"CRIMINI E CRIMINALI I
(COLPE, PECCATI E PENITENZE)"
ABORTO>" [lat. abortus da aboriri="perire" ed anche "nascere anzitempo" =
interruzione della gravidanza prima che il feto sia formato e vitale: gli " Stat. Crim. genovesi (lib. II, cap. VIII)" considerano reato (non solo sulla scorta degli insegnamenti della Chiesa ma anche della MEDICINA ANTICA, specificatamente sulla base del Giuramento di Ippocrate e degli scritti etico professionali di Scribonio Largo) l' Aborto procurato anche mediante pratiche mediche e l'Aborto criminoso esercitato da Mammane (da "Mamma " dal lat. "mamma" = "mammella", nel ling. infantile per "madre") termine antico per "levatrici ed ostetriche" poi caricatosi di valenze spregiative per "Ruffiane" o per "criminali Levatrici" che favorirebbero l'A con "pozioni" o " veleni" al modo di "Streghe, Masche e Fattucchiere" .
Su ciò la letteratura ecclesiastica inquisitoriale (da fine '500 sunteggiata nelle sue celebri Dissertazioni sulla Magia dall'erudito gesuita M.DELRIO),cui alludono gli "Statuti", parlava di "infanticidi per magia": "Alcune (streghe) si muovono del tutto apertamente, con sfrontata sicurezza, a caccia di vittime. Sono soprattutto quelle che cercano di sorprendere per via qualcuno sì da consegnarlo alle furie di un demone o che soffocano fra materassi e cuscini infanti e bambinelli colti nel sonno inermi, senza custodi. Ma esistono pure quelle forsennate che uccidono i fanciulli conficcandogli un ago dietro le orecchie, come fece quella perfida ostetrica Elvezia di cui fa menzione nel "Malleus" lo Sprengerio. Risultano comunque innumerevoli i malefici compiuti da fattucchiere contro i bimbi: quando si tratta di neonati esse preferiscono rapirli dalla culla per nutrirsene o far uso a pro d'unguenti delle loro misere carni....ai più grandicelli propinano invece un qualche filtro pernicioso che li uccide all'istante o li macera crudelmente di lenta consunzione ed alcune di loro, come già narrarono Quinto Sereno, Ovidio e lo stesso Festo Pompeo, giungono al segno di succhiare il sangue di questi poverelli...e per testimoniare che tal loro feroce costumanza è tuttora in vigore torna utile leggere quanto ha scritto il "Chieza" nella sua "Descrizione delle Indie" (parte II, carta 196) su un gruppo di streghe scoperte a Panama e ree d'aver ucciso dei fanciulli bevendone per intiero il sangue".
Un'eco del termine "Mammane" si riscontra nel nome di una creatura fantastica, il gatto "MAMMONE" per una certa "scuola" "famiglio" delle "streghe", per "altre interpretazioni", indicato come incarnazione della "STREGA SOGGETTA A METAMORFOSI" (di cui si proponevano anche altre "TRASFORMAZIONI ANIMALESCHE") e per altri "studiosi di occultismo", come "R. Fludd", "DEMONE VERO E PROPRIO" col nome di "MAMMONE" "principe della legione" dei "DEMONI TENTATORI" o "GENI"": "Non era facile però sfuggire alle "streghe", a causa della loro "capacità di trasformarsi" negli "animali più disparati", come "capre", "conigli" e soprattutto "gatti" "[e altri animali ancora tra cui, come si vede nell'immagine, quello di una "SCIMMIA", animale "esotico e strano", temuto per lo stravagante aspetto "antropomorfico"]". In particolare sotto le sembianze di "gatti" si intrufolavano facilmente nei casolari per carpire segreti o per agire contro persone a loro invise.".
"ODDO" , pp.16-17; "Nei Paesi Baschi per esempio si racconta un aneddoto secondo il quale una volta una persona di un certo villaggio ferì ad una zampa un "GATTO", che andava tutte le sere a bere il latte appena munto, lasciato sul davanzale della sua finestra, e che, al momento del ferimento, lanciò un urlo umano. Il giorno dopo, si apprese che una vecchia vicina, bollata come "strega", era stata ferita ad una gamba".
"J. CARO BAROJA",p. 90.>La credenza nella "metamorfosi felina" è comune e, si riscontra anche in "area ligure-pedemontana" intervistando ottuagenari di zone rurali, i cui ricordi sono documenti utili al folklore e contributo per la conoscenza sintetica della storia.
Ritornando al "gatto Mammone", si viene a conoscenza del fatto che "esso" ha abitudini alimentari simili alla "strega", prediligendo, per i suoi banchetti notturni, "tenere carni e sangue di neonato" (condividendo, così, con il "vampiro", il "licantropo" ed altre emanazioni delle tenebre e delle paure collettive, il ruolo di parassita ammorbatore il cui contatto spalanca le porte alla follia, quando non porta a condividere le sorti e le abitudini maledette del carnefice) e spesso è guida della donna malefica nelle "tregende notturne", aprendo per lei gli usci sbarrati dietro i quali dormono le prede inermi.
Non si dimentichi che, nell'immaginario collettivo delle tradizioni, il "FELINO DOMESTICO" è sempre legato alla donna, emblema di sensualità sfuggente e pericolosa: in vari incantesimi e filtri, stando alle inchieste inquisitoriali, "legature amorose", varie "parti di gatto" sarebbero state unite nel calderone con altre di altri animali, quando non vi si trovava "grasso di bambini non battezzati".
Il "GATTO", infedele e misterioso, lega le sue qualità a quelle di donne perverse preda (specie in documenti ecclesiastici preoccupati di salvaguardare, col rigore morale, l'anima dei fedeli), di una sensualità che valicava i limiti che la natura avrebbe posto al sesso femminile con la fine della fertilità.
Da qui le streghe", oltrechè "cannibali", erano anche "vecchie laide" la cui "sensualità" si appagava nel "sabba" nel corso del quale sarebbe avvenuto il "congiungimento carnale", vaginale ed anorettale delle adepte, col "MALIGNO" sotto forma di "NERO CAPRONE" come, per due donne sospette di "stregoneria" si legge tuttora negli atti inquisitoriali dell'"Archivio dell'Inquisizione di Tolosa": per la precisione si trattava di due "donne francesi, di Tolosa" tal "Anna Maria di Georgel" e "Caterina" [il tema dell'"aborto" fu sempre scottante tra morale, diritto e religione: v. il giurista del '600 "TRIMARCHI" che affrontò l' argomento].
APOSTASIA donde APOSTATA, vedi: Battaglia, sotto voce> Abbandono o rinnegamento della propria religione (donde la definizione di RINNEGATO - RINNEGATI) non solo per abbracciarne un'altra ma anche per rinnegarle tutte> "apostata" in diritto ecclesiastico (e criminale) usato contro "maghi", "streghe" ma specie "alchimisti" e libertini (quali il letterato G. Brusoni detto apostata come negatore d'ogni fede = ateo): v.:eretico (eresia).
ASSASSINO nel Diritto Intermedio sin. di "SICARIO" (ha relazioni con "MICIDIARIO" e "CACCIATORE DI TAGLIE" figura ai limiti del lecito che si curava, dietro compenso, di catturare vivi o morti, i delinquenti contumaci o sfuggiti alla giustizia della "Repubblica"). Oggi si considera un quasi sinonimo di Omicidio>Omicida ma in letteratura giuridica e no dell'età intermedia valeva per Sicario (vedi peraltro il DIGESTO al TITOLO Dig.48.8.0. Ad legem corneliam de siccariis et veneficis): il parallelismo semantico era suffragato sotto il profilo storico ed etimologico. Il termine deriva dall'arabo hassasin plurale di hassias (fumatore di hasis = ascisc) equivalente di "milite fanatico, sicario". La variante semantica entrò nella giurisprudenza europea per la storia della setta musulmana persiana (XII-XIII sec.) degli "Assassini", obbedienti a "Il Veglio della Montagna" capo politico-religioso e famosi per azioni in Siria, Palestina e Mesopotamia contro principati sia musulmani che cristiani.
Molto utile risulta in merito la consultazione della VOCE = ASSASSINO nella BIBLIOTHECA CANONICA... di L. Ferraris laddove dopo esser stata proposta un'esaustiva interpretazione del concetto insito nel lessema ASSASSINO viene sottolineata l'EVOLUZIONE STORICA E GIURIDICA DI QUESTO TERMINE nel diritto penale del mondo cristiano.
AVVELENATORE: chi dà il Veleno (dal lat. venenum, dissimilato da n...n in l...n> Venenum dall'antico *venesnom o Filtro amoroso: DEVOTO, s.v. = criminale perseguito nel DIGESTO al TITOLO Dig.48.8.0. Ad legem corneliam de siccariis et veneficis ).
Le norme degli Stat. Crim. (II,10) contro gli A. dipendeva dal fatto che tra XV e XVII sec. l'uso del Veleno (anche sotto forma di Pozione o Filtro per fatture e magie: vedi "Nutrice" per "Malefici di avvelenamento" da contatto, "Pozioni nascoste nei letti o negli abiti delle vittime") era diventato notevole in criminologia, come lo era nell'arte della guerra spalmandone lame o punte di armi bianche o da taglio o di dardi>F.REDI (V-154). In criminologia invece gli avvelenamenti, anche quando non erano coinvolte "presunte streghe", avvenivano in vari modi, da quello di spalmare di unguenti veleniferi le armi usate a quello di propinare il Veleno entro alimenti, in bevande, intriso negli abiti, fatto penetrare nella vittima dormiente per orifizi naturali come le orecchie o spalmando con esso l'interno di pentole o stoviglie per gli alimenti. Tra i Veleni della criminologia cinquecentesca si menziona lo stramonio, l'aconito, la mandragora, la belladonna, la cicuta, il coriandolo, il giusquiamo o meglio il "giusquiamo nero" usato in medicina come antispasmodico e sedativo, simile alla belladona da cui differisce per l'azione sedativa ed ipnotica sul cervello dei suoi alcaloidi (josciamina e scopolamina o joscina) principi attivi ad azione depressiva centrale: la droga della farmacopea italiana ("Hyosciami folia") è costituita dalle foglie (talora in sostituzione del Giusquiamo nero si usa in Italia centro-meridionale - dove cresce nei ruderi, lungo strade e spiagge - il Giusquiamo bianco, che differisce per la mancanza di venature porporine nella corolla: anche questa pianta a dosi giuste curava vari disturbi, divenendo un veleno se usata a forti dosi).
BESTEMMIA - BESTEMMIARE (Anche "Blasfema" - "Blasfemare, Biastima" - "Blastema" - "Biastimare") > Sost. e verbo derivano dal lat.eccl. "blasphemare" (lat.volg. "blastemare") deriv. dal greco "Blasfhmew": "pronuncio parole di cattivo augurio o che non si debbono pronunciare durante un sacrificio religioso" e da "Blasphemia" > "Blasfhmia" "parola empia, da non dire in cerimonie religiose". "BATTAGLIA", IV, s.v.: "Parole impronunciabili e oltraggiose dette contro la Divinità o persone o cose sacre o simboli del culto religioso".
Contro i "B." vedi la "Costitutio di Gregorio IX" ["CORPUS IURIS CANONICI"> 2, 826-827 = c.2, X, V, 26] ribadita da "Gregorio X" nel "II Concilio di Lione" (7-V / 17-VII 1274: ALBERIGO, p.288) per cui le autorità temporali dovevano comminare ai bestemmiatori solo pene nummarie esigibili dai "collettori" delle "decime" o "tasse" originariamente in natura> successivamente al "Concilio di Trento", i "bestemmiatori ereticali" -difficili comunque da riconoscere e causa di scontri tra "giudici laici" ed "ecclesiastici": p. es. "bestemmiatori contro Dio" o "Bestemmiatori contro l'ortodossia della Chiesa di Roma a favore di quella riformata?" - avrebbero dovuto esser sempre puniti dal "Santo Ufficio".
Per un approfondimento in merito al Diritto Canonico vedi qui =
in dettaglio da opera digitalizzata vedi
SACRILEGI scondo la PARTE SECONDA
DELL'
EXAMEN ECCLESIASTICUM di F. Potestà [guarda qui per approfondimenti della stessa pubblicazione le voci = De Blasphemia
nella I Parte ed ancora
Propositio Blasphema
nella II Parte].
Per quanto concerne la LEGGE CRIMINALE DEGLI STATI la severità del "capo I" del "libro II" degli "Statuti" (caratterizzato da una varietà di procedure, pene ed esecuzioni che oggi sembrano partorite da una mente devastata ed efferata) risulta per la Serenissima Repubblica di Genova (qui semplicemente assunta quale campione epocale tipologico di qualsiasi Stato europeo riformato o cattolico) giustificata in prima istanza dalla volontà/necessità di evitare (qui con il riconoscimento della assoluta fedeltà al Cattolicesimo Romano da parte della Repubblica: ma negli "Stati Riformati" le sanzioni nè erano meno terribili né potevano prescindere dall'autorità spirituale in essere) ogni "interferenza dell' Inquisitore ecclesiastico a scapito della giustizia dello Stato".
Eppure senza disconoscere valore a questo assioma a lungo cavallo di battaglia di pur valorose scuole illuministiche, una ragione ben più radicata di tanta severità risulta esser motivata dall'esigenza di garantire attraverso la
PUBBLICA CATARSI E/O PUBBLICA AMMONIZIONE
specie nel caso iridescente del
SIA TRATTO AL PATIBOLO A CODA D'UNA BESTIA
sì da "esorcizzare" una temuta ammonizione ufficiale per tutti i cittadini spettatori della sanzione ai fini della mai facile custodia dello stato sociale ufficialmente riconosciuto quale perfetto, cioè immobile nel riconoscimento dei ruoli distinti.
Da qui si evince che nel contesto del diritto intermedio il bestemmiatore è realmente (con sorpresa e scandalo del lettore moderno spesso inficiato -anche per ragioni scolastico/educative- alla comprensione della verità effettuale in forza dell'abuso del presentismo cioè dell'abitudine a non storicizzare gli eventi ed a valutarli per quanto lontani secondo una scala di valori attuali) un grande criminale - anzi un prototipo del criminale in quanto non solo alteratore degli equilibri sia religiosi che sociali ma, per l'autorità statale, anche un potenziale sovvertitore delle istituzioni, assolutamente per tempo (prima cioè che possa "avvelenare le coscienze inducendole ad ogni sorta di crimini, fin alla rivolta stessa contro le istituzioni") da reprimere e punire esemplarmente.
Gli interventi penali contro i "profanatori" per via di parole e gesti, sono peraltro intesi in senso lato [da ribellioni a Dio quanto all'autorità laica costituita, strutturate anche in linea con vari tipi di pratiche blasfeme e sacrileghe pure connesse con ritualità magiche-stregonesche (si veda a "Venezia", il "Proclama publicato de ordine de gl'Illustrissimi & Eccellentissimi Signori Essecutori contra la Biastima, adì 10 Febraro 1630., in Materia de Blastema in luoghi Sacri, & Giochi di Carte", Venezia, per il Pinelli, 1630, in 4°, pp. 4, con stemma di S.Marco ai titoli)] e rientrano in quel variegato meccanismo di autodifesa delle istituzioni che traeva da sempre energia e giustificazione proprio dalla sanzione della sacralità dello Stato
.
Sulla linea panitaliana degli Statuti Criminali di Genova era comunque considerevolmente lunga la trafila dei Rei (criminali) puniti in modo ignominoso a morte e non
onde accrescerne (anche a danno delle famiglie e degli eredi) lo stato di infamia
= terribili pubbliche sanzioni a titolo d'esempio, colpivano altresì i colpevoli di
Lesa Maestà dello Stato
come pure i
Falsari di Monete e gli stessi Falsificatori in Materia Religiosa riferendosi però principalmente, specie in merito alle condanne capitali agli Eretici = senza escludere
la situazione limite che elevava al grado di grandi criminali punibili nelle forme più atroci- i
"Sodomiti" = il termine che si usava in merito ai "rapporti sessuali giudicati contro natura" non riuscendo -nonostante un inesausto sforzo giuridico ed intellettuale- nè a codificare esaustivamente l'"Omosessualità Maschile" nè, a maggior ragione, l'"Omosessualità Femminile": di cui si aveva contezza e che comunque restavano condizioni esistenziali a rischio estremo.
E per quanto possa sembrare strano a rischio estremo nel contesto sia della pratica della Sodomia (ritenuta forma per raggiungere il piacere evitando gravidanze e concepimento e quindi contravvenendo ai dettami religiosi ed istituzionali) che di quella confusamente percepita Omossessualità Femminile e/ Lesbismo definita unilateralmente "Tribadismo", a giudizio di alcuni interpreti laici ed ecclesiastici alcune Donne
(sulla scia storica che le donne pagane avrebbero proceduto ad un controllo delle nascite con ogni espediente, dalle pratiche sessuali illecite e/o contronatura, all'uso di contraccettivi ed abortivi -compresa una "misteriosa pianta" il Silfio della Cirenaica- sfruttando competenze erboristiche in qualche modo pervenute alle Moderne Streghe)
sarebbero state elevate ad una sorta di icona od impresa, quale acme della negatività esistenziale, nell'elaborata equazione
DONNA IDOLATRA E/O PAGANA = DONNA MALEFICA E/O STREGA, equazione specificatamente poi trasformata nell' immagine di uno stato femminile colpevolmente sublimato sotto specie di assoluta ribellione istituzionale , cioè quello della
**********STREGA OSTETRICA O STREGA NUTRICE**********
presunto massimo grado di depravazione: contro Dio, lo Stato, la Chiesa, la Famiglia, la Vita stessa.
