BARTOLOME' DE LAS CASAS (1474 1566), detto anche l'"apostolo degli indios" (che qui vediamo riprodotto da un ritratto custodito alla Biblioteca Colombiana di Siviglia) fu figlio di un ricco proprietario spagnolo di piantagioni nei Caraibi.
Ammirò la portata delle GRANDI SCOPERTE GEOGRAFICHE NEL "NUOVO MONDO" convinto delle ENORMI PROSPETTIVE PER LE GENTI DI TUTTO IL MONDO GRAZIE ALL'IMPRESA DEGLI ESPLORATORI ma fu disgustato dalla CONQUISTA BRUTALE DI INTIERE CIVILTA' con i "Conquistadores" spinti solo da colpevole
AVIDITA' DI ORO E RICCHEZZE DEGLI "IMPERI DEL SOLE" MASCHERATA SOTTO GIUSTIFICAZIONI DI CIVILIZZAZIONE, LOTTA AGLI INFEDELI, A RITI BARBARI E PRATICHE MAGICHE.
Rimase certo sconvolto tanto dalla tragedia del crollo dell'IMPERO AZTECO o dell'IMPERO INCA in quanto vide
nella gesta dei "Conquistadores" non solo l'assenza di ogni umanità ma anche il segno di quella stupidità umana, mossa dall'avidità, che,
inducendo a devastare ogni cosa che non fosse ricchezza, finì col distruggere anche le scientifiche e culturali CONQUISTE DI CIVILTA' EVOLUTE CHE AVREBBERO POTUTO GIOVARE AGLI EUROPEI =
i "Conquistadores" sfruttarono ogni cosa che procurasse denaro ma trascurarono per esempio il PATRIMONIO COSTITUITO DALLA FITOTERAPIA PRECOLOMBIANA andando invece a depredare
le "MUMMIE" DELLE NECROPOLI INCAICHE sperando di poter alimentare -ma le loro aspettative si rivelarono presto prive di fondamento per il diverso processo di IMBALSAMAZIONE- il remunerativo ma ormai carente commercio delle MUMMIE
EGIZIE, a prezzi esorbitanti utilizzate in medicina.
Informatizzazione a cura di Bartolomeo Durante
BARTOLOME'/BARTOLOMEO - BARTOLOMMEO) DE LAS CASAS rimase tuttavia principalmente colpito dalle durissime condizioni di vita e lavoro degli AMERINDIANI SCHIAVIZZATI e si fece sacerdote per meglio assumerne le difese (anche a pro di quanti -relegati nel vasto MONDO DEGLI EMARGINATI- venivano condotti in Europa e venduti ai feroci MERCANTI DI MERAVIGLIE OPERANTI DALLE FIERE SIN ALLE CORTI sì da diventare poi umiliati e sfruttati "strumenti" di sollazzo per il pubblico quali FENOMENI DA BARACCONE SIA PER L'ASPETTO ESOTICO SIA PER LE DOTI DI EQUILIBRISMO E LE QUALITA' FUNAMBOLICHE NEL MANEGGIARE PALLA E PALLONE).
Convinto che la "colonizzazione deve servire più agli infedeli che ai principi cristiani" esperimentò un particolare sistema di colonizzazione e civilizzazione degli indigeni ed al proposito ottenne nel 1520 un territorio di costa di 250 leghe, ma non ottenne i risultati attesi.
Decise allora di difendere gli Indios come predicatore e divenuto vescovo di Chiapas nel 1544 intensificò questa sua opera ottenendo però l'odio dei latifondisti spagnoli. Nonostante l'appoggio del papa fu costretto a ritornare in patria e discolparsi, con successo, da gravi accuse di eresia dietro cui si celava l'avversione che si era attirata specialmente per le CRITICHE MOSSE AI GOVERNANTI SPAGNOLI DELLE AMERICHE.
BARTOLOME' DE LAS CASAS nel suo grande impegno per la difesa dei nativi mesoamericani aveva peraltro più volte espresso che meglio e di più per i nativi AVREBBERO POTUTO FARE LE MISSIONI CATTOLICHE ed al riguardo nella parte finale della sua celebre BREVISSIMA RELAZIONE DELLA DISTRUZIONE DELLE INDIE ebbe modo di celebrare FRA MARCO DA NIZZA IL RELIGIOSO CHE , INVIANDO SUE LETTERE A VARIE AUTORITA' CON NON COMUNE CORAGGIO DENUNCIO' I CONQUISTADORES PER LE VIOLENZE PERPETRATE AVVERSO LE POPOLAZIONI DELL'ANTICO IMPERO INCA
[ purtroppo non tutti semmai pochi si comportarono come Fra Marco a riguardo dell'operato dei "Conquistadores" = basta qui confrontare
e quanto invece in merito al processo di "civilizzazione" ed "evangelizzazione" del Messico compare in questa assai consolatoria
Lettera del Reverendo Padre Francesco da Bologna
scritta dalla Città di Messico nell'India o Nuova Spagna al Reverendissimo Padre Clemente da Monelia Provinciale di Bologna]
Vedi qui i punti basilari de:
Encomienda, dibattito su colonialismo e schiavizzazione delle popolazioni amerindiane, Leggi di Burgos, Leggi Nuove, Giunta di Valladolid, contesa Las Casas - Sepulveda.
Per l'età avanzata e le malattie BARTOLOMEO DE LAS CASAS non tornò più in America ma continuò a difendere la causa degli Amerindiani al punto estremo che consigliò poi la TRATTA DEI NEGRI ritenendo che, per la loro robustezza, fossero meglio idonei degli Indios a sopportare il massacrante lavoro delle coltivazioni americani e che comunque in tali nuove contrade potessero ottenere migliori possibilità di vita. Contraddetto dai fatti, successivamente si pentì aspramente di questa affermazione (verisimilmente vagliando anche le disumane condizioni con cui gli schiavi catturati venivano trasportati per via delle NAVI NEGRIERE) sostenendo pubblicamente che la "cattività dei negri è ingiusta tanto quanto quella degli indiani".
