cultura barocca
Particolare del "Libro Messicano" gestito dal Legati intimo di Aprosio per il Museo Cospiano

Angelico Aprosio "il Ventimiglia" (come il suo discepolo Domenico Antonio Gandolfo) furono senza dubbio grandi bibliotecari ma del pari furono attratti dal collezionismo in generale e non solo dal pur privilegiato collezionismo antiquario di antichità ma da quel collezionismo poliedrico che ebbe la propria sublimazione nella tipicamente barocca "Wunderkammer" o "Camera delle Meraviglie" ove si custodivano -con tante altre stranezze, aspetti sorpredenti sia di geologia quanto di fauna e flora: in relazione a tutto questo maggiore fu certo il lavoro dell'Aprosio (impegnato altresì a raccogliere libri medicinali e testi botanici concernenti pur le colture del Nuovo Mondo) il quale non esitò a ricorrere alla crittografia o a dissimulare, nei suoi testi sia editi che soprattutto inediti, secondo vari codici di comunicazione, quanto non voleva apertamente svelare: il "Ventimiglia" però non ebbe -dandone, come qui di seguito nel collegamento si legge, contezza con una certa acredine- grande considerazione degli eruditi locali, poco coinvolgendoli nelle sue indagini ottenendo l'effetto negativo di un certo isolamento, di qualche diffidenza e in definitiva di una scarsa divulgazione locale delle proprie aquisizioni, spesso di gran valore; tutto ciò a differenza del Gandolfo, il cui soggiorno intemelio durò però relativamente poco, sì da non poter sfruttare interessanti ed ideate sinergie [Aprosio non parla esplicitamente di sacrifici umani o di culto del sangue in rapporto al Nuovo Mondo anche se tramite la fonte di Martin del Rio cita il caso delle streghe antropofaghe e bevitrici di sangue che sarebbero state individuate a Panama (in forza di ulteriori informazioni sia Aprosio che Gandolfo vengono a conoscenza di altre contrade del "Nuovo Mondo" = procedendo via via dalla Florida al Guatemala e specialmente alla penisola dello Yucatan = a livello di notizie i due eruditi nonostante l'opera di missionari agostiniani nel Sud dell'Americana, anche loro corrispondenti paiono meno colpiti o comunque informati dagli eventi connessi al crollo dell'Impero Inca, oltre che delle vicende delle terre a nord del Messico vale a dire quelle dei Nativi Americani Settentrionali) = Aprosio, in merito a streghe antropofaghe e culto del sangue, è sempre prudente = sa che la sua fama di "poeta" nel senso di bizzarro -giunta anche nella provinciale Ventimiglia- gli inibisce la trattazione di determinati argomenti ma la sua curiosità intellettuale è invero incontenibile, sì che s'evince che, con le dovute precauzioni, abbia letto anche se non posseduti, almeno ufficialmente, libri proibitissimi = un esempio esplicito basta per tutti (anche se un elenco ragionato qui non guasta) vale a dire la lettura e addirittura la ben mascherata citazione entro lo Scudo di Rinaldo (parte I) del proibitissimo Zodiacus Vitae di Marcello Palingenio Stellato. E' nella più tarda Grillaia (1668) che, in effetti "il Ventimiglia" affronta esplicitamente il tema del sangue entro il Grillo" o Capitolo XII qui proposto e digitalizzato anche se, come si vede, maschera prudentemente la scelta: come religioso trattando il tema dei miracoli del sangue e dei miracoli della liquefazione del sangue di S. Giovanni Battista e di S. Gennaro (da p. 148: tutte le parole evidenziate sono attive) e quale Vicario dell'Inquisizione affrontando un tema giuridico, espresso nel titolo del "Grillo", di investigazione per disvelare gli assassini o i feritori e citando all'uopo due casi di cui fu, diversamente, testimone verificatisi a Ventimiglia e Saorgio. Ciò gli offre però il destro di trattare nel lungo capitolo un ben più esteso tema, avvalendosi da p. 144 di una vastissima letteratura in merito. In questa maniera egli riesce a dissertare del tema del sangue sia benefico che malefico indirettamente finendo per giungere a dissertare su argomenti anche orrorifici da Dracul alla Contessa Bathory ed altro sì da potersi poi apertamente soffermare su un testo peculiare trattante l'epocale dibattito sul magnetismo universale, in gran parte connesso al tema del sangue, contenuto in un libro enorme quanto complesso e da vari ecclesiastici guardato con diffidenza, vale a dire il Theatrum Sympatheticum ottenuto, non senza travagli, dall'amico genovese Anfrano Mattia Fransoni (vedi p. 401, paragrafo XXXIV)].
