cultura barocca
INFORMATIZZAZIONE E MULTIMEDIALIZZAZIONE A CURA DI BARTOLOMEO EZIO DURANTE (SEBORGA)

Il pomodoro in Liguria, come in moltissime altre parti d'Italia ed Europa, fu a lungo utilizzato al pari dei fiori per scopi ornamentali, sin ad ornare splendidi giardini come il giardino rinascimentale straordinario ornamento del Castello dei Doria in Dolceacqua: per una certa resistenza culturale la sua introduzione fu anzi ritardata rispetto alla generalità della Penisola e, stando a quanto è stato scritto dal Pira, sarebbe da connettere alla constatazione pubblica che di quello che mediamente era ritenuto un adornamento vegetale si nutrivano, con gusto e profitto, i soldati di Spagna ai tempi della Guerra di successione al trono imperiale.
La STORIA DEL POMODORO di cui oggi si fruisce ad ogni livello (valorizzano anche il suo contenuto di Licopene anche se questo potente antitumorale primeggia nelle varietà nere come per esempio il POMODORO NERO) è comunque complessa quanto poco nota e merita di esser riproposta: anche se già dall'inizio di quanto scritto si intende che il primo uso fu ornamentale e non alimentare data una vago sentore di sospetti verso i prodotti del "Nuovo Mondo" tra cui primieramente la Patata = a nostro avviso la migliore trattazione sulla STORIA DEL POMODORO E SULLA SUA INTRODUZIONE IN EUROPA risiede in un articolo on line del 2007 intitolato Il pomodoro e la sua salsa di Antonio Contreras Mas che si è pensato di
RIPRODURRE QUI PRESSOCHE' NELLA SUA INTIEREZZA FATTA SALVA QUALCHE OPPORTUNA INTEGRAZIONE
integrandolo cioè dal punto di vista ipertestuale ed inserendo tra parendesi quadra delle giunte documentarie e specialmente soffermandosi su
QUEI SOSPETTI SULLA PIANTA (ASCRITTA TALORA FRA LE PIANTE VELENOSE SE NON DIABOLICHE) OVUQUE DIFFUSESI MA PIU' A LUNGO RESISTENTI IN ITALIA.
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Giallo come l'oro, rosso come il sangue si può risassumere così la prima descrizione scientifica, data dal Mattioli di quella pianta che ebbe molti nomi prima che per noi fosse "pomodoro" : nell'immaginario delle meraviglie di quella che sarebbe stata detta America tutto, e non solo per i "Conquistadores", avrebbe dovuto esser luccicante, fluorescente, terribile o grandioso fin a sfiorare i limiti del possibile e garantire vita eterna "dalle Amazzoni della Terra Onzonea, all' El Dorado, alla Fonte dell' Eterna Giovinezza, persino ai Vampiri e alle Streghe di Panama e via dicendo" ....nulla avrebbe dovuto esser smunto .... e così mentre i pomi d'oro rimandavano ad antiche, mitologiche e non, attenzioni su luoghi incantati e giardini di mraviglie o misteri il POMO NERO od altri possibili VARIETA' DI COLORI DEL "NUOVO POMO" (COME DI ALTRE COSE) erano, quasi per destino intrinseco, condannati ad un momentano oblio!
Del resto l'oro e il sangue, anche se non penso fosse intenzione del cinquecentesco autore riferirsi ad eventi di cui ancora poteva sapere poco, si sarebbero assai presto perfettamente coniugati con le mire di potenza e ricchezza e le depredazioni dei "Conquistadores" di quel Nuovo Mondo ove la pianta fu scoperta: i pomi son stati da sempre, nel bene come nel male connessi alla letteratura religiosa e non = citiamo le mele d'oro del giardino delle Esperidi (mito greco complesso, non esclusivamente legato ad Eracle ma fascinoso quanto misterioso e comunque ripreso iconograficamente come qui -come in altri casi-per celebrare lo splendore dei giardini rinascimentali) ma pure il pomo della discordia che generò l'epica guerra di Troia; rammentiamo quindi il "peccaminoso" pomo di Eva ma non dimentichiamoci dei Pomi di Sodoma, tanto ingannevoli quanto ricercati, senza trascurare nel contesto del reale e dell'archeologicamente dimostrabile la tradizione nella gioielleria romana (spesso associata ai negozi dei cambiavalute ) dove non era impossibile trovare i pomi d'ambra o pomi di succino utilizzando un'etimologia pliniana (vedine la storia e le vicende d'un ritrovamento) ma giudicati nel contesto del rigetto cristiano del supposto inno pagano alla
LUSSURIA ED ALLA VANITA' FEMMINILE