Nel VOLUME VIAGGI, LETTERE, RELAZIONI E MEMORIE ALLA SCOPERTA ED ALLA CONQUISTA DEL MESSICO (1845) della "Raccolta di Viaggi" curata nel XIX sec. da F. C. MARMOCCHI
da pagina 485 a pagina 546, con un'utile premessa del curatore (pp. 463 - 483) si legge (nella versione italiana di Giacomo Castellani) una delle opere basilari del LAS CASAS vale a dire la:
"BREVISSIMA RELAZIONE DELLA DISTRUZIONE DELLE INDIE"
qui proposta digitalizzata con un opportuno:
INDICE
[ALCUNI CENNI BIOGRAFICI INTORNO A BARTOLOMMEO DI LAS CASAS VESCOVO DI CHIAPA IN AMERICA DI F. C. MARMOCCHI]
"BREVISSIMA RELAZIONE DELLA DISTRUZIONE DELLE INDIE"
"PROEMIO BREVISSIMA RELAZIONE DELLA DISTRUZIONE DELLE INDIE"
"ALL'ALTISSIMO E POTENTISSIMO SIGNORE IL PRINCIPE DELLE SPAGNE DON FILIPPO"
I - ["isola Spagnuola"]
II - ["isola di San Giovanni" - "isola di Giamaica" ]
III - ["isola di Cuba" - "provincia di Avqana"]
IV - ["Terraferma" - "province di Nicaragua" ]
V - ["Messico" - "regno di Guatemala" - "regni di Naco e Honduras" - "provincia di Cuzcatan" - "Terra di San Salvatore"]
VI - ["Yucatan" ]
VII - ["provincia di Santa Marta"]
VIII - ["Costa di Paria" - "Venezuela" - "isola della Trinità" - "isola di San Giovanni" - "Capo della Codera" - "isole de' Lucai / Lucaie"]
IX - ["fiume Argento" - "Rio de la Plata" ]
X - ["Regni del Perù" ]
[relazione di "Fra Marco da Nizza dell'Ordine di S. Francesco", testimone oculare, di quanto avvenuto nel "gran Impero Inca" ]
le OPERE del Las Casas e la loro ICONOGRAFIA = "LE SCENE DI UN GENOCIDIO E DI UN OLOCAUSTO"
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Il MARMOCCHI che si avvale, con aggiustamenti grafici, della
"Istoria o Brevissima relatione della distruttione dell'Indie Occidentali
conforme al suo vero originale spagnuolo gia stampato in Siviglia
di Bartolomeo dalle Case, o Casaus
tradotta in italiano dall. eccell. sig. Giacomo Castellani gia sotto nome di Francesco Bersabita" (in Venetia, per Marco Ginammi, 1643) non ha TRASCRITTO PER INTIERO L'OPERA DI B. DE LAS CASAS che contempla ancora, questa parte:
Del nuovo Regno di Granata.
L'anno 1539 consorsero molti Tiranni, andando da Venezuola, e da S. Marta, e da Cartagena à cercar il Perù: & altri, che dall'istesso Perù scendevano per penetrar dentro quei paesi, e trovarono alle spalle di Santa Marta, e di Cartagena trecento leghe dentro Terra, alcune felicissime, & maravigliose Provincie, piene d'infinite genti, mansuetissime, e buone come l'altre, & anco ricchissime d'oro, e di quelle pietre pretiose, che si chiamano smeralde.
Alle quali Provincie posero nome il nuovo Regno di Granata; perche quel Tiranno, che primo arrivò à questi paesi, era naturale del Regno di Granata, c'habbiamo di quà.
Et perche molti huomini iniqui, & crudeli, di quelli, che concorsero da tutte le parti, erano segnalati beccai, e spargitori del sangue humano, moltro avezzi, & esperimentati nelli gravi peccati, c'habbiamo detto essersi fatti in molte parti dell'Indie, perciò sono state tali, e tante le loro indiavolate operationi, e le circostanze, & qualitadi, che le deturpano, & aggravano, che hanno superato moltissime, anzi tutte quelle, che gli altri, & essi medesimi hanno commesso, & operato nell'altre parti dell'Indie.
D'infinite, che in questi tre anni hanno fatto, & hoggidì non cessano di fare, io ne racconterò assai brevemente alcune frà molte; perche un Governatore, non havendo voluto colui, che nel detto Regno rubbava, & ammazzava, admetterlo ancora lui à rubbare, & ammazzare, gli fece un processo contra con molti testimonij, sopra le stragi, & ingiustitie, & uccisioni, c'hà fatto, & che fa, il quale fù letto, e si trova nel Consiglio dell'Indie.
Dicono li testimonij nel detto processo, che stando tutto quel Regno quieto, & servendo a gli Spagnuoli, dando gli Indiani continuamente ad essi da mangiare con le loro fatiche, & facendo per loro possessioni, & facoltà, & portando loro molto oro, & pietre pretiose di smeralde, e quanto havevano, e potevano; essendo state divise le Terre, & li Signori, & i loro vassalli da gli Spagnuoli, ch'è tutto quello, che pretendono per mezo d'ottener l'ultimo loro fine, ch'è l'oro, & messi tutti nella solita tirannia, e servitù; il Tiranno Capitan principale, che commandava a quel paese prese, il Signore, & Re di tutto quel Regno, e lo tenne preso sei, o sette mesi, dimandandogli oro, e smeralde, senza alcun'altra causa, nè ragione.
Il detto Re, che si chiamava Bogotta, per lo timore, che gli posero, disse, ch'egli darebbe una casa d'oro, che gli dimandavano, sperando di liberarsi dalle mani di quelli, ch'in cosi fatta guisa l'affliggevano; & mandò alcuni Indiani accioche gli portassero dell'oro, & in diverse volte portarono molta quantità d'oro, e di pietre; mà perch'egli non dava la casa d'oro, dicevano gli Spagnuoli, che s'ammazzasse, poiche non adempiva quello ch'havea promesso.
Disse il Tiranno, che ne facessero instanza giudiciariamente avanti di lui: cosi gliele ricercarono con querela, accusando il detto Re del paese. E gli diede udienza, condennandolo à dover essere tormentato, se non dava la casa d'oro.
Gli danno il tormento della corda; li gittano sevo ardente sopra la pancia; gli mettono à ciascun piede una serratura ficcata in un palo, & il collo legato ad un'altro, e due huomini, che gli tenevano le mani; & à questo modo gli davano il fuoco alli piedi.
Et entrava il Tiranno di quando in quando, e gli diceva, che cosi l'havea da uccidere con li tormenti à poco à poco, se non gli dava l'oro. Et cosi glielo attese, & uccise quel Signore con li tormenti. Et mentre lo tormentavano, Iddio mostrò segno di detestar quelle crudeltà, co'l far, che s'abbruggiasse tutta quella Terra, dove le commettevano.
Tutti gli altri Spagnuoli, per imitar il loro buon Capitano, e perche non sanno far altro, che lacerar quelle genti, fecero il medesimo; tormentando ciascuno con diversi, e fieri tormenti il Signore della Terra, ò delle Terre, ch'erano loro raccomandate, mentre quei Signori gli stavano servendo con tutte le loro genti, e dando loro quanto oro, e smeraldo potevano, & havevano; e solamente gli tormentavano, accioche dessero loro più oro, & pietre, che non facevano. Et à questo modo abbruggiarono, & fecero in pezzi tutti li Signori di quel paese.