Pur senza poter comminare "gravi ammende corporali", anche gli "Statuti municipali" di piccole comunità contemplavano "pene nummarie" od "umilianti" a carico dei "bestemmiatori": così si legge negli STATUTI MINICIPALI di TENDA:
"PRIMIERAMENTE chiamato il nome di GIESU CHRISTO Salvator nostro li predetti Signori Sapienti eletti & Capitulari & insieme li agionti con la facoltà, possanza, & consenso generale, Ch'hanno dal Conseglio di Tenda, così l'auttorità da luoro istessi sopra ciò concessa gli hanno statuito, & ordinato in forza di legge municipale, che niuna persona del luogo di Tenda, o ivi habitante ardisca, nè presuma di "biastemare", nè proferire alcune "biasteme", nè alcune altre "parole sporche", nè "dishoneste" di "Dio, Padre Onnipotente Figliuolo & Spirito Santo", nè della "Immacolata Vergine Maria", nè de' "Santi, o Sante" sotto la "pena" per qualsivoglia persona & per ogni volta di "grossi sei di moneta in esso luogo corrente" [monetazione dello Stato Sabaudo cui Tenda apparteneva]" senza alcun processo, nè condennagioni applicata per la metà alla luminaria del Corpo di Christo" [Confraternita locale per cui le ammende costituivano sovvenzioni ]",& l'altra metta alla Corte di Tenda, & nelle cose sudette se crederà allo accusatore degno di fede col giuramento, & sarà tenuto secreto "[la positività apparente del "teste degno di fede" diviene ambiguità sotto specie di "Delazione segreta"]". Et li audienti, & non accusanti incorreraranno in metà di detta pena come sopra applicata. Salvo però che "li biastematori per la prima volta se gitteranno a terra" ivi ove, haveranno biastemato, o fatto il delitto "bassiandola a nuda bocca domandandone perdono a Dio", & ciò fatto per tale prima volta non incorreranno in alcun'altra pena, che la predetta di basciare al predetto modo la terra. Se li "biastematori" che non ponno pagare nelli beni "paghino nel corpo, incarcerandoli nelle carceri della Casa Commune di esso luogo per un giorno", dal levar fino al tramontar del Sole col digiuno di pane, & aqua "[pena che rafforza l'idea, nel "diritto intermedio", della diseguaglianza del reo di fronte alla giustizia locale o statale in dipendenza della sua condizione socio-economica].
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CALUNNIATORE [vedi DIGESTO = III, 6]> "BECCARIA">: "Ogni governo, e repubblicano e monarchico, deve al calunniatore dare la pena che toccherebbe all'accusato": In "Stat. Crim. (lib. II, c. 43)" si indicano pene per C. ma non come quelle comminabili a chi, da loro ora ingiustamente accusato, fosse invece risultato reo> in modo ambiguo si concede invece "arbitrio" ai giudici di punire variamente a seconda di protezioni o rango del "Calunniatore".
DELATORE> Agg. e sost.m. (femm. "-trice")> voce dal latino "delator -oris" da "delatus", part.pass.
da "deferre"> v. francese "délateur" (1538).
"Chi per lucro, per spirito di vendetta, per servilismo,
per paura fornisce, per lo più segretamente, all'autorità giuridica o politica informazioni
compromettenti a carico di altri e denuncia il nome di chi ha commesso o intende
commettere azioni punite dalla legge"> "BATTAGLIA", IV, s.v.- vedi> "Delazione" (la "D." in
questi "Stat. Crim. genovesi" di metà '500 è intensificata coll'istituzione della cassa delatoria
nei principali edifici religiosi dello Stato, per micidiali "accuse anonime" - Delazione segreta).
GUIDRIGLIDO: Il termine Weragel, Wergil (da wer, uomo o wehre, difesa, e geld, denaro, prezzo) ovvero WIDGRIGILD, GUIDRIGILD (da wieder-geld = recompensatio) indica nelle fonti degli antichi diritti consuetudinari germanici la compositio dovuta in caso di omicidio, cioè la pena pecuniaria che l'uccisore di un uomo libero, per espiazione del delitto e per riscattarsi dalla vendetta di sangue (Blutrache), che altrimenti questi eserciterebbero mediante la guerra privata (Fehede o faida).
Il GUIDRIGILDO, come dice l'etimologia stessa della parola, rappresenta il valore o il prezzo dell'uomo, o della difesa che l'ordinamento giuridico gli accorda.
PRETIUM MORTUI è detto appunto nell'editto longobardico tale tipo di "risarcimento" e dato che esso ha ad un tempo carattere di pena e di risarcimento del danno, risulta fissato in rapporto all'importanza, allo stato e al grado sociale della persona uccisa> secundum generositatem suam, secundum qualitatem personae).
L'uso del GUIDRIGILDO e del sistema delle composizioni pecuniarie in genere si conservò a lungo in Italia, anche nel basso medioevo con valutazioni variabili a seconda dei luoghi: tale tradizione sopravvisse all'età feudale e raggiunse quella comunale.
Anche dopo l'affermazione completa della natura pubblicistica della pena e della distinzione tra responsabilità penale e responsabilità civile, sopravvisse tenacemente la pratica del GUIDRIGILDO, cioè dell'assegnazione di una parte della pena pecuniaria ai parenti dell'ucciso, ovvero del pagamento ai medesimi del prezzo del perdono o della pace, mediante stipulazione di una tregua o pace privata, richiesta dal diritto statutario come condizione per la grazia, o per il richiamo dell'omicida dall'esilio: e di questa persistenza si scoprono molte testimonianze scorrendo gli stessi cinquecenteschi STATUTI CRIMINALI DELLA REPUBBLICA DI GENOVA
LADRO [talora anche nel senso di AUTORE DI FRODI E/O FURTI]:"Stat. Crimin., lib. II,
cap. 20 "> Il diritto dell'età intermedia [molto risentendo della giurisprudenza romana, vedi = LIBRO XIII, del DIGESTO giustinianeo alla
RUBRICA 1.0. (De condictione furtiva)], puniva i reati contro la proprietà con severità
ancora maggiore che ai tempi attuali ed il F. era giudicato "reato per eccellenza": I TESTI DI DIRITTO CANONICO parimenti attribuivano al FURTO quale violazione del Decalogo una rilevante gravità.
Per
intendere il peso che, ovunque, nell'Antico regime si attribuiva al FURTO [in merito risulta drammaticamente curiosa la discussione sugli ZINGARI ISTITUZIONALI PERPETRATORI DI FURTI] si può riportare il
bando di sentenza di morte a carico di tal "Rocco Gallo di Borgo Po", condannato verso il
1730 (Torino, Archivio Storico Comunale): "Altero et avulso ramus non deficit alter./ Quando
un uomo spensierato si lascia sorprendere dal mostruoso vizio del Furto, resta da questi
talmente avvelenato, ed infetto, che non giovano più l'amorevoli correzioni per risanarlo, non
sono sufficienti i gastighi per contenerlo, non bastano i laccj, e le morti per intimorirlo, anzi
che facendosi strada di grado in grado passa da uno all'altro, e producendo tutto di nuovo
frutti di malizia, e di fraude, si fa sempre conoscer secondo di replicati germoglj, se del tutto
non si recide la Pianta. / Rocco di Antonio Gallo nato al Borgo di Pò gustando il veleno di
questo vizio nel nascere della sua gioventù incomincia a rubare alcuni denari al povero
Genitore, e sacrificandosi indi per tema del paterno gastigo al Servizio della Truppa,
avvertito, e militarmente corretto in essa sino ad essere discacciato, non si ravvede,
gastigato con carcere, fustigato, e bandito per Sentenza Senatoria de' 7 Agosto 1728,
diventa peggiore, e passando dai semplici Furti ai qualificati (con destrezza e scasso) quà
ruba col mezzo di Grimaldelli, là s'introduce con chiavi adulterine, e false, fin tanto che colto
il dì 19. Luglio prossimo scorso in Carignano con più fagotti di merci, e con i denari, che
l'antecedente notte aveva rubato in Pinerolo, e posto nelle forze della Giustizia, si è trovato
confesso, e convinto di cinque Furti qualificati, senza comprender quelli, per i quali era stato
dolcemente corretto, e punito, e perciò ad effetto di dare un nuovo esempio a simili scelerati
(idea di "catarsi" per il pubblico spettatore), è stato condannato nel più bel fiore dell'età per
Sentenza de' 29, cadente Agosto a lasciar miseramente questo detestabil Vizio sopra
un'infame Patibolo in grembo alla morte, giacchè abusandosi degli avvertimenti, e de'
gastighi non ha voluto lasciarlo fra i respiri di sua vita".
LENONE (femminile "LENONA" > da cui "LENOCINIO") = spesso anche ruffiano e/o paraninfo> (dal lat. dotto leno -onis = "mercante di schiave; lenone")>Mezzano di piaceri amorosi; persona che favorisce la "Prostituzione per lucro"; "sfruttatore" di P.", "Ruffiano": vedi la condanna sancita dal Codice teodosiano nella rubrica VIII del libro XV .
Dal punto di vista linguistico vedi poi BATTAGLIA s.v., vol. VIII.> in base al "capo V, lib. II" degli "Stat. Crim. genovesi" nessun "Lenone (-a)" o "Ruffiano (-a)" poteva risiedere in casa abitata anche da persone oneste e, dopo denuncia, la doveva abbandonare nel giro di 3 giorni, pagando altrimenti con "pubbliche frustate" la mancanza a tale ordine. Secondo il "capo VI" dello stesso libro degli "Statuti" il "Lenone (-a)" o "Ruffiano (-a)" che avesse cercato di indurre alla "Prostituzione" una "fanciulla" o "donna onesta" dapprima sarebbe stato punito con la "pubblica Fustigazione" e col "marchio a fuoco" sulla fronte od in altra visibile parte del corpo a prova di "Infamia" :al recidivo "verrà amputato il naso" e sarà mandato in "esilio" con la "confisca di metà dei suoi beni".
I GENITORI LENONI che, macchiandosi del reato di LENOCINIO, avranno indotto alla "Prostituzione" una "figlia non consenziente" saranno condannati a "taglio del naso", "perpetuo esilio" e "confisca di metà beni".
Ma può indurre al reato di LENOCINIO [vedi anche DIGESTO - LIBRO XLVIII - TITOLO 48.5.2.2] uno SPOSO fattosi LENONE.
In tal caso uno SPOSO di "basso livello socio-economico", reo di aver indotto alla "Prostituzione" la propria "moglie" sarà "dannato a fustigazione, esilio decennale e confisca di metà beni": invece uno SPOSO LENONE, di "maggior stato sociale", reo di pari colpa pagherà "con esilio perpetuo" da Genova e "confisca di metà beni".
LIBERTINO (LIBERTINISMO)"> VEDI "BATTAGLIA" s.v.> Che si è emancipato, sul piano culturale ed etico, dal dogma religioso cristiano: libero pensatore. Il riferimento iniziale va alla Francia del XVII secolo ma non si può trascurare il contemporaneo fenomeno dei "Libertini veneziani" dell'Accademia degli Incogniti che, per la libertà di pensiero (con "G.Brusoni" giunta ai limiti della provocazione sessuale e dell'apostasia) attirò molti eruditi liguri tra cui "A.Aprosio, A.G.Brignole Sale" ed "Ansaldo Cebà" il cui poema eroico "La Reina Ester" fu la ragion prima d'una interessante corrispondenza epistolare, tra 1618 e 1622 con la bellissima e colta ebrea veneziana "Sara Copio Sullam".
"MAMMANA/-E"> gli "Stat. Crim." ("lib. II", "cap. VIII") considerano reato l' "Aborto procurato" anche mediante "pratiche mediche" e l'"Aborto criminoso" esercitato da "MAMMANE" (da "Mamma" > dal lat. "mamma" = "mammella", nel ling. infantile per "madre") termine antico per "levatrici ed ostetriche" poi caricatosi di valenze spregiative per "Ruffiane" o per "criminali Levatrici" che favorirebbero l'"ABORTO" con "pozioni velenose" al modo di "streghe, Masche e Fattucchiere"
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"Charles Dickens è il poeta, il quale come nessun altro ha reso immortali la propria gioia e il proprio dolore infantili. Sempre e sempre ancora egli narra di quel fanciullo umiliato, spaurito, trasognato, orfano di padre e di madre; il suo accento patetico commuove fin quasi alle lacrime, la sua voce si fa armoniosa e piena come suono di campane.
MERETRICIO da cui MERETRICE" v. dotta lat. meretricium "prostituzione" donde "Meretrice" donna che si vende per denaro: semanticamente parlando DONNA CHE VIVE VENDENDOSI PER DENARO [alla maniera che si legge in tutta una VASTA LETTERATURA CANONICA E GIURIDICA QUI PROPOSTA (in modo più colorito ma anche minaccioso si diceva tali donne si vendessero per "TURPE E DIABOLICO GUADAGNO")].
Charles Dickens fu uno dei più grandi e famosi scrittori della letteratura inglese dell’800. Raccontò storie complesse, ricche di personaggi, luoghi e tematiche. Humor, autobiografismo e impegno sociale sono i tratti distintivi della sua opera; le lacrime e il riso, e la loro efficace fusione, i suoi strumenti essenziali. Gli aspetti negativi della società e la sua esperienza personale portarono Dickens a descrivere nelle sue opere soprattutto la povertà, il lavoro minorile e l’infanzia abbandonata.
Ogni scrittore, come ognuno di noi, è influenzato dalla realtà che lo circonda. Per capire l’opera di Dickens bisogna tener conto del periodo in cui visse, caratterizzato da rapidi cambiamenti. La Rivoluzione Industriale, infatti, portò delle grandi trasformazioni nelle città nelle quali nacquero agglomerati urbani senza controllo; miseria e povertà accompagnarono questi cambiamenti.
L’abbandono e lo sfruttamento infantile erano molto diffusi nell’età di Dickens e lo riguardano in prima persona. Secondo la legge e la società il bambino era considerato un adulto se aveva più di sette anni e quindi era responsabile delle proprie azioni. Fino al 1780 la punizione per aver commesso un numero superiore ai duecento crimini era la morte per impiccagione e molti bambini furono impiccati per reati banali:
In un solo giorno, nel febbraio 1841, il Tribunale di Londra condannò a morte cinque bambini; Fowler e Wolfe di dodici anni per il furto in un’abitazione; Morris, di otto anni, Solomons, di nove e Burrell, di undici, per aver rubato un paio di scarpe.
Il tribunale non soltanto condannava i bambini ma li trasportava anche oltremare se ritenuti colpevoli di crimini molto gravi. Gli estratti del Registro della prigione di Stafford del 1834, e dell’anno successivo, mostrano il tipo di crimine che portava alla deportazione:
William Biglen: di anni 14, per aver rubato un fazzoletto di seta - condannato alla deportazione per sette anni..., Matilda Seymour: di anni 10, per aver rubato uno scialle e una sottana - condannata alla deportazione per sette anni..., Thomas Bell. di anni 11, per aver rubato due fazzoletti di seta - condannato anche lui alla deportazione per sette anni.
La deportazione come metodo usato per combattere la delinquenza minorile era stata autorizzata da una legge del 1718. Le prigioni divennero molto popolate; uomini, donne e bambini erano rinchiusi in luoghi malsani senza strutture sanitarie e si contagiavano a vicenda sia moralmente che fisicamente.
Molti bambini poveri non solo venivano condannati e imprigionati come gli adulti ma erano anche costretti a lavorare nelle fabbriche tessili sfruttati e maltrattati; la situazione peggiore era vissuta da coloro che nel XIX secolo erano impiegati nelle miniere dello Staffordshire, Lancashire e West Riding e lavoravano duramente per dodici ore al giorno riempiendo i carrelli con il carbone e spingendoli lungo la miniera.
Il primo rapporto della Commissione sull’impiego dei bambini e dei giovani nelle miniere, presentato in Parlamento nel 1842, descrisse quei bambini come esseri totalmente in potere dei loro superiori.
Una bambina di otto anni, Sarah Gooder, descrisse ai commissari la sua giornata nella miniera:
Devo lavorare senza luce e ho paura. Vado a lavorare alle quattro e a volte alle tre e mezza del mattino e finisco alle cinque e mezza della sera. Non vado mai a dormire. Qualche volta canto quando c’è luce ma non al buio: non oso in quel caso.
Bambine come questa, che trascinavano i carrelli di carbone nelle miniere, furono descritte dai membri della Commissione sul Lavoro Minorile del 1842. Rivelazioni come questa ebbero come risultato immediato la proibizione del lavoro dei minori di dieci anni nelle miniere. Simili limitazioni sull’impiego dei bambini nei cotonifici erano già state imposte e si estesero successivamente con nuove leggi. Nonostante ciò fu necessario nel 1866 lottare per una ulteriore legge che proteggesse i bambini nelle altre industrie e anche dallo sfruttamento dei genitori. L’indifferenza dei genitori e della società nei confronti dello sfruttamento minorile fu uno degli ostacoli maggiori da superare per chi cercò di affermare il diritto di protezione per i bambini. Tra coloro che lottarono nel XIX secolo per diminuire l’orario di lavoro dei minori all’interno delle fabbriche e delle miniere, Lord Shaftesbury fu il più noto. Prima di lui Jonas Hanway aveva protestato contro l’impiego dei bambini come spazzacamini. Hanway rese noti gli infortuni che capitavano ogni anno ai bambini soffocati dal fumo o feriti alle gambe e alle braccia a causa degli spostamenti lungo i camini. Egli cercò di scuotere la coscienza pubblica raccontando la riluttanza dei bambini ad arrampicarsi nei labirinti pieni di fuliggine, riluttanza che veniva domata dai datori di lavoro accendendo il fuoco sotto di loro e obbligandoli a muoversi per fuggire dalle fiamme. La protesta di Hanway fu solitaria e senza risultato, infatti soltanto cento anni più tardi l’impiego degli spazzacamini fu proibito. Nel 1873 Lord Shaftesbury raccontò la stessa realtà ma con maggiori risultati visto che nel 1875 l’impiego di questi bambini fu proibito dalla legge.
Hanway aveva lottato da solo nel 1773; negli anni successivi le varie Commissioni parlamentari mostrarono il modo terribile in cui venivano trattati gli spazzacamini e di conseguenza molte leggi furono approvate per proteggere questi bambini ma nessun tentativo serio fu compiuto per renderle effettive. Buona parte della compiacenza nei confronti dello sfruttamento dei bambini derivava dalla convinzione che nella società ognuno avesse il suo posto e che dovesse conservarlo. Questa situazione era dovuta anche alla convinzione che i genitori avessero la responsabilità totale sui figli, lo stato riconosceva tale responsabilità ed evitava di intervenire attraverso una legislazione contro lo sfruttamento che avrebbe limitato i diritti dei genitori. Anche gli stessi riformatori, che volevano proteggere i bambini, non avevano intenzione di violare la stabilità familiare; di conseguenza furono pochi coloro che lottarono per un’azione legislativa. Proporre una limitazione dell’autorità dei genitori significava non solo diminuire i diritti dei genitori stabiliti dalla legge ma anche modificare un modello familiare considerato volere di Dio.
