PIETRO LOI che fu veterinario e naturalista (ricordiamo alcuni importanti contributi in seminari, nazionali e non, alle contaminazioni del pesce ad opera del mercurio) con lo pseudonimo di Pier delle Ville scrisse vari contributi (importanti ed usati in varie parti di Cultura-Barocca)
nel contesto dall' Aprosiana (più specificatamente con il nome di "Quaderni dell'Aprosiana") rivista di "Studi Barocchi" da me a lungo diretta oltre che, qual ideale culmine di una serie di altri articoli e monografie, di un volume su Matteo da Viterbo pittore dei papi avignonesi con osservazioni pregnanti oltre che su Matteo da Viterbo anche su Petrarca, Laura de Noves e naturalmente Valchiusa. In concomitanza con gli interrogativi e i timori appena citati sulle "piante nuove", e finalmente, dati i progressi di scienza e medicina, in relazione con constatazioni realistiche e scientifiche sulle stesse piante, per rammentare la figura di Pietro Loi si è appunto pensato, anche per le problematiche connesse nei secoli a riguardo del tabacco - ora reputata pianta curativa quindi edonistica ma pericolosa stante l'uso indiscriminato di certe epoche e in conclusione affatto terapeutica ma anzi dannosa per la salute - di riprodurre le sue riflessioni, in gran parte approfondite su testi antiquari della Biblioteca Aprosiana di Ventimiglia, in merito proprio al TABACCO: lavoro arricchito da qualche non inutile, forse, integrazione.
In merito alla rivista Aprosiana (o come detto più specificatamente con il nome pregresso di "Quaderni dell'Aprosiana") è da dire che spiccano, editi postumi nel numero del 1995 per la sua repentina scomparsa,
alcuni saggi assai interessanti DI Pietro Loi che fu veterinario e naturalista di cui appena sopra si offrono brevi dati: uno sul Cavallo, la sua veterinaria e l'opera del Ruini ma altresì un lavoro sul retore Favorino di Arles (qui digitalizzato) ed ancora un intervento
parimenti qui proposto informaticamente su
IL GIARDINO DI FRATE ANGELICO: DAL TABACCO AL TE'
("Quaderno dell'Aprosiana", Nuova Serie, 1995, 3)
donde utile materiale è stato ripreso
e proposto in questo sito a riguardo [ anche nel confronto con l'agronomia tradizionale romana, con quella grangitica di ascendenza medievale e con il monastico "Giardino dei Semplici" ed in perenne contrapposizione alle piante malefiche e diaboliche della tradizione botanica oltre che poi giudicate alla radice di stregoneria ed avvelenamenti (secoli dei veleni)] di particolari piante esotiche (scorri gli indici) di cui poco o nulla si sapeva nonostante già dai primi del '600 si producessero significative opere -destinate a suscitare dispute infinite tra i paracelsianani e gli empirici avverso i medici fisici tradizionali- come il volume
"Sulle Droghe del Nuovo Mondo" del Pomet.
Posto in stretto rapporto con queste ma del pari con altre acquisizioni, il saggio di Pietro Loi/Pier delle Ville si è sempre rivelato utile anche per intendere come alla scoperta nel ************NUOVO MONDO************
sia stato attribuibile la scoperta di piante ignote e di grande importanza alimentare ed edonistica come il mais ed il cacao mentre -dato lo stato della scienza e della botanica- mentre alcune piante erano a torto considerate pericolose quali soprattutto la patata
ma anche il pomodoro = per via mitologica e religiosa associato al pomo della discordia, al pomo di Eva e ai Pomi di Sodoma (e utilizzato prima del pieno successo nell'uso alimentare come pianta ornamentale specie in giardini signorili) mentre d' altre piante quantomeno si dubitava (come, per esempio, a riguardo della china) o si discuteva a dismisura, sin a coinvolgere dispute religiose e letterarie, come nel caso della
passiflora ed al contrario si riponeva grande fiducia terapeutica -senza che l'avessero- in altre ancora, tipico il caso del guaiaco come curativo della sifilide parimenti "importata" dalle Americhe.
Utile, per rendersi conto della modalità del commercio oltre che dei prodotti commercializzati, e talora persino affascinante risulta la
digressione sul commercio e sui mercati della capitale messicana (chiamata erroneamente Temistan anziché alla maniera corretta Tenochtitlán) nel capitolo XXX delle
Lettere di Ferdinando Cortés al Serenissimo ed invittissimo Imperatore Carlo V intorno ai fatti della Nuova Spagna o Messico.