[ a prescindere dalla convergenza emozionale di chiare ragioni psicologiche dei Pomi vegetali con il seno femmineo e al modo che scriveva Giovenale con i capezzoli dorati di Licisca e quindi in ambito cristiano con la fascinazione esercitata dalla donna "peccaminosa" sull'uomo al punto da fare dei frutti a guisa di pomo un attributo ornamentale sì ma in teoria soprattutto un ammonimento nei così detti "Giardini del Piacere" sublimazione rinascimental-barocca e letteraria dei Giardini nobiliari delle Meraviglie (tutte le voci evidenziate nel testo antico sono attive), ammonimento invero spesso disatteso nello sfarzo della vita di società e piuttosto recuperato dalle critiche predicatorie al presunto lusso donnesco come si vede da un Capitolo dell'aprosiano Scudo di Rinaldo I dal titolo inequivocabile ovvero Quanto disdica alle Donne portar le Poppe Scoperte (tutte le voci evidenziate nel testo antico sono attive): tutto ciò nell'ambito, entro una prospettiva antipagana di antichissima tradizione e specie nel contesto d'una pubblicistica avversa all'iconografia paganeggiante, di sottrarre all'esibizione del seno femmineo e delle sue allegoriche rappresentazion, per Legge di Stato e Fede, la valenza di innesco al fine di amorose quanto riprovevoli discordie tra rivali in amore d'entrambi i sessi talora , seppur al limite, con l'attivazione delle sospettate proprietà di avvelenamento dei pomi -anche per perpetrare "Malifici Amorosi", di "Fascinazione" e/o di "Asservimento" od altro ancora- di diverse varietà botaniche non escluso -clamoroso errore !- lo stesso pomodoro un indubbio strumento stregonesco peraltro anche finito nel contesto di quella sorta di mitologia rusticana che è il folklore e la fiabistica per esempio con la celeberrima
Favola di Biancaneve e dei Sette Nani ]
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Tra gli ortaggi [la cui scoperta fu conseguente a quella del "Nuovo Mondo" poi "America" ad opera di Cristoforo Colombo] che hanno raggiunto la maggiore popolarità in tutti gli angoli del globo si conta certamente il POMODORO (VEDI SOPRA L'IMMAGINE E ALTRI COLLEGAMENTI: TRA CUI LE REFERENZE DI QUESTO SAGGIO) . Le sue origini sono state individuate in qualche parte della cordigliera delle Ande, sicuramente nella fascia di territorio che si estende dal nord del Cile al sud dell'Ecuador. Il suo adattamento a specie coltivabile, fino ad ottenere quello che conosciamo come Lycopersicon esculentum var. cerasiforme, ha avuto origine, con tutta probabilità, nel Messico, benché nella Nueva Corònica y Buen Gobierno redatta nel 1615 dall'indio yarovilca Felipe Guamàn Poma, si parli di un consumo sporadico di questa solanacea in Perù durante l'impero Inca. Ciò nonostante, abbondano testimonianze documentali che avallano uno sviluppo messicano della coltivazione del pomodoro. Si crede che gli aztechi messicani e gli inca peruviani furono i più antichi coltivatori di pomodori, come suggerisce un importante dato linguistico. Il termine tomate viene introdotto nel castigliano nel 1532 e, successivamente, passa al francese, al tedesco e all'inglese (a quest'ultimo come tomato), così come a diversi dialetti italiani. Tomato continua ad essere usato nell'attuale dialetto piemontese, mentre in quello sardo si usano le forme tomata e tomatiga, di indubbia provenienza catalana. Ciò deriva da un errore di traduzione di tomatl, che in lingua nahuatl degli aztechi indicava tutte le piante dai frutti globosi, a polpa sugosa e con numerosi semi. In questa stessa lingua esisteva una parola per indicare precisamente il pomodoro: xitòmatl, che dovette confondere i conquistatori europei, ma che è sopravvissuta fino ad oggi in alcune regioni del Messico nella forma jitomate [la definizione "pomodoro" o meglio "pomo d'oro" come qui si può leggere (l'autore la collega ad un discorso sulle Melanzane) al momento attuale delle ricerche è da ascrivere al commento al fondamentale testo botanico di Dioscoride, fatto dal cinquecentesco medico ed erborista senese Pietro Andrea Mattioli (volendo approfondire la discussione si può cliccare qui) = alla pianta fu in seguito dato, nonostante l'uso alimentare che relativamente presto se ne fece in Spagna, al contrario, in Italia, ma soprattutto in Francia (visto che le vennero attribuite dopo i primi entusiasmi delle potenzialità tossiche) una denominazione che sembrerebbe oggi entusiastica ma che non deve affatto ingannare: quella di "Pomo d'Amore" ("pomme d'amour" in francese: si ipotizza che dopo l' introduzione della pianta in Europa sir Walter Raleigh ne abbia donata una piantina carica dei suoi frutti alla regina Elisabetta, battezzandola con il nome di "apples of love" appunto pomo d'amore) essendo ritenuta un pericoloso
afrodisiaco da usare per illecitamente "rubare amori proibiti" nel contesto dei secoli della magia nera e degli avvelenamenti
( clicca qui per approfondire il complesso tema)

sì da venir connesso il frutto a stregonesche alchimie e farne quindi mettere in discussione la valenza alimentare e indurre piuttosto a privilegiarne l'utilizzazione principalmente se non in alcuni contesti esclusivi come curiosità botanica ed ornamentale.
