cultura barocca
BRACCIO SECOLARE

BRACCIO SECOLARE

Potere civile che nell'età intermedia eseguiva sentenze e provvedimenti dell'autorità ecclesiastica quale emanazione del "Braccio regio" o autorità dello Stato distinta in "Braccio pubblico" (il governo) e "Braccio criminale e civile" (potere giudiziario): a titolo d'es. su difficoltà interpretative si veda il capo 98 degli "Stat. Crim." di Genova del 1556, "Sulla bigamia", che comportava autonomia del "Braccio criminale e civile" contro i rei.
Il S. Uffizio (nella figura del "GRANDE INQUISITORE" e quindi della sua complessa gerarchia che si estendeva a livello "diocesano") in generale, riconosceva la giurisdizione del "giudice dello Stato" nelle cause di poligamia (e bigamia) riservandosi l'accertamento dell'"intenzione" (nota ad un caso del 1609 in "Bibl.Casanatense", Ms.2653, "Decreta magis praecipua", c.518r). Eppure [Figliastri di Dio, cooperS ed., Ventimiglia, 1996)] i rapporti fra "Braccio criminale e civile/Braccio Secolare" e "S. Uffizio" (la Chiesa) non furono semplici: nel 1662 certo Benedetto Roccatagliata di Genova veniva processato per bigamia dalle autorità civili nel rispetto del capo 98 degli "Statuti" ma l'Inquisitore genovese, contro quanto prima scritto, avanzò proteste per una sua priorità (R.CANOSA, Storia dell'Inquisizione in Italia dalla metà del Cinquecento alla fine del Settecento, vol. III, Torino e Genova", Roma, 1988, pp.176-177)> già in una lettera del 3-XII-1552 (prima della stesura degli "Stat. Crim. del '56"), a riprova di contrasti tra "foro laico" ed "ecclesiastico", il "Grande Inquisitore" Michele Ghislieri (creatura di Gian Pietro Carafa, il futuro "papa inquisitore" Paolo IV) scrivendo all'"Inquisitore di Genova" (oltre a dar ordini su torture, trasmissioni di fascicoli dei processi ecc.) precisò che l'inquisitore investigava solo su questioni di sospetta "eresia" ("qui sapiunt haeresim": "STREGHERIA" o "STREGONERIA" implicitamente compresa) e "non in altri delitti, quali spettano ad crimen lesae maiestatis o ad altri errori" da lasciare a "BRACCIO SECOLARE" e "Giustizia di Stato ": v. A.PROSPERI", Tribunali della coscienza...,cit". p.148.
In effetti MAGIA E STREGHERIA (assieme ad altre manifestazioni del PARANORMALE E/O ESOTERISMO non escluse quelle vittime di ignoranza e superstizione che furon variamente definiti MOSTRI - UOMINI BESTIA - MUTANTI - IBRIDI -ERMAFRODITI) sono spesso analizzati coi difetti del presentismo e con scarsa documentazione ma solo per mania di spettacolarizzazione (specie ai fini dell'"audience" mediatica) nei loro intrecci coll'"Inquisizione", la "Signoria" ed il "Braccio armato della Legge Penale di Stato".
Il potente qualunquismo generalista dei media è pericoloso perchè alimenta sia notizie false sia produce false convinzioni.
Premesso che la STREGHERIA - STREGONERIA HA