All’inizio del XIX secolo iniziarono a manifestarsi i primi segnali di un cambiamento, ad esempio nel 1814 fu introdotta una legge per prevenire il furto dei bambini, ritenendolo un crimine passibile di pena per la prima volta nella legge inglese. In un discorso a favore della legge contro il furto dei bambini, un parlamentare osservò alla Camera dei Comuni nel 1814:
E’ sorprendente che questo reato [...] non fosse affatto punito dalla legge esistente, tranne in quei casi in cui la persona che aveva rapito il bambino fosse accusata di voler rubare i suoi vestiti. Era sicuramente una grande colpa delle leggi del Parlamento [...] il fatto che un uomo fosse libero di rubare un bambino senza essere punito mentre non poteva rubare le scarpe di quel bambino senza essere condannato. E [...] il giudice, in casi di questo tipo, se esistevano dubbi sul fatto che la persona volesse semplicemente rubare il bambino, e non i suoi vestiti (cioè il reato considerato maggiore), allora poteva anche decidere di liberarla .
I bambini venivano rapiti per il valore dei loro vestiti o per essere venduti a mendicanti che li obbligavano a chiedere la carità, o a datori di lavoro che, generalmente, li facevano lavorare come spazzacamini. Secondo la legge esistente, soltanto coloro che venivano considerati colpevoli di furto dei bambini per appropriarsi dei loro vestiti venivano condannati. Il furto dei minori fu soggetto alle punizioni previste per i reati più gravi, lo scopo della legge era quello di offrire la protezione dello stato ai bambini rapiti che avevano genitori che non potevano proteggerli; successivamente la protezione da parte dello stato si estese ad altre sfere e fu stimolata dalla reinterpretazione dei diritti dei genitori sui propri figli e dalla nuova visione dell’infanzia che si diffuse in Inghilterra nel XIX secolo".
[UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA
“LA SAPIENZA” /
Facoltà di Lettere e Filosofia /
Corso di Laurea in Lingue e Letterature Straniere /
Tesi di Laurea in Pedagogia generale CHARLES DICKENS E I “NEGLECTED CHILDREN”
Lingua, Letteratura, Storia, Educazione / di Elisabetta Mariani/
Anno Accademico 2000/20017
/
(Relatore Correlatore
Prof.re Nicola Siciliani - de Cumis Prof.ssa Maria Stella)]
Nell'ETA' IMPERIALE ROMANA le MERETRICI erano propriamente le PROSTITUTE DI INFIMO GRADO, QUELLE CHE OPERAVANO SULLE CREPIDINES (MARCIAPIEDI) DI UNA STRADA DI UNA QUALSIASI CITTA' O DELLA SUA PERIFERIA OD ANCORA FRA I RUDERI DI QUALCHE STRUTTURA ABBANDONATA NON ESCLUSE LE AREE DEI CIMITERI COME ANCHE RICORDATO DAL POETA ORAZIO [quindi le MERETRICI erano in ROMA ANTICA quelle PROSTITUTE -in pratica schiave di qualche avventuriero fattosi loro LENONE (RUFFIANO = "SFRUTTATORE - PROTETTORE") che non si avvalevano di un BORDELLO o LUPANARE - alle cui "operatrici" spettava più propriamente
il nome di LUPA - LUPAE - che poi venne volgarizzato in BORDELLO e quindi CASINO:
le più giovani erano quindi dette ASELLAE = ASINELLE = e non era difficile trovarne in qualche locale prossimo ad una qualche TABERNA LUSORIA l'equivalente antico dei nostri CASINO' certo in attesa che dalla CASA DA GIOCO uscisse qualche fortunato cliente ebbro di gioia e "desideroso" magari di dissipare presto una qualche vincita] = giova qui precisare -anche contro una pseudo divulgazione cinematografica e da romanzi d'appendice- che pur non essendo soggetta alle terribili sanzioni medievali la PROSTITUZIONE NELLA ROMANITA' ERA CONSIDERATA ATTIVITA' NON LECITA E PERSEGUIBILE SPECIE IN MERITO AL REATO DI SFRUTTAMENTO DELLA STESSA O DI ADESCAMENTO reati questi contro cui
mediamente intervenivano le AUTORITA' LOCALI CON LE FORZE A LORO DISPOSIZIONE PER LA TUTELA DEL PATRIMONIO ED IL MANTENIMENTO DELL'ORDINE PUBBLICO
Vedi poi "PROSTITUTA
BAGASCIA è termine ulteriormente dispregiativo per MERETRICE: l'etimo è incerto anche se rimanda al latino medievale BAGASSA come si legge nelle voci specifiche del BATTAGLIA
All'epoca di Aprosio che a suo modo scrisse una Storia della "Prostituzione" accorpandola a quelle dell' "Adulterio" e della Castrazione" la frammentazione d'Italia in tanti Stati fece proliferare la giurisprudenza ecclesiastica e soprattutto laica sul tema anche se grossomodo, mutatis mutandis, i contenuti dei testi dei giurisperiti e degli interpreti si intersecano su una strada grossomodo identica di cui per esempio il gurista De Angelis qui proposto può valere, a rappresentare le idee di molti, laddove affronta tre voci assolutamente importanti vale a dire quella della Meretrice o Prostituta tenuta a portare il segno distintivo e l'abbigliamento identificativi (25)
della sua condizione di miserabile (4) e a pagare il Vectigal (Gabella, Tassa ecc.) al Lupanare presso cui risiede e lavora (4) (associata comunque all'idea della Donna "criminale", specie della Donna maritata rea di reiterate forme di adulterio tali da farla reputare Meretrice) senza ecludere un lunga dissertazione sulla figura del Lenone, Mezzano, Ruffiano -che può essere anche costituito da una figura femminile- lo squallido personaggio che, vivendo quale parassita sfruttatore, ha oggi assunto gergalmente piuttosto la denominazione di Sfruttatore (Sfruttatrice).
In questo contesto è giusto visualizzare in merito alla Prostituzione
quanto ne scrive Padre Lucio Ferraris che nella sua Bibliotheca Canonica, Jiuridica, Moralis, theologica
sviluppa una sorta di sinergia con le voci "Molestie Sessuali" e soprattutto "Lussuria": cosa che però coimplica a livello criminalistico dello Stato
una dissertazione sull'aspetto più terribile delle "Molestie Sessuali" o della "Lussuria" cioè lo Stupro che, attesi vari limiti giuridici della donna compreso quello di non esser ritenuta testimone assolutamente attendibile
comportava un tale tipo di inchiesta e soprattutto di visita "medica" attestante la violenza che induceva la maggior parte delle donne a non denunziare la violenza subito od a ritirare una possibile denunzia inoltrata.
Di siffatta investigazione e visita sanitaria (sic!) qui recuperata dalle celebri "Risoluzioni Criminali" di Antonio Concioli si dà qui una traduzione parziale e piuttosto libera quanto sostanziale, tralasciando soprattutto le molte ripetizioni e le citazioni bibliografiche copiosissime che riempiono il testo = Il Corpo del Delitto in caso di Stupro si può provare solo tramite l'opera di ostetriche o quantomeno di persone esperte che debbono ispezionare, fatto giuramento di dire sempre e comunque la verità, le parti intime della donna presunta vittima di violenza carnale: una volta effettuata la visita con il dovere da parte di costoro di constatare se ella sia stata deflorata o no e quindi riportare in atti scritti se la medesima sia già stata carnalmente conosciuta da qualche uomo oppure sia ancora vergine: attestando tutto ciò con la ragione d' averla attentamente esaminata laddove si può intendere lo stato di verginità .....E' infatti intangibile assioma di tutti i criminalisti non potersi giudizialmente agire contro chicchessia senza prima la constatazione del corpo del reato.....Non è infatti bastante l'asserzione della fanciulla in merito al riconoscimento del corpo del delitto.....e per questo si concede all'accusato di potersi appellare contro la relazione ostetrica, qualora si sia dichiarato dopo la prima visita esservi stato stupro: di maniera che se altre ostetriche ed altri esperti della materia sotto giuramento dichiareranno di aver visitata la ragazza e d'averla trovata intatta e per nulla vittima di violenza ma anzi vergine, a questi ultimi si dovrà piuttosto prestar fede non avendo per se stessi presunzione di natura e di diritto comune al modo che sostengono [molti autori: puntigliosamente elencati] anche se il Guazzi [op. cit. coi ragguagli specifici] sostiene che sorgendo per questa diversità di interpretazioni un qualche dubbio ci si possa rivolgere per ulteriore visita ginecologica ad un uomo particolarmente esperto....sempre che non si debba alla fine affidarsi al buon senso del giudice...ed ancora tenendo presente che le ostetriche ed i periti delle parti non saranno mai tenuti a deporre con la sanzione della certezza ma semmai con il presupposto che le loro conclusioni sono connesse al loro giudizio personale [segue un altro lunghissimo elenco di autori]. Il testo sotto forma di Risoluzioni affronta come si può notare proseguendo nella lettura altre casistiche compresa quella di una donna sposata che dichiara di esser stata stuprata, a cui scapito comunque tanti dubbi permangono, o della Fanciulla stuprata la persona -specie se abbiente- maggiormente difesa dalla legge, provata che sia la verginità, pur restando evidente scappatoie al reo come la Restitutio o Riparazione per via di denaro da concordare con la famiglia offesa.
Ma -sempre stando alle "Risoluzioni" del Concioli che comunque riassumono una vasta letteratura giuridica sul tema, per Meretrici e Prostitute qualsiasi appello alla legge risulta superfluo ed in fatti si legge al punto 7 della colonna I di p. 609 : " ...Si escluda sussista stupro quando venga provato trattarsi, a riguardo della presunta vittima, di donna disonesta avente già tenuto pregresso e pubblico comportamento immorale... ": per correttezza filologica è da dire che nel lavoro del Concioli a questo punto si parla di "donne di pessima reputazione" senza parlare esplicitamente di Meretrici e/o Prostitute ma risulta chiaro che, assieme ad altre donne giudicate di mala condotta -come e può oggi sorprendere Attrici, Comiche, Mime, Cantanti, Musiciste, Ballerine ecc.- il riferimento primario è implicitamente rivolto alle
" Professioniste del Sesso a Pagamento " notoriamente ascritte nel'elenco degli Infami come, al pari d'altre donne di malaffare, ma non propriamente quali "Infami" ma alla stregua di consocie di Infami: sarebbero divenute Infami inducendo alla Prostituzione altre Fanciulle e facendosi Ruffiane o Mezzane
anche se nelle sue
Resolutiones riminales del 1667 proprio il criminalista Antonio Concioli
- a dimostrazione di una certa confusione e discordanza sul tema
si discosta invece da questa postazione -
attribuendo lo
Stato di Infamia anche alle Meretrici o Prostitute come qui si legge
sviluppatasi all'interno di una potente quanto abbastanza poco nota letteratura ecclesiastica romana di
pubblicistica controriformista
si era andata vieppiù affermando l'ipotesi di una perigliosa equazione che comportava la facile quanto pericolosissima
EVOLUZIONE DI MOLTE MERETRICI IN STREGHE E QUINDI, POTENZIALMENTE, IN ERETICHE O PIU' ESATTAMENTE
"STREGHE ERETICHE" CIOE' FIGURE PERFETTE PER UN SABBA STREGONESCO IN FORZA DEL PATTO ESPRESSO CON IL DIAVOLO E LA CONGIUNZIONE CARNALE CON LO STESSO IN FORMA DI "CAPRONE"
"MICIDIARIO"> ant. e disus. da "Micidio" (per aferesi, per creduta concrezione dell'articolo "lo micidio" , a sua volta da "Omicidio" > vedi sicil.-calabr. "micidiarie" = "crudele, sanguinario, violento") sinonimo di "Assassini", "Sicari", "Omicidi"> "Micidiario" entra nel diritto criminale per le interferenze magico-esorcistiche connesse alle INVESTIGAZIONI SUGLI ACCUSATI D'ESSER MICIDIARJ> v. "Arbitrio" .
"NUTRICE" (dal lat. "nutrix"): con var. "nodrice-notrice-nudrice">" BATTAGLIA", XI, s. v.> "Donna che provvede all'allattamento naturale del proprio figlio o, più frequentemente, di un bambino a lei affidato": in tal caso percepisce un compenso previa la stesura di un contratto che ne sancisce i doveri secondo le leggi (Bailatico) svolgendo così la funzione di Balia (dal lat. bajula = portatrice, documentato nel senso di nutrix da Gregorio di Tours nel VI secolo). Dal XVIII sec., dopo una pratica secolare basata su doti naturali ed istinto materno, il mestiere di B. fu professionalizzato con l'obbligo di conseguire per esame un attestato d'idoneità: nelle città coloro che non risultavano in possesso dei nuovi requisiti vennero poi denunciate. La cautela giuridica verso queste donne si coniugava coll'idea di azioni illecite e di infanticidi su cui avevano dissertato (naturalmente correlando l'attività di alcune fra esse con pratiche stregonesche) nel Malleus Maleficarun qui proposto in una stampa del 1600 [si veda Maglio delle Streghe di "Institor" e "Sprenger" = pp.127-128 dell'edizione ital. del 1977 a c. d. A. Verdiglione):
"Le streghe OSTETRICHE [secondo una cultualità precristina "nemiche istituzionali" delle benevole FATE
Anche il "Nider" (Formicarius) ripropose il tema sulle "nutrici-streghe" con esempi ricavati da processi di "foro misto" in Svizzera, presso Berna: questo autore si soffermò anche sull'impressionante tema delle STREGHE CHE DIVORANO I BAMBINI altresì per ricavare dai loro resti componenti essenziali per il loro presunto, magico UNGUENTO.
-Battista Codronchius a carta 8 dello scritto Sui morbi procurati per tramite di veleni, parlando dei "sospetti che colpivano le NUTRICI" scrisse:"...Negli anni precedenti mia figlia Francesca che aveva solo dieci mesi e che stava presso la sua nutrice, fu colpita da estrema sfinitezza e, tutte le volte che veniva liberata da quelle fascie, con cui di solito s'avvolgono i bimbi nati da poco, contro il costume generale, quello per cui i neonati si rallegrano, finalmente liberati dalle bende che li stringono, dimostrando di godere per tal momentanea libertà, si metteva invece ogni volta a piangere disperatamente quasi fosse tormentata da grave fastidio. L' investigazione cui sottomisi quello strano caso non diede alcuna utile informazione né suggerì alcun sospetto che ogni effetto pernicioso sulla bambina dipendesse da forze estranee al mondo della natura. Fu però a quel punto, nulla sapendo fare nè spiegare i medici, che cercò la causa di tante dolorose stranezze nella nutrice. Intendiamoci, questa era una ragazza assai onesta, pura da ogni peccato, e ci parve allora possibile che qualche altra vecchia balia, spinta da invidia ed odio vedendo che da molti per tal delicato lavoro le si preferiva ormai questa savia giovane, abbia premeditato un maleficio, ricorrendo a qualche veleno. Ci mettemmo a cercare con cura fra le lenzuola ed i materassi del letto della nostra bambina ma, in apparenza almeno, non trovammo alcuna cosa che potesse far pensare ad un maleficio d'avvelenamento; in effetti solo un esperto esorcista, che ci svelò l'inganno, fu capace di spiegarci che alcuni banali oggetti, trovati tra piume e lenzuola, cose di per sè senza significato, messi insieme avrebbero costituito un maleficio d'avvelenamento.
Si trattava di resti di coriandolo "[Coriandrum sativum, pianta annua delle Ombrellifere, coi frutti di odore aromatico e di sapore bruciante allo stato secco - nauseanti se freschi - usati in medicina come carminativi ed eccitanti le secrezioni gastriche, in associazione con altre droghe ad azione eupeptica ma anche per fabbricare liquori e confetti]",d'un pezzetto di carbone e, questo sì - fatto sorprendente e macabro - di frammenti d'ossa umane, ingredienti che, a detta dell'esorcista , le "streghe" - e in questo caso v'era realmente da pensare ad una "Strega-nutrice" ch'odiava la nostra buona giovane - son in grado di impastare tra sè ed altre sostanze ancora, servendosi, al posto dell'acqua, del loro sangue mestruale...portati via questi orrori o, se vogliamo, tutto il malefico intruglio abbiamo affidato ogni cosa alle fiamme purificatrici del fuoco: quindi per ben tre giorni si tenne, coll'assistenza di quel sant'uomo, un opportuno "esorcismo" ed oltre a ciò vennero prodigati vari altri santi generi di "rimedio" contro simili "fatture".
La bambina dopo un pò prese a rinvigorire, perdette il suo aspetto emaciato e perfino ingrassò: noi, visto come procedevano le cose, pensammo che il pericolo fosse finito e che nostra figlia stesse guarendo.
Ma ci sbagliavamo, perché dopo un pò di giorni riprese a gemere e star male; questa volta non indugiammo ed ispezionammo per bene il suo lettuccio: vi trovammo così nuovi strumenti di maleficio che demmo subito alle fiamme sì che la bambina smise di star male.
Ma non era finita! Durante una notte di "plenilunio" che, qualche tempo dopo, Francesca aveva trascorso a piangere e soffrire, entrati in camera sua la trovammo sfinita, col volto pallidissimo e tormentato dal dolore si che era quasi irriconoscibile.
Ancora una volta ci mettemmo ad esplorare fra gli interstizi di quel maledetto giaciglio e questa volta vi trovammo i resti di due noci secche, circa dieci lische di pesce disposte a guisa di formare un di quei pettini con cui si lisciano i capelli alle bimbette e poi ancora varie coroncine fatte da mano esperta ma utilzzando cose strane, indecifrabili.