A prescindere comunque da siffatte diverse postazioni, per il cui approfondimento si rimanda ai "link" che precedono queste constatazioni, è da dire che date le recenti scoperte, entrambi gli studiosi, come altri collezionisti, furono estremamente attratti dalla scoperta del Nuovo Mondo con le relative cosiderazioni sul suo contesto ambientale, sulle missioni evangeliche e persino su aspetti di ordine culturale quanto etnico ed ambientale oltre che in virtù di influenze di vario tipo, anche letterario che l'evento epocale determinò in Europa: e contestualmente a questo argomento giammai bisogna dimenticare come il dotto cremonese L. Legati intimo di A. Aprosio ed a lui confidente delle maggiori curiosità libresche che gli passavano per le mani, ebbe occasione di descrivere -e quasi certo di comunicare ad Angelico, quel rarissimo reperto del Museo Cospiano di cui si occupava e che sempre nominò "LIBRO MESSICANO" non mancando di menzionare come si custodisse e come fosse stato donato al "Museo" dal conte Valerio Zani parimenti corrispondente di Aprosio e come altro esemplare nella sua Wunderkammer ne detenesse, por non sapendolo interpretare, il grande Worms altro Fautore del "Ventimiglia" [dati gli stretti rapporti epistolari col Bibliotecario Mediceo Antonio Magliabechi e non nemmeno si può escludere che Aprosio e Gandolfo abbiano avuto qualche contezza del CODICE MAGLIABECHIANO: anche se sulla sua conoscenza da parte loro non ho individuato esplicite considerazioni: l'analisi delle lettere del Magliabechi all'Aprosio potrebbe comunque riservare qualche sorpresa in merito = data l'aprosiana passione per la botanica -a torto od a ragione giunta sin a al discepolo Domenico Antonio Gandolfo- nemmeno si può escludere che l'uno o l'altro abbiano avuto qualche contezza del mesoamericano LIBELLUS MEDICINALIS data anche l'importanza del possessore e del luogo di conservazione, rientrante soprattutto nelle frequentazioni gandolfiane].
Chiusa questa parentesi, importante oltre che curiosa, bisogna fare riferimenti adeguati all'
IMPORTANZA DATA DAI DUE STUDIOSI DI VENTIMIGLIA ALL'OPERA DI ESPLORATORI E MISSIONARI IN QUELLE CONTRADE
(VEDI QUI IL FONDAMENTALE ELENCO)

e se non sono certo da sottovalutare le loro specifiche relazioni intellettuali con eruditi variamente esperti di quel contesto come Francisco Macedo ed ancora di altri missionari eruditi come "Agostino de Ojeda alias Carillo Augustiniananus" od ancora "Antonius de Castillo" e pure "Joannes de Castillo vel de Castro"
[tra loro variamente collegati dal prezioso Manoscritto 3 della Biblioteca Aprosiana di Ventimiglia con altri, ma certo non con i più, sfuggito alle spoliazioni napoleoniche]
non si può evitare di rammentare come oltre che ai viaggi, navigazioni e scoperte in se stessi e al tema scottante della Conquista (con le polemiche attivate sul trattamento dei nativi e conseguentemente sugli scritti di B. de Las Casas e Marco da Nizza) in particolare Aprosio fu stimolato da argomenti sospesi tra mistero e leggenda
ma assai spesso connessi a tematiche letterarie
DERIVANTI DA VARIE NOTIZIE ED IN PARTICOLARE AVALLATI DA "RELAZIONI" UFFICIALI QUI IN GRAN PARTE DIGIGITALIZZATE
come ad esempio le
Amazzoni della Terra Onzonea, la fonte dell'eterna giovinezza od ancora ricerca del leggendario El Dorado di cui si legge anche nelle pagine di una preziosa e poco nota relazione di Fernando d'Oviedo esploratore e storico del Re di Spagna e nello specifico di una sua lettera "al Reverendissimo ed Illustrissimo Signore il Cardinal Bembo" che risulta scritta "Di questa Casa Reale e fortezza della città e porto di San Domenico dell'isola Spagnuola, addì XX di gennaio dell'anno 1543.