Per paura dell'eccessive crudeltà, che uno di quei particolari Tiranni faceva ne gli Indiani, un gran, Signore, che si chiamava Daitama con molta gente della sua, fuggendo da tanta inhumanità, si ritirò alle montagne, perche stimano, che questo sia il rimedio, & il refugio, se pur giovasse, & questo chiamano gli Spagnuoli sollevatione, & rebellione.
Havendo inteso questo il Capitan principale Tiranno, egli manda gente à quell'huomo crudele, per la ferocità del quale gli Indiani, che se ne stavano pacifici, e sopportando cosi gravi Tirannie, & malvagità, se n'erano andati alle montagne; il quale andò à cercarli, & perche non basta l'ascondersi nelle viscere della terra, trovarono gran quantità di gente, & ammazzarono, & fecero in pezzi più di cinquecento persone, huomini, donne, e fanciulli, non perdonando alcuno.
Et dicono anco li testimonij, che l'istesso Prencipe Daitama, avanti, che la gente l'uccidesse, era andato à trovare quell'huomo crudele, e gli haveva portato quattro, ò cinque mila scudi, & ciò non ostante fece la detta strage.
Un'altra volta venendo molta quantità di gente à servir a li Spagnuoli, e standosene sicuri servendo con la humiltà, e simplicità, che sogliono, venne una notte il Capitano alla Città, dove gl'Indiani servivano, & comandò, che mettessero à fil di spada tutti quegli Indiani, mentre parte di loro se ne stava dormendo, & parte cenando, e riposando dalle fatiche del giorno
Questo fece egli, perche gli parve bene far quella strage, per farsi temere da tutte le genti di quel paese.
Un'altra volta il Capitano fece pigliar giuramento da tutti gli Spagnuoli quanti Signori, e principali, e gente ordinaria ciascuno haveva nel servitio della sua casa, & che subito gli conducessero alla piazza, & ivi fece tagliar à tutti la testa, onde ammazzarono quattro, ò cinquecento persone. E dicono i testimonij, ch'à questo modo egli pensava di pacificar il paese.
Dicono li testimonij, che un certo Tiranno particolare fece gran crudeltadi, ammazzando, e tagliando le mani, & i nasi à molti huomini, e donne, e distruggendo molta gente.
Un'altra volta il Capitano mandò il sopradetto huomo crudele con certi Spagnuoli alla Provincia di Bogotta, à far inquisitione chi fosse il Signore, ch'era successo in quel Dominio, da poiche uccise con li tormenti il Signor universale; & egli se n'andò per molte leghe di paese, prendendo quanti Indiani poteva havere.
Et perche non gli dicevano, chi era il Signore, ch'era succeduto, ad alcuni tagliava le mani, & altri faceva dar alli cani feroci, che gli laceravano, cosi huomini, come donne, & à questo modo ammazzò, e distrusse molti Indiani, & Indiane.
Et un giorno vicino all'alba andò ad assaltar alcuni Signore, ò Capitani, & molta gente d'Indiani, che se ne stavano quieti, & sicuri, perche gli havea assicurati, & dato loro la fede, che non riceverebbero male, nè danno, sopra la qual sicurezza uscirono dalli monti, dove stavano nascosti, ad habitar alla pianura, dove haveano la loro Terra, e cosi standosene inavertiti, & con la confidenza della fede data, egli prese molta quantità di gente, donne, & huomini, & faceva, che mettessero la mano distesa in terra, & egli stesso con una scimitara tagliava loro le mani, e diceva, che dava loro quel castigo, perche non gli volevano dire, dove era il nuovo Signore, che era successo in quel Regno.
Un'altra volta, perche gli indiani non diedero un forziere pieno d'oro, che dimandò questo crudel Capitano, egli mandò gente à far loro la guerra, onde uccisero infinite persone, e tagliorono le mani, & li nasi à tante donne, & huomini, che non si potrebbero contare, & altri diedero alli cani feroci, che gli sbranavano, & mangiavano.
Un'altra volta, vedendo gli Indiani d'una Provincia di quel Regno, che gli Spagnuoli haveano abbruggiato tre, ò quattro Signori principali, per paura si ritirarono ad una rupe forte, per difendersi da tali inimici, privi di viscere d'humanità, & potevano esser sopra quella rupe, per quanto dicono dicono li testimonij, quattro, ò cinque mila Indiani.
Manda il Capitan sopradetto un grande, e segnalato Tiranno, che supera molti di quelli, c'hanno carico di distrugger quei paesi, con certo numero di Spagnuoli, à castigare quegli Indiani, i quali fuggivano da cosi gran pestilenza, & macello, e dice, che sono sollevati; come se havessero fatto qualche ingiustitia, & che à quelli s'aspettasse dar il castigo, e pigliar la vendetta, essendo essi degni di qual si voglia crudelissimo tormento senza misericordia, poiche sono cosi privi di essa, e di pietà verso quegli innocenti.
Andati gli Spagnuoli alla rupe, vi montano sù per forza, essendo gli Indiani ignudi, e senza armi; e chiamando gli Spagnuoli quegli Indiani con parola di pace, & assicurandogli di non far loro alcun male, perche non combattessero; subito gli Indiani cessarono; commanda quel crudelissimo huomo a gli Spagnuoli, che pigliassero tutti i lochi forti della rupe, & prefigli, che investissero ne gli Indiani. Investono quelle tigri, & leoni nelle mansuete pecorelle, e ne sventrano, e mettono à fil di spada tanti, che si fermano à riposarsi, tanti n'haveano tagliato à pezzi.
Dopo essersi riposati un poco, ordinò il Capitano, che ammazzassero, e gittassero giù da quella rupe, ch'era molto alta tutta la gente, che restava viva: & cosi ve la gittarono tutta. E dicono li testimonij, ch'essi vedevano tal nembo d'Indiani gittati giù dalla rupe, che poteva esser di settecento huomini insieme, che cadevano, si che si facevano in pezzi.
Et per adempir del tutto la loro gran crudeltà, cercarono tutti gli Indiani, che si erano nascosi frà le macchie, & commandò, che à tutti dessero delle stoccate, & cosi gli ammazzarono, e li gittarono giù della rupe.
Nè per anco egli volse contentarsi con le cose tanto crudeli, che si sono narrate, mà volse segnalarsi anco più, & accrescere l'horribilità de' suoi peccati, co'l commandare, che tutti gli Indiani, & Indiane, che li particolari haveano preso vivi, perche in quelle stragi ciascuno suol fare scielta d'alcuni Indiani, & Indiane, & fanciulli, per servirsene; gli mettessero in una casa di paglia (havendo prima scielti, e lasciati quelli, che à lui parvero meglio per suo servitio) & vi mettessero fuoco; e cosi gli abbruggiarono vivi, che potevano essere da quaranta, ò cinquanta. Altri ne fece gittar alli cani feroci, che gli sbranarono & mangiarono.