Comunque fatta questa premessa e con questa tormentata genealogia ed etimologia alle spalle, il pomodoro fu portato in Europa dagli Spagnoli, che lo conobbero durante la conquista del Messico da parte di Hernán Cortés nel 1519. Lo scrittore e soldato Bernal Díaz del Castillo (1492-1584) partecipò alla conquista con Cortés e in seguito mise per iscritto le sue memorie. La sua narrazione di questa epopea, intitolata Verdadera historia de los sucesos de la conquista, e conclusa nel 1568, ne fa uno dei principali cronisti delle Indie. In questo testo si trovano alcune delle prime notizie sulle piante messicane. Uno dei capitoli dell'opera citata menziona il pomodoro come ingrediente commestibile, descrivendo come a Choluca ci volevano uccidere e mangiare le nostre carni e avevano già preparato pentole con sale, peperoncino e pomodoro.
no, pur approssimativo, come era la città di Ufficialmente la data del suo arrivo in Europa è il 1540 quando lo spagnolo Hernán Cortés rientrò in patria e ne portò gli esemplari (dalle lettere qui digitalizzate che scrisse all'Imperatore Carlo V si intende che egli era solito visitare vari luoghi dell' Impero Azteco particolarmente nella metropoli di "Tenochtitlan" nonostante il giudizio di Cortes simile a Siviglia o Cordoba ma invero più grande di qualsiasi città europea dell'epoca visitandone le infinite attrattive, giardini, fontane, case, magazzini, negozi, templi ecc. per appropriarsi non solo di metalli preziosi ma di altre meraviglie sconosciute nel Vecchio Mondo = per farsi un esempio della rovina che sarebbe seguita basta vedere in questo disegno come era la città di "Tenochtitlan", Capitale dell'Impero Azteco, da Cortes erroneamente detta "Temistan" [ presto vittima inerte di una devastazione che perlatro non risparmiò l' Impero Inca sì che contro i saccheggi dei "Conquistadores" spagnoli e quindi il genocidio tuonarono ed operaro illustri religiosi: in primis Bartolome' De Las Casas (nella sua coraggiossima denucia intitolata Brevissima Relazione della Distruzione delle Indie) e quindi, con altri seppur non la maggioranza, "Fra Marco da Nizza dell'Ordine di S. Francesco", testimone oculare del tracollo dell'Impero Inca per giungere dopo l'olocausto al Padre e Predicatore Gesuita Antonio Vieira che con tutte le sue forze tentò di soccorrere le ormai devastate civiltà precolombiane] = e così il "pomo d'oro" pervenne in Europa anche se la sua coltivazione e diffusione attese fino alla seconda metà del XVII secolo: la pianta in Italia arrivò dopo nel 1596 ma del pari si tardò a produrla anche se per le ragioni cui sopra si è fatto cenno passò del tempo prima che entrasse, specie nei domini non soggetti alla Spagna, nelle costumanze alimentari.
. L' indicazione cui sopra si è fatto cenno sul consumo abituale di pomodoro da parte degli aztechi, così come quelle di altri autori castigliani che scrissero a proposito dei nuovi prodotti americani (come vedremo più avanti), non pare aver avuto molta eco nei circoli botanici europei [anche se ai primi del '600 sul tema divenne celebre un'opera del Pomet specie sulle "nuove droghe"]. Ciò nonostante, le parole di Bernal Díaz del Castillo rivelano che, tra gli spagnoli che parteciparono alla conquista del Messico, il pomodoro doveva essere già conosciuto, se non addirittura familiare, come ingrediente culinario. La modalità d'uso descritta, in combinazione con peperone e sale, doveva essere abbastanza consueta, poiché coincide esattamente con quella che vedremo poi riferita dal medico Francisco Hernández e dal gesuita Joseph Acosta. Forse questo carattere di dimestichezza e la semplicità di preparazione di questa primitiva salsa di pomodoro, fecero sì che in nessun testo della cucina castigliana dell'epoca si accennasse a questo ingrediente. Se a ciò aggiungiamo la cattiva reputazione di cui godette il pomodoro quale prodotto alimentare da parte dei botanici europei, come vedremo, la nostra ipotesi sembra coincidere con la realtà.
Orbene, durante la prima metà del medesimo secolo, nessuno dei rimanenti viaggiatori, cronisti o naturalisti, che fornirono informazioni in materia di botanica americana, vi si riferisce . Forse perché inizialmente era più apprezzato come pianta ornamentale che non come sostanza alimentare. In tal senso lo considerava, quasi un secolo più tardi, l'orticoltore e botanico francese Olivier De Serres (1539-1619). Nel suo trattato di agricoltura Le Theatre d'Agriculture et Mesnage des champs, pubblicato per la prima volta nel 1600, egli cita il pomodoro come una curiosità e una gradevole pianta ornamentale. La sua opinione è che i frutti non siano adatti al consumo umano, benchè ne ammetta una qualche utilità in medicina. Queste idee erano la conseguenza della classificazione adottata dai botanici: quasi tutti lo assimilavano alla famiglia della mandragola [italiano "mandragora"] e, come a questa, gli attribuivano caratteristiche tossiche, cosí come avveniva con la patata. Le prime citazioni del pomodoro nei testi europei di botanica lo includono regolarmente tra i frutti velenosi [erano questi i secoli dei veleni: in cui il timore per i tossici si confondeva con la loro preparazione spesso coinvolgente streghe e stregoneria con tutte le complicanze diaboliche connesse]considerandolo una specie di mandragola [italiano "mandragora"] americana, insieme a due piante di tossicità manifesta come l'aconito e lo stramonio. Questo lascia credere che, a prescindere dalle notizie che ne descrivevano il consumo, non doveva risultare molto apprezzato, né essere ritenuto adatto all'alimentazione umana.
