cultura barocca
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Angelico Aprosio non fu molto tenero nel suo giudizio sui letterati della sua città natale scrivendo E con tutto cio' in Ventimiglia...i Poeti non fanno numero (p. 35, in fine della Biblioteca Aprosiana) [cosa cui pose rimedio il suo successore Domenico Antonio Gandolfo come qui si legge nelle sue attente investigazioni sui fermenti letterari nel Ponente Ligure] ma come detto fu in qualche maniera colpito da questi scritti escrologici del conterraneo Marco Lamberti [ e del resto neppure si può dimenticare che - oltre agli scritti escrologici prima citati, a tutta una formidabile tradizione letteraria, italiana e non, di invettiva anche oscena ( nel cui contesto Aprosio struttura una parentesi iniziale che corre dall'antico "Autore Osceno" all'ancora celeberrimo Pietro Aretino ) e per finire a scritti pregni di misoginia non privi di slanci escrologici come quelli di "Ernando Tivega" e di Clemente Barrera peraltro utilizzati dal "Ventimiglia" sia nello Scudo di Rinaldo I che nella Grillaia - come l' eruditissimo ed intimo amico dell'Aprosio Antonio Muscettola avesse scritto questo poema escrologico La Carilda, Overo Bordello Sostenuto letto con prudenza e segretezza dall'agostiniano peraltro plinianamente convinto che non esistesse libro meritevole d'esser quantomeno esaminato].
La prudenza risultava certamente necessaria per il ruolo che il frate ricopriva sia per le pericolose ammonizioni che aveva ricevuto sia ancora per i tempi mutati ma lo era in senso esteso e generalistico visto che gli " scritti escrologici" si coniugavano spesso con un'arte, più o meno sofisticata, dell'"insulto" = e l'"insulto letterario" non era meno periglioso di quello proprio del gergo e della volgarità; anzi spesso "insultare in forma di produzione culturale" era interpretato quale un modo di sfidare il sistema al punto che - scattata la querela, molto spesso sotto forma di "delazione segreta" attraverso l' "Urna Lignea delle Chiese Parrocchiali" o per via di quella sorta di monumento pubblico tuttora visibile e detto "Bocca della Verità"- si agiva d'ufficio perché come qui si legge bestemmia ed insulto eran tra i reati più gravi, passabili ad insindacabile arbitrio dei giudici (e del potere che stava alle loro spalle) di pena capitale senza tener conto che la parte offesa poteva anche rifarsi alla costumanza del "duello" (o "riparazione") -in auge per quanto proibita- come si vede in questo caso: al limite si poteva insultare ricorrendo allo scrivere in maschera e quindi alla pseudonimia (ma era rischioso comunque) od allo scritto anonimo (come nel caso delle Pasquinate e dei "Libelli Famosi"...ma se sorpresi non v'era quasi mai scampo alcuno.
Aprosio aveva contezza di questa realtà e, atteso un nuovo e più cupo giudizio della vita, assieme al Minozzi scoperta così precaria per tutti, potenti e ricchi quanto poveri e diseredati, si era imposto un comportamento ondivago entro cui per citare Torquato Accetto e la sua "Onesta Dissimulazione" una studiata cautela nel non esporsi era divenuto uno dei suoi principali modi comportamentali: pur se la realtà delle cose induceva talora a ben altri pensieri se non ad "urla di rabbia" avverso un'esistenza in cui l'opulenza mascherava la fatuità e in fondo la sciocca presunzione di tanti: quasi ad anticipare senza volere il terreno per un'affermazione a dir poco sconcertante ma non priva di verità de La Bottega de' chiribizzi del dottor Cesare Giudici dedicata all'illustrissimo sig. dottore auuocato Matteo Abbiate Forieri = che cioè a dir il vero -per chiunque, anche per i più pomposi e vanitosi- l'esistenza era paragonabile alla fragilità, fatuità e flatulenza di una scorreggia fatta in una pubblica latrina .