Un'altra volta quest'istesso Tiranno se n'andò ad una certa Terra chiamata Cota, & prese molti Indiani; & fece sbranar dalli cani quindeci, ò venti Signori, & persone principali; e tagliò le mani à molti huomini, e donne, e le legò ad alcune corde, e le mise pendenti ad un legno per lungo, accioche gli altri Indiani vedessero ciò c'havea fatto à quelli, dove potevano esser settanta para di mani; e tagliò il naso à molte donne, & fanciulli.
Non potrebbe alcuno esplicare l'attioni, e le crudeltà di questo huomo inimico di Dio, perche sono innumerabili, nè mai più si sono intese, nè viste altre tali; quali esso hà fatto in quel paese, e nella Provincia di Guatimala, & in ogni luoco, dove è stato: perche sono molti anni, che egli và per quei paesi facendo queste operationi, e abbruggiando, e distruggendo quelle genti, & quelle Terre.
Dicono più li testimonij in quella prova, che sono state tante, tali, & cosi grandi le crudeltà, & l'uccisioni, c'hanno fatto, & hoggidì fanno nel detto nuovo Regno di Granata, li Capitani per se stessi, e con l'acconsentire, che le facciano tutti quelli Tiranni, e distruttori del genere humano, ch'erano seco, c'hanno consumato, & esterminato tutto il paese. E che, se Sua Maestà non vi fà rimediare in tempo, secondo l'uccisione, che si fà de gli Indiani, solamente per cavar da essi quell'oro, che non hanno, perche hanno dato tutto quello, c'havevano, si finirà in breve di distrugger in tal maniera, che non vi resteranno Indiani d'alcuna sorte per sostentar il paese, e resterà tutto spopolato, e diserto.
Quì si deve considerare quanto grande, & furiosa sia stata la crudele, e pestilentiale tirannia di quegli infelici Tiranni, che nello spatio di due, ò tre anni, da che fù discoperto quel Regno, il quale, per quanto dicono tutti quelli, che vi sono stati, & li testimonij del processo, era il più pieno di gente, che potesse esser paese alcuno nel mondo, l'habbiano tutto disertato con l'uccisioni, tanto senza pietà, e senza timor di Dio, e del Re, che dicano, che, se Sua Maestà in breve non impedisce quelle operationi infernali, non resterà viva alcuna persona. Et io cosi lo credo, perche hò veduto con gli occhi proprij molti, e gran paesi in quelle parti, che in pochissimo tempo gli hanno distrutti, e del tutto spopolati.
Vi sono altre Provincie grandi, che confinano con li paesi del detto nuovo Regno di Granata, le quali si chiamano Popayan, & Cali, & tre, ò quattro altre, che si estendono per più di cinquecento leghe; le hanno desolate, e distrutte, come l'altre; rubbando, & uccidendo con tormenti, & con l'ingiustitie dette di sopra, le genti di esse, ch'erano infinite, perche il paese è felicissimo.
Et quelli, c'hora vengono di là, dicono, ch'è cosa di gran compassione, e dolore il vedere tante, & cosi gran Terre abbruggiate, e distrutte, come vedevano passando per esse: perche dove vi era tal Terra di mille, e di due mille fuochi, non ve ne trovavano cinquanta, & altre abbruggiate, e spopolate affatto.
Et in molte parti trovavano cento, ducento, e trecento leghe tutte diserte, essendo state abbruggiate, e distrutte gran Terre.
E finalmente, perche dalli Regni del Perù per la parte della Provincia del Quito, entrarono adentro grandi, & crudeli Tiranni verso il detto nuovo Regno di Granata, & à Popayan, & Cali, per la parte di Cartagena, & Uraba; e da Cartagena altri mal aventurati Tiranni se n'andarono a Quito; & altri dopo per la parte del Rio di San Giovanni, ch'è nella riviera del Sur, tutti li quali vennero ad unirsi insieme; hanno estirpato, & spopolato più di seicento leghe di paese, mandando quell'innumerabili anime all'inferno. Facendo l'istesso il giorno d'hoggi à quelle genti miserabili, che vi restano, benche innocenti.
E perche si verifichi la regola, ch'io dissi al principio, che sempremai è andata crescendo la Tirannia, e le violenze, & l'ingiustitie de gli Spagnuoli contra quelle mansuete pecorelle, in crudeltà, inhumanità, & malvagità, quello, che fra l'altre cose, degnissime d'ogni fuoco, e d'ogni tormento, al presente si fà nelle dette Provincie, è ciò che segue.
Dopò le uccisioni, e le stragi della guerra, mettono i popoli, come s'è detto, nella horribile servitù sopra narrata; & raccomandano alli diavoli, ad uno ducento, & ad un'altro trecento Indiani. Il Diavolo commandatore ordina, che siano chiamati cento Indiani avanti di lui; subito vengono, come tanti agnelletti; venuti egli fà tagliar la testa à trenta, ò quaranta di loro; e dice à gli altri; farò il medesimo à voi, se non mi servite bene, e se vi partite senza mia licenza.
Hor si consideri, per Dio, da quelli, che ciò leggeranno, che operatione sia questa, & se supera qualsivoglia crudeltà, & ingiustitia, che imaginar si possa; & se quadra molto bene à questi tali Christiani il chiamarli diavoli, e se potrebbe esser peggio il raccomandar gli Indiani alli diavoli dell'inferno, che il raccomandargli alli Christiani dell'Indie.
Io dirò anco un'altra operatione tale, ch'io non sò qual sia più crudele, e più infernale, e più piena di ferocità di fiere, bestie, ò questa, ò quella, che pur hora s'è detta.
Già s'è detto, che gli Spagnuoli dell'Indie hanno avezzi, & ammaestrati alcuni cani fortissimi, & ferocissimi ad uccidere, e sbranare gli Indiani.
Attendano tutti quelli, che sono veri Christiani, & anco quelli, che non lo sono, se mai s'intese al mondo operatione tale: che per mantenere li detti cani conducono molti Indiani in catene ne i viaggi, che fanno, come se fossero branchi di porci, e ne ammazzano, e fanno publica beccaria di carne humana; e si dicono l'uno all'altro; prestami un quarto d'uno di questi vigliacchi per dar da mangiare alli miei cani, fin ch'io n'ammazzi un'altro, come se si prestassero quarti di porco, ò di castrato.
Vi sono altri, che se ne vanno a caccia la mattina co i loro cani, e ritornando à desinare, essendo ricercati come gli è andato, rispondono, mi è andato bene, perche io ho lasciato forse quindeci, ò venti vigliachi ammazzati dalli miei cani.
