cultura barocca
A. Aprosio: dalle opere, alla biblioteconomia, alle criptoscritture che volle "ingannar l'oblio" facendosi "Tromba d' altrui glorie" A. Aprosio "il Ventimiglia" = da Ventimiglia a Genova e viceversa l'evoluzione del pensiero del frate ma anche considerazioni su una veterocritica che ha fossilizzato la sua opera = e tutto ciò senza escludere il "caso della polemica su mosoginia e femminismo con la suora veneziana Arcangela Tarabotti": lacune cui si è posto in parte rimedio con contributi strutturali e scientifici dal 1981 = analizza poi qui gli attacchi verbali e scritti aprosiani, per molteplici ragioni comportamentali ed economiche, contro nobili, amministratori, religiosi e l'utilità contro queste polemiche dello pseudonimo Cornelio Aspasio Antivigilmi anche per tutela da possibili "Calunnie" (nonostante la titolatura di Vicario del Sant'Uffizio" ma atteso il recupero, da parte di "nemici", invidiosi od altro, sorti anche e inaspettatamente nel luogo natio della vecchia sua fama di "Poeta" nel senso di inaffidabile) onde demotivare le sue revisioni di pensiero = su femminismo-antifemminismo, religiosi e nobili, responsabilità di padri e mariti, obblighi imposti alle donne ecc. ecc. ( v. opere digitalizzate = Inf. a c. di B. E. Durante ).

Lo Scudo di Rinaldo II (qui in gran parte digitalizzato e di cui nella pagina -scorri e vedi l'immagine sopra- è proposto l'Incipit del Sommario), è opera di Angelico Aprosio che costituisce senza dubbio, come qui si vede, figura assai più complessa del pensato e meritevole d'attenzione ai fini di impensabili scoperte (anche, se non soprattutto, in rapporto all'evoluzione del suo pensiero che dal giovanile, pragmatico, adeguamento alle convenzioni epocali si forgiò su parametri che in effetti evidenziavano aspetti originali né sempre "ortodossi" di pensiero, maturati specie con il passare degli anni) = "cosa" mediamente non colta da una critica accademica in media poco attenta ed arroccata su vetero-postazioni a riguardo dell'
erudito ventimigliese del '600 di cui qui si può leggere (assieme alle opere digitalizzate ed ipertestualizzate) l'evoluzione sia nella tipologia delle ricerche che nel contesto dell'evoluzione ideologica.
"Cosa" o "cose", usando un'espressione gergale ma efficiente ed oggi di moda, che si sublimano per vari lati -fornendo dati impensabili per l'Aprosio già malamente giudicato, dalla critica di cui si è detto, qual spirito monolitico arroccato al polemismo del marinismo ortodosso e alla critica antifemminista- proprio, anche se non soltanto, in questo Scudo di Rinaldo II custodito tra i manoscritti inediti di Aprosio presso la Biblioteca Universitaria di Genova (Ms.E.II.37) e che in teoria dovrebbe (o avrebbe dovuto) costituire la continuazione del conformista Scudo di Rinaldo I ma che, come qui si vede e legge in un contesto su cui meditare per capire quanto appena detto, i
CONTENUTI DI FONDO PER TANTI ASPETTI RISULTANO ALQUANTO SE NON SORPRENDENTEMENTE MUTATI
IN FORZA DI POSTULAZIONI DEL TUTTO NUOVE SU MOLTI SETTORI, CULTURALI E NON, SIN AL SEGNO DI RENDERLA OPERA DIFFICILMENTE PUBBLICABILE SIA PER LA CENSURA DELLA CHIESA CHE PER QUELLA DELLO STATO
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Questa seconda opera non fu pubblicata, ufficialmente per gli eccessi di argomenti erotici: a rigor del vero si direbbe invece che la censura ecclesiastica non esclusa quella dello Stato abbia potuto condizionare la stampa del lavoro (sempre che, data la vastità, ogni ipotesi di stampa fosse già caduta per ragioni economiche) per il sorprendente emergere di toni anticlericali specie avverso le monacazioni forzate e l’avarizia di tanti religiosi nei cap. XIV e cap.XV per esempio ma non soltanto (e si scorra per questo l'indice moderno approntato): questo lavoro, adesso, risulta comunque in gran parte edito criticamente ne Il “Quaderno” N.S.(1993) dell’Aprosiana.