Come sopra scritto si concorda sul fatto che la prima menzione del pomodoro in ambienti scientifici europei appare in un trattato di argomento medico, e cioè nel commento al citato testo botanico di Dioscoride, fatto dal medico ed erborista senese Pietro Andrea Mattioli (1500-1577). Quest'opera, la cui prima edizione si pubblica a Venezia nel 1544, conoscerà molte altre edizioni, con frequenti revisioni e ampliamenti. ....... in cui appare una citazione del pomodoro, seppure in forma molto breve....
Mattioli confessa di basare parte delle sue opinioni sul genere al quale appartiene questo vegetale, secondo le parole di Hermolao Barbaro (1454-1493), diplomatico veneziano e commentatore dei testi di Dioscoride e Plinio. D'accordo con le opinioni di questo autore, Mattioli considera le melanzane come una terza varietà delle mandragole, come il pomodoro, al quale dà già il nome di Pomi d'oro. Su queste ultime, poche righe prima, ha specificato che si mangiano fritte in olio, con sale e pepe allo stesso modo dei funghi. La varietà dei colori descritta da Mattioli coincide con quanto detto dal francescano Bernardino de Sahagún (1499-1590) nella Historia General de las Cosas de Nueva Hispania, terminata attorno al 1569. Quest'opera monumentale, che si articola in dodici libri, contiene informazioni sulle idee, costumi, istituzioni, religione e storia degli antichi messicani. L'autore riferisce che, quando nel 1519 Cortés e i suoi uomini arrivarono a Tenochtitlan, trovarono che al mercato di Tlatelolco si vendevano pomodori rossi, verdi e gialli. Sahagún descrive pomodori di diversa grandezza e forma, con colori che variano in diverse tonalità dal giallo al rosato e al rosso. Attorno al 1572 il medico e naturalista riminese Costanzo Felici (1525-1585) compilò un catalogo ragionato delle piante commestibili, tanto di quelle che nascono in maniera spontanea quanto di quelle coltivate. La sua Lettera sulle insalate, edita a cura di Guido Arbizzoni, costituisce una completa e articolata rassegna, a cavallo tra botanica e gastronomia, di tutti i vegetali commestibili fino ad allora conosciuti in Europa. In questo scritto è segnalato testualmente: Pomo d'oro, cosí detto vulgarmente dal suo intenso colore, overo pomo del Perù, quale o è giallo intenso overo è rosso gagliardamente e questo o è tondo equalmente overo è distinto in fette como il melone ancora lui da ghiotti et avidi de cose nove è desiderato nel medesmo modo et ancora fritto nella padella como l'altro, accompagnato con succo de agresto, ma al mio gusto è piú presto bello che buono.
Vale la pena di isolare una menzione del pomodoro che figura nella corrispondenza scambiata nello stesso anno 1572 tra Felici e il suo amico e collega Ulisse Aldrovandi (1522-1605): Aldrovandi, medico e studioso di botanica, fu dapprima professore di logica e filosofia a Bologna e dal 1556 fino al 1600 occupò la cattedra di ‘lettura dei semplici’ alla facoltà di medicina della stessa università. Nominato nel 1568 direttore dell'Orto Botanico della città, istituito da lui stesso, raccolse un ricco patrimonio di piante, animali e minerali [che nel contesto della nascente tradizione delle Wunderkammer o "Camere delle Meraviglie"produsse un glorioso] tentativo di conservare e presentare allo studio degli scienziati i prodotti della natura. Nella corrispondenza menzionata Felici comunica l'invio di semi di pomodoro, benché non sappia molto bene cosa farne: Mi è venuto certo seme per le mane, quale è qui incluso, che ve ne faccio parte acció che, nascendo, mi sappiate dire che cosa sia. Me l'ha mandato da Pesaro M. Baldo Cortivio, gentilhomo molto honorato e litterato e molto curioso de queste cose de' semplici. Gli è pianta che è con li rami e foglie simile al melanciano, con il frutto simile al pomo d'oro, dico quel rosso e non il giallo, distinto in fette. Il considerarete, me ne direte poi la vostra opinione.
.Uno dei primi autori spagnoli che parlano del pomodoro dal punto di vista botanico è il medico Francisco Hernández (1515-1587). Questo medico degli ospedali del monastero di Guadalupe, e dal 1567 al servizio della Casa Reale di sua Maestà, fu nominato da Filippo II Protomedico di Tutte le Indie. Nel 1570 si recó nel Nuovo Mondo, realizzando uno degli studi più ampi sulla flora e la fauna. In questo arduo lavoro è inclusa una classificazione tassonomica ben differenziata delle nuove specie di solanacee americane, che risulta in evidente contrasto con la confusione esistente tra quasi tutti i botanici europei in merito alla sicura assegnazione del pomodoro ad un genere determinato. Disgraziatamente i suoi ventidue manoscritti, custoditi nella biblioteca dell'Escurial, furono distrutti da un pauroso incendio. Una copia conservata nell'Università di Montpellier, studiata da López Piñero y Pardo Tomás, fa riferimento, nel capitolo primo del libro quinto, al itomatl seu planta acinosa (pianta dai frutti acinosi).