Tutte queste cose, & altre diaboliche, hora vengono provate in processi, c'hanno formato alcuni Tiranni contra altri. Che cosa può esser più brutta, nè più fiera, nè più inhumana?
Voglio finir con questo, finche vengano avisi d'altre cose più egregie in malvagità, se più di queste ve ne possono essere: ò fin tanto, che ritorniamo di là à vederle di nuovo, come le vediamo già sono quarantadue anni con gli occhi nostri continuamente.
Protestando avanti Dio sopra la mia conscienza, che per quanto credo, e tengo per certo, sono tante le perditioni, i danni, le distruttioni, le spopolationi, le stragi, le morti, e le grandissime crudeltà horribili, & le maniere turpissime, delle violenze, ingiustitie, ladrarie, & uccisioni, che frà quelle genti, & in quei paesi si sono fatte, & anco hoggidì si fanno in tutte quelle parti dell'Indie, che con tutte quante le cose, c'hò detto, e per quanto hò essaggerato, non hò detto, ne essaggerato nella qualità, e nella quantità, di dieci mille parti la una, di quello, che s'è fatto, & hoggidì si fa.
E perche ogni Christiano habbia maggior compassione di quelle nationi innocenti, e più si condolga della perdita, e condannation loro, e maggiormente incolpi, & abbomini, e destesi l'avaritia, l'ambitione, e la crudeltà de gli Spagnuoli, habbiano tutti per sicura questa verità, appresso l'altre, c'hò affermato di sopra, che dopo, che si scopersero l'Indie fino al presente, mai gli Indiani in alcuna parte di esse non fecero male à Christiano alcuno, senza che prima non havessero ricevuto mali, rubbarie, e tradimenti da loro. Anzi sempre gli stimavano immortali, e venuti dal Cielo, e come tali li ricevevano, finche le loro operationi manifestarono chi essi erano, & quello, che pretendevano.
Egli è bene aggiungere un'altra cosa che dal principio fino al presente gli Spagnuoli non hanno havuto più pensiero di procurar, che la fede di Giesù Christo fusse predicata à quelle genti, che se fossero cani, ò altre bestie; anzi hanno impedito con principal proposito li religiosi, causando loro molte afflittioni, & persecutioni, che non la predicassero, perche pareva loro, che era d'impedimento all'acquisto dell'oro, e delle ricchezze, che le loro ingorde voglie si promettevano.
Et hoggidì in tutte l'Indie non vi è più notitia di Dio, se sia di legno ò di Cielo, ò di Terra, di quello, che era già cent'anni frà quelle genti; eccetto nella nuova Spagna, dove sono andati religiosi, ch'è un cantoncino molto piccolo dell'Indie. E cosi tutti sono periti, & periscono senza fede, & senza sacramenti.
Fui indotto à scriver quest'opera io frà Bartolomeo delle Case, ò Casaus frate di S. Domenico, che per la misericordia di Dio vado per questa Corte di Spagna, procurando di cacciar l'inferno fuori dell'Indie, e che quelle infinite moltitudini d'anime, redente co'l sangue di Giesù Christo, non periscano sempre senza rimedio; & per compassione, ch'io hò della mia patria, ch'è Castiglia, che Iddio non la distruga per cosi gravi peccati, commessi contra la fede, e l'honor suo, e contra i prossimi; da alcune persone di qualità, gelose dell'honor di Dio, e compassionevoli dell'afflittioni, e delle calamità altrui che risiedono in questa Corte, se ben io mi havea proposto di farlo, e per le mie continue occupationi non l'havea messo in effetto.
La ridussi à fine in Valenza à 8 di Decembre del 1542, quando sono più forti, e stanno attualmente in colmo tutte le violenze, l'oppressioni, le tirannie, l'uccisioni, i rubbamenti, le distruttioni, le stragi, le spopolationi, l'angustie, e le calamità sopradette, in tutte le parti, dove sono Christiani nell'Indie, se ben in alcune parti sono più fiere, & abbominevoli, che in altre.
Il Messico, & il suo contorno stà un poco manco male, e dove almeno non si ardisce di farlo publicamente; perche ivi, e non in alcun'altra parte, vi è qualche giustitia, benche molto poca, poiche ivi ancora gli ammazzano con gravezze infernali.
Hò grande speranza, poiche l'Imperatore, & Re di Spagna nostro Signore Don Carlo, Quinto di questo nome, và intendendo le malvagità, & i tradimenti, che contra la volontà di Dio, e di lui, si fanno, e si sono fatti in quelle genti, & in quei paesi, perche fin hora gli è stato sempre studiosamente nascosta la verità, che egli hà da estirpare tanti mali, & da rimediare à quel nuovo mondo, che Iddio gli hà dato, come quegli ch'è amatore, & osservatore della giustitia; la cui gloriosa e felice vita, & stato Imperiale Iddio onnipotente prosperi lungamente, per rimedio di tutta la sua Chiesa universale, & per la finale salvatione propria della sua anima Reale.
Amen
Dopo scritto quanto di sopra, furono publicate alcune leggi, & ordini, che fece Sua Maestà in quel tempo, nella Città di Barcellona l'anno 1542, nel mese di Novembre, e nella Terra di Madrid l'anno seguente; con le quali si diede quell'ordine, che per all'hora parve conveniente, accioche cessassero tante malvagità, & peccati, che contra Iddio, & il prossimo à total rovina, e distruttione di quel mondo, si commettevano.
Fece Sua Maestà le dette leggi dopo molte radunanze di persone di grand'auttorità, di lettere, e di conscienza, e dispute, e congregationi fatte nella Terra di Vagliadolid; e finalmente con la risolutione, & parere della maggior parte di tutti quelli, che diedero i loro voti in scrittura & più si avvicinarono alle regile della legge di Giesù Christo, come veri Christiani, & parimente liberi della corruttione, & sporcitia delli tesori rubbati dell'Indie, i quali imbrattarono le mani, & più l'anime di molti, che all'hora n'haveano il commando; dal che procedette la loro cecità, per distruggerle senza farsene scrupolo alcuno.
Publicate queste leggi, li agenti delli Tiranni, che all'hora stavano nella Corte, ne fecero molte copie; perche à tutti rincresceva, stimando che si serrassero loro le porte di participar di quello, che veniva rubbato, e tiranneggiato; e le mandarono in diverse parti dell'Indie.
Quelli, che di là haveano cura di rubbarle, & finir di distruggerle con le loro tirannie, non havendo giamai osservato ordine alcuno, anzi tutto quel disordine, che potrebbe mettere Lucifero, quando videro le copie, avanti, che arrivassero i nuovi giudici, che dovevano essequirle, essendo avisati, per quanto si dice, e si crede, da quelli, che di quà gli haveano fino all'hora sostentati ne i loro peccati, e violenze, che erano per farlo; si commossero in tal maniera, che quando andarono li buoni giudici per metterle in esecuzione, si risolsero, si come haveano perduto l'amore, & il timore à Dio, di perder anco la vergogna, & l'obbedienza al loro Re.