A rigore si potrebbe anche dire che a lato di tutto ciò
oltre all'inasprimento aprosiano degli interventi già evidenziati nel repertorio biblioteconomico de La Biblioteca Aprosiana edita nel 1673
abbiano avuto un peso considerevole per la mancata stampa
non solo gli interventi avverso certe "degenerazioni" di clero e religiosi -sia comportamentali che culturali (attesa la mancata salvaguardia di reperti archeologici libri ed opere d'arte ecc.)- quanto però anche quelli verso i nobili, i potenti, i pubblici amministratori ecc. "più interessati al proprio tornaconto che a quello delle comunità governate"
ed altresì contro vari
liberi professionisti capaci di ingannare per interesse, alla maniera del manzoniano Azzeccagarbugli, i clienti poco preparati e/o di umile condizione
cosa che avrebbe suggerito a dire aprosiano di metter a disposizione dei meno abbienti il suo materiale documentario creando così la
Prima Biblioteca Pubblica di Liguria ovvero l'"Aprosiana" di Ventimiglia.
E' però da dire -cosa triste soprattutto valutando la fonte di emissione del messaggio- per oggettività che
contro ostilità, particolarismi e faziosità che aveva già altrove esperimentato ma che non si era atteso di riscontrare nella stessa natia Ventimiglia specie, ma non solo, in forza dell'erezione della "Libraria"
valsero fin ad un certo punto le cautelative aprosiane compresa la citata affermazione d'aver eretta la Biblioteca di Ventimiglia come " Pubblica " anche a pro dei ceti meno abbienti
sì che dovendo esprimersi in termini più accesi se non apertamente polemici in merito tanto alla "Libraria" che a ricorrenti contrasti culturali e di pensiero il frate -anche per non accendere perigliose polemiche- prese non di rado l'abitudine di ricorrere alla
criptografia ed alla messaggistica segreta
cosa del resto a lui giovevole anche per la
lettura se non il possesso dei "libri proibiti" o le documentazioni/informazioni sulla loro produzione: cose di cui non mancano prove come in questo caso.
Tuttavia il sostanziale isolamento della sua attività e la fine della frequentazione dei grandi centri di cultura lo portarono ad indirizzarsi prioritariamente verso il lavoro biblioteconomico
atteso anche il fatto che la
sua attività editoriale per la mancanza -scomparso il Cavana- di un mecenate in sostanza si arrestò
sì che non videro la luce alcune sue opere tra cui questa
(dati certi contenuti peraltro sorprendente, attesa oltretutto la stesura da parte di un Vicario dell'Inquisizione in effetti non solo censore ma anche appassionato lettore di libri proibiti)
opera infatti che, se editata nell' integralità, avrebbe potuto attivare la pericolosa opinione di una sua
ideazione, potenzialmente destabilizzatrice, in alcune parti e sequenze narrative, del Sistema istituzionale del Regime di Governo in essere nella Repubblica di Genova
I tempi
stavano peraltro combiando velocemente e nemmeno l'ottenuta sanzione di un
BREVE PAPALE A PRO DELLA BIBLIOTECA E A SALVAGUARDIA DI FURTI E CAMBIAMENTI BEN ESPOSTA AL PUBBLICO
(ma ambito da Aprosio anche quale riconoscimento ufficiale delle "Libraria" dalla Suprema Autorità della Chiesa contro il potenziale riemergere di ostacoli interposti alla sua esistenza da parte di possibili "nemici": fossero essi laici o religiosi)

tutelò
contro le illusioni del bibliotecario agostiniano cioè l'uomo che, non potendo evitare la morte, quantomeno da morto avrebbe sperato di "gabbarla" restando sepolto a fianco dei suoi libri
atteso il fatto che la "Libraria" ventimigliese
già violata a metà del '700 dai travagli del tempo,della storia e delle guerre in particolare come -ma non solo- in occasione della "Battaglia del Convento di S. Agostino del 13 e 14 gennaio 1748"
e poi in particolare
con l'avvento di Napoleone I e la laicizzazione della Biblioteca per la quale fu progettata una spoliazione, fortunatamente non finalizzata ma in parte realizzata e nota come "operazione Semino/-i"