Non potemmo far altro che portar via il tutto e gettarlo nel fuoco ancora una volta: ma in questo caso decidemmo pure di lasciare quella casa e di affidarci a nuovi soccorsi prestatici dal buon "esorcista": in fine, dopo tanto soffrire, la bambina guarì e crebbe sana e vigorosa con nostra massima felicità di genitori".
In famiglie genovesi si ebbero casi di NUTRICI scelte fra "Schiave" ("AIRALDI", p.467) ma sempre, sia con queste che con serve di casa che con "libere professioniste" il controllo dei parenti e della "LEGGE DEGLI STATUTI CRIMINALI" fu "rigoroso", vista la loro possibilità di far del male all'INFANTE CUSTODITO (la cui tutela, oltre che per comprensibili ragioni affettive, diventava una ragione politica quando, essendo di natali alto borghesi ed aristocratici ed essendo spesso il frutto di un matrimonio di interesse finiva per diventare l'ANELLO DI CONGIUNZIONE E DI PACE stretto nella carne di un discendente fra due o più importanti CASATE).
E nonostante vari accorgimenti non mancarono BALIE che, prezzolate da CASATE rivali, riuscirono a far del male a questi innocenti operando in vario modo, anche ricorrendo a "Veleni" propinati direttamente cogli alimenti o messi, come "fatture" o "Malefici d'avvelenamento", negli indumenti o nel loro letto: "Statuti Criminali Genovesi del 1556, libro II, cap.10, capoverso 3".
Del resto la radice comune fra "BALIA" ed il termine BAGIUA (bajura="strega") dei dialetti liguri lascia per alcuni pochi dubbi sulla parentela intercorrente fra questi due tipi femmilili antitetici, simboli del bene e del male.
L'"ostetricia", uno dei rami del sapere femminile non ancora smentito dalla medicina ufficiale, durante il Medioevo si espresse peraltro in una congerie di azioni, talismani, cure empiriche, scongiuri e pronostici, dando vita ad un carosello in cui convivevano conoscenze dei poteri terapeutici di erbe, pietre ed acque e magismi di arcaica memoria miranti a risanare morbi fisici e turbamenti delle menti: la gran parte di queste azioni erano svolte a buon fine, "per la salute degli infanti" ma è fuor di dubbio che, di fronte alla consapevolezza dell'uso di particolari sostanze, sia i "religiosi" che i "giudici" ed i "medici" (oltre ai parenti) potessero più di una volta, "in caso di qualche inspiegabile malattia infantile" (cosa peraltro frequentissima) non sapessero trovare altra spiegazione che quella di incolpare "forze occulte od il soprannaturale".
Così attraverso i secoli l'azione delle donne-medico, che controllavano i momenti di crisi biologica individuale (nascita, malattia, morte),fu interpretata ora come conseguenza naturale del ruolo assistenzialistico della donna, in cui le cure verso prole ed infermi si situavano di diritto, ora come mezzo potenzialmente pericoloso nelle mani di quella parte del genere umano fallace, discendente dalla "Prima Peccatrice", per le appartenenti al quale era sempre più netta la somiglianza con le "Parche", le dee del destino che filano e recidono il fato degli uomini. Il tracollo del matriarcato, sotto cui la medicina popolare trovava vigore, pose infine (specie tra XVI e XVII secolo) le basi per accuse di superstizione che, istituito l'ordine dei medici, colpirono tante guaritrici. .
MOLESTIE SESSUALI - PERPETRATORI DI MOLESTIE SESSUALI: a tutela di religiose, maritate e donne di buona reputazione (secondo i parametri di vari capi del II libro degli "Stat. Crim." che emarginano "Meretrici" e "donne di condizione umile", le "perdute", le "ragazze madri"); ancora a primi '700 lo "ZIGNAGO" (P.I,c.35) scrisse:" "Chi leverà l'onore a viva forza a Figlie, Donne maritate, o Vedove sarà condannato di morte, e chi le baccierà, o le farà atti disonesti parimenti per forza, e con violenza, sarà condannato due anni di "Galera", e chi sarà convinto di "Sodomia", sarà condannato a morte".
La discussione sulle MOLESTIE SESSUALI porta inevitabilmente ad affronatre un tema basilare per Chiesa e Stato quello riguardante le perniciose sfaccettature della
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un argomento secolare su cui molti interpreti si sono affrontati e confrontati. Tra questi un posto di rilievo all'epoca aprosiana spetta certo a Felice Potestà autore di questo importante ed esaustivo
TESTO DI DIRITTO CANONICO anche se, per la scientificità della disposizione tematica e dell'apparato bibliografico, a districarsi compiutamente in questo sterminato campo di indagine più di tutti giova il teologo e giurista francescano (XVII - XVIII secolo)
LUCIO FERRARIS
che tra innumerevoli altri argomenti analizza con spessore critico nella sua monumentale
BIBLIOTHECA CANONICA....
il tema non solo della
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in sè ma anche tutte le specificità connesse alle COLPE LAICHE E RELIGIOSE VARIAMENTE CONNESSE ALLA LUSSURA tra cui il concetto di
DILECTATIO MOROSA
ed in chiave assolutamente negativa il proliferare di
PROSTITUZIONE E/O MERETRICIO.
La LUSSURIA già nel SOMMARIO - PUNTO 2 risulta organicamente trattata e, nell'analisi, suddivisa in SETTE PARTI SOSTANZIALI corrispondenti alle voci
Fornicatio, Adulterium, Incestus, Stuprum, Raptus, Sacrilegium & peccatum contra naturam: quest'ultimo viene poi a sua volta suddiviso in Mollitiem, Inordinatum concubitum, Sodomiam & Bestialitatem cui, parallelamente ma stando a sè, viene accostata l' Impuditicitiam.
Per quanto tutte queste colpe e depravazioni vengano poi rianalizzate alle loro specifiche voci la trattazione risulta alquanto esauriente: la discussione sulle sette specie di lussuria inizia propriamente dal PUNTO 5 mentre la discussione del Peccato contro natura e delle sue partizioni si estende dal PUNTO 33. L'Impudicitia risulta invece analizzata a sè, partendo dal PUNTO 71.
L'argomento pare qui meno eclatante ma merita di esser sottilmente analizzato per le questioni particolari e spesso impercettibili, a confronto della morale odierna, che esso comporta.
Il PUNTO 73 affronta quei baci, abbracci, contatti fisici che fatti secondo le costumanze dei luoghi non comportano alcuna condizione di peccato essendo fatto per espressione di amicizia, pace, benevolenza, dovuto ossequio ecc.; al contario il successivo PUNTO 74 disserta di quei baci e contatti fisici compiuti in parti intime comportano la prepetrazione di un peccato mortale.
Addirittura il PUNTO 75 sottolinea come si cada in peccato mortale se i menzionati baci, abbracci, contatti fisici sono compiuti da quanti per età od altri impedimenti non possono concepire ma tendono comunque a raggiungere orgasmo sessuale e ad eccitare gli istinti sessuali.
Dal PUNTO 76 inizia una discussione sul tema sempre attuale di PEDOFILIA E/O PEDERASTIA: in effetti al
PUNTO 76 ci si limita ad affermare che non è peccato od al massimo è peccato veniale baciare od abbracciare, magari sentendo intima compiacenza fisica ma non avendo né attivando turpi intenzioni, l'abbracciare od abbracciare per affetto fanciulli d'infantile età.
Al PUNTO 77 si tratta del caso di ancelle o serve che lavando, vestendo, guardando o toccando nelle intimità i fanciulli loro affidati provano una qualche emozione sessuale senza però che sussista o venga messa in atto qualsiasi turpe intenzione.
Delicatissimo è poi il PUNTO 78 ove si esamina una casistica peculiare di relazioni tra esseri umani ed animali: per gli interpreti è peccato veniale contemplare gli animali nell'espletamento della loro attività sessuale in quanto ciò risulta suggerito solo da curiosità e superficialità senza voglia di coinvolgimenti libidinosi e parimenti è peccato veniale accarezzare, blandire, anche toccare nelle parti intime animali come cuccioli e cani a patto di far ciò solo per curiosità e morboso affetto ma giammai per impuro piacere. Si commette invece peccato mortale sollecitare in qualsiasi modo le parti genitali di qualsiasi animali al fine di portarlo - a scopo di impuro piacere personale - all'atto della eiaculazione.
Il PUNTO 81 sostiene che non peccano gravemente quelle persone del medesimo sesso che, trovandosi nude in un bagno o lavacro, per curiosità e gioco si guardano e si toccano vicendevolente anche nelle parti intime magari provando qualche slancio di sensualità ma senza mai mirare alla finalizzazione di un progetto libidinoso o turpe.
Il PUNTO 82 afferma invece che, se la medesima situazione intercorre tra persone di sesso diverso, anche se non si giunge ad alcun rapporto sessuale il peccato è da ritenersi ordinariamente grave comportando pericolo morale di qualche libidinoso consenso e trattandosi pur sempre di etrema indecenza.
Al PUNTO 83 si sostiene che contemplare con una certa curiosità e compiacenza le proprie intimità è solo peccato veniale e che anzi nel caso che qualcuno si tocchi nelle pudenda, magari per porre fine ad un prurito di natura non sessuale, pur essendovi il rischio di una involontaria eiaculazione, non si possa in alcun caso parlare nemmeno di peccato veniale.
Ai PUNTI 84 - 85 si sostiene che in relazione a chi legga argomenti osceni, canti canzoni triviali, assista a commedie di turpe argomento, scrive o legga lettere d'amore zeppe di lascive espressioni ecc. debba parlarsi di peccato mortale qualora chi faccia ciò lo faccia con intenzionale ricerca di turpi piaceri mentre sia da parlare peccato veniale, alimentato da eccessi di curiosità e di voglia di scherzare, nel caso che chi compia tutto ciò non miri a fini vergognosi capaci di portarlo alla rovina spirituale.
Al PUNTO 86 (trattandosi di un argomento variamente affrontato da Angelico Aprosio e da altri suoi contemporanei) viene esplicitata una severità assoluta verso quegli artisti che, peccando mortalmente, realizzano, divulgano e rappresentano canti e libri osceni, laide commedie ed ancora pitture scandalosamente volgari cose tutte quanti capaci di indurre gli spettatori a violare la morale e precipitare nella più grave libidine con estremo pregiudizio della loro anima.
Le danze di cui tratta il PUNTO 87, per quanto non esenti da pericolo morali, di per se stesse non sono malvage a condizioni che comportino solo diletto e giammai gesti sessualmente provocanti: il Ferraris, di rimpetto ad una bibliografia di interpreti e canonisti non sempre in sintonia, precisa, con ulteriori fonti documentarie che allorquando i Sacri Padri hanno ripreso la costumanza delle danze si son sempre riferiti a balli lascivi e turpi oppure a danze sfrenate tenute in tempi interdetti e in luoghi sacri e che i divieti alla pratica delle danze chiaramente sanciti dai Sacri Canoni sono da intendersi rivolti esclusivamente ai Chierici tanto Regolari che Secolari (cosa peraltro insita nel diritto comune sia antico che postridentino).
Al PUNTO 88 si parla di quei coniugi che si concedono a baci, contatti fisici, abbracci particolari, che si vestono in modo lascivamente provocatorio o che ancora ricorrono al turpiloquio onde eccitarsi senza mirare affatto ad un rapporto sessuale naturale finalizzato al concepimento o peggio ancora si lasciano andare al vizio della sodomia: per quanti prepetrano ciò secondo il Ferraris, che riassume interpreti e canonisti, necessariamente si deve parlare di peccato mortale.
Sempre in merito alla vita sessuale dei coniugi viene registrato
al PUNTO 89 il tema di quando e come sia lecita la ricerca del piacere sessuale: in rapporto a ciò il Ferraris non risponde nel luogo citato ma rimanda a quanto da lui discusso alla voce DILECTATIO MOROSA e specificatamente dal PUNTO 24 AL PUNTO 26.
Il PUNTO 90 recupera l'argomento di baci, abbracci, tocchi lascivi, uso di turpiloquio tra coniugi interessati all'accoppiamento solo per raggiungere il massimo piacere sessuale senza rispetto delle leggi morali della loro terra e delle leggi divine, sì che tale comportamento viene reputato degno della sanzione di peccato mortale.
Il PUNTO 91 in merito ai giochi amorosi, se peccaminosi o non, dei futuri coniugi prima di un regolare accoppiamento sessuale, viene affrontato dal Ferraris con un nuovo rimando alla voce
DELECTATIO MOROSA: precisamente di siffatta voce ai
PUNTI DAL 27 AL 29 ed ancora al PUNTO 32.
Nel PUNTO 92 il Ferraris, onde affrontare il tema della vita sessuale delle vedove, ancora si appella alle conclusioni espresse nella voce DELECTATIO MOROSA e specificatamente ai PUNTI 30 - 32.
Interessantissimo in merito alle riflessioni su APROSIO ANTIFEMMINISTA e sulle sue, anche non sempre a proposito, citatissime considerazioni sulla
DONNA CHE ACCENTUA LA PROPRIA SENSUALITA' APPELLANDOSI ALLA MODA
nella silloge delle Ferraris sempre alla voce LUXURIA risulta il PUNTO 93 = "Se cioè le donne accentuando, con artifici, trucchi e fruizione dell'ultima moda in auge, per libidine e capacità di conquistare gli uomini il proprio fascino siano da ritenere peccaminose; il Ferraris non risponde nel luogo citato ma, come suo costume, rimanda il lettore alla consultazione nella sua stessa opera della voce FOEMINA = FEMMINA partendo per la precisione dal PUNTO 14 AL PUNTO 20; si tratta di un elenco serioso in cui molti luoghi trattati ironicamente da Aprosio assumono una giuridica seriosità:
"Pecca mortalmente la donna che indulge nell'ornarsi in modo troppo provocante per far, libidinosamente, conquiste maschili (PUNTO 14), Pecca mortalmente la donna che si imbelletta ed usa la cosmesi per gli stessi turpi scopi (PUNTO 15), Non sempre è in peccato mortale ma semmai veniale la femmina che lievemente si adorni e faccia moderato uso di ciprie in particolari occasioni (PUNTO 16), Per nulla pecca la donna che, avendo rette intenzioni, migliori ornandosi il proprio aspetto purché si attenga agli usi della della patria e del suo stato sociale (PUNTO 17), Non commette alcun peccato la donna che con la cosmesi cerca di correggere qualche suo serio difetto estetico (PUNTO 18), Alla donna è lecito ornarsi senza far uso di tinture e cosmesi per piacere di più a suo marito o per conquistarsi rispetto ad altre donne l'affetto del futuro sposo (PUNTO 19), Mortalmente pecca invece la femmina che si denuda il collo ed espone lascivamente il petto per far libidinose conquiste (PUNTO 20)".
OMICIDIO/ donde OMICIDA [prossimo ma ancora distinto nel diritto intermedio da ASSASSINO] = " Chi causa illecitamente la morte di un essere umano e fa ciò volontariamente: nel diritto intermedio qualche volta usato anche sotto il valore di chi induce a provocare la morte altrui, che spinge a uccidere ("BATTAGLIA", X, sotto voci)
.
Gli STATUTI GENOVESI DEL 1556 trattano di questo reato al LIBRO II, RUBRICA VIII dimostrando molto di risentire l'influenza del LIBRO XLVIII del DIGESTO GIUSTINIANEO [specificatamente del TITOLO 8.0. (Ad legem corneliam de siccariis et veneficis) assimilandone e sintetizzandone molte voci: significativa ad esempio nel contesto della citata RUBRICA VIII del LIBRO II DEGLI STATUTI GENOVESI l'equiparazione tra OMICIDIO e PARRICIDIO in conformità ai DETTAMI del TITOLO IX del citato LIBRO XLVIII del DIGESTO di GIUSTINIANO I IL GRANDE.
Questo recupero del diritto romano, con tutte le sottigliezze ad esso intrinseche, non deve però far dimenticare che nel Medioevo si era invece affievolita la distinzione tra OMICIDIO DOLOSO e OMICIDO COLPOSO o addirittura OMICIDIO INCOLPEVOLE: in tale periodo di oscurantismo del diritto prevalse la consuetudine di colpire l'OMICIDIO DI QUALUNQUE FORMA tramite una PENA PRIVATA detta GUIDRIGILDO.
Tuttavia già con Alberto Gandino, negli statuti comunali e nelle opere dei pratici si andò presto riproponendo la distinzione classica già riconosciuta tra OMICIDIO DOLOSO (seppur distinto in OMICIDIO SEMPLICE ed OMCIDIO QUALIFICATO in base al livello di gravità) e OMICIDIO COLPOSO mediamente punito, in nome del principio di risarcimento, con pene pecuniarie a volte anche piuttosto lievi.
Molto utile risulta la BIBLIOTHECA CANONICA, JURIDICA... di Lucio Ferraris in cui viene profondamente trattata la voce HOMICIDA - HOMICIDIUM e dove non solo compare la definizione per eccellenza che la Chiesa Romana tra XVII e XVIII sec. formula in merito ai PERPETRATORI DI OMICIDI ma si propongono i tanti interventi pontifici (tra cui in dettaglio la COSTITUZIONE IN SUPREMO JUSTITIAE SOLIO DI CLEMENTE XII) miranti a perseguire la PRATICA DI OMICIDI. Ed in tale contesto spiccano le AGGIUNTE
che recuperano ed approfondiscono il tema, in particolare, dei PATENTATI o più esattamente
**************PRIVILEGIATI**************
sì che non possano godere del
PRIVILEGIO DEL FORO
"
fatta eccezione per gli ufficiali e gli altri Privilegiati dalla Congregazione pro tempore dei Cardinali esistenti della medesima Santa Romana Chiesa, degli Inquisitori Generali preposti contro la malvagità degli eretici ed ancora per i funzionari necessari all'opera di Arcivescovi, Vescovi ed Ordinari e per le loro Curie. Il numero e la qualità di costoro tuttavia [a sanzione di Clemente XII] dovrà essere sempre prefissata dal Papa regnante..." (Per la Legge Ordinaria degli Stati questa sorta di AGENTI -che spesso operarono tra abusi e violenze- aveva un nome alternativo: più propriamente si dicevano = CACCIATORI DI TAGLIE ed eran frequenti -come integrazione di forze ufficiali non sempre adeguate- durante il "Diritto Intermedio" onde perseguire con ogni mezzo il ritorno in patria delle tante PERSONE MESSE AL BANDO CIOE' DEGLI "ESILIATI").