Un esempio della confusione sulla tassonomia del pomodoro, alla quale abbiamo fatto riferimento, può constatarsi nella versione castigliana di Andrés Laguna, l'altro grande contemporaneo traduttore e commentatore di Dioscoride. La prima edizione della sua opera, pubblicata a Salamanca nel 1555, considera sinonimi le denominazioni poma amoris, mala insana e verenjenas. Adeguandosi a questa opinione, diversi autori della seconda metà del secolo XVI e dell'inizio del XVII utilizzarono indistintamente questi nomi per riferirsi a un gruppo imprecisato di solanos nelle traduzioni realizzate in buona parte degli idiomi europei. Le uniche eccezioni, secondo Lòpez Piñero, sono il trattato di Matthias Lobelius, Nova Stirpium adversaria, stampato nel 1576, e la Stirpium Historiae (1583) di
Rembert Dodoens (1517-1585). In entrambi figurano incisioni che corrispondono inequivocabilmente a questa specie, e quella di Lobelius sarà riprodotta nell' Herbario Nuovo di Castore Durante da Gualdo (1529-1590). In quest'ultimo testo il medico e botanico Castore Durante effettua una ricapitolazione delle piante medicinali europee, offrendo un’esposizione praticamente identica, sul modo di consumo del pomodoro, a quella di Mattioli, e sicuramente basata sull'opera citata di quest'ultimo. Il lavoro di Durante, stampato per la prima volta a Roma, recita: (i pomodori) mangiansi nel medesimo modo che le melanzane, con pepe, sale e olio, ma danno poco e cattivo nutrimento.
Fino ai tempi di cui stiamo parlando il pomodoro è stato considerato un vegetale simile alla melanzana, e pertanto da consumarsi nello stesso modo. Le raccomandazioni di friggerlo in padella con olio e di condirlo con sale e pepe, avranno come risultato una salsa. I suoi nuovi descrittori, nel trattare dei modi di cucinarlo, si riferiranno a questa preparazione. Uno dei primi ad adottare questa modalità di impiego culinario, è il già citato medico Francisco Hernandez, che così dice nella parte della sua opera non andata distrutta:Con gli stessi, tritati e mescolati con peperoncino, una salsa molto gradevole, che migliora il sapore di quasi tutte le vivande e gli alimenti e stimola l'appetito […] Nasce in ogni regione, ma principalmente in quelle calde, sia spontaneo che coltivato.
Il gesuita P. José de Acosta (1539-1600) è un altro autore spagnolo che si riferirà al pomodoro e al suo impiego nella preparazione di una salsa definita gustosa. Nel capitolo ventesimo della sua Historia moral y natural de las Indias occidentales, intitolato Del ají o pimienta de las Indias, commentando il modo di attenuare il piccante dei peperoncini, raccomanda: Per moderare il peperoncino usano il sale, che lo corregge molto, perché [i due ingredienti] sono tra di loro contrastanti, e si moderano l'uno con l'altro; usano anche i pomodori, che sono freschi e sani, e sono specie di bacche grandi e sugose; e fanno una salsa gustosa, e sono buoni a esser mangiati da soli.
Anche il cappellano della Casa de Campo di Madrid, Gregorio de los Rios, menziona il pomodoro nella sua opera sul giardinaggio, composta alla fine del secolo XVI. Riferendosi ai pomates coltivati nei giardini spagnoli, segnala che esistono due o tre modi [di coltivazione]. E` una pianta che porta dei pomi divisi in quattro. Diventano colorati. Non hanno odore. Si dice che sono buoni per fare salse.
A prescindere dalle indicazioni degli autori castigliani sull'utilizzo del pomodoro per la preparazione di salse, si deve ammettere che sulle tavole spagnole dell’inizio del secolo diciassettesimo si cominciò a servirlo anche crudo, al naturale in insalata, come si trova in certe commedie di F. Gabriel Téllez (1579-1648), meglio conosciuto con lo pseudonimo di Tirso de Molina. Di poco posteriore è la menzione che fa di un'altra insalata, di pomodori e cetriolini, la figlia di Lope de Vega, Marcela del Carpio (1605-1687). Religiosa professa nel convento madrileno delle Trinitarie Scalze con il nome di Marcela de San Felix, in uno dei suoi ‘colloqui spirituali’ intitolato Muerte del Apetito, si riferisce a questa combinazione di vegetali come complemento di un rifreddo.