vide peggiorare le sue ormai labili sorti
ché anche per i tormentati anni di drammatiche emergenze e di incredibili stravolgimenti
la cura e l'attenzione, sia della comunità in generale che dei preposti pubblici amministratori, furon davvero scarse
-ed anche dopo il crollo del regime napoleonico dati fattori imprevisti e gravi quali l'annessione coatta di Genova al Regno Sabaudo e la creazione della Grande Liguria delle 8 Province-
come si evince da
queste pagine fondamentali trattanti eventi che la riguardarono nel XIX secolo quando la celebre "Libraria" divenne semi abbandonata, affidata alla custodia di un incaricato e non di un bibliotecario = cose tutte che suggerirono all'illustre G. B. Spotorno una sconsolata frase su
"La già celebre biblioteca Aprosiana in Ventimiglia [che] è come una memoria di tempi migliori"


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Angelico Aprosio detto dal luogo natio "il Ventimiglia"
che giovane religioso provinciale, ambizioso ma privo di particolari appoggi, si era adeguato, per aver spazio nella Repubblica delle Lettere,
ai luoghi -comuni, egemonici quanto presto destinati all'obsolescenza-
procedenti dall'
adesione al marinismo ortodosso in merito alla querelle sull'Adone sin al libertinismo sovraccarico di misoginia degli Incogniti veneziani
(anche non vagliando nell'entusiasmo del possibile successo i pericoli latenti in siffatte scelte)
viveva altresì di molteplici e diversi interessi quanto di interrogativi che enfatizzati dal tempo lo posero nella condizione di mettersi in discussione a fronte di altre realtà e di nuove espressioni del sapere e della morale =
ma contestualmente non aveva il carisma, l'ardire e la forza intellettuale di scrittori "maledetti o dannati" perché capaci di tracciare i difetti di Stato e Chiesa dell'epoca: scrittori le cui opere pure lo interessavano ed entrarono apertamente tra le sue letture più o meno segrete
[ e del resto gli mancava verosimilmente la capacità caratteriale o per esser più espliciti e manzonianamente parlando "il coraggio": specie dopo aver da giovane esperimentato la pericolosità di certe tematiche perseguite da Chiesa ed Inquisizione e in dettaglio a Venezia l'intransigenza del Nunzio Apostolico Francesco Vitelli in merito per esempio a casi e personaggi che lo rasentarono come Ferrante Pallavicino e Girolamo Brusoni = benché l'appellativo di " Poeta " nel senso di stravagante ed irrequieto non risultò mai perticolarmente gratificante per l'Aprosio come religioso è comunque del tutto verosimile che Angelico sia stato sempre segretamente grato a Niccola Campiglia (Maestro Reggente del prestigioso Convento veneziano di Santo Stefano) che definendolo -a fronte di altrui perplessità- "Poeta", pur facendo cenno a potenziali irrequietezze ne escludeva a priori ben altri e più pericolosi interessi connessi per esempio a libri proibiti e curiosità di ambito ereticale ].
Tuttavia "il Ventimiglia" -specie in forza dell'esperienza che portano gli anni e vista altresì l'inaspettata quanto acida accoglienza di tanti nella natia Ventimiglia - aveva verosimilmente capito come indicano le dodici questioni basilari della sua vita qui analizzate che di fatto l'interazione pur spesso rancorosa tra la Chiesa e la paludosa oligarchia di Genova (qui presa ad esempio ma in fondo, pur con peculiari difetti, espressione di un generale esistere dell'Antico Regime) sopravviveva, ad ogni livello grande e piccolo, centrale quanto locale che fosse, finalizzata alla
conservazione di uno "statu quo" che faceva però di Genova -come detto caso proposto qui quale esempio panitaliano ma dall'agostiniano oggetto di meditazioni più seriose anche perché più mature in forza dell'esperienza e pure del suo agire quale Vicario dell'Inquisizione entro il Dominio ligure- un centro pulsante abbandonando il Dominio alla sostanziale dimensione di Colonia, egemonizzata dalle oligarchie locali oltre che da Chiesa ed Emissari del Potere Centrale.