Et cosi determinarono di farsi chiamar traditori, essendo crudelissimi, & sfrenati Tiranni particolarmente ne i Regni del Perù dove al presente, che siamo nel 1546, si commettono cosi horribili, spaventose, e nefande operationi, che tali giamai non furono fatte, nè nell'Indie, nè nel mondo; non solo frà gli Indiani, che già tutti, ò quasi tutti gli hanno ammazzati, mà frà loro stessi, gli uni contra gli altri, per giusto giuditio di Dio, accioche non vi essendo stata giustitia del Re per castigarli, ella se ne venisse dal Cielo, permettendo che gli uni fossero de gli altri carnefici.
Con il favore della sollevation di quelli, non hanno voluto in tutte l'altre parti di quel modno essequir le leggi, e sotto pretesto di supplicar contra esse si sono sollevati, cosi come gli altri: perche sentono male il dover lasciar i gradi, e le facoltà, c'hanno usurpato, & privarsi de gli Indiani, che tengono in perpetua schiavitù.
Dove hanno cessato d'ammazzar presto con le spade, gli ammazzano con servitij personali, & con altre vessationi ingiuste, & intollerabili poco à poco. E fin'hora non è bastante il Re ad impedirle, perche tutti piccoli, & grandi vanno à rubbare, alcuni più, altri meno, alcuni publica, & apertamente, altri in secreto, e palliatamente, e sotto pretesto, che servono il Re, dishonorano Iddio, e rubbano, e distruggono il Re.
Fù stampata la presente Opera nella nobilissima, & fedelissima Città di Siviglia, in casa di Sebastian Truxiglio stampator di libri. A nostra Signora di Gratia.
L'anno de M. D. LII.
Quello, che segue, è un gran pezzo di una lettera, et relation, che scrisse un certo huomo, di quei medesimi, che andavano in quelle stationi, rifferendo le operationi, che il Capitano faceva, & permetteva, che fossero fatte per lo paese, dove andava. Et perche, essendosi la detta lettera, & relatione data a legare con altre cose, il libraro, ò si scordò, ò ne perdette una carta, ò più, che contenevano cose spaventevoli: il che tutto mi fù dato da uno de gli istessi, che le operavano, & io l'hebbi tutto in mio potere, perciò quello che segue è senza principio & senza fine. Mà per esser questo pezzo, che resta, pieno di cose notabili, mi parve bene di non lasciar di stamparlo; perche io credo, che non causerà molto manco compassione, & horrore a V. A. che alcune delle deformità raccontate, con desiderio insieme di porvi rimedio.
Lettera.
Diede licenza, che gli mettessero in catene, e nelle carceri, & cosi ve gli messero. Et il detto Capitano ne conduceva tre, ò quattro catene per se, e co'l far questo, & non procurando di seminare, nè di popolare, come bisognava, mà rubbando, e togliendo à gli Indiani il mangiare, c'havevano, vennero quei naturali del paese in tanta necessità, che si trovava gran quantità di loro morti da fame per le strade.
Et nel far andar, e tornar dalla spiaggia gli Indiani, carichi delle robbe de gli Spagnuoli, egli ammazzò circa dieci mila anime, perche nissuno arrivò alla costa, che non morisse, per esser la terra calida.
Dopo di questo egli andò seguitando il sentiero, e per l'istesso camino, che venne Giovanni di Ampudia, mandando gli Indiani, c'havea cavato dal Quito una giornata avanti, accioche scoprissero le Terre de gli Indiani, e le saccheggiassero per valersene all'arrivo, ch'egli facesse con la sua gente; & questi Indiani erano suoi, e de' suoi compagni, che n'havevano chi ducento, chi trecento, chi cento, come ciascuno ne conduceva, li quali portavano à i loro patroni tutto quello, che rubbavano. Et in ciò fecero crudeltà grandi nelli fanciulli, e nelle donne.
Et l'istesso ordine egli tenne nel Quito, abbruggiando tutto il paese, e li magazeni di Mahiz, c'havevano li Signori, consentendo, che fosse fatta gran strage nell'ammazzar quantità grande di pecore, tutto che sia la principal provisione, & mantenimento delli paesani, e de gli Spagnuoli, perche solo per le cervella, & per il sevo delle pecore, ne lasciava ammazzare ducento, e trecento, e mandavano di male la carne.
E gli Indiani suoi amici, che andavano seco, solo per mangiar i cori delle pecore, ne ammazzavano gran quantità, non mangiando essi altra cosa. Et cosi due huomini in una Provincia chiamata Purua, ammazzarono venticinque castrati, & pecore da soma, che frà gli Spagnuoli costavano venti, e venticinque scudi l'una, solo per mangiar le cervella, & il sevo.
Et cosi ammazzando con tal disordine ecessivamente, furono distrutti più di cento mila capi d'animali; per causa di che il paese si ridusse in molta gran necessità, & li naturali morirono in gran quantità dalla fame. Et essendovi nel Quito tanto Mahiz, che non si può raccontare, per questo cattivo ordine sopravenne tanta penuria, che una misura di Mahiz venne à costare dieci scudi, & una pecora altrettanto.
Dapoiche il detto Capitano ritornò dalla spiaggia, egli si determinò di partirsi dal Quito, per andar à cercare il Capitano Giovanni d'Ampudia. Egli cavò più di ducento huomini à piedi, & à cavallo, frà li quali condusse molti habitanti della Terra di Quito. Et à gli habitanti, che andavano con lui, il detto Capitano diede licenza, che cavassero i loro Signori dalle loro commende, con tutti quegli Indiani, che volessero; & essi cosi fecero.
Frà quelli Alonso Sanchiez Nuita cavò più di cento Indiani col loro Signore, e con le loro mogli, & Pietro Cobo, & suo cugino più di cento, e cinquanta, e con le loro mogli, & molti conducevano i figliuoli, perche tutti morivano dalla fame. Et cosi parimente Moran, habitante di Popayan, condusse più di ducento persone; & l'istesso fecero tutti gli altri habitanti, e li soldati, ciascuno come poteva.
Et li detti soldati gli dimandarono, se darebbe loro licenza di metter in prigione gli Indiani, & Indiane, che conducevano; & egli disse, & rispose di sì, fin tanto, che morissero, & morti quelli, anco de gli altri; che se gli Indiani erano vassalli di Sua Maestà, erano anco gli Spagnuoli, & morivano nella guerra.