Senza nemmeno trascurare argomenti alternativi e in sostanza meno avventurosi ma intellettualmente non meno recepiti dai dotti, come il dibattito, che sorprendentemente collegava "il Ventimiglia" ad una disputa tra Stigliani e Marino, nel contesto della
discussione divenuta epocale -tra femminismo e antifemminismo- su "Giardino del Piacere" di Venere
e nel particolare divenuta alquanto accesa a proposito di una pianta la Granadiglia, Passiflora, Fior della Passione, teoricamente impossibile a trovarsi nel citato mitologico giardino per esser soperta gesuitica nel Nuovo Mondo.
Aprosio (ma in vero, non meno, il Gandolfo), legatissimo alla cultura e letteratura spagnola che "maneggiava" agilmente, specie con l'inizio del processo di evangelizzazione agostiniana nel "Nuovo Mondo" -massimamente propria dell'ambito spagnolo o portoghese, in merito al Brasile- curò vieppiù i suoi rapporti con missionari intellettuali e scrittori, specie iberici, del suo Ordine (attivi in quelle terre in gran parte inesplorate e talora sospesi tra vita e morte nei tanti imprevisti che li circondavano) anche in merito ad argomenti non soltanto religiosi o letterario ma di vario argomento non esclusi quelli di campo agronomico e la qui proposta dissertazione intellettuale sulla Granadiglia, Passiflora o Fior della Passione si colloca nel contesto di un dicorso più vasto sull'ambiente sia faunistico che botanico, cui -in questo caso- un contributo sempre da rammentare ci è stato offerto dal dott. Pietro Loi (alias Pier delle Ville).
Contestualmente, in relazione a tutto ciò, non potevano esser ignorati, per quanto variamente filtrati da fonti filoiberiche, nè da Aprosio e memmeno dal Gandolfo gli eventi storici e tra questi il crollo delle civiltà precolombiane: del resto anche in un contesto geografico oltre che variamente documentario sia Aprosio che poi Gandolfo non vennero meno, anche se si rifecero a fonti estranee a particolari approfondimenti come l'eruditissimo Tommaso Porcacchi e per certi aspetti ancora di più Alessandro Geraldini (argomento quasi scontato essendo verosimilmente stato, oltre che il primo vescovo stabile americano, il Geraldini, mentore favorevole e forse fondamentale, pur tra interpretazioni distinte, perché la Spagna sostenesse quell'impresa di C. Colombo che, a prescindere dall'importanza economica e politica dell'evento epocale, esercitò sui
dotti barocchi ed iridescenti come l'Aprosio quegli esotismi,
anche
mostruosi,
da cui la loro fantasia illanguidita poteva trarre nuovo slancio
).
Comunque un autore che entrambi gli eruditi ventimigliesi conoscevano e che più diffusamente scrisse sulle civiltà mesoamericane, pur con qualche eccesso di fantasia, a fronte di autori scoperti anche in tempi posteriori ma decisamente più edotti delle tematiche in essere fu l'allora celebre autore piemontese
GIOVANNI BOTERO DA BENEVAGIENNA (CUNEO) ALL'EPOCA SCRITTO ANCHE SOLO "BENE"
Di Giovanni Botero si parla (p.54) nel volume -qui digitalizzato- dal titolo Scrittori Piemontesi, Savoiardi, Nizzardi registrati nei cataloghi del vescovo Francesco Agostino della Chiesa e del Monaco Andrea Rossotto (entrambi in rapporto con A. Aprosio) = il Rossotto (Rossotti) -con cui A. Aprosio il "Ventimiglia" ebbe dotte relazioni- cita ancora il Botero nelle Giunte da lui redatte a compimento dell'opera). Date le caratteristiche del repertorio della Biblioteca Aprosiana "il Ventimiglia" cita Giovanni Botero con l'anagramma di Nestor Senio Tuba riservandosi di parlarne in modo più esteso, come suo costume, non in ordine alfabetico dei cognomi ma dei nomi: e la lettera G è rimasta inedita = il Botero era illustre per le sue Relazioni Universali laddove affronta -seppur in chiave filospagnola e soprattutto filocattolica- vari aspetti della vita esotica tra cui la "Conquista delle Americhe" e specificatamente la vicenda di Montezuma II [che nomina Motezuma, essendone vero nome Moctezuma Xocoyotzin (Sciocoyotzin )] specialmente in merito alle
*************PROFEZIE AVVERSE ALLA SORTE DEL DOMINIO DEI TLATOANI AZTECHI*************
in forza del ritorno nell'Anahuac a riordinare civiltà e religione di
TOPILCIN [propriamente CE ACATL TOPILZIN]
che, coerentemente alle sue antiche scelte (pur se esistono controversie ed altre ipotesi nell'ambito degli studi in essere) avrebbe abolito verosimilmente
la costumanza dei sacrifici umani [cosa, come appena detto sopra, oggi non unanimemente condivisa] giovevoli per conservare il potere ai Tlatoani (signori) aztechi
ma invisi alla massa del popolo degli Aztechi reintroducendo il culto del "Serpente"

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Le speculazioni del Botero sono qui elaborate ma opportunatamente poste a fianco di altre pregresse indicazioni registrate da Toribio da Benavente fonte preziosa della "Storia Antica del Messico" di F. de Alvarado Torozomoc = pronostici che si materializzarono nel 1521 con la resa dell'ultimo Imperatore azteco come qui si legge .