Prescindendo dal fatto che la critica egemonica - aldilà delle considerazioni sull'aprosiana rilevanza in bibliofilia e biblioteconomia- si è principalmente se non quasi esclusivamente soffermata sulla postazione d'Angelico qual tardivo seguace del marinismo ortodosso è da dire che il "caso genovese (e ventimigliese)" assicura su molte aprosiane variabili mai esaminate con completezza quando invece siffatto "caso" o se vogliamo "periodo" fu il "terminale" anche per ragioni cronologiche come qui si propone specificatamente per una analisi specifica di un lavorio intellettuale già iniziato a Venezia influì alquanto su una sterzata di tante postazioni aprosiane dipese, anche se non solo, principalmente =
dall'incupimento esistenziale conseguente alla pestilenza del 1656/'57 che confermando una vecchia postulazione del Minozzi sul senso della vita aveva provato l'identità dei destini -contro credenze ma anche casi pregressi- tanto di ricchi che umili, laici e religiosi di fronte alla morte per giungere alla posizione in merito al conflitto tra Scienza aristotelica e Nuova Scienza nel cui contesto "il Ventimiglia" non assunse di fatto una collocazione di bieco rigetto del "nuovo" e finalmente, sulla linea di più temi di ambito sia sociale e giurisdizionale che religioso proprio per il fatto di aver assunto l'incarico di Vicario del Sant'Ufficio nella Diocesi ventimigliese, l'esser diventato in grado di " poter " ma soprattutto " dover " analizzare de visu tante contraddizioni collegate sia alla vita dello Stato che della Chiesa quanto molteplici incongruenze dei rapporti fra le due istituzioni con palesi quanto ben poco giustificati aggravi addirittura di ordine giuridico a scapito della popolazione, specie se di modesta condizione.
In forza di tutto questo, non mancando -a prescindere dalla lettura ma specie dalla perigliosa detenzione di "libri proibiti"- di esprimere giudizi negativi sia in merito ad imposizioni politiche che culturali e spirituali sia in rapporto alla gestione del Potere su amministratori, nobili e persino religiosi, nell'animo d' Aprosio era emersa via via quella sua esigenza -pur ricorrendo a cautelative e crittografia- per sfuggire alla Censura: che giammai avrebbe risparmiato un "Vicario dell'Inquisizione" già macchiato della nomea di "Poeta" nel senso di "Polemico e Irrequieto" di dover esprimere a parole ma anche negli scritti una revisione di posizioni pregresse che aveva assunto -lui in fondo in origine giovane religioso erudito di provincia- per affermarsi nel panorama sociale e letterario e conseguentemente di
finalizzare una rivisitazione di tante "veteroconsiderazioni", come qui si legge, a riguardo delle donne, della Chiesa, dello Stato: rivisitazione talora non priva di contraddizioni o della sopravvivenza di vetuste remore, anche caratteriali, ma che senza ombra di dubbio comporta l'idea del nuovo.
Già collazionando lo Scudo di Rinaldo del 1646 qui digitalizzato con la Grillaia (del 1668 ed i "Grilli" espurgati per ottenere l'Imprimatur) si evidenziano -leggendo con attenzione- postazioni diverse evolutesi attraverso il tempo per cui gradualmente la misoginia, che rimane ma si stempera, prende a convivere con osservazioni critiche a danno pure degli uomini, anche se non specie potenti [lo stesso tanto citato e discusso antifemminismo aprosiano che nacque principalmente come un'adesione alla misoginia epocale e al libertinismo degli Incogniti di Venezia e quindi quale chiave d'ingresso in un sistema ideologico-culturale finì per perdere energia con il passar del tempo ferma restando l'avversione anche post mortem per quella
VENEZIANA SUOR ARCANGELA TARABOTTI CHE DOPO UN INIZIO AMICALE E COLLABORATIVO
nell'ambito di una gradualmente sempre più accesa polemica su femminismo-antifemminismo lo aveva però poi messo palesemente in difficoltà se non angoscia evolvendosi celermente quella potenziale amicizia in astio aperto = Aprosio carattere "fumino" giammai le perdonò la pubblica sconfitta che ne ebbe e le parole durissime usate nei suoi riguardi dalla donna scrittrice non priva di ammiratori: eppure trattando di altre letterate sempre più col passare degli anni il frate diventò di parecchie anche ammiratore ed anzi nel caso della sostituzione nella Maschera Scoperta (opera dell'agostiniano scritta contro la Tarabotti ma da questa "bloccata" sì da non esser stampata: cosa che vieppiù tormentò Angelico): per esempio tra le poetesse e le donne illustri citatevi, della celebree da lui ammirata poetessa e scrittrice tedesca Anna Maria Schurmanns "la Saffo di Colonia" dimostrò assai maggior lucidità e comprensione del potente bibliotecario fiorentino Antonio Magliabechi