E di questo modo uscì dal Quito il detto Capitano, & andò ad una Terra, che si chiama Otabalo, che à quel tempo egli possedeva in virtù del compartimento; e dimandò al Signore di essa, che gli desse cinquecento huomini per la guerra, e cosi glieli diede, con alcuni Indiani principali. Et egli divise parte di questa gente frà li soldati; e condusse seco il restante, alcuni con some, & altri in catene, & alcuni liberi, accioche lo servissero, e gli portassero da mangiare; & li soldati gli condussero a questo modo legati con catene, & corde.
E quando uscirono dalla Provincia di Quito condussero via più di sei mila Indiani, & Indiane, e di tutti loro non ritornarono venti huomini al suo paese; perche tutti morirono, per le grandi, & eccessive fatiche, che ad essi diedero nelli paesi caldi, essendo levati dal loro naturale.
Et occorse in questo tempo, che un Alonso Sanchiez mandato dal detto Capitano per Capitan di certa gente ad una Provincia, incontrò nel camino una quantità di donne, e di putti, carichi di vittovaglie, i quali gli aspettarono; senza fuggire, per dargliene, & esso gli fece metter tutti a fil di spada.
Et occorse un miracolo, che dando un soldato delle coltellate ad una Indiana, al primo colpo gli si ruppe la metà della spada, & al secondo gli restò solo il manico, senza che la potesse ferire. Et un'altro soldato con un pugnale da due tagli volendo dar delle pugnalate ad un'altra Indiana, al primo colpo gli si ruppero quattro dita della punta, & al secondo non gli restò se non il solo manico.
Et nel tempo, che il detto Capitano partiva dal Quito, conducendo via tanta quantità di paesani, separandogli dalle loro mogli, dando le giovani à quegli Indiani, che conduceva seco, e le altre à quelli, che per esser vecchi se ne restavano, gli andò dietro una donna, con un piccolo fanciullo in braccio, gridando, e dicendo, che non gli menasse via suo marito, perche havea tre piccoli fanciulli, i quali essa non havrebbe potuto allevare, e che li sariano morti dalla fame; & havendo visto, che la prima volta egli le rispose male, tornò la seconda con gridi maggiori dicendo, che i figlioli le sariano morti di fame; & veduto, ch'egli commandò, che la cacciassero via, & che non le volse dar suo marito, gittò il fanciullo sopra alcune pietre, e l'ammazzò.
Che nel tempo, che il detto Capitano arrivò nelle Provincie di Lili ad una Terra chiamata Palo appresso il fiume grande, dove trovò il Capitan Giovanni d'Ampadia, ch'era andato avanti à far la scoperta, e pacificar il paese, il detto Ampudia havea popolato una Terra chiamata Ampudia, in nome di Sua Maestà, e del Marchese Francesco Pizzarro; & havea posto in essa per giudici ordinarij, Pietro Solano, & otto Reggitori; e tutta la maggior parte del paese era pacifico, e compartito; e tosto, ch'egli seppe, che il detto Capitano si trovava al fiume andò a vederlo con molti de gli habitanti, e con molti Indiani pacifici, carichi di vittovaglie, e di frutti; e da li avanti tutti gli Indiani più vicini andavano a visitar il detto Capitano, & a portarli da mangiare.
Erano gli Indiani di Xamundi, di Palo, e di Soliman, e di Bolo; e perche non gli portavano tanto Mahiz, com'egli voleva, ordinò, che andassero molti Spagnuoli, con i loro Indiani, & Indiane per Mahiz, e trovandone in qual si voglia loco, che lo togliessero; & cosi se ne andarono à Bolo, & a Palo, e trovarono gli Indiani, & Indiane nelle loro case pacifici, & li detti Spagnuoli, & quelli, ch'andarono seco, tolsero, e rubbarono il Mahiz, l'oro, e le coperte, e tutto quello, che gli Indiani havevano, e ne legarono molti.
E veduto questo da gli Indiani, e che gli trattavano cosi male, andarono à lamentarsi co'l detto Capitano del mal trattamento, che ad essi era stato fatto, & à ricercarlo, che gli Spagnuoli dovessero restituire tutto quello, che haveano loro tolto. Et egli non volse far restituir alcuna cosa, e disse loro, che non sarebbero andati un'altra volta.
E subito di la à tre, ò quattro giorni tornarono gli Spagnuoli per Mahiz, & à rubbar gli Indiani del Paese. Et havendo gli Indiani veduto, che il detto Capitano manteneva, & osservava cosi poca fede, si sollevò tutto il paese, dal che resultò molto danno, e mal servitio à Dio Nostro Signore, & à Sua Maestà, per causa di quanto s'è detto.
Cosi resta tutto il paese disertato, perche sono stati distrutti i popoli da gli Olomassi, e dalli Manipi loro nimici, che sono gente di montagna, e bellicosa, che ogni giorno scendevano alla pianura à prenderli, & à svaliggiarli, vedendo, che le loro Terre, & paesi naturali restavano abbandonati; & frà di loro il più potente mangiava il più debole, perche tutti morivano dalla fame.
Et fatto questo il detto Capitano tornò alla detta Terra di Ampudia, dove fù ricevuto per Generale; e di là à sette giorni egli si partì per andar alle stanze di Lili, e di Peti con più di ducento huomini da piè, e da cavallo.
Che dopo di ciò, il detto Capitano mandò i suoi Capitani di quà, e di là, à far crudel guerra a gli Indiani naturali; & cosi ammazzarono molta quantità d'Indiani, & Indiane, & abbruggiarono le loro case, e rubbarono i loro beni: questo durò molti giorni.
Et vedendo li Signori del paese che gli ammazzavano, e gli distruggevano, mandarono alcuni Indiani di pace, con vittovaglie. Et essendo partito il detto Capitano per una Terra, che si chiama Yce, subito mandò alcuni Spagnuoli a rubbare, prendere, & ammazzare quanti Indiani, & Indiane potessero. Et commandò, che fossero abbruggiate molte case, & cosi ne abbruggiarono più di cento.
E di là se n'andò ad un'altra Terra, che si chiama Tulilicuy; & il Signore subito uscì pacificamente con molti Indiani: & il detto Capitano dimandò dell'oro a lui, & alli suoi Indiani. Il Signore gli disse, che non ne haveva, se non poco, ma che gli darebbe quello, c'haveva. E subito cominciarono tutti a dargli tutto quello che potevano.
Et il detto Capitano dava a ciascuno delli detti Indiani una cedula, con il nome del detto Indiano, che gli havea dato oro, minacciando, che quell'Indiano, che non portasse quella cedula, perche non gli dava oro, lo gitterebbe a i cani. Et cosi per questa paura, tutti gli Indiani, c'haveavano oro, gli diedero tutto quello, che potevano; & quelli, che non havevano oro, se ne fuggirono al monte, & ad altre Terre per paura di esser ammazzati, per causa di che perirono gran quantità de' paesani.