Invero bisogna riconoscere che Fernando de Alvarado Tezozómoc risulta più imparziale e documentato del Botero [p. es. sulla tensione strutturale nell'impero attesa la riforma teocratica di Montezuma II avversato dai sacerdoti ma intenzionato a condensare in se stesso la figura di Sommo Sacerdote e Imperatore fin ad esser reputato un "Dio vivente"] anche in forza della sua conoscenza della scrittura geroglifica azteca [N. d. R.= per secoli trasferita in codici preziosi purtroppo in gran parte distrutti nella generale devastazione dell'Impero azteco di cui ci parla il Della Casa] e delle informazioni del "Motulinia" (ma anche "Motolinia", "Motolino": il cinquecentesco frate erudito Toribio da Benavente) da cui si possono tessere le fila per tanti bibliografi, filologi, archivisti, bibliotecari e letterati che attraverso i secoli salvarono documenti importanti senza cui poco si saprebbe su questo tragico quanto gigantesco evento, facendo un doveroso riferimento all' edizione critica e alla gran quantità di integrazioni, con segnalazione di Mss. e documenti rari, in specie raccolti dal Boturini, qui leggibili tramite le ricerche di
CARLOS MARIA BUSTAMANTE
in merito alla sua edizione della Memoria di Don Ferdinando D'Alva Cortés Ixitlilxochiti
che di per se stesso risulta meno prolisso ma più documentato del Botero nelle notizie, anche su credenze e superstizioni mesoamericane non escluse quelle "nuove" concernenti l'edificazione di Chiese cattoliche su strutture pagane come il Tempio Maggiore e il Palazzo-Reggia di Montezuma II.

Ma, come sopra si è già in qualche maniera accennato, il Bustamante fu alquanto debitore del lavoro del
SETTECENTESCO ETNOLOGO ITALIANO LORENZO BOTURINI
il quale
TRA VICENDE DRAMMATICHE DIPENDENTI IN PRIMIS DALL'OSTILITA' DEL VICERE DELLA NUOVA SPAGNA: COMPRESO L'ARRESTO, LA PRIGIONIA, LA CONFISCA DEL SUO MUSEO DA PARTE MA ANCHE LA PERDITA DEL POCO LASCIATOGLI AD OPERA DI CORSARI INGLESI
è comunque di diritto da ritenersi il
"VERO FONDATORE DELLA MESSICANOLOGIA,
lasciando informazioni utilissime per la conoscenza della cultura azteca ma altresì genericamente mesoamericana: sia per esempio in merito ad aspetti vari della cività azteca quanto ancora in relazione ai libri, tra cui spicca la salvezza del preziosissimo Codice Boturini e sia ancora in riferimento alle poesie azteche.