-OMOSESSUALITA'(ma più estesamente anche BISESSUALITA', ERMAFRODITISMO, TRANSESSUALITA', TRIBADISMO ECC.) (maschile: Levitico, 20, 13))> Nell'uso corrente ma improprio in antico tutto questo era mediamente condotto alla SODOMIA (dalla città della Pentapoli del Mar Morto punita con una fiammeggiante devastazione da Dio per l'empietà dei suoi abitanti "SODOMA" - "SODOMIA": Gen. 19, 5 = propriamente il nome deriverebbe da Sodoma la capitale e pricipale delle città della Pentapoli del Mar Morto distrutta da Dio per l'empietà dei suoi abitanti e di cui qual unica effimera traccia di vita rimasero i Pomi di Sodoma = descritti nei primi del XIX secolo dal Visconte di Marcellus) con cui si intendono "rapporti etero e omosessuali per via ANALE" [la SODOMIA fu un PECCATO, in qualche modo epocale - e facilmente spesso connesso al peccato/crimine di STUPRO e che tra l'altro risultò alla radice della soppressione dell'Ordine Cavalleresco Monastico dei Cavalieri Templari [= basfemia ereticale e sodomia
furono le colpe maggiormente a loro accreditate].
PENE E SUPPLIZI DA INFLIGGERSI AI REI DI MAGIA SECONDO L'INTERPRETAZIONE INQUISITORIALE ECCLESIASTICA: leggi "DELRIO" (sez. XVI ,lib. V):
""I crimini di sortilegio, cui non s'addicano esplicite responsabilità d'"eresia", possano incorrere, ad esclusivo "arbitrio dei giudici", nelle pene solite, sancite dal diritto civile o da quello canonico; il suddetto magistrato si debba peraltro attenere sempre a ciò che riportano i codici, naturalmente a condizione che le caratteristiche del crimine, la condizione socio-economica delle persone in causa, la personalità del criminale, lo scandalo suscitato dai criminosi eventi ed altre similari contingenze non possano, in via eccezionale, indurre ad un aggravio o ad un ammorbidimento della pena: la stessa procedura, altresì, valga tanto a riguardo di probabili mandanti quanto di eventuali complici, sia materiali che intellettuali. Il diritto canonico propone comunque di comminare, entro i parametri del foro penitenziale, un'ammenda che "non ecceda mai i quaranta giorni" nei confronti dei perpetratori di "sortilegi" che non risultino sospetti d'"eresia": tale "diritto", peraltro, non presuppone alcuna "distinzione" fra "rei di condizione laica" od "ecclesiastica".
In merito alla presunta distruzione divina di Sodoma e della Pentapoli si stiano accostando interpretazioni diverse che subordinano la colpa di Sodomia a colpe ben più gravi nel giudizio degli esegeti la fiera persecuzione medievale alla radice di tanta devastazione aveva posto da millenni il solo peccato di SODOMIA = in costumanze tanto antiche quanto diffuse nella relazione eterosessuale, risiedeva ufficialmente l'idea di implacabile condanna di un
SODDISFACIMENTO SESSUALE ESENTE DAI RISCHI DI UNA GRAVIDANZA NON VOLUTA LADDOVE INVECE IL CONCEPIMENTO ERA GIUDICATO
SALVAGUARDIA DEI DOVERI ISTITUZIONALI RISPETTO DEI SINGOLI E DELLA FAMIGLIA NEI RAPPORTI SIA CON LO STATO CHE CON LA CHIESA
ed in maniera alquanto empirica e parassitaria un'elementare e discutibilissima PROFILASSI CONTRO LE SEMPRE PIU' TEMUTE INFEZIONI VENEREE [a chiosa di tutto ciò partendo dal presupposto dell'anomalia di SODOMA E DELLA PENTAPOLI DEL MAR MORTO nel contesto di questa vicenda stupisce che nessun cenno si faccia delle DONNE DI SODOMA = giova precisare che attraverso la sua storia millenaria la Chiesa evitò in apparenza d'affrontare il delicatissimo tema della "OMOSESSUALITA' FEMMINILE" = argomento che invece a livelli di giurisperiti e teologi coe Angelico Aprosio non mancava di discussioni tra cui la definizione di TRIBADISMO con la distinzione tra SODOMIA PERFECTA e SODOMIA IMPERFECTA
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Giova comunque sempre rammentare come l'
ESSENZA PROFONDA
di interventi di severissima pubblica sanzione contro alcune forme di diversità
dalle
Donne Ribelli, ai Bestemmiatori, a Sodomiti ed Omosessuali, ad Ermafroditi, Transessuali, Donne Tribadi più che Saffiche, Lesbiche ed Omosessuali ecc. si coniugava piuttosto e principalmente con la salvaguardia di un sistema sociale, essenziale alla custodia dei valori sanciti da Stato e Chiesa, monolitico, inalterbile e soprattutto decisamente patriarcale quanto assolutamente maschilista
[e tutto anticamente giustificato dall'interessata applicazione del feroce irrigidimento sessuofobico nato come conseguenza dell'opera dei
controversisti antislamici
alla maniera che sostenne
Aldobrandino Malvezzi sì da avallare ogni forma di sessualità ed ancor più ogni forma di sessualità non avallata dall'idea di concepimento a forma di possibile peccato].
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L'"ANO" in stretta relazione biologica e semantica col "RETTO" ha peraltro costituito, in gran parte della tradizione medica antica, un ricettacolo di malattie e di fatture: il controllo corporale della zona "ANO-RETTALE" alla ricerca di oggetti illegali rientra tuttora nella moderna prassi carceraria: in antico si pensava però che oltre a strumenti illeciti ed oltre il "PIACERE PROIBITO DELLA SODOMIA" per tale via si potessero inoculare nel corpo medicamenti, oggetti magici, strumenti malefici e talismani> l'indagine di quelle zone intime e dei genitali acquisiva una forma quasi paranoica nel corso della quale i medici e i loro inservienti indugiavano ad esaminare anche il minimo segno sospetto, compresi i "nevi" della pelle e i possibili tatuaggi nella pelle circonvicina.
Ancora nei TESTI INTERPRETATIVI DEL DIRITTO CRIMINALE del XVII secolo non sussistono dubbi sulla necessità di comminare il SUPPLIZIO ESTREMO ai REI DI SODOMIA: per approfondire si leggano qui la
RISOLUZIONE I (PROVE E TESTIMONIANZE PERCHE' SI RICONOSCA REATO DI SODOMIA), quindi la
RISOLUZIONE II (PROVE E TESTIMONIANZE PERCHE' SI RICONOSCA REATO DI SODOMIA) soprattutto la
RISOLUZIONE III (PENA DI MORTE SUL ROGO PER PROVATA SODOMIA - ECCEZIONI - CONFISCA DEI BENI - SODOMIA TRA UOMINI - SODOMIA TRA UOMO E DONNA - SODOMIA TRA UOMO O DONNA E ANIMALI: MORTE SUL ROGO SIA PER UMANO CHE PER ANIMALE - IL NON PROCEDERE AVVERSO INFANTI E MINORI - "CHE LO STUPRATO CONTRO SUA VOLONTA' NON DEBBA ESSER PUNITO") e finalmente per concludere la disamina in essere la
RISOLUZIONE IV (CHIERICI SODOMITI = ANALISI DELLA BOLLA DI PAPA PIO V CONTRO I SODOMITI)
valutando nello specifico a titolo esemplificativo del modus operandi del "Diritto Intermedio" il fatto che la VITTIMA DI UN ABUSO non godeva di tutele particolari nonostante la provata violenza subita come qui si legge alla SANZIONE / COMMA 12 DELLA III RISOLUZIONE LADDOVE SI PRECISA CHE UN INDIVIDUO SODOMIZZATO CONTRO LA SUA VOLONTA' DEBBA ESSER ESENTE DA QUALSIASI PENA (SIC!).
Ad ulteriore integrazione documentaria si può poi qui ricordare come già nel XVI secolo Libri Criminali della Repubblica di Genova
non si pronunciassero certo in modo meno terribile come qui si può leggere
al Libro II - capo II o Delle Pene = "Di quanti copulano o comunque hanno rapporti sessuali contro natura"..
Si trattava di un peccato addirittura graficamente riprovato -anche per ricerca pittografica e letteraria del "criminoso" che da sempre suscita qualche iridescente "morbosità"- per quanto RAPPRESENTATO (VEDI QUI UNO DEGLI ESEMPI FIGURATIVI PIU' PROVOCATORI) nei suoi EMBLEMI da ANDREA ALCIATO.
Per indicare chi praticava l'OMOSESSUALITA' MASCHILE quale forma di PROSTITUZIONE si usava spesso nei tesi il termine CINEDO (al plurale CINEDI) formatosi prima del 1498, derivante dal latino cinaedu(m) a sua volta formatosi dal greco kinaidos che nell'antica Grecia stava originariamente ad indicare ballerino dai tratti effeminati ma che poi per estensione divenne sinonimo di GIOVANE OMOSESSUALE.
Nell'"età intermedia" l'"OMOSESSUALITA'" costituisce quanto va contro il "COITO SECONDO NATURA" o "COPULA SECONDO NATURA" che, sanciti dai "Sacramenti", indicano il "RAPPORTO ETEROSESSUALE" in chiave cristiano-cattolica volto primieramente al "concepimento di una nuova vita": specie secondo l'interpretazione dei dettami evangelici (contro la regola dell'accoppiamento sessuale tra un uomo ed una donna vincolati dal sacramento del matrimonio oltre l'"OMOSESSUALITA'" contravvengono altre forme di "tentazione sessuale" che corrono dallo "stupro", alle "molestie sessuali", alla "prostituzione", alla pratica di "Lenocinio" e "Ruffianeria" sin alla FORNICAZIONE, e all'"IMPURITA' SESSUALE ED INCESTO": contro queste devianze nel "diritto intermedio" intervenivano pesantemente sia la "Legge dello Stato" che della "Chiesa" =
il BINSFELDIUS per la "SODOMIA" parlava di "interferenze demoniache".
Negli Stat. Crim." genovesi (lib. II, cap.2") si detta "Copula contro natura": non vi sono espliciti riferimenti alla "Sodomia". Questa però risulta intesa da connessione del "cap. II" col "I (Bestemmiatori)" e da relazione coi dettami dell' "Inquisizione" (DELRIO, lib.V, "De officio iudicum contra maleficos..."). La condanna religiosa della "Sodomia" era legata a repressione di "pratiche magiche" proprie dei "SABBA"> "FLORO" [DELRIO, p.70, col. II] giudica la "Sodomia" momento di un' "ORGIA DEMONIACA" con "rapporti carnali fra uomini e Succubi" e "rapporti sessuali di tipo anale fra donne e Incubi".
Da un PASSO dell'aprosiano Scudo di Rinaldo (ma nella stessa opera può citarsi anche il capitolo dedicato alla "Papessa Giovanna" come, anche entro la più tarda Grillaia, una dissertazione sulle modalità per far nascere figli maschi o femmine) nel contesto di queste devianze risultano temuti gli ERMAFRODITI o comunque gli individui capaci di sovvertire le leggi di natura alterando il loro sesso nel suo rovescio (uomo che si atteggia da donna e viceversa).
Aprosio nel '600 facendo cenno ad una generale effeminatezza della moda maschile cita e descriva due casi emblematici.
Uno, decisamente drammatico, riguarda un certo VENTURA originario di PORTOGRUARO: costui come si legge nel Capitolo XVII dello Scudo di Rinaldo edito ("Se gli huomini in Donne, e le Donne in huomini possano trasformarsi") venne arrestato e condannato quale TRANSESSUALE / ERMAFRODITA e la pena fu terribile = infatti nell'assoluto epocale principio ammonitore della "Catarsi" cioè dell'ammonizione al pubblico convocato ed astante sul "non far simili ationi laonde non dipoi patir poena dell' istesso genere"
fatto salire sulla "carretta dell'infamia" venne condotto per le vie cittadine sin al palco del patibolo dove il Ministro di Giustizia o Boia gli amputò il naso e le orecchie, sicché in seguito fu relegato ai lavori forzati per 10 anni e cioè secondo il costume dell'epoca incatenato al remo su una Galea di Catena
Per quanto concerne il caso di donna che si atteggia da uomo Aprosio utilizza fonti storiche straniere: e menziona il caso di una
*************fanciulla olandese che avrebbe prestato servizio militare e si sarebbe sposata con un donna ad Amsterdam prima di esser scoperta e punita (Scudo di Rinaldo I, p. 63)*************
come cantato da
VINCENTIUS FABRICIUS).
(Prescindendo dai richiami alla leggenda e soprattutto alla classicità sul tema, tra cui la demonizzazione cristiana di donne pagane dal presunto comportamento maschile, in particolare delle Amazzoni risultate meno mitiche di quanto reputato e poi del Senato delle Donne dei tempi dell'Imperatore Romano "Eliogabalo" ed anche eludendo dal tema cristianissimo della Papessa Giovanna che comunque tante discussioni originò (vedi) in merito alle riflessioni sulla
proibizione, pena l'accusa di eresia, per una donna di indossare abiti maschili è da dire che esso si esalta nel XIV secolo con la storia epica, la cattura, il processo e la condanna al rogo di Giovanna d'Arco = l'eroina e santa francese per la cui fine molto si operò intorno alla sua foggia, cioè al fatto di indossare od aver indossato abiti maschili
e sorprendentemente, pur tra critiche ma doverosamente custodite al livello di "gossip", vale all'opposto il caso seicentesco di Maria Cristina ex Regina di Svezia che mai negò la sua bisessualità, che certamente indossò, facendosi anche effigiare abiti maschili, specie guerreschi e che, per giustificare certe sue scelte controcorrente al tempo del soggiorno romano come la valorizzazione del Teatro di Tordinona ove potevano liberamente recitare anche le donne contro nuove direttive nemmeno ebbe ritegno a definire pubblicamente " un minchion " il pontefice che si opponeva al suo progetto e disapprovava il suo modo di vivere = ma era indubbio vantaggio di Cristina il vivere nel tempo della Controriforma, il suo altissimo rango, il godere di potentissimi appoggi italiani e soprattutto internazionali ed il fatto di esser giudicata l' ago essenziale di una bilancia ai fini di una riscossa europea e cristiana contro lo strapotere dell'Impero Turco: ma senza che ciò le impedisse l' odio più o meno segreto del Pontefice da Lei offeso e a conclusione di una vita, sempre più tormentata, una fine su cui a Roma aleggiarono voci oscure e dicerie mai chiarite veramente).
L'OMOSESSUALITA' FEMMINILE nell'età intermedia non sembrerebbe apertamente citata e parrebbe da accostare a "fornicazione", pur se la sua pratica ("tribadismo, amor saffico" e "lesbismo") era nota sia in letteratura (particolarmente in forza della notevole diffusione dell'opera di Aristeneto di Nicea) che ai "Canoni" ("Bolla": Vox in Rama del 13-VI-1233 di "Gregorio IX"): alle "devianze sessuali tra donne" sembrerebbe da ascriversi esclusivamente la pratica (comunque principalmente imputabile sulla linea di una visione alterata e incompleta entro rapporti eterosessuali) del
" COITO ORALE " inteso come costrizione sotto forma di "fellazione" e "irrumazione" (ignorando però -volutamente o meno- la variante femminile detta "cunnilingua"), ritenendola forma grave di peccato e in linea di principio perseguibile di "Stupro o rapporto sessuale orale coatto": pratica sessuale molto diffusa eppur tenuta celata o sottovalutata nella possibile violenza, fatto di costume che, più di una volta ancora oggi, costituisce gravissima "VIOLENZA MORALE E SESSUALE"
Per quanto il LESBISMO non sia espressamente citato dalla legge dello Stato e dallo stesso jus dalla Chiesa, i dottori di quest'ultima, più attenti alle infinite varianti della sessualità, citano il LESBISMO sotto forma di SODOMIA o di SODOMIA FEMMINILE e specificatamente di SODOMIA IMPERFETTA
come si legge in questo TESTO DI DIRITTO CANONICO e precisamente TOMO I, PARS II, SODOMIA, 2171: a riprova delle difficoltà di interpretazione in questa delicata materia tuttavia denota maggior severità di giudizio il più tardo teologo francescano Lucio Ferraris (1687-1763), forse agevolato da un sempre maggior discoprimento di certe "debolezze femminili",
nella sua monumentale
Bibliotheca canonica, juridica, moralis, theologica nec non ascetica, polemica, rubricistica, historica, &c. ... ab ad m.r.p. Lucio Ferraris ... Tomus primus [-undecimus (Additamenta)]. ...,
Post plures Italicas editio postrema auctior et emendator ...,
- Venetiis : typis Vincentii Radici, 1770-1794
( 11 v. ; fol
- L'indicazione di ed. precede quella di partizione
- Cors. ; rom
- Testo su due col
- Fregio xil. sui front.)
sia trattando di SODOMIA in generale sia trattando di TACTUS IMPUDICI
e specificatamente, a certe condizioni, giudica alcuni aspetti dell'OMOSSESSUALITA' FEMMINILE alla stregua di
SODOMIA PERFECTA - PUNTO 45 laddove parla in particolare di INSTRUMENTA DIABOLICA
(da identificare negli OLISBOI del TRIBADISMO che pure non cita) in grado di trasferire alle parti intime di una donna a quelle dell'altra il discusso LIQUIDO "SEMINALE".
[NOTA = fuori del diritto canonico per es. nei "Libri Criminali di Genova del 1556 (1557) come per il Ferraris il concetto di SODOMIA è applicato parimenti alla OMOSESSUALITA' FEMMINILE CHE MASCHILE, reputandosi SODOMIA IMPERFECTA solo il "rapporto anale tra uomo e donna"]
A dimostrazione delle sorprendenti competenze aprosiane (di quasi un secolo prima) sulle citate umane debolezze, ed alla sua epoca variamente perseguibili, giova qui ricordare come l'agostiniano intemelio abbia perfetta consapevolezza di questa "devianza comportamentale femminile" anche se non ricorre ai termini di SODOMIA IMPERFETTA o di SODOMIA PERFECTA né a quelli di LESBISMO o SAFFISMO [in effetti molto letterari e di origine abbastanza recente] ma a quello di TRIBADISMO come a riguardo di DUE DONNE OMOSESSUALI scrive nel GRILLO XI della sua GRILLAIA.