Et subito il detto Capitano ordinò al Sig. che mandasse due Indiani ad un'altra Terra, che si chiama Dagua, a dire, che dovessero andar à lui pacificamente, e portargli molto oro.
Et arrivando ad un'altra Terra, mandò molti Spagnuoli, e gli Indiani di Tulilicuy a prender molti Indiani, & cosi il giorno seguente condussero più di cento persone; & pigliò per se, & per gli soldati tutti quelli, ch'erano atti à portar some, e gli incatenarono, si che morirono tutti, & il detto Capitano diede le creature al detto Signore di Tulilicuy, per mangiarsele. Et hoggidì vi sono nella casa del detto Signore Tulilicuy le pelli delle creature piene di cenere.
Et cosi si partì di là, senza dir cosa alcuna, per le Provincie di Calili, dove si unì co'l Capitan Giovanni di Ampudia, ch'era da lui stato mandato à discoprir paese per altra strada; facendo l'uno, & l'altro molta strage, e molto male contra quei popoli naturali, in ogni parte, dove andavano.
Et il detto Giovanni di Ampudia arrivò ad un loco, il Signor del quale si chiamava Bitacon, il quale haveva fatte alcune fosse per sua difesa, e dentro di esse cascarono due cavalli, l'uno di Antonio Redondo, e l'altro di Marco Marchez, e quello di Marco Marchez morì, e l'altro nò. Et per questo il detto Ampudia ordinò, che prendessero tutti gli Indiani, & Indiane, che potessero; & presero, & radunarono più di cento persone, e tutte le gittarono vive in quelle fosse, e le ammazzarono; abbruggiarono più di ducento case in quella Terra.
Cosi s'unirono poi ambidue in una Terra grande, e senza chiamar gli Indiani pacificamente, nè haver interprete per chiamarli, fecero loro crudel guerra, & gli perseguitarono, e ne ammazzarono molta quantità. E subito che si unirono insieme, come s'è detto, il sopradetto Ampudia raccontò al Capitano quello, che havea fatto in Bitacon, & come havea gittato tanta gente nelle fosse; & il detto Capitano gli rispose c'haveva fatto molto bene: & ch'egli havea fatto l'istesso in Riobamba, ch'è nella Provincia di Quito, quando vi entrò, dove gittò nelle fosse più di ducento persone; & si fermarono ivi, facendo guerra à tutto il paese.
Dopò di questo egli entrò nella Provincia di Birù, ò di Anzerma, facendo crudel guerra à foco, e sangue, da questa Provincia fino alli pozzi del sale. E di là mandò avanti Francesco Garzia Tonar, facendo crudel guerra alli paesani come di sopra; & se n'andavano à lui gli Indiani à due à due, facendogli segni, che ricercavano pace per nome di tutto il paese: e dimandando, che cosa volevano; che se volevano oro, ò donne, o vittovaglia, glie ne darebbero, mà, che non gli ammazzassero à quel modo; & cosi essi medesimi hanno confessato esser vero.
Et il detto Francesco Garzia disse loro, che se n'andassero via, che erano imbriachi, & che non gli intendeva: & cosi egli se ne ritornò dove era il detto Capitano, & si partirono per uscir di tutta la Provincia, facendo crudelissima guerra alli paesi, saccheggiandoli, & ammazzandoli tutti, e condusse via di là più di due mila anime frà lui, & li soldati, che conduceva seco, e tutti questi morirono in catene.
Prima, che uscissero del paese habitato, ammazzarono più di cinquecento persone. Et cosi egli ritornò alla Provincia di Calili; & se nel camino qualche Indiano, ò Indiana si stancava, si che non poteva caminare, subito gli davano delle stoccate, e gli tagliavano la testa, stando nella catena, per non aprirla, & perche gli altri, che ciò vedevano, non fingessero di star male.
A questo modo morirono tutti, & in questi viaggi si perdette tutta la gente, ch'egli cavò di Quito, e di Pasto, e di Chiglia, Cangua, e Paria, e Popayan, e Lili, e di Cali, e di Anzerma, & morì grandissima quantità di gente. E nel ritorno subito ch'egli arrivò alla Terra grande, entrarono in essa ammazzando tutti quelli, che potevano. Et presero in questo giorno trecento persone.
Dalla Provincia de Lili egli mandò il detto Capitan Giovanni di Ampudia con molta gente alle stanze, & all'habitazione di Lili, accioche pigliasse tutti gli Indiani, & Indiane, che potesse, e gli conducessero a lui per le some, perche tutta la gente, ch'egli havea condotto di Anzerma, e di quel paese, ch'era gran quantità, per avanti gli era morta. Et il detto Giovanni di Ampudia condusse più di mille persone, & molte ne ammazzò.
Et cosi il detto Capitano tolse tutta la gente, della quale hebbe bisogno, & il resto diede alli soldati, & subito gli posero in catene, dove tutti morirono & a questo modo privando la detta Terra de gli Spagnuoli e delli paesani in cosi gran quantità, come si vede per gli pochi, che sono rimasi, egli si partì per Popayan.
E nel camino egli lasciò uno Spagnuolo vivo, perche non poteva caminare tanto, come li sani, il quale si chiamava Martin di Aghirre. Et arrivato a Popayan habitò quella Terra; e cominciò a distruggere, & rubbare gli Indiani di quei paesi circonvicini, con quell'istesso disordine, come haveva fatto ne gli altri.
Et quivi fece un impronto reale, & fuse tutto l'oro, che s'era havuto, e che havea Giovanni d'Ampudia prima, ch'egli venisse: & senza conto, ò ragione, e senza dar parte alcuna ad alcun soldato, lo volse tutto per se: eccetto che diede quello, ch'egli volse, ad alcuni, a quali erano morti li cavalli. Et fatto questo togliendo i Quinti di Sua Maestà, disse, che se n'andava al Cuzco à render conto al suo Governatore, & si partì per il Quito, & prese nel camino molta quantità d'Indiani, & Indiane, e tutti morirono nel viaggio, & in quel loco. E di più il detto Capitano tornò a disfare l'impronto reale, c'havea fatto.
Egli è bene a questo passo riferir una parola, che costui disse di se medesimo come quegli, che conosceva molto bene i mali, che faceva, e la loro crudeltà. Egli disse cosi: da qui à cinquanta anni quelli, che per di qua passeranno, & udiranno tali cose, diranno. Per quà andò il Tiranno tale.
Queste entrate, & uscite, che costui fece in quei Regni, e questa maniera di visitar quelle genti, che vivevano sicure ne' loro paesi, e queste operationi, ch'egli contra di quelle essercitava, sappia, e sia certa Vostra Altezza, che gli Spagnuoli sempre l'hanno fatte per tutto nell'istesso modo, da che si scoprirono l'Indie fino al giorno di hoggi.