Anche se resta comunque consigliabile la lettura integrale delle notazioni del Bustamante si consiglia almeno l'attenta analisi della relazione di quanto egli pubblicò in rapporto alle scoperte del Boturini, vale a dire:
- 1 -"Nota I - Intorno ad Echevarria Y Veyta" (riguarda i documenti che don Mariano Echevarria riuscì a consultare su indicazione di don Lorenzo Boturini Baldacci = il Bustamante esprime il desiderio di poter avere l'autorizzazione a studiare e pubblicare -traduzione dallo spagnolo- la Istoria della origine delle nazioni che popolavano l'America Settentrionale, detta la Nuova Spagna, con una notizia su i primi fondatori della monarchia Tolteca, che fiorì in quella regione. Autore il licenziato Don Mariano Hernandez de Echevarria y Veyta, nativo della città di Puebla de Los Angeles"
- 2 -"Nota IV - Estratto del "Catalogo Munos" (contenente molti codici di storia messicana non distrutti ma variamente sistemati e reperibili oltre che catalogati dal celebre storico Munos)"
- 3 -"Nota V - Ragguaglio del Processo di Boturini (procedimento avverso iniziative e pubblicazioni in fieri dell'erudito italiano don Lorenzo Boturini Baldacci in merito ai seguenti argomenti: I = Alle persecuzioni da lui patite per aver voluto far coronare la santa immagine della Madonna di Gudalupa - II = Al desiderio di scrivere la storia antica generale antica della Nuova Spagna - III = Chiedeva che la incoronazione della immagine fosse fatta al più presto possibile
- 4 -"Nota VIII - Sulle Poesie Atzeche"

Scrive dunque il Botero (Joannes Botterus): (Parte IV, libro II delle Relazioni Universali) = " Ma s'erano già visti prodigi mai più uditi, e accidenti meravigliosi, che per l'incredibile spavento, e confusione, cagionata nel Re Motezuma, e ne' suoi, spianarono in gran maniera i passi all'Evangelio [ cioè agli Spagnoli qual portatori, secondo l'autore, del vero culto, quello in Cristo ]. Nella città di Ciolola s'adorava un idolo famoso, che si chiamava Quezalcoatl. Questo disse chiaramente, che veniva gente straniera all'acquisto, e al possesso di quei regni. In Tescuco li Dei predissero al Rè, che à Motezuma, e à tutto l'Imperio Messicano soprastavano grandissime calamità, e travagli. Annontiavano le medesime cose i Maghi, e i Negromanti, con tanta smania, e rabbia di Motezuma , che li faceva mettere in prigione: e perche essi scampavano facilmente, e fuggivano via, egli imperversando furiosamente ne faceva morire le donne, e i figliuoli. Rivolgendo poscia l'animo, e'l pensiero à placar l'ira degli Dei, commandò, che si conducesse nella Città una bella, e gran pietra, per farvi sopra i sacrifitij: ma benche fosse concorsa à questo effetto molta gente, e vi mettesse ogni sfozo, e potere, non la puotero mai muovere, non che tirare ove volevano: anzi mentre s' ostinavano tuttavia nell'impresa, udirono una voce, che pareva uscire dal sasso; il cui tenor era, che non s'affaticassino in vano, che non lo moverebbono mai. Inteso ciò, Montezuma diede oridne, che si sacrificasse là, ove la pietra s'era fermata. Dicono (queste cose si sono intese con diligenza fatta di ordine del Ré Cattolico, di persone di quei tempi, ò vicine) dunque che si sentì una voce di nuoco. Non vi ho io detto, che non v'affatichiate in cio? a fine, che vi disinganniate, io mi lascerò tirare un pezzo: e poi mi fermerò immobilmente. E cos' avvenne; conciosia cosa, ch'ella cadè alla perfine in un canale d'acqua e fu poscia ritrovata nell suo luogo primiero. Apparve anche nel cielo una grandissima fiamma in forma di piramide, che si cominciava a vedere verso meza notte, e spariva allo spuntar del Sole verso mezo giorno; e questo spettacolo durò un'anno. Viddero di giorno trascorrere da Ponente à Levante una Cometa, simile alla coda lunghissima di un'animale, con tre teste al su principio; s'abbruciò anche il tempio, senza che vi fosse dentro, ò di fuore lume alcuno; nè si sentisse tuono, o si vedesse lampo nell'aere; e con tutto, che concorresse molta e molta gente per ismorzarlo, non vi fu rimedio. Pareva che l'incendio uscisse da' medesimi mattoni, e che s'accendesse con l'acqua, fin'à tanto che consumò ogni cosa. Il lago, ancor esse cominciò in un subito, senza apparnte cagione, à bollire, e à ondeggiare con tanto impeto, e terribilità, che ne andarono gliedifitij à terra. Si sentirono voci lamentevoli, come di