDO DI RINALDO": digitalizzazione della parte iniziale ("il catalogo aprosiano delle donne colte")
5 - Il teorema aprosiano sulle DONNE GUERRIERE: Alessandro Geraldini, le sue investigazioni geografiche e le bellicose AMAZZONI

6 - Antifemminismo mascherato da seicentesca e barocca "onesta dissimulazione" = dallo Scudo di Rinaldo II - già inedito: vedi qui il Capitolo X = Della Conversatione con le Donne etiamdio professanti vita spirituale e virtuosa. Quanto sia pericolosa in cui si custodisce su documentazione posseduta solo da A. Aprosio e Giano Nicio Eritreo la qui trascritta canzone "caso miserando d'un religioso ch'affascinato per consueta frequentazione e conversazione d'una fanciulla volle ingannevolmente legarla in falsi lacci nuziali" e che tuttavia, pur senza togliere le responsabilità di suddetto religioso condannato dalla legge ecclesiastica ad acerbissima pena, ribadisce con una sorta di chiusa gnomica postazioni antifemministe ammonendo Canzon, ovunque andrai,/ Avvisa i più prudenti/ Che fan le Donne apostatare i Savi

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