Eppure, in certi casi specie quando la disillusione si coniugava con la sfiducia ed il pessimismo, non doveva sembrargli illecito violare i limiti che si era prefissato: un po' da uomo, tanto da letterato ma in qualche modo anche da religioso mai privo di slanci innovatori e soprattutto di tensioni polemiche anche verso il mondo stesso della Chiesa, specie
quello reso fatuo da "Predicatori" che reputava vacui ed esosi istrioni, avidi di guadagno
ed in maniera pessoché consequenziale
quello caratterizzato da Religiosi avidi di accumulare ricchezze, ricorrendo tanto all'usura che alla riprovevole avarizia, parimenti schiave del demone del "Turpe Lucrum"
Se vogliamo da un suo certo punto di vista certi coloriti slanci di polemismo [ per via di momentanei rimpianti della giovinezza e dell'antico polemismo moralistico veneziano od ancora per la voglia anche lodevole d'uomo e religioso insoddisfatto della realtà del vivere epocale e desideroso di combattere il malcostume sociale ed anche religioso (ma vedi per un'indagine esuastiva tutta la II parte già inedita dello Scudo di Rinaldo)] qualche volta gli dovevano sembrare giovevoli, con le doverose espurgazioni a seconda dei contesti, in un ambito predicatorio moralistico: e all'interno del Grillo XXX censurato (che in definitiva governa queste riflessioni generato dall'ondivago rapporto aprosiano con la realtà del tempo) recuperò queste "scelte culturali di frontiera" e frugando nella sua sterminata erudizione finì per sovraccaricarlo di tensioni provocatorie, violando paletti e limiti che si era prefissato e soggiacendo magari inconsciamente alla sua pregressa indole di "poeta" nel senso di "irrequieto protagonista della vita, laica e religiosa" ( cosa che, proprio perché mutati i tempi, gli reiterò le problematiche della censura ecclesiastica, pur non inibendogli di costruirsi un complesso meccanismo di giustificazione ed autodifesa al fine di mostrare a chiunque che le
sue opere moralistiche nulla hanno di osceno se non per ragioni ben motivate
di maniera che -addirittura registrando un inedito del potentissimo e "soavissimo" suo amico Leone Allacci- sviluppò tutta una serie di dissertazioni in cui recuperò sia il tema delle umane gelosie, specie delle gelosie di personaggi potenti nemmeno escludendo -ah i ricorsi ad un vezzo non suo esclusivo! tipico dell'epoca certo ma continuato ben oltre da anonimi personaggi quanto da figure di spicco come qui si vede- impensabili recuperi di slanci di misoginia ed antifemminismo destinati a riassumere e sublimare tutto il suo programma di autogiustificazione per vari aspetti più che sincero, in nome di una sentita esigenza di moralizzazione).
Sicuramente convinto della validità di queste considerazioni che -vista però la negazione dell'Imprimatur- dovette limitarsi ad utilizzare i propri pensamenti quale posteriore difesa Aprosio si fece trascinare - forse non senza slanci di sincera e moralistica crociata- da un' istintualità in qualche modo repressa e domata ma giammai soggiogata e prese vieppiù a scartare dalla misura che si era prefissato ed a percorrere sentieri alternativi in cui l'osceno ed il libidinoso, ufficialmente piegati ad esigenze predicatorie e moralistiche, giungevano a riproporre antiche postulazioni di polemismo (certamente erotico ed osceno se non apertamente escrologico) ed a sviluppare, come punto di partenza, vecchie quanto iridescenti affermazioni al cui vertice s'ergeva -in nome della mai obliata bizzarria erudita d'ambito veneziano- una, sostanziale e poco fratesca nella sua aggressiva franchezza, affermazione = " che cioè nessun Adultero in alcun tempo poteva e doveva chiamarsi Becco (Grillo XXX e censurato) ma che anzi il Becco animale naturalmente libidinoso ed instancabile nelle prestazioni sessuali aveva in antico finito per dar forma nella tradizione e nel teatro ai Satiri di forma caprina volendosi alludere alla loro libidine e, vanificate le vanità del teatro pagano quanto abbattuta la religione degli idolatri, ecco che il Becco aveva finito in tempi più recenti per identificarsi con il Caprone entro cui nei Sabba (che il frate chiama "Diete" nel senso di "Assemblee") si celava il Demonio per possedere le donne le quali come peraltro recitava la letteratura in merito per esser assai più libidinose degli uomini e assai più di loro cedevoli sia a queste estreme tentazioni che ad estremi e sempre nuovi intrattenimenti erotici, giustamente meritavano piuttosto il titolo di Vacche = questa postulazione avrebbe poi dato ad Aprosio il destro per sviluppare altre tematiche in altri "Grilli", del pari censurati e se vogliamo a loro volta escrologici :Grillo XVIII = Se sia più libidinoso il Maschile o il sesso Donnesco? [qui a dimostrazione che l'esasperazione erotica sarebbe tipicamente femminile basta leggere questa ampia trattazione dedicata all'Imperatrice Romana Messalina ], quindi il Grillo XIX = Se dalle Vergini, o dalle Vedove gli abbracciamenti virili più sian ambiti e finalmente il Grillo XXVII = Se alcuno nel rolo degli AGAMI [cioè qualche religioso] inciampasse (il che Dio non voglia) in qualche errore intorno al sesto precetto del Decalogo, qual rimedio per ovviare a gli scandali, e per salvare la riputatione.
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A voler esser precisi questi tensioni estreme di polemismo, qualche volta persin boccaccesco, probabilmente eran soprattutto alimentate dalla "rabbia", di quando in quando emergente, per la mancata pubblicazione della Maschera Scoperta attesa l'opposizione di Arcangela Tarabotti e anche se il tempo trascorso era tanto, ormai, non era bastato a far passare ad Aprosio la voglia di pubblicare quell'opera pur modificandola dopo averne "recuperato il manoscritto originario" grazie alla magnanimità e protezione di una nobile famiglia genovese facente capo al suo "protettore e mecenate G. N. Cavana"= come si è già scritto oltre la volontà di editare un inedito (per lui il dramma peggiore per un letterato era non pubblicare quanto scritto sì da non lasciar memoria di sé se altri sempre che se ne stampino i "manoscritti lasciati nel cassetto" ad opera di benevoli eredi o bibliofili)
l'avversione per la Tarabotti da cui si era sentito tradito e profondamente ferito e causa di quel suo "dramma letterario" sì da fargli pubblicare ancora negli anni '70 del secolo =
"Quanto siano bestiali le donne e vendicative"

non era mai venuta meno e probabilmente -nonostante certi ridimensionamenti aprosiani in merito al giovanile antifemminismo- finiva per rodergli nell'animo come una vera e propria tortura e forse non tanto per esser stato "gabbato" da una donna ma per aver dovuto cedere ad una donna riconoscendole senza ammetterlo intelligenza ed astuzia.
Ma l'opera che comunque anche modificata non avrebbe vista la luce nonostante il "Ventimiglia" avesse cercato di demotivare la "vittoria della Tarabotti" dicendo (cosa vera ma solo per parti limitate) che la Maschera Scoperta fosse quasi tutta fluita entro lo Scudo di Rinaldo I parte = è semmai da dire che l'opera, per varie ragioni, è invece rimasta un inedito enigmatico sino a tempi a noi contemporanei e fper merito diinalmente editata criticamente da Emilia Biga stante che contro varie aprosiane certezze Cinelli Calvoli cui l'Agostiniano affidò l'onere e l'onore di curare una edizione tardava e per sempre tardò in ogni suo dovere, nonostante alle sue spalle attesa anche l'amicizia con il ventimigliese vi fosse il potente bibliotecario mediceo Antonio Magliabechi che comunque, per sua parte nemmeno mancò di creare intralci = ed a mio avviso non fu scelta aprosiana quanto piuttosto accondiscendimento alla volontà del Magliabechi quella di sostituire nel libro da stampare - viste le sue anticattoliche scelte religiose - la Anna Maria Schurmans al punto che Aprosio, non si saprà mai quanto per sua autonoma decisione o per rispettare alcuni "consigli" magliabechiani, la surrogò tra le "donne letterate celebri" con la nizzarda Camilla Bertelli Martini, peraltro sua buona amica oltre che poetessa di un certo valore che egli voleva inserire in un'opera che potesse veder presto stampata per quanto nel suo intimo, da uomo intelligente, non credo la potesse giudicare meritevole di sostituire, entro qualsiasi catalogo, la celebre "Saffo di Colonia".