donna travagliata gravemente, e ridotta à grandi angustie. Ohimé figliuoli miei, che già è giunta l'ora della vostra distruttione: ove, vi condurrò io, acciòche non periate affatto? Si viddero mostri con due teste, che portati nanzi al Ré svanirono. I pescatori del lago presero un'uccello della grandezza, e del colore della grue: mà di fattezze non più viste. Il misero innanzi al Rè, e lo posero in gran confusione. Feveva quello stranio animale nella cima della testa una certa cosa, come specchio; quivi rivolgendo Motezuma lo sguardo, vide à mezzo giorno in cielo le stelle; e ne restò meraviglioso, anzi stupefatto: e poi ritornando à rimirar lo specchio, vide venire gente armata delle parti di Levante, che combatteva fieramente, e faceva strage grandissima di quelli, ch'ella incontrava. Di che contristato egli,& confuso, fece ragunare i suoi indovini: mà essi, restati non meno meravigliati, e stupiti di lui, non seppero render conto alcuno di quelle apparenze: e l'uccello disparve. In quel medesimo tempo s'appresentò a Motzuma un contadino, tenuto da tutti in conto d'huomo verdadiero, e semplice: e li disse, come stando egli in campagna seminando, un'aquila di grandezza straordinaria, lo levò inavedutamente di peso, senza farli male, ò dispiacere; e lo portò in una spelonca, ove egli sentì dire Potentissimo Signore, io ti ho portato quà colui, che tu mi commandasti. All'hora egli senza veder persona alcuna, sentì un'altra voce indirizzata à lui. Conosci tu questo huomo, che stà qui steso sù la dura terra? e guardando in terra, egli vide un'huomo, sepolto in un profondo sonno, con insegne reali, e con fiori, e un profumo, che gli ardeva, secondo l'uso di quel paese, in mano; rispose dopò, che l'hebbe ricoverato l'animo, il villano. Altissimo Signore, Questo mi pare il nostro gran Rè Motezuma. Tu dici (li fu risposto) il vero: miralo come stà fuor di pensiero, e addormentato profondamente; e pur li soprastanno grandi, e gravi calamità, e travagli; egli è tempo, ch'esso paghi il fio delle molte, e gravi offese fatte à Dio: Prendi quel carbone di profumo, che gli arde nella mano, e mettiglilo al naso: e vedrai, che non sente: e perche il contadino non haveva ardire di accostarseli, tornò la voce à dire, non Haver temenza, ch'io sono molto maggiore di lui, e ti guarderò d'ogni male. All'hora preso egli ardire, tolse il carbone, e'l mise al naso di Motezuma, che non si mosse, ne si risentì punto. Horsù disse la voce, già che tu vedi, quanto egli stà fortemente addormentato, vallo à svegliare, e raccontali, tutto ciò ch'è passato. E in quello istante, l'Aquila tornò à levar di peso il villano, e'l riportò onde l'haveva levato. Queste cose così mirabili si sono verificate tutte d'ordine del Rè Cattolico (come io hò accennato di sopra) dà suoi ministri. Oltre à ciò è da sapere, che tra Messicani era opinione, e voce, che nel tempo passato gli havesse abbandonati un certo gran Prencipe, detto da loro Topilcin; e che dovesse ritornare à rivederli, e à racconsolarli. Hor essendo venuta nuova dell'arrivo di Hernando Cortese, alla Costa orientale della Nuova Spagna, tennero, e dissero tutti, che senza dubbio, era conforme alla promessa, ritornato il loro grande amico, e Signore Topilcin. mandarono dunque à quella volta cinque Ambasciatori, persone di qualità, con molti, e ricchi presenti. Questi giunti all'olloggiamento de gli Spagnuoli, dissero loro, ch'essi sapevano, che il loro Signore Topilcin era di ritorno con esso loro, e che il suo servitore Motezuma il mandava aà visitare, e a baciarli la mano. Il Cortese valendosi di si buona occasione, finse di essere il Topilcin: e come tale accettò i presenti, e'l compimento. Non si poteva veramente dsiderare congiuntura più a propositoper introdurre in quel paese l'Evangelio, e' il nome di Christo: mà pareva, che Dio non volesse che la verità Evangelica havesse per introduttrice una fintione; e che i peccati di qulle genti, massime l'idolatria, la crudeltà de' scrifitij, e la superbia di Motezuma, ostassino a un modo così quieto dell'alteratione di quelli stati. Onde seguirono sollevamenti, ee ribellioni tumultuosissime, bataglie sanguinose, eccidij di Città, stragi d'eserciti dell'una, & dell'altra parte "
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(vedi qui = Premessa)

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