Entrambi gli studiosi della Biblioteca Aprosiana, come altri collezionisti, furono estremamente attratti dalla
scoperta del Nuovo Mondo con le relative cosiderazioni sul suo contesto ambientale, sulle missioni evangeliche e persino su aspetti di ordine culturale quanto etnico ed ambientale oltre che in virtù di influenze di vario tipo, anche letterario che l'evento epocale determinò in Europa: e contestualmente a questo argomento giammai bisogna dimenticare come
il dotto cremonese L. Legati intimo di A. Aprosio ed a lui confidente delle maggiori curiosità libresche che gli passavano per le mani, ebbe occasione di descrivere -e quasi certo di comunicare ad Angelico, quel rarissimo reperto del Museo Cospiano di cui si occupava e che sempre nominò "LIBRO MESSICANO" non mancando di menzionare come si custodisse e come fosse stato donato al "Museo" dal conte Valerio Zani parimenti corrispondente di Aprosio e come altro esemplare nella sua Wunderkammer ne detenesse, por non sapendolo interpretare, il grande Worms altro Fautore del "Ventimiglia" [dati gli stretti rapporti epistolari col Bibliotecario Mediceo Antonio Magliabechi e non nemmeno si può escludere che Aprosio e Gandolfo abbiano avuto qualche contezza del CODICE MAGLIABECHIANO: anche se sulla sua conoscenza da parte loro non ho individuato esplicite considerazioni: l'analisi delle lettere del Magliabechi all'Aprosio potrebbe comunque riservare qualche sorpresa in merito = data l'aprosiana passione per la botanica -a torto od a ragione giunta sin a al discepolo Domenico Antonio Gandolfo- nemmeno si può escludere che l'uno o l'altro abbiano avuto qualche contezza del mesoamericano LIBELLUS MEDICINALIS (CLICCANDO QUI PROPOSTO IN UNA SUA IMMAGINE) data anche l'importanza del possessore e del luogo di conservazione, rientrante soprattutto nelle frequentazioni gandolfiane].
Chiusa questa parentesi, importante oltre che curiosa, bisogna fare riferimenti adeguati all'
IMPORTANZA DATA DAI DUE STUDIOSI DI VENTIMIGLIA ALL'OPERA DI ESPLORATORI E MISSIONARI IN QUELLE CONTRADE
(VEDI QUI IL FONDAMENTALE ELENCO)
e se non sono certo da sottovalutare le loro specifiche relazioni intellettuali con eruditi variamente esperti di quel contesto come Francisco Macedo ed ancora di altri missionari eruditi come
"Agostino de Ojeda alias Carillo Augustiniananus" od ancora "Antonius de Castillo" e pure "Joannes de Castillo vel de Castro"
[tra loro variamente collegati dal prezioso Manoscritto 3 della Biblioteca Aprosiana di Ventimiglia con altri, ma certo non con i più, sfuggito alle spoliazioni napoleoniche]
non si può evitare di rammentare come
oltre che ai viaggi, navigazioni e scoperte in se stessi e al tema scottante della Conquista (con le polemiche attivate sul trattamento dei nativi e conseguentemente sugli scritti di B. de Las Casas e Marco da Nizza) in particolare Aprosio fu stimolato da argomenti sospesi tra mistero e leggenda
ma assai spesso connessi a tematiche letterarie
DERIVANTI DA VARIE NOTIZIE ED IN PARTICOLARE AVALLATI DA "RELAZIONI" UFFICIALI QUI IN GRAN PARTE DIGIGITALIZZATE
Il TABACCO (altresì citato quale TABACO -TOBACO secondo la forma delle parlate di Haiti da cui ne deriva il fitonimo) fu
termine che si prese ad utilizzare sin dal XVI secolo per indicare le foglie di origine sudamericana e caraibica che introdusse in Europa per primo nel 1559 Gonçalo Hernàndez di Toledo
per incarico del re di Spagna Filippo II.
La diffusione della pianta avvenne però soprattutto ad opera di Jean Nicot de Villemain verso il 1560 nell'ambito della corte di Francesco II e di Caterina de' Medici.
Verso il 1586 nell'Historia generalis plantarum di Jacques Dalechamps la pianta, già citata col fitonimo di herba prioris od herbe du gran Prieur in quanto coltivata a fini medicamentosi dal Gran Priore di Francia della Casa di Lorena, assunse la nuova nominazione di herba nicotiniana a titolo di commemorazione del suo principale divulgatore, appunto Nicot.
Tuttavia le rimase come fitonimo principale quello più antico di TABACCO (peraltro destinato ad essere fissato scientificamente dalla classificazione del Linneo) che i commercianti spagnoli usavano abitualmente sin dai primi tempi e che trasmisero quindi ai mercanti olandesi e quindi ai produttori americani della Virginia.
La diffusione del TABACCO in Italia (per fumo, fiuto ed uso medicamentose) procedette trionfalmente dall'Olanda verso i primi del '600 (1615): nella penisola il porto di arrivo del TABACCO era lo SCALO GRANDUCALE DI LIVORNO (alla stessa maniera di quanto accadeva per il CAFFE').
L'uso divenne tanto comune che l'illuminista Bernardino Ramazzini nella sua opera De Morbis artificum [Modena, 1700, ristampata più volte e di cui esiste una buona traduzione italiana dell'Abate Francesco Chiari, Venezia, Occhi, 1754] scrisse (si cita dalla traduzione): "E' un'invenzione di questo secolo (almeno nella nostra Italia) o un uso vizioso questa polvere dell'erba nicoziana e non v'è cosa più usata, s' dalle donne che dagli uomini e da' fanciulli altresì, in guisa che la compra di esso si ripone fra le spese quotidiane della famiglia" [all'epoca il TABACCO veniva fumato, masticato e fiutato dagli uomini, oltre che fiutato spesso anche fumato dalle donne come terapia contro il mal di denti ed inoltre era frequentemente impiegato contro la stitichezza dei bambini sotto forma di "clisteri di polvere di herba nicotiana": è peraltro poco noto che di siffatte proprietà terapeutiche del tabacco