Comunque, prescindendo da queste considerazioni
l'Agostiniano, ormai ben edotto per esperienza di
quanto potessero gli impedimenti di personaggi importanti quanto come detto l'attività censoria e quindi il conseguimento dell'Imprimatur - dopo i tentativi fatti in merito ai "Grilli" censurati - conoscendo anche i problemi che gliene sarebbero potuti derivare
decise di soprassedere e diligentemente espurgare i "Grilli" sotto accusa con altri meno iridescenti =
non senza come si legge sotto cercare di giustificare, con le proprie opere polemiche, anche la ragione di certi scelte, a qualcuno giunte forse inaspettate se non poco opportune.
In effetti a ragione del tempo perso a difendersi da qualche "nemico" e per le tante revisioni la GRILLAIA ebbe bisogno di lunga lavorazione: di conseguenza l'Aprosiano temendo che i suoi amici e "Fautori" ritenessero che certi "Grilli" di cui aveva verosimilmente fatto cenno - come accaduto - non si fossero potuti stampare (nonostante il vanto che faceva nelle lettere e la sicurezza che ostentava sì da esser ritenuto un mendace) per molteplici ragioni, soprattutto connesse all' Inquisizione e all' impossibilità d'ottenere l' Imprimatur, sì da dover esser sostituiti con altri indubbiamente meno coinvolgenti (nell'elenco i 3 asterischi color rosso indicano i "Grilli" pubblicati, con a fondo pagina i collegamenti ai "Grilli" espurgati od escrologici) l'Agostiniano di Ventimiglia sentì l'esigenza di dare giustificazione di ritar di, delle revisioni e delle nuove scelte editoriali come qui si vede: - 1 - LETTERA DEDICATORIA DI SCIPIO GLAREANO AD ANTONIO MUSCETTOLA - 2 - A CHI LEGGERA' O VORRA' LEGGERE/ MADRIGALE/ DEL SIGNOR DOTTORE ANDREA VALFRE' DI BRA' IL VECCHIO - 3 - LIRICHE ENCOMIASTICHE E GIOCHI LINGUISTICI DI VARI AUTORI PER LA GRILLAIA ED ANTONIO MUSCETTOLA - 4 - PROCEDURE BUROCRATICHE NECESSARIE PER OTTENERE IL DIRITTO DI STAMPA: L'IMPRIMATUR - 5 - LA GRILLAIA CURIOSITA' ERUDITE DI SCIPIO GLAREANO / OCCASIONE DELLO SCRIVERE, E DICHIARATIONE DEL TITOLO DELL'OPERA = ed anzi o perché richiestone o perché insoddisfatto delle spiegazioni date Aprosio ritornò sul tema nel contesto della BIBLIOTHECA APROSIANA edita nel 1673 ed in particolare a a lungo e variamente tiene a precisare queste fondamentali questioni =
A - [Da p. 197 Aprosio passa a dissertare sulle vicende della pubblicazione del suo Scudo di Rinaldo]
* - Quanto siano bestiali le donne e vendicative" frase attribuita da Aprosio all' Accademico Incognito "Michele" in merito alla in merito all'opposizione di Suor Arcangela Tarabotti alla pubblicazione dell'aprosiana e misogina "Maschera Scoperta" = volendo dimostrare Aprosio che tutta la polemica aggiungendo per scornare la Tarabotti finì per tornare a scorno della donna : "Se quel libretto ("la Maschera Scoperta") si fusse stampata anco in testo d'Aldo non haverebbe empiuto nove fogli: e non istampandosi fu cagione se ne imbrattassero diciotto di Garamone. Il suo fine in quello non era altro, che d'abbatter le pompe ed il lusso: e perciò gli riuscì meglio nel comporre lo "Scudo di Rinaldo, ovvero Specchio del Disinganno". Quale fu stampato l'anno M.DC.XLVI nel quale [Angelico Aprosio] hebbe maggior campo di dire che non haverebbe havuto nella "Maschera Scoperta", la maggior parte della quale tutta in esso si legge.