[Gli Olisboi erano in ambito greco -ma comunque pure in altre civiltà- dei falli artificiali, mediamente realizzati in cuoio (e falli di cuoio è la loro stessa etimologia), seppur talora realizzati anche in materiale più pregiato = ritengo inutile proporne anche un'immagine antiquaria attesa la somiglianza con quanto sull'argomento prolifera sul web e nei sexy shops in merito ai così detti giocattoli erotici. La differenza basilare non stava nell'uso, fin troppo comprensibile, quanto nel giudizio morale e soprattutto giuridico: quelli che son definiti all'americana "sexy toys" o comunque "giocattoli erotici" e il cui uso dipende dalle distinte postazioni esistenziali ma che è facilmente comprensibile nella funzione di amplificare la dilectatio morosa, nel passato dell'età intermedia in Europa, senza distinzione tra ambiente cattolico e riformato, erano invece ritenuti -differenza non da poco sia in senso semantico sia soprattutto sotto l'aspetto giuridico-
"strumenti diabolici" e per antonomasia usare "strumenti diabolici", sia che si credesse o meno alla "magia nera", era condannabile perversione.
La Sodomia di per se stessa perseguibi al supplizio estremo -nella legge della Chiesa che comunque interagiva sempre con la legge dello Stato in forza del principio del "doppio foro" -si congiungeva quasi consequenzialmente con la Bestialitas...coitus hominis cum bestia = la definizione dell'uso di "strumenti diabolici" . -non era casuale come nessun termine in diritto e specie in diritto ecclesiastico-
ma comportava la classificazione delle "Tribadi" quali Streghe Eretiche in quanto conniventi col
Demonio che per via di patto espresso o tacito proprio soprattutto del Sabba ad esse si sarebbe presentato e unito bestialmente in forma di Caprone, fornendole altresì di strumenti diabolici = tutto questo comportava di conseguenza per le Tribadi -passando attraverso la perigliosa triplice equazione donna pagana = donna idolatra = donna malefica-l'identificazione con
Streghe e più specificatamente con "Streghe Eretiche" e conseguentemente, per esempio in ambito cattolico (in forma consimile in ambito riformato pur non esistendovi il Sant'Uffizio) la necessità di esser giudicate dalla Santa Inquisizione (o volendo "legge della Chiesa") e non secondo la legge dello Stato = si trattava di un peccato addirittura graficamente riprovato -anche per ricerca pittografica e letteraria del "criminoso" che da sempre suscita qualche iridescente "morbosità"- e come qui si vede esplicitamente RAPPRESENTATO - pur come colpa delle Matrone Romane ma nell'implicita concezione della sua possibile reiterazione nella contemporaneità- nei suoi EMBLEMI da ANDREA ALCIATO].
I chierici che, al di là d'ogni intenzione ereticale, abbiano oprato sortilegi in semplicità di cuore, anche per eccesso di zelo, magari cercando di recuperare arredi e beni sottratti alla loro chiesa, vengano sospesi per un anno dall'espletamento dei consueti doveri liturgici ed in particolare dal servigio della messa presso l'altare.
In caso opposto, quando cioè alcuni "chierici" si siano invece "serviti di sortilegi" onde procurar ad altri male ed inganni vari, i giudici debbano "destituire per sempre i rei dagli ordini sacramentali", privandoli d'ogni beneficio e previlegio e quindi "facendoli rinchiudere a vita entro le mura claustrali".
In sovrappiù, a titolo d'"infamia", è abitudine storica quella di "far rasare del tutto questo genere di criminali", a segno tale che acquistino l'aspetto che è "tipico degli sciocchi" e quindi allo scopo di sottolineare ancor più siffatta impressione sarà buona cura "far loro indossare vesti tagliate sul di dietro e quindi accorciate davanti": subito dopo, comunque, si ritiene inderogabile procedere secondo il "dettame dei canoni", degradando costoro d'ogni titolo e rimuovendoli in perpetuo da qualsiasi pratica coi rituali del santissimo altare.
E poiché in questo campo sono,(povero me!), davvero tante e svariate le malefatte di ecclesiastici e parroci (argomento sui cui dovrebbero per legge investigare solo i Vescovi e gli Arcidiaconi) avanzerò, per comodità degli interpreti della legge e un po' di tutti i lettori, qualche utile esempio estrapolato dagli scritti del "Farinaccio" e del "Grillando".
I "Sacerdoti" che, per qualche personale "vendetta" od anche al semplice scopo di "procurar dolore" a qualcun altro, "si mettano a devastare gli altari", rubandone gli arredi, oppure spengano arbitrariamente le luci o le luminarie d'una chiesa o comunque s'adoprino in simili indegnità, magari col vergognoso intento di nuocere a coloro per il cui funerale dovrebbero piuttosto coscientemente espletare i loro obblighi, "vengano privati di qualsiasi dignità ecclesiastica", oltre ad esser "marchiati d'infamia": se poi, a titolo d'"odii personali", questi "cattivi preti o monaci" abbiano celebrato, per "dei viventi", le "messe usuali a pro dei morti", sperando di ottenere con tal rito anomalo che "qualcuno muoia prima del tempo concessogli o che comunque incorra in estremo pericolo di morte", si dovrà procedere ad "ulteriori punizioni".
Essi in particolare verranno immediatamente "destituiti dal grado ch'avevano conseguito nella gerarchia del proprio Ordine" e saranno quindi "cacciati in perpetuo esilio" assieme a quei "sacerdoti" che li "abbiano consigliati" a far così o addirittura sian stati i "loro mandanti": ci si attenga senza esitazioni a tutto ciò sempre che, nei tempi opportuni, siffatti rei non si siano dichiarati "colpevoli di tali sortilegi" davanti al Vescovo od al Metropolitano, come peraltro ben suggerisce il "Grillando". Che sbaglia tuttavia, a mio parere almeno, quando afferma che questi sortilegi non han nulla a che vedere coll'eresia: per me sono invece azioni assolutamente ereticali in quanto è di sicuro un'eresia pensare che azioni siffatte possano conseguire tali nefandi risultati; ritengo anzi che che in particolare comportino strette relazione coll'eresia certe malvagie gesta perpetrate in chiesa come la distruzione della croce, dell' immagine della Vergine o dei Santi: peraltro ciò che il Grillando non taccia d'eresia san bene che è errato tutti quelli che conoscono e condannano le pazzie degli iconoclasti.
Esistono inoltre dei "Sacerdoti" che celebrano i loro riti su cose profane, quelle che per intenderci son comunemente giudicate idonee a formular "sortilegi
Ed al proposito il "GARZONI" scrisse : "E ben si dimostrano questi maghi perversi, d'operare ogni cosa per arte diabolica, inducendo anco gli uomini per via d'incanti in pazzi amori e odii disordinati, usando la "PROFANA CLAVICULA DETTA DI SALOMONE", battezzando ampiamente e sacrilegamente le "PIETRE CALAMITE" per tale affetto, servendosi d'imagini di cera abbrugiate, e di peccie nefandissime, che fanno arricciare i capelli"].
"I "religiosi" cui si è or ora "fatto cenno" debbono "esser destituiti d'ogni previlegio" e son da "rinchiudere in carcere" senza frapporre alcun indugio: "stesso ragionamento" deve valere per "QUANTI", al contrario, si siano serviti, pei loro "sortilegi", di "vasi o vesti sacre, di parole sante, della stola che s'indossa all'altare, del calice e del piatto, dell'aspersorio, del tabernacolo, dell'Eucarestia e delle reliquie".
Quel "Sacerdote" che, durante il "solenne sacrificio della Messa", abbia innalzato "preghiere non dedicate al culto di Dio" od alla salvezza dell'anima, ma piuttosto "idonee ad evocare il male", ha da essere punito nell'"identica maniera di cui si è già scritto".
Sussistono peraltro alcune particolari "pene comuni": ad esempio tutti coloro che consultano i "DIVINATORI" e, cosa presumibile, cercano d'"averne benefici", incorrono nelle "identiche condanne ecclesiastiche fissate per stregoni" e "DIVINATORI". Per il "malefizio perpetrato", tutti costoro verranno "scomunicati" immediatamente e senza alcuna plausibile eccezione; trattandosi inoltre di "chierici" possono venir "deposti da ogni beneficio ecclesiastico" mentre, al pari, "religiosi e laici" ai tempi antichi erano obbligati ad "ammendarsi tramite un periodo quinquennale di penitenze". Inoltre, sulla base del "diritto civile", le pene stabilite colpiscono "tanto chi apprende la tecnica dei sortilegi" quanto chi se ne fa "maestro" ed in sovrappiù "quanti invitino in casa propria dei Maghi", per esercitarvi la loro arte, debbano venir "depauperati d'ogni lor bene personale" e debbano esser "deportati oltre mare, in qualche isola per il confino".
Quanti invece si propongono di consultare dei "Maghi" debbono "pagare il fio" secondo i dettami della "pena del gladio" fissata dalla "Sanzione" nota come "Carolina" e quindi dalla "costumanza giuridica del diritto imperiale"; e tutto questo avverrà pur nella circostanza che questi "sventurati" abbiano interpellato i "Maghi" a "buon fine", cercando "leciti rimedi" nelle "illecite arti della magia": potrà far "eccezione" comunque, sì da commutare la "pena di morte" con "altra più lieve", l'insindacabile "arbitrio dei giudici".
Gli "Incantatori di serpenti" [pratica antica ma non esclusiva, come si crede, dell'India e piuttosto penetrata in Italia ed Europa dal Medio Oriente:"SAVONAROLA", p..77]" se, al fine di conchiudere i loro esperimenti, implorano con semplicità e devozione l'aiuto divino, senza naturalmente mascherare superstiziosi intenti, siano giudicati "esenti da colpe d'eretici sortilegi" e possano "andar via liberi", senza pagar pena alcuna.
Allorquando però, in modo oscuro o palese, essi "invocano l'aiuto del Maligno", i suddetti "Incantatori" dovranno esser "puniti alla stregua di tutti gli artefici di maledetti sortilegi".
E' fuor di dubbio che si possono escogitare parecchi "utili espedienti per discernere con giustezza entro l'operato" degli "Incantatori": bisogna soprattutto "far attenzione alle lor parole, ai modi, alle ritualità ed all'ordine del procedimento di volta in volta adottato per gli incantamenti": soprattutto pare opportuno prestare attenzione al fatto se per caso "le persone sospette si valgano o meno, nel corso dei loro riti, di parole strane, non conosciute se non particolari, magari accompagnate da gesti cultuali di per sè affatto necessari al buon fine dei loro esperimenti circensi": in tali evenienze è doveroso meditare sull'eventualità che ci si trovi a fronte di "un'esperienza in cui si mescolano superstizioni e magismi".
In tale circostanza si deve ricorrere sempre agli "espedienti consuetamente usati a difesa delle collettività contro i malefici"[vedi la voce "Rimedi contro i sortilegi"]"
Per quanto concerne altre figure sorprendenti come quelle degli "Astrologi giudiziari", dei "Chiromanti" o dei "Preveggenti" di pari estrazione, si deve fare un'ulteriore distinzione.
Se "predicono", solo "in linea di presunzione", che un qualsiasi evento può verificarsi, costoro non sono in realtà punire alla stregua di "creatori di sortilegi": nel caso però che un fra questi si metta a "profetizzare", sostenendo la "propria infallibilità", è necessario che i giudici li reputino al pari di "eretici facitori di malie" e che, per agire contro di essi, ci si attenga strettamente alla "Bolla" di "Sisto V", edita nel 1585 contro gli "astrologi".
Quelli che al contrario procurano "bevande o filtri" di varia natura, che abbiano però composto in via del tutto naturale, siano piuttosto da condannare e punire come "avvelenatori", sempre che nella composizione dei loro intrugli non si siano rifatti all'uso di "sortilegi".
Del resto, allorquando ad un Vescovo sia stato condotto, avvinto nei lacci, un qualche "mago reo confesso" d'aver commessa "eresia" ed oltre a ciò pienamente disposto ad "abiurare in pubblico" sottoponendosi con serenità alla "necessaria penitenza", non sarà in alcun modo necessario consegnarlo al "braccio secolare" nè si dovrà, col pericolo di incorrere in qualche irregolarità del "diritto canonico", trasmettere ai "magistrati secolari" alcun atto giudiziale o addirittura la copia stessa del procedimento canonico.
Sussistono comunque dei casi ben precisi in cui, al contrario, risulta pertinente affidare alla "curia criminale" individui riconosciuti colpevoli di "sortilegi" congiunti a "manifestazioni ereticali".
Mi riferisco in primo luogo al caso di "filosofi" o "maestri d'eresia" ed anche dei loro "apostoli", sempre che non siano ritornati di loro spontaneità nel corpo sano della Chiesa, "abiurando" dai loro errori ed anzi divenendone presto fervidi persecutori.
Alla "legge dello Stato" il Vescovo potrà e dovrà, peraltro, consegnare tanto coloro che si saranno macchiati della "colpa di recidivi" in fatti d'"eresia" quanto tutti quei tipacci, resistenti ad ogni persuasione ecclesiastica, che senza pentirsi continueranno a negare le proprie responsabilità.
Il "Farinaccio" ritiene che si debbano altresì affidare ai "magistrati", per le opportune inquisizioni, quei "facitori di sortilegi" che si siano macchiati dell'"omicidio" di qualcuno, di una "colpa" cioè che secondo il "diritto penale" deve mediamente pagarsi colla "morte sul patibolo".
Trattandosi di "Maghi eretici" od anche soltanto "esperti in ereticale materia", personalmente ritengo che non faccia gran differenza agire nei loro riguardi secondo i dettami del "diritto canonico" o delle "leggi criminali"; qualora però non sussistano ipotesi d'"eresia", siffatti esperti di "sortilegi" abbiano da venir giudicati secondo gli ordinamenti degli "Statuti criminali" ed i "magistrati laici" possano "procedere" in conformità delle leggi penali dello stato comminando, a loro "arbitrio", la pena della "pubblica fustigazione", del "bando all'esilio", della "reclusione sulle navi pubbliche in qualità di galeotti" ai remi o persino detengano piena facoltà d'avvalersi d'ogni altra "pena straordinaria" che non comporti la "condanna di morte", senza neppur escludere il ricorso a quelle "pene nummarie" che spesso si ritiene opportuno comminare in base alle caratteristiche del crimine commesso e soprattutto della condizione socio-economica delle persone che vi rimasero coinvolte.
Nell'evenienza però che sia intercorsa la "morte di qualche persona" colpita da "sortilegi", è un parere legale abbastanza diffuso quello di rifarsi ai dettami della "legge Cornelia", applicando le pene cui essa fa riferimento, in particolare arrivando al segno di far bruciare sul "rogo" chi abbia perpetrato il "malefico sortilegio".
Ciò è da applicare nei confronti dei "Negromanti" e d'ogni altra "genia di maghi e di creatori d'arcane e perniciose malie", facendo eccezione per le "Lamie", di cui si dice che tutti costoro siano patroni o protettori.
Tuttavia, come presto dimostrerò, non bisogna sottovalutare in tal senso le nostre "Lamie o streghe" che, per conto mio ed altresì sulla base di tante sentenze di giurisperiti e dottori in materie ecclesiastiche, debbono essere ascritte al gran numero della "genia dei Maghi".
Le "Lamie" confessano spesso dì aver compiuto azioni fuori dell'ordinario o del possibile, in qualche caso di essersi recate in volo a quelle loro oscene adunanze che sono i "sabba", talora ammettono persino d'aver intrattenuto "rapporti carnali col demonio" oppure d'esser "riuscite a scatenare, contro uomini e cose, le forze della natura, sotto forma di tempeste, grandinate, bufere o consimili sciagure"...per tutti questi "autori di Sortilegi" la "condanna al rogo" pare quindi inevitabile ma se qualcuno di loro riuscisse ad evitare l'estremo supplizio,alle "fiamme purificatrici del rogo" non potranno mai sfuggire "i testi maledetti dell'arte proibita, i Libri magici".[Il terrore dei "Sortilegi" ben spravviveva tra 1710 e '20 e gli "Statuti Militari" prevedevano 5 anni da "galeotti" per militi rei di "Sortilegi, Stregarie, o abuso di cose Sacre" ("ZIGNAGO", P.I, cap.3)].
SAGITTARIO (ant. sagettario, saggittario, sagitario, sagittario), s.m. = Arciere, in particolare "soldato armato di arco e di frecce". > Negli "Statuti genovesi" ha per lo più la valenza semantica di Sicario. Però la portata semantica del termine in area inquisitoriale ecclesiastica andò caricandosi di significati magico-misterici per oscure consuetudini stregonesche contro cui già Innocenzo III (1198 - 1216) nel libro V dei Decret.tit.de Sagittarijs ( Malleus I.6.16> M.DELRIO affrontò il problema dei S. sotto il profilo dei profanatori di edifici sacri, onde perpetrare azioni demoniache: "...questo è il misterioso rituale dei Sagittarii. Dopo essersi resi vassalli del Demonio con un atto d'omaggio, alla sesta festività dell'Ebdomada maggiore più vicina, in tempo di Messa, si scelgono una sacra immagine del Cristo in cui scagliano frecce e dardi[Ebdomada: "7 giorni"; E. maggiore = settimana santa del Ciclo pasquale]...anche se nessuno, al presente, è riuscito ancora a sapere se essi accompagnino con parole arcane o magiche questo rito d'apostasia. Una volta perpetrato il gran misfatto e conficcato un buon numero di proiettili nella santa immagine, essi ritengono di poter da quel momento uccidere con quei dardi profanatori chiunque vogliano, pur se questi sia lontano o protetto dalle mura di qualsiasi edificio". Il DELRIO ricorda altresì "che i Lapponi ed i Finnici confezionano magici dardi di piombo non più lunghi d'un dito ed in grado di superare ogni barriera che poi scagliano contro le proprie vittime. Queste, manifestatosi loro un cancro purulento ora in un piede ora in un braccio, muoiono senza possibilità di cura, fra gli spasmi d'un incontenibile dolore, nell'arco di appena tre giorni...Non si differenzia granché dalla genia dei Sagittarii quella degli Assassini i quali son usi far immagini in cera delle loro vittime che poi tormentano con aghi o fan dissolvere dal fuoco od ancora frantumano in tanti pezzi sì da causar morte, per consunzione interna od altra causa ancora ...". Una convinzione attestata dal "Malleus Maleficarum" (reperita anche fra le montagne liguri > G.ROSSI, Il Rito Ambrosiano nelle chiese suffraganee della Liguria, in "Atti della Società Ligure di Storia Patria", p. 287) consisteva nel credere i Sagittari streghe travestite, anche grazie al forte simbolismo magico ed alchemico legato all'arco, metafora del cambiamento di sesso; attraversando l'arcobaleno la leggenda voleva che si provocasse un mutamento di genere: "una cosa assai strana, disse Tonino, ci raccontava la Brigida sull' arcobaleno. Essa diceva che se un uomo fosse passato sopra o sotto all'arcobaleno sarebbe diventato sul fatto una donna".