Un'ampia descrizione delle varietà e modi di uso del pomodoro, compresa una conserva dolce, è quella fatta dal gesuita andaluso P. Cobo (1580-1657) nel 1652. Dopo aver descritto la pianta, riferisce: I frutti che produce si chiamano tomates; sono bacche molto simili al peperone, rotondi e colorati, e quelli piccoli sono grandi come le ciliegie; ci sono anche quelli gialli e verdi, e della grandezza di una susina, e anche come una lumìa; hanno dentro una sostanza acquosa piuttosto rossa, con dei granelli di poco inferiori a quelli del peperone; il profumo è delicato, quasi come quello dell'uva. Nascono i pomodori in piccoli racemi; non si mangiano crudi, ma si preparano stufati, e sono di buon gusto, per un asprino appetitoso. Alcuni pomodori nascono selvatici nei campi, e altri si seminano e si coltivano; i primi, che sono i più piccoli, sono mangiati dai piccioni e da altri uccelli; di quelli coltivati e più grossi gli spagnoli fanno conserve sciroppate ritenute molto deliziose
Alla cucina italiana il pomodoro sembra essere giunto attraverso quella spagnola: una salsa riconosciuta di questa indubbia provenienza appare in un testo di cucina italiano della fine del secolo XVII. Si tratta dell'opera di Antonio Latini, Lo Scalco alla moderna nella quale figura una Salsa di Pomadoro alla Spagnuola. Si prepara tostando leggermente i pomodori, al fine di facilitarne la spellatura, per poi triturarli a coltello; si aggiunge cipolla finemente sminuzzata e timo serpillo, condendo il tutto con olio, sale e aceto. È descritta come una salsa molto saporita e raccomandata per piatti cotti, e da allora è assurta ad elemento chiave e di importanza capitale in questa cucina.
Tuttavia, nonostante le reiterate citazioni che fanno del suo utilizzo nelle salse fin dai primi momenti gli autori spagnoli che lo identificano, esso non appare nei testi di questa cucina fino alla metà del settecento. Viene da pensare che questa assenza sia dovuta al fatto che i trattati culinari castigliani dell'epoca, come quelli di Domingo Hernandez de Maceras, di Diego Granado, o quello di grande successo di Francisco Martínez Montiño, non lo considerassero per la diffidenza suscitata dai commenti di medici e botanici [ma non solo] sulla sua tossicità [spesso connessa al timore di manipolazioni criminali e stregonesche]. Il primo a citarlo è Juan de la Mata, nella cui Arte de reposteria figurano due ricette di salsa di pomodoro.
Tanto il titolo della prima, Salsa de tomate a la española, quanto il suo procedimento di preparazione e gli ingredienti, sembrano suggerire che questa sia la ricetta che Latini ha recepito nel suo trattato. Un altro testo castigliano di cucina che utilizza il pomodoro per una salsa è quello di Raimundo Gómez, francescano aragonese, che compose la sua opera sotto lo pseudonimo di Juan Altimiras. Nel suo Nuevo arte de cocina si trovano due ricette per la preparazione del merluzzo dove interviene il pomodoro, e un metodo di conservazione di questo frutto, che consiste nel porlo sott'olio.
Per contro, alla cucina francese il pomodoro arrivò abbastanza più tardi: mentre lo incontriamo in varie ricette dei libri di cucina italiani del diciassettesimo secolo e in quelli spagnoli del diciottesimo, è curiosamente assente nei testi culinari francesi. Ció nonostante, sappiamo che alla fine di quest’ultimo secolo era senza dubbio disponibile nella Francia meridionale.
Una ricetta manoscritta del 1795, trovata negli archivi dipartimentali di Vaucluse, dove si descrive una purea molto concentrata di pomodoro, rappresenta probabilmente la ricetta francese più antica di questo vegetale.
Il trasferimento e l'adattamento del pomodoro dalle terre centroamericane all'Europa costituisce un esempio del lungo e irregolare processo di conoscenza e identificazione dei nuovi vegetali americani. A prescindere dalla sua conoscenza diretta quale ingrediente culinario, da parte di vari autori spagnoli, fin dai primi momenti della conquista del Messico, il suo arrivo e la sua introduzione in Europa sono circondati da molte ambiguità sul piano alimentare.
A causa di un malinteso di valutazione abbastanza presto attivato il pomodoro è stato considerato dalla maggior parte dei botanici e dei medici europei appartenente ad un genere di piante velenose o quanto meno poco affidabili rispetto a quelle note sulla base di una secolare farmacopea (vedi qui l'Indice)
Magie d'amore o malefici amorosi come quello qui descritto -collegati nel contesto della magia nera (vedi Indici) spesso al maleficio dell'avvelenamento e al maleficio dell'asservimento o "fascinazione"- erano attribuiti -specie ma non solo a scapito delle donne reputate più fragili psicologimente degli uomini, ma il termine vero era "lunatiche" risultavano pur nel contesto di una letteratura giuridica laica ed ecclesiastica assai complessa mediamente alle streghe "eretiche" e non (vedi) che spesso si sarebbero valse di droghe sparse nei cibi: al punto che chi poteva prese ad avvalersi contro avvelenamenti di vari tipi del "servo assaggiatore dei cibi" [la favola di Biancaneve e i sette nani (titolo tedesco: Schneewittchen und die Sieben Zwerge / titolo francese: Blanche-neige et les sept Nains) -assai più complessa da quella poi ripresa dalla Walt Disney e variamente volgarizzata e semplificata, anche addolcendone i contenuti, data l'utenza fanciullesca- in cui la regina-strega cerca vanamente di eliminare la figliastra, giudicata più bella di lei da uno specchio (incantato = ma la superstizione e la fantasia dei tempi attribuivano poteri, specie malefici e comunque legati a peccaminosa vanità, oggi impensabili agli specchi), attraverso una mela avvelenata (quindi il "Pomo per antonomasia") deriva quale trascrizione scientifica e conservativa da una fiaba popolare europea che nasce però da ataviche convinzioni anche connesse al folklore sui malefici di avvelenamento delle streghe = la versione attualmente conosciuta è quella scritta dai fratelli Grimm, Jacob e Wilhelm, in una prima edizione nel 1812, pubblicata nella raccolta Kinder- und Hausmärchen (Fiabe dei bambini e del focolare), ispirata a molti aspetti del folklore popolare, del quale i due fratelli erano profondi studiosi].