B - [Da fine p. 199 Aprosio passa a discutere della Grillaia la sua principale opera moralistica: non passata inosservata dal S. Uffizio per certi eccessi, fatti poi espurgare dalla stampa]
** - [Lettera del 6 - X - 1668 di Carlo Antonio del Pozzo in cui si riporta un giudizio sulla Grillaia del Padre Giacinto Libelli "maestro del Sacro Palazzo ove leggesi: (p. 202) La Grillaja uscì di mano dal Maestro del Sacro Palazzo, quale altro non seppe dirmi, che materie così erudite potevano havere titolo superiore a quello la modestia sua gli ha dato
ed ancora di seguito
(p. 203) Lettera Apologetica da mettersi appresso alla Dedicatoria al Caval. Muscettola....(che) l'inurbanità dello Scultore che la fece stampare (la "Grillaia"), e finì il libro senza farne motto all' Autore, lassò fuori...]

C - [Secondo Aprosio la Grillaia non è opera oscena, a detta d'alcuni prossima agli scritti del Franco e dell'Aretino, ma moralistica perché mostra la colpa e segnala la giusta punizione avverso i colpevoli e gli immorali]
D -[Grillaia e Scudo di Rinaldo son opere moralistiche: e si sarebbe meglio inteso ciò se sifosse potuta leggere la II parte dello Scudo che da Venezia un falso, innominato "amico" s'offrì di portar a Messina a Giovanni Vintimiglia che la voleva lì stampare mentre poi se la condusse seco in Puglia a Lucera, donde sol dopo 13 mesi lo riebbe l'Aprosio senza poter più trovare però un editore]
E - [Titoli dei vari capitoli della II parte dello Scudo di Rinaldo]
F - [Relazione della Grillaia con i contenuti dello Scudo di Rinaldo II: del contenuto dei "Grilli", di alcuni "Grilli" andati dispersi ecc.]
Eppure Aprosio giova dire a chiosa di questa lunga discussione riuscì comunque a trattare, e forse con maggiore credibilità per la soppressione della veterocultura misogina che aveva recuperato forse anche da spunti oramai oboleti, il tema più drammatico del pensabile della qui proposta né mai banale
**************STORIA DELL'ADULTERIO**************
realizzata e data alle stampe nella Grillaia del 1668.
[Prescindendo dalle pene istituzionali della sua epoca Aprosio si sofferma -abbandonando per quasi senile voglia d'evitar problemi e poter pubblicare senza opposizioni grevi dell'autorità ecclesiastica ogni tentazione escrologica, che magari gli era per un attimo balzata a rammentare tempi di maggior giovinezza e di più decisa ambizione da polemista- a sviluppare una vera e propria
storia dell'adulterio presso i popoli più svariati e in via diacronica delle pene contro i "rei" di tal colpa giungendo a trattare anche del drammatico tema della Lapidazione]
sin a collezionare / comparare il tutto -magari con qualche cedimento all'improvvisazione stupefacente ma mai escrologica-con la
STORIA DELLA CASTRATURA E/O DELL'EVIRAZIONE
[dalla "Castrazione Sacra" all'evirazione per molteplici ragioni (custodi dell'harem - ottenere voci bianche per le cantorie ecc. ecc.) sin alla castrazione come mezzo estremo per sfuggire all'accusa d'aver perpetrato adulterio]