SCAVEZZO: agg. region. = "Scapestrato" (part. pass. da Scavezzare v. BATTAGLIA, s.v.. V. BOERIO, 623 (in BATTAGLIA, s. v. Scavezzo n. 2)= "Scavezzo", scapestrato, capestraccio, discolo, scapigliato dicesi di giovane di mala condotta: nei Proverbi toscani del 1853 (cavata dai MS. di G. Giusti, a cura di G.Capponi), Firenze, 1853, leggesi a p.212 : a Roma dottori, a Napoli ladroni, a Genova scavezzi, a Milano tagliacantoni, a Venezia forestieri, a Fiorenza scardassieri.
GATTO: la prima e fondamentale addomesticazione del GATTO si deve agli antichi EGIZI (2500-2000 a. C.).
Alcuni studiosi ritengono addirittura che il GATTO EGIZIO DOMESTICO (proveniente dal GATTO NORDAFRICANO o "FELIS LIBICA")
sia il progenitore (attraverso qualche modesto contributo genetico del GATTO DELLA GIUNGLA o "FELIS CHATUS")
di tutte le moderne razze di GATTO DOMESTICO.
Si è giunti a queste conclusioni (benché non universalmente condivise) per via dell'analisi delle numerose rappresentazioni pittoriche e scultoree
del GATTO EGIZIO.
Questo è però conoscibile anche attraverso altri mezzi, in particolare studiando le numerose MUMMIE DI GATTO rinvenute in varie necropoli dell'antico Egitto.
Il particolare riguardo verso i GATTI in Egitto era dovuto al fatto che a questo animale fu attribuita un'ORIGINE DIVINA e partendo da II mileenio a.C. addirittura un CULTO, quello della DEA BAST o PASHT
simbolo di virtù femminili come la maternità e la fertilità.
Con l'espandersi dei commerci navali su ampie rotte il GATTO divenne una specie di "membro aggregato" dell'equipaggio in quanto
costituiva l'unica efficace difesa contro i roditori che infestavano le navi (ovunque queste approdassero il GATTO EGIZIANO si incrociava
rapidamente con la specie -o razza?- locale e per esempio in Europa si incrociò con il GATTO SILVESTRE LOCALE o FELIS SILVESTRIS).
Nonostante ciò, e differenza che in altre terre e continenti, il GATTO si affermò con superiore lentezza in ambiente romano e greco.
Infatti sia i Romani che i Greci avevano già imparato ad addomesticare altri piccoli carnivori per combattere i topi: come la DONNOLA, la MARTORA e in particolare la GENETTA).
Nell'Europa del Nord la presenza del GATTO non è addirittura segnalata prima del X secolo.
Nel medioevo però quando l'avvento di orde di RATTI prese ad infestare le città (e, all'insaputa delle conoscenze mediche epocali, a diventare il principale vettore di periodiche mnifestazioni di MORTALI CONTAGI a decorrere dalla terrificante PANDEMIA DEL 1348/'49 CHE FALCIDIO' ALTRESI' IL PONENTE LIGURE) il GATTO, decisamente più adatto ed efficiente degli altri piccoli carnivori nella caccia al temuto roditore godette un periodo di larga popolarità, divenendo animale ricercato sia in ambito greco che in tutta l'Europa sia del Nord che di tradizione romana: anche in questa circostanza le opere d'arte (capitelli scolpiti, banchi di chiesa e soprattutto codici miniati) che riportano l'effigie del GATTO costituiscono una prova della sua fortuna.
Però già verso il XIII secolo la fortuna del GATTO aveva preso a decadere sì che l'animale venne anche perseguitato a causa di una riscoperta del culto della DEA PAGANA FREYAindubbiamente derivato da quelli per BAST, ARTEMIDE e DIANA: vi furono logicamente lodevoli eccezioni, ad esempio quella di un celebre viaggiatore tra Avignone, Ventimiglia e Porto Maurizio vale a dire il grande poeta Francesco Petrarca
che allevò, amò e curò una gatta destinata ad essere la sua unica compagna nel momento del trapasso nel 1374
Purtroppo la maggior parte dei piccoli felini travolti nel fuoco distruttore della superstizione e della lotta implacabile ad ogni presunta forma di sopravvivenza di paganesimo ed antiche religioni finirono però per esser cacciati dal consorzio umano o vennero sterminati: il sangue di adepti ai culti precristiani e di innocenti felini si segnalarano soprattutto nell'area di diffusione del CULTO PER FREIA nella VALLE DEL RENO.
Dopo un breve periodo di rinascita l'ultima drammatica epoca per il GATTO EUROPEO fu quella della contrapposizione tra RIFORMA PROTESTANTE e CONTRORIFORMA CATTOLICA.
Sulla scia di IGNORANZA - SUPERSTIZIONE - TERRORE PER OGNI DIVERSITA' entrambe le confessioni religiose videro spesso nell'animale una PERSONIFICAZIONE DELL'ERESIA e soprattutto del MALE e di FORZE DIABOLICHE visto che il piccolo felino era spesso identificato col presunto demoniaco GATTO MAMMONE.
Questo era considerato un famiglio delle STREGHE ritenute abili a trasformarsi in GATTI per nascondersi alle persecuzioni dei CACCIATORI DI STREGHE: per questo molti Gatti finirono mutilati, crocifissi ed arsi sul rogo (e resta ancora da segnalare, tra le brutte sorti che toccarono a questo animale, che fu utilizzato nel contesto di un gioco storico cruento in cui finiva per esser massacrato nel contesto di una presunta "gara" di abilità che si teneva nella pubblica piazza in alcune ricorrenze).
Dal '500 al '600 le cose tornarono a mutare e la nuova SCIENZA MEDICA PIU' ATTENTA A PROFILASSI ED IGIENE -pur non tra considerazioni varie che in alcuni casi non rinunciavano a VECCHIE CREDENZE PSEUDOSCIENTIFICHE SE NON SUPERSTIZIOSE SULLE MALATTIE- prese atto della straordinaria importanza che avevano la PROFILASSI e l'IGIENE PUBBLICA E PRIVATA: esse anzi andavano rivelandosi, per esperienza, l'unica arma efficiente contro la MORTE NERA o BLACK DEATH = la PESTE BUBBONICA CHE DEVASTO' L'EUROPA PER DUE SECOLI.
E nel contesto di nuove riflessioni riflessioni in tanti LIBRI "MEDICI" ISPIRATI A PURA FANTASIA qualcuno, più attento forse, notò che dove erano numerosi i GATTI minore era la dannosa infestazione di RATTI = l'equazione RATTO = VEICOLO DI PESTILENZA non fu assodata e vi si sarebbe giunti in tempi successivi, tuttavia si era andata formando l'idea, comunque non peregrina, che le disgustose esalazioni determinate dagli accumuli di immondizia e dalla presenza abituale in essa di frotte di ratti potesse avere qualche rapporto con le mortifere manifestazioni contagiose.
Il ventimigliese APROSIO che già aveva conosciuto i DANNI CHE ANCHE NELLA SUA CITTA' PROVOCAVANO LE PALUDI MALARICHE E LA SCARSA CURA IGIENICA [gli impaludamenti dell'area dove oggi sorge l'odierna Ventimiglia moderna nel XVIII secolo sarebbero comunque ancora stati causa di mortalità come si ricava da queste testimonianze di documenti notarili dell'epoca] ebbe occasione di conoscere sia gli ORRORI DELLA PESTE DI META' '600 IN GENOVA E SUO DOMINIO [che, da uomo sospeso tra antico e moderno, sulla base dei suoi mai sopiti interessi per l'astrologia in qualche maniera predisse sulla base dell' eclisse del 12 agosto 1654
e su cui tra l'altro scrisse in questa lettera all'amico siciliano Giovanni Ventimiglia] non cedette tuttavia agli estri della Superstizione, come si potrebbe supporre dall'evento siderale e dalla concomitanza pestilenziale ma, dimostrando di saper seguire nuove frontiere (in particolare quelle che lo stavano novellamente affascinando della Scienza Sperimentale) più che a mettersi a parlare di demoni ed untori come altri fecero prima di lui ed alcuni ribadirono al suo tempo preferì la via dell'osservazione critica in merito alle ESIGENZE DI PROVVEDIMENTI IGIENICI COME SCRITTO DA G. B. BALIANO accettando l'idea -peraltro giusta- che tra gli
strumenti per far l'aria salubre anco sia da notar il giovevole procrearsi di quei gatti
da strada che soglion far ruina del viscido ratto che in frotte da millanta tempo par dal Dimonio ispeditto a dannificar case e poderi e a parere d' alcuni gran dottori, puranco dispensator di malanno al corpo delli omini, seppur di terren malanno e senza rispetto di maliardi inganni.
Si trattava certo di piccoli passi, ma non rimasero inascoltati né inutili: ad esempio facendo della REPUBBLICA DI GENOVA un esempio in merito alle modifiche apportate nelle NORME PENALI DI TUTTI GLI STATI già si registrò (invero poco ascoltati) negli STATUTI CRIMINALI GENOVESI DEL XVI SECOLO il divieto di SCARICARE ARBITARIAMENTE IMMONDIZIA E SPAZZATURA
ma, cosa decisamente più emblematica e mai per l'addietro avvenuta, si intimò nei Regolamenti Militari il capitolo che comminava pene a chi rapisse, uccidesse per vari motivi alcuni animali tra cui i gatti:
e questo non solo in quanto dal '700 in poi, grazie all'esplorazione del mondo e alla scoperta di altre splendide razze di GATTI, il piccolo felino ottenne una nuova fortuna in Europa come animale da compagnia ma soprattutto in quanto quale animale domestico gli era ormai ufficialmente riconosciuto il ruolo che aveva oramai assunto nell'ecosistema a salvaguardia della casa contro i roditori ed i danni che potevano causare, sia procurando danni materiali sia -e la scienza ormai progrediva in questa direzione- causando malattie ed infezioni tanto ad altri animali che agli uomini stessi:
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"Ma l'argomento che più scatena l'insofferenza del Mercurio [illustre cinquecentesco medico ginecologo romano]", scrive l'Altieri Biagi (pp.34-35), "è quello della leggerezza con cui le donne gravide rischiano l'aborto, pur di non rinunciare a piaceri futili come una passeggiata in carrozza, o un ballo, ecc. L'insofferenza diventa indignazione quando l'aborto è voluto dalla donna, e procurato da quelle donne - Megere che sono le levatrici disposte a coprire le sfrenate voglie e i disonesti falli delle loro pazienti. E questa volta perfino gli uomini, cioè i medici compiacenti, vengono coinvolti nell'anatema. Citiamo un po' piu ampiamente perché la pagina merita di essere conosciuta, anche indipendentemente dal motivo che ci ha condotti ad isolarla, per la sua tensione stilistica e retorica":
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" La verità esposta sopra viene provata al tempo stesso da quattro orribili atti compiuti sia sui bambini ancora nell'utero materno sia sui neonati.
"Era di pubblico dominio, come racconta Pietro, giudice a Boitigen, che nel territorio di Berna erano stati divorati dagli stregoni tredici bambini, fatto per cui anche la giustizia era stata molto impegnata, per tali infanticidi.
"...troppo barbara e ferigna cosa [scrive dunque il Mercurio nel libro II, cap. XX del suo volume di ostetricia La Commare o riccoglitrice, in Venetia, appresso Gio. Battista Ciotti, 1596] è per un piccolo piacere, o di carrocce, o di balli, o di mangiare, o di bere, ballare o correre, procurare la morte a quei figli che pure sono ammassati, composti e nutriti del loro proprio sangue, alloggiati nelle più intime viscere del corpo loro, anzi quasi internati nei più intimi penetrali del cuore [...] Ma quando anco questa umana pietà non bastasse a mover l'animo delle gravide in avere cura di non fare gli aborti, si debbono commuovere per pietà cristiana [...] Né si scordino che la Divina Maestà nel giorno del giudicio universale domanderà strettissimo conto alle madri delle negligenze usate nelle loro gravidanze, poiché hanno fatto più conto di un picciolo piacere che di dare vita aipropri figli, i quali morendo abortivi e non potendo essere lavati nelle vivifiche acque battesimali, restano sempre privi della vision di Dio [...] Ma quanto siano empie e malvagie quelle infami Megere che, per cuoprire le loro sfrenate voglie e i loro disonesti falli, procurano gli aborti, lo può giodicare ogniuno, poscia che né le tigri ciò fanno né qualunque altr' animale piu crudo. Quale sia lo stato anco dell'anime di quei medici che a ciò fare le consigliano e aiutano, sallo Dio benedetto, la cui pietà è tale che, contemprandogli il giusto sdegno, fa sì che dal cielo non gli fulmini, né permetta che aprendosi la terra inghiotta mostri sì orrendi [...] Ho fatto questa digressione maggiore di quello che si conveniva a un medico, ma perché vorrei fare accorta la mia commare in negozio così importante; mi scusi il troppo affetto che lo porto a quelle creature, le quali per loro sciagura, e per imprudenza, o malvagità delle madri, gustano prima la morte (per così dire) che la vita; muoiono avanti che nascano; prima che possano rimirare questa fabbrica del mondo, l'abbandonano; avanti che co' piedi calchino la terra, vi sono dentro sepolte; finalmente, prima che possano conoscere la madre per nutrice, la provano per omicida".
Siccome i diavoli devono eseguirli per mezzo delle donne e non degli uomini, quell'omicida si dà da fare per trovare alleati fra le donne più che fra gli uomini.
E di tal fatta sono le opere.
I canonisti che trattano dell'impedimento ottenuto per stregoneria più di quanto non facciano i teologi, dicono che la stregoneria fa sì non solo che qualcuno, come è già stato detto, non riesca a compiere l'atto carnale, ma anche che la donna non concepisca o, qualora concepisca, in seguito abortisca.
A questi si aggtigono un terzo e un quarto modo: qualora non riescano a
provocare l'aborto, uccidono poi il bambino oppure lo offrono al diavolo.
Intorno a questi primi due metodi non sussiste alcun dubbio perchè l'uomo con mezzi naturali e senza l'aiuto dei diavoli, per esempio con erbe e con altri impedimenti, può fare in modo che la donna non possa generare o concepire.
Ma di questo si è già trattato.
A proposito degli altri due metodi occorre esaminare se possano essere praticati anche dalle streghe e certo non saraà necessario dedurre argomentazioni qualora i giudizi e gli esperimenti di estrema evidenza rendano le cose più credibili
Quanto al primo dei due metodi, certe streghe, che vanno contro le inclinazioni della natura umana, anzi contro le condizioni proprie di tutte le bestie, eccettuata solo la specie del lupo, sono solite divorare e mangiare i bambini.
A questo proposito l'inquisitore di Como, di cui si fa menzione altrove, ci ha raccontato che per questo motivo era stato chiamato a fare l'inquisitore tra gli abitanti della contea di Barbia.
Infatti, un tale, cui era stato rapito un bambino dalla culla, mentre spiava un convegno notturno di donne, aveva visto e constatato che il bambino veniva ucciso e divorato, dopo che ne era stato bevuto il sangue.
Così, in un solo anno, quello immediatamente scorso, mandò al rogo quarantuno streghe, mentre altre si erano rifugiate presso l'arciduca d'Austrta Sigismondo.
A conferma di questo vi sono alcuni scritti di Giovanni Nider nel suo Formicarius.
Il ricordo del recente libro e di ciò che egli scrisse è ancora vivo, per cui non risulta incredibile come può sembrare.
Sono proprio le streghe ostetriche a causare i danni peggiori, come hanno raccontato a noi e ad altri le streghe pentite, le quali dicevano che nessuno nuoce alla fede cattolica più delle ostetriche.
Infatti quando non uccidono il bambino, lo portano fuori dalla camera come se dovessero fare qualcosa, ma sollevatolo in aria lo offrono ai diavoli.
Nella seconda parte del settimo capitolo si parlerà dei metodi che osservano le streghe in queste cose vergognose.
Ma prima di affrontare questo argomento occorre una premessa a proposito del permesso divino.
Infatti fin dall'inizio è stato detto che tre cose concorrono necessariamente all'effetto stregonesco: il diavolo insieme con la strega e il permesso divino".
(H. Institor - J. Sprenger da Il martello delle streghe)
Quando Pietro chiese ad una strega che era stata catturata in che modo mangiassero i bambini, essa rispose: il modo è questo. Tendiamo insidie soprattutto ai bambini non ancora battezzati, ma anche a quelli battezzati, specialmente quando non sono difesi dal segno della croce e dalle preghiere (bada, lettore, che per maligna istigazione del diavolo sono insidiati soprattutto i non battezzati, affinché non siano battezzati).
In seguito, con le nostre pratiche rituali, li uccidiamo quando giacciono nella culla o a fianco dei genitori.
Dopo che li credono soffocati o morti in altro modo, allora di nascosto li riprendiamo con un furto dalla tomba e li facciamo cuocere in un calderone, fino a quando, staccatesi le ossa, tutta la carne diventa ben potabile.