Nel contesto della medicina e dello scontro fra la scuola dei medici fisici e dei paracelsiani e contestualmente degli alchimisti un peso notevole ebbero le diverse opinioni nell' uso di piante esotiche come qui si legge alla maniera in cui entro questa sua opera scrisse il medico fisico Claudio Gelli rivolgendosi all'empirico ed erborista Zefiriele Tomaso Bovio che in questa sua opera vantava l'utilizzazione delle piante d'antico uso a fronte di quelle esotiche o del Nuovo Mondo o comunque di medicine confezionate con piante straniere, pur affermando di non averne disdegnato l'uso come supposto dal Gelli = date però le riconosciute convergenze storiche tra rizotomi, erboristi, alchimisti e donne rimedianti poi relegate alla condizione di streghe e la citata avversione tra le scuole mediche gli alchimisti destinati come qui si legge ad una condanna ecclesiastica con la Costituzione Spondent di Giovanni XXII presero ad esser guardati con crescente sospetto come possibili conniventi delle Streghe (e una qualche anticipazione, talora sfuggita, si può ravvedere proprio in
questa particolare vicenda rientrante nel processo cinquecentesco avverso le "Streghe" di Triora)
Oltre a ciò a scapito del Pomodoro concorreva anche il fatto che che produceva frutti i quali assomigliavano a quelli della mandragola [italiano "mandragora"] su cui erano in auge molte considerazioni, non esclusi sospetti di magici poteri = vedi qui le classificazioni che nel '500 fece il grande naturalista Amatus Lusitanus in merito a piante velenose come mandragola/mandragora - aconito - "altro aconito" [italiano: "erba della volpe"] - cicuta [oltre a ciò si possono in merito segnalare altre ragioni di diffidenza ed evidenziare come certi timori verso la pianta e il frutto si acuirono (nonostante al frutto appena scoperto nel Nuovo Mondo o futura America il celebre naturalista senese Mattioli diede il nome di POMO D'ORO essendo naturalmente all'oscuro che gli Spagnoli ne avevano non solo storpiato il nome ma avevano dato alla pianta non quello che possedeva in lingua azteca ma quello del gruppo di piante bulbose cui apparteneva) in vari contesti e per esempio già nel 1554 quando l' erborista di cui si è già fatto cenno sopra insieme ad altri suoi colleghi vale a dire il Dodoens ne fece poi una descrizione attribuendo al frutto una perigliosa reputazione di essere afrodisiaco sì da suggerirne un'ulteriore valenza e quindi lo sviluppi d'una nuova etimologia quale "Pomo d'Amore" = quindi un incentivo quasi pagano alla lussuria quasi che altro non potesse essere che una preziosità botanica da esibire quale un ornamento quasi naturale dei mitici Giardini del Piacere: sperato, sognato od artificialmente approntato qual corollario delle Feste Rinascimentali e Barocche nel contesto, e non, della moda dei Giardini Nobiliari = ma queste feste erano con altre pur meno clamorose giudicate occasione di lecenze varie sì che dalle postulazioni del Dodoens alle costumanze della moda vieppiù si presero ad usare i termini "POMI DELL'AMORE" anziché "POMI D'ORO" e quindi POMME D'AMOUR in francese e LOVE APPLE nei quali si celava questo ultimo presunto segreto del frutto certamente mal visto dai ligi e implacabili quanto numerosi, e non solo in ambito ecclesiastico, custodi della morale.