che, contro il suo parere, ne volle far cassare -e poteva essendosi proposto quale promotore dell'edizione di questa opera allestita in una seconda forma scoperta da Emilia Biga dall'agostiniano di Ventimiglia ma mai editata se non criticamente dalla Biga stessa che ne ha scoperto il manoscritto- il nome, sostituendolo con quello dell'assai più modesta poetessa Camilla Bertelli Martini pure amica e fautrice di Aprosio. Ciò non significa che "il Ventimiglia" fosse divenuto con il tempo quasi un fautore di parità dei sessi contro la teoria epocale della subordinazione femminea all'uomo cui ben continuò ad aderire ma certo, come dimostra nello Scudo di Rinaldo II la sua postazione antidonnesca si era stemperata e per vari aspetti risultava inferiore a quella di altri letterati: cosa evidenziata per esempio dal discorso sulle " Monacazioni Forzate di Fanciulle non adatte alla Vita Claustrale" che certo altri suoi pari giammai avrebbero composto e pubblicato! = nel passo di un lavoro qui ripreso di Antonietta Ida Fontana a guisa di chiusa si legge una frase che per ceri aspetti pare emblematica e che qui si riporta " Quando si parla dell'antifemminismo di Aprosio, è quindi opportuno tener conto della sua moderazione, specie se la si confronta con altri scrittori dell'epoca" laddove la postulazione dell'illustre studiosa pare, per quanto sopra si è scritto, estremamente pertinente: certo non si fece paladino della Tarabotti anzi, se vogliamo la tradì, in primis perché temeva di uscire dagli schemi ancora una volta qual "Poeta" ed inimicarsi quanti non poteva più irritare: sapeva oramai quanto potesse esser perigliso sfidare certi regolismi istituzionali ma oggettivamente anche in questo periodo della sua gioventù pur se aveva interessi -talora anche morbosi sulle donne inutile negarlo- quasi fossero un mare sconosciuto da esplorare specie ma non solo nel per lui insondato e insondabile campo della sensualità giammai anche nelle sue opere antifemministe raggiunse gli estremismi di altri autori di cui qui si legge alla maniera di "Ernando Tivega" o Clemente Barrera o le crudeli antidonnesche blasfemie di certi Accademici Incogniti e semmai soffrì più di quanto ammise mai l'aver perduto intellettualmente a fronte di una donna da cui al contrario voleva esser ammirato (e che non mancò d'usar parole anche crudeli per il "tradimento d'Angelico"), ma verso la quale come i grandissimi non giunse al segno di diventar partigiano rischiando di perdere lo spazio ricavatosi con fatica nell'ambito sociale e letterario sin al punto di accettare di vivere nella rabbia dei ricordi, delle offese reciproche e delle cose che avrebbero potuto andare assai diversamente tra loro]
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La svolta dei cambiamenti non fu certo di un istante ma risultò modulata negli anni = un segnale importante in merito è forse da ravvisare in eventi diversi e lontani anche cronologicamente ma sempre tenuti presenti o meditati; scegliendo -anche per esemplificare- si potrebbe nominare il procedere, talora emerso in alcuni vecchi scritti, dal ripensamento critico di riflessioni non nuove ma profonde come questa, discussa con -e grazie a- Pier Francesco Minozzi all'esperienza esistenziale di eventi catastrofici quali la peste del 1656 -così simile e nel contempo tanto diversa da quella del 1579-'80- da Aprosio esperita durante un soggiorno a Genova (nemmeno escludendo la potenziale variabilità dei destini se di grandi o piccoli, di ricchi o poveri meditata analizzando la Peste a Sestri Ponente).
In definitiva anche sulla scorta dello
scontro epocale tra Scienza Aristotelica e Nuova Scienza che come qui si vede comportando variabili distinte e scelte totalizzanti ma con queste anche il dubbio su quanto per secoli giudicato immutabile e certo
con l'emergere di interrogativi, più tenuti nel proprio segreto che trattati a voce o per iscritto, con sostanzialmente l'evoluzione di una
visione del mondo alternativa e più cupa, dati gli eventi ma come detto l'esigenza di dover scegliere invece che accettare soltanto, ripresa nello Scudo di Rinaldo II (qui in gran parte editato criticamente assieme a materiale connesso alla tematica)
e certo sublimata -nel contesto di tale opera già inedita- da considerazioni più mature e tormentate ruotanti anche attorno a concetti basilari quanto impensabili non molto tempo prima quali una
scoperta fragilità della vita
e l'insorgere sempre più deciso della già malcelata quanto perigliosa osservazione della condizione del
religioso consapevole dell'impossibilità d'eternarsi, quantomeno nella carne di un figlio.



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