Della materia più solida facciamo un UNGUENTO per i nostri voleri e le nostre arti adatto ai trasporti; del liquido invero riempiamo un recipiente della dimensione di un otre, e chi ne avrà bevuto, con l'aggiunta di pochi cerimoniali, subito diventa sapiente e maestro della nostra setta" (dal Formicarius del Nider: in questo riconoscimento della pratica dell'antropofagia
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MERCANTE DI MERAVIGLIE: buffoni [sulla scia di una tradizione che rimanda ai mimi ed ai saltimbanchi di Roma antica], ciarlatani, vagabondi, venditori di sciroppi esotici [ma anche illusionisti e prestigiatori] sono andati a costituire quella marea di OPERATORI AMBULANTI che sulle piazze e per le vie, dall'epoca classica alla contemporaneità, hanno svolto la loro vita e tratto il guadagno, sfruttando svariate risorse e spesso lavorando nel contesto dei veri e propri MERCATI o delle FIERE.
In epoca romana si parlava di NUNDINAE: così si indicava il GIORNO DI MERCATO che cadeva ogni 9 giorni (computando quello di partenza e quello d'arrivo, così che di fatto tra 2 NUNDINAE intercorreva un periodo di 7 giorni, tanto che si evolse il concetto di MERCATO SETTIMANALE come tempo, luogo e affari, in cui i contadini si recavano nelle città, vendevano e comperavano ed altresì si informavano della vita pubblica: secondo la tradizione di Roma, per esempio, un progetto di legge (lex) doveva restare esposto in pubblico per 3 mercati e 17 giorni.
La gestione delle NUNDINAE ebbe tale importanza in tutto il mondo romano che venne più volte regolamentato e fu spesso soggetto all'attenzione della giurisprudenza civile: vedi ad esempio TITOLO 11 del LIBRO L del DIGESTO GIUSTINIANEO.
Caduto il mondo classico, dopo il buio medievale dell'epoca curtense e dell'economia chiusa, si riaffermarono le esigenze di commercio e si ebbero le FIERE =
tra XVIII e XIX secolo in Liguria si aggregarono alla variegata complessità di circulatores (in senso proprio ciarlatani - ma anche in senso commerciale da intendere rivenditori ambulanti) che riempivano le FIERE i così detti birbanti e, soprattutto, gli orsanti che tiravano a campare intrattenendo il pubblico con l'ostentazione di animali più o meno rari da vedere se non esotici.
In particolare gli orsanti erano i continuatori di una antica (e mai veramente scomparsa) tradizione, risalente alla romanità, di intrattenitori ambulanti che sulle piazza davano prova della loro abilità nell'ammaestrare animali, anche ritenuti pericolosi (e dovettero verificarsi già nell'antichità eventi rischiosi in merito se in particolare gli ammaestratori ambulanti di serpenti erano presi in considerazione dal DIGESTO GIUSTINIANEO e minacciati di pene, per esempio al TITOLO 11.11 del LIBRO XLVII, nel caso che i loro animali avessero suscitato panico o causato qualche danno nel pubblico = la norma restò sempre in vigore ed ancora nel XVIII secolo
= infatti secondo il diritto dello Stato come si vede nel testo criminologico di questo illustre giurista e precisamente nella parte II si replicavano in definitiva siffatte normative, anche in merito di animali esotici e non ammaestrati, a riguardo di saltimbanchi, mimi, operatori circensi ecc..
Ma accanto a queste attività ludiche altre ve n'erano e fiorirono oscuramente sulla scorta di una "tradizione oscura" che si rimanda alla CORTE DEI MIRACOLI: l'originaria che alle altre - ma non dissimili - diede nome e ruolo sorse a Parigi nel luogo chiamato "la cour des miracles" cioè il vecchio quartiere compreso tra la rue du Caire e la rue Réaumur. I ladri e i mendicanti avevano in pratica possesso di questo quartiere e presero l' abitudine di eleggerne il re. Il nome derivava dal fatto che le (false) infermità dei mendicanti vi guarivano di notte come per miracolo [e -come detto non erano eccezioni- queste: a lungo vie e città (come qui si vede) in ogni Paese d'Europa furono frequentate da un'umanità dolente e feroce di mendicanti, fuoriusciti, assassini, avventurieri, infami (e per comprendere l'impotenza delle Istituzioni nemmeno è necessario andare lontano dall'Italia = nella "Serenissima Repubblica di Genova" in effetti il banditismo organizzato era così potente da poter controllare a lungo intieri centri urbani come "Sestri Ponente" di maniera che chi se lo poteva permettere, non risiedendo in città forti, come nel Ponente di Liguria si barricava spesso nelle proprie tenute (come questa) trasformate in fortilizi affidati per la difesa a mercenari come gli "Scavezzi" contraltare dei "Bravi" di manzoniana memoria.
Dalle CORTI DEI MIRACOLI e da luoghi questi luoghi, praticamente in mano ad avventurieri e malfattori contro cui poco poteva lo Stato, si muoveva appunto la maggior parte dei Mercanti di meraviglie tra cui esistevano ignobili COMPRABAMBINI che, approfittando della condizione marginale -sin ai limiti di violenza e sfruttamento- in cui era relegata l'infanzia nei secoli dell'età intermedia (vedi qui gli indici)
si valevano dei loro piccolo schiavi per rubare, per elemosinare o per lavorare in loro vece o che ancora cedevano a lucro per quell'ignobile attività contro cui tardivamente si alzarono voci autorevoli che fu lo sfruttamento del lavoro minorile.
Un settore in cui, sorprendentemente, gli studi non abbondano, a fronte della gravità dei fatti: data questa constatazione risulta assai interessante l'introduzione (qui proposta) di una tesi di laurea discussa a Roma per l'anno accademico 2000/2001 che, pur affrontando il fenomeno inglese, sostanzialmente riepiloga le condizioni di tanta infanzia povera e violata sparsa per l'Europa.
In simile ambiente di degrado umano si dovevano quindi segnalare, nel contesto dei mercanti di meraviglie, altre tipologie di infami profittatori, in particolare quelli dei MOSTRI (mutanti genetici, esseri abnormi per malattia e nascite da consanguinei) da esporre quali fenomeni per baracconi da piazza: compresi, quando possibile evitare inquisitorie censure, i temutissimi ERMAFRODITI: verso costoro la curiosità era enorme sia per i poco velati COINVOLGIMENTI EROTICI quanto per la ragione che essi costituivano un'occasione di ESOTISMO seriosamente ritenendosi che nel NUOVO MONDO essi formassero una SPECIE DI SOTTOPOPOLO SERVILE A SE' STANTE.
E tra i MERCANTI DI MERAVIGLIE nemmeno mancavano quegli sciagurati che non esitavano, per intrattenere il pubblico, a valersi di poveri sventurati afflitti addirittura da DISTURBI MENTALI, PSICHICI E COMPORTAMENTALI che li inducevano a comportarsi in maniera tale da suscitare lo riso o lo scherno d'un volgo ignorante e credulo.
Fuori di simili estremismi i mercanti di meraviglie, erano comunque mediamente onesti praticanti dell'arte del divertimento popolare: infine, come scrive il Cardini (p.235), andarono a confondersi in questo contesto di girovaghi nomadi o meglio ancora zingari.
Non mancarono mai però coloro che, nutrendo infinite perplessità su questi imbonitori da piazza, si adoperarono per mettere in guardia gli inesperti o indifesi acquitenti: tra questi un posto di rilevo è da attribuire a Paolo Da Certaldo che nel suo Libro di buoni costumi scrisse pagine pregne di sarcasmo sui presunti Mercanti di meraviglie.
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Per incesto (dal latino incestum, "non casto", "impuro") si intende un rapporto sessuale fra due persone fra le quali esistano determinati vincoli di consanguineità, parentela o di affinità. In questo senso, è vietato il matrimonio fra fratelli e sorelle o con uno dei genitori o nonni o zii. È invece sottoposto a restrizioni il matrimonio con i primi cugini.
Prescindendo dal significato simbolico dell'incesto messo in luce dalla psicoanalisi, sembrerebbe, da indagini storiche, che il tabù dell'incesto abbia anche assolto la funzione sociale di rafforzare la coesione sociale e di prevenire o impedire i conflitti con le tribù vicine: questo risultato veniva perseguito incrementando i vincoli di parentela con queste ultime attraverso lo scambio delle donne come legame di amicizia e la pratica dei matrimoni combinati tra i due gruppi.
In tempi storici era considerato incestuoso anche il rapporto sessuale con persone legate da affinità spirituale consacrata alla divinità (ad esempio le vestali), specie se legate al culto della fertilità (Demetra e Persefone); ciò prende il nome di incesto spirituale. Stessa cosa si verificava nell'Induismo: al discepolo non era consentito sposare i figli del guru, in quanto il rapporto tra quest'ultimo e il discepolo era così intimo e profondo che una simile unione sarebbe stata considerata incestuosa.
Nell'Antico Testamento e nella legge Mosaica l'incesto è proibito da Jahvé, anche se proprio gli stralci storiografici della Bibbia registrano numerosi casi di incesto. Gli esempi più evidenti sono il fatto che Abramo e la moglie Sara erano fratellastri e le relazioni tra Lot e le sue figlie, senza poi contare che Giacobbe e Rachele erano primi cugini e Isacco cugino del padre di Rebecca; nonostante i dettami morali delle tre principali Religioni, che hanno come fondamento i testi sacri ebraici, che vietano espressamente l'incesto
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II codice penale italiano stabilisce ex art. 564 la pena della reclusione da uno a cinque anni per chiunque commetta incesto con un discendente o un ascendente, o con un affine in linea retta, ovvero con un fratello o con una sorella, in modo che ne derivi scandalo pubblico. La nozione di pubblico scandalo è condizione obiettiva di punibilità e non elemento costitutivo della fattispecie delittuosa: ciò comporta che il reato si configura per il semplice fatto della consumazione della condotta incriminata. La relazione incestuosa (rapporto continuato) aggrava il delitto; la pena prevista, in questo caso, è da due a otto anni. Inoltre, se l'incesto è commesso da persona maggiore di età con persona minore degli anni diciotto, la pena è aumentata per la persona maggiorenne.
La condanna per il delitto di incesto pronunciata contro il genitore importa la perdita della potestà o della tutela legale. La condanna a qualsiasi pena detentiva per il delitto di incesto, subita da un coniuge, costituisce in Italia, per l'altro coniuge, una causa di divorzio. Altra causa di divorzio è il procedimento penale per il medesimo delitto, conclusosi con sentenza di proscioglimento o di assoluzione che dichiari non punibile il fatto per mancanza di pubblico scandalo ancorché con sentenza di condanna passata in giudicato. Il diritto italiano vieta il matrimonio tra consanguinei: i figli incestuosi sono riconoscibili solo da parte del genitore di buona fede al momento del concepimento previa autorizzazione da parte del tribunale se ciò è conforme all'interesse del figlio. I genitori con mala fede bilaterale (cioè con reciproca consapevolezza della relazione incestuosa) non possono mai procedere al riconoscimento (art. 251 c.c.). Il figlio non riconosciuto può agire ex art. 269 c.c. previa autorizzazione del tribunale (art. 274 c.c.), al riconoscimento giudiziale della maternità o paternità. L'azione è imprescrittibile riguardo al figlio.
La dichiarazione giudiziale produce gli stessi effetti del riconoscimento nei confronti del soggetto verso la quale è pronunciata. Qualora il tribunale neghi tale autorizzazione, al figlio irriconoscibile spetta l'azione di mantenimento cui all'art. 279 c.c. per ottenere dai genitori incestuosi un trattamento economico per il suo mantenimento e l'istruzione in adempimento dei doveri ex artt. 147 e 148 c.c. Ma la Corte costituzionale, con sentenza n. 50 del 2006, ha dichiarato incostituzionale l'art. 274 c.c., che ora non è più applicabile: l'autorizzazione del Tribunale non è più richiesta. Di conseguenza, mentre resta il divieto per i genitori incestuosi di riconoscere il figlio naturale, il figlio può ora chiedere il riconoscimento giudiziale della paternità e della maternità senza particolari restrizioni e la residua ipotesi prevista dall'art. 279 c.c. pare ormai priva di oggetto.
L'incesto è, assieme al cannibalismo, il tabù più comune presso tutti i gruppi umani e come tale è respinto da tutte le grandi religioni storiche per motivi molto discussi da vari studiosi, ma prevalentemente dettati dalla preoccupazione per la difesa della specie umana, in senso culturale piuttosto che biologico. Non pare infatti che l'interdizione dell'incesto abbia origini eugenetiche poiché la stessa biologia insegna che solo in caso di tare ereditarie il matrimonio tra consanguinei può essere dannoso per la prole. In sostanza se il matrimonio è uno scambio, è logico che questo avvenga tra gruppi diversi (esogamia), in cui ci sia spazio per un'azione reciproca sia in senso socio-economico, sia in senso culturale, piuttosto che all'interno di uno solo (endogamia).
L'antropologo Claude Lévi-Strauss ritiene a questo proposito che la proibizione dell'incesto sia la costante universale che segna il passaggio dal puro stato di natura a una società umana seppure minimamente organizzata. In talune società antiche l'incesto era spesso consuetudine nelle famiglie che detenevano il potere, con l'evidente finalità dell'autoconservazione dello stesso: esempi giunti fino a noi sono quelli dei faraoni egizi, soprattutto in età tolemaica, e degli Inca; nel mondo greco il mito di Edipo è il tentativo di razionalizzazione di un costume storicamente superato ma di cui si conserva il ricordo.
Ultimamente è stata avanzata l'ipotesi che alla base di questo tabù vi sia una sostanziale repulsione odorifera. Nella fase primordiale (animalesca) l'attrazione sessuale era manifestata da richiami odorosi che indicavano la disponibilità della femmina feconda. Un'ipotesi si fonda sul fatto che riconoscere nell'odore della femmina somiglianze col proprio determini una fisiologica ripulsa. Un'altra ipotesi (la più probabile) consiste nella non rilevabile percezione, da parte del maschio, di un richiamo odoroso troppo simile al proprio. La “femmina in estro” non viene riconosciuta come tale in conseguenza della sostanziale identità qualitativa dei feromoni.
La consanguineità diventa un ostacolo fattuale all'attrazione e al rapporto, che nel tempo si sedimenterà in comportamento e si giustificherà (ovviamente a posteriori) in tabù. Accanto a questa ipotesi va affermandosi quella secondo cui gli individui tenderebbero "naturalmente" a preferire soggetti con sistema immune differente (rafforzando l'ipotesi di odori distintivi), che mostrerebbero diverse risposte immuni verso l'ambiente, verso diversi batteri e virus, con la tendenza a creare individui con un vantaggio evolutivo ampio e soddisfacente a contrastare malattie infettive che, nel corso del tempo, hanno dato luogo a pandemìe che sterminarono intere popolazioni.
Di contro, i fenotipi somatici e non strettamente genetici, quindi non in contrapposizione ad un Dna differente, ossia espressione della forma del viso del corpo, colore dei capelli e pelle sembrerebbero essere un'importante modalità decisionale dal punto di vista della scelta del congiunto, e gli individui con fenotipi simili tenderebbero a scegliersi. Trattandosi di armonizzazione di fenotipi, tale situazione può contraddistinguere l'impiego di una vastissima varietà di geni, posti anche su cromosomi diversi, tanto da eliminare al momento una teoria dell'incesto vantaggioso per l'essere umano.
Con l'aumentare della consanguineità tra i genitori aumenta la probabilità della comparsa di malattie ereditarie rare recessive.Tuttavia, il rischio principale di tare genetiche non è dovuto tanto a una consanguineità stretta dei genitori, quanto a un alto coefficiente di incrocio in una popolazione o sottopopolazione che, per ragioni geografiche, sociali o religiose, ha scarsi rapporti riproduttivi con l'esterno ed è di consistenza relativamente limitata.
La tendenza incestuosa è fondante la teoria psicoanalitica in tutte le sue varianti principali che hanno segnato la storia della psicoanalisi: sia freudiana sia junghiana. L'interpretazione del fenomeno tuttavia è diversa. In ogni caso è comunque proprio questa problematica incestuosa che dà l'avvio alla vicenda edipica che è il perno fondante la teoria e la pratica clinica psiconalitica.
Recentemente in Germania è emerso un caso controverso di incesto: due fratelli di Lipsia - Patrick Stübing e Susan Karolewski - dopo essere stati separati alla nascita si sono conosciuti quando lei aveva 16 anni ed hanno cominciato una relazione: da questa unione sono inoltre nati 4 figli (Eric, Sarah, Nancy e Sofia), dei quali solo l'ultimo non ha problemi di salute. Una volta appurata la loro consanguineità, il tribunale ha disposto l'arresto per lui e un periodo di assistenza sociale per lei in quanto affetta da disturbo dipendente di personalità; nel frattempo, il ragazzo si era sottoposto volontariamente a vasectomia. Dopo aver scontato due anni in carcere, è notizia del 15 marzo 2008 il suo rientro nel penitenziario per scontare gli ultimi 30 mesi di condanna. Il 12 aprile 2012 la Corte europea dei diritti dell'uomo ha stabilito che "la condanna al carcere per una relazione incestuosa" di Stübing non ha violato l'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (relativa al diritto al rispetto della vita privata e familiare), in quanto "le autorità tedesche avevano un ampio margine di valutazione nell'affrontare la questione". Stübing ha richiesto il rinvio del caso alla Grande Camera, ma il 24 settembre 2012 è stata respinta e la sentenza è diventata definitiva. Nel 2014 il Consiglio etico tedesco chiede al governo la depenalizzazione del reato.
BIBLIOGRAFIA:
Le strutture elementari della parentela (1949) di Claude Lévi-Strauss
La libido: simboli della trasformazione (1912) di Carl Gustav Jung
Il disagio della civiltà (1929) di Sigmund Freud
Al di là del tabù dell'incesto - Psicoanalisi e conoscenza (1982) di Silvia Montefoschi
Il principio cosmico o del tabù dell'incesto. Storia della preistoria del verbo (1987) di Silvia Montefoschi
Una tomba per Edipo (1972) di Félix Guattari
L'Anti-Edipo - capitalismo e schizofrenia (1972) di Gilles Deleuze e Félix Guattari
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