Quella sorta di gigantesca somiglianza con la ciliegia non era passata inosservata e in certi casi era rimasta quasi come inquietante interrogativo se non un incubo, alimentatosi nel sottobosco della cultura religiosa e non, quasi che il frutto, coinvolgendo divinità ctonie e pagane al pari dell'ipotizzato caso della PATATA (cosa che sorprendentemente sarebbe poi anche accaduta in merito alla CHINA donde il CHININO) non si fosse come appena detto "straordinariamente sviluppato" ma semmai (e per via di forze oscure) "mostruosamente sviluppato" = atteso che sulla scia di una lunga, appassionata ma spesso anche timorosa frequentazione da parte dei Pellegrini della Fede della Terrasanta in quella sorta di abnorme ciliegia non mancavano coloro che volevano ravvisare , stando alle descrizioni degli erbari e a vecche narrazioni, piuttosto un surrogato dei POMI DI SODOMA (vedi l'immagine in un antico erbario): espressione biblica e quindi tangibile, oltre che inoppugnabile, della collera di Dio verso i sacrileghi = vedi "Gerusalemme e suoi contorni" (1820) ed analizza più estesamente qui con supporto cartografico: un viaggio attraverso i Luoghi Santi fino alla contemplazione del Santo Sepolcro = la "Gerusalemme Celeste" e la "Gerusalemme Terrestre" compresa una Mappa della Terrasanta, una stampa antica del Mar Morto, le riflessioni sulla distruzione divina della città di Sodoma ed ancora la descrizione dei Pomi di Sodoma nella narrazione ottocentesca del Visconte di Marcellus ( analizza in merito il discorso che spesso li coinvolgeva in relazione a lussuria e soprattutto sodomia perfetta ed imperfetta ed altre colpe della sfera sessuale connesse alla distruzione di Sodoma, Gomorra, e delle altre città della Pentapoli e visualizza qui le diverse interpretazioni ) = dati questi elementi biblici e contestualmente data la già citata consonanza con vari aspetti mitologici e non connessi quasi sempre negativamente ai POMI e quella in particolare conferita al POMO CHE, CONTESO FRA ATENA, AFRODITE ED ERA, ED ATTRIBUITO DA PARIDE AD AFRODITE CHE GLI OFFRI' L'AMORE ILLECITO PER ELENA LA DONNA PIU' BELLA DEL MONDO, GIA' SPOSATA AL RE MENELAO SI' DA SCATENARE LA GUERRA FA ACHEI E TROIANI nelle credenze popolari, ma non solo, fama di " FAMA DI POMI D'AMORE " data a questi FRUTTI DEL "NUOVO MONDO" fu rigettata in certi contesti, specie marcatamente religiosi, sia cattolici che riformati associando alla nuova denominazione quella di
" POMI DELLA LASCIVIA E QUINDI SPESSO DELLA DISCORDIA: IN QUANTO ANCHE CAUSA DI CONTRASTI E DI DUELLI MATURATI DA OFFESE SCATURITE TRA RIVALI PER QUALCHE DONNA NEL CORSO DI FESTE E BALLI"].
Tuttavia con il passare del tempo il contestuale apparentamento del Pomodoro alla melanzana prese il sopravvento su tante errate convinzione , e la conseguente tecnica di cottura, del tutto simile, ne propizierà il consumo e le sue caratteristiche morfologiche faranno sì che da questi processi culinari derivi la salsa di pomodoro. Benché quest’ultima preparazione non compaia nei libri di cucina spagnoli del secolo XVII, la sua presenza nei testi italiani coevi si registra, a quel che sembra, a partire da una preparazione identificata come originaria della Spagna. Al contrario, in Francia, anche se siamo a conoscenza della coltivazione del pomodoro quanto meno a partire dal 1600, questo vegetale non figura nei testi culinari, né sembra essere stato consumato fino alla fine del secolo seguente: forse per essere stata considerata pianta ornamentale, non commestibile e addirittura tossica, e per essere stata classificata tra le solanacee velenose, alle quali venne assimilata nei primi momenti della sua comparsa. A prescindere dalle importanti constatazioni sopra citate del Pira il trattato che però suggella la fruizione gastronomica dei POMODORI -comunque sempre risalente al '700- è un lavoro di Francesco Gaudentio tuttora custodito alla Biblioteca Comunale di Arezzo.
Nel codice si può infatti leggere la prima ricetta relativa al "sugo di pomodoro":...Piglia detti pomi, simili alle mele, tagliali in pezzetti, mettili in tegame con olio, sale, aglio trito, mentuccia di campagna. Li farai soffriggere col rivoltarli spesso e se ci vorrai aggiungere un poco di malignane [melanzane] tenere o cocuzze bianche [zucchine] ci faranno bene".
Il successo alimentare del POMODORO si può tuttavia datare ufficialmente solo dal 1773 quando venne divulgato con gran fortuna il trattato gastronomico del napoletano Vincenzo Corrado intitolato Il cuoco galante....
Come condimento del maccheroni tuttavia anche a Napoli l'affermazione del sugo di pomodoro fu tardiva: i "maccaronari" preferirono condire infatti i maccaroni "in bianco" sin almeno al 1830 quando si prese la consuetudine di proporre al pubblico, agli angoli delle strade, "spaghetti e pomodoro".
Poco dopo, nel 1834, il duca di Buonvicino Ippolito Cavalcanti redasse e pubblicizzò una sua arguta ricetta intitolata "vermicielli co le pommadoro".
La sanzione ufficiale di questa pianta in campo alimentare relativamente alla Liguria si deve invece a G.B. Ratto che diede alle stampe, intorno al 1865, il suo volume La Cuciniera Genovese... in cui erano proposte diverse ricette a base di pomodori.
Finalmente alla fine del XIX secolo Pellegrino Artusi sancì ufficialmente a livello gastronomico il trionfo del pomodoro scrivendo in uno dei suoi celebri testi di gastronomia:"Fate un battuto con un quarto di cipolla, uno spicchio d'aglio, un pezzo di sedano lungo un dito, basilico e prezzemolo. Conditelo con un poco d'olio, sale e pepe, spezzate sette o otto pomodori e mettete al fuoco ogni cosa insieme. Mescolate di quando in quando e allorché vedrete il sugo condensato come una crema liquida, passatelo al setaccio e servitevene. Questa salsa si presta a moltissimi usi: è buona con il lesso, è ottima per aggraziare le salse asciutte condite a cacio e burro, come per fare il risotto con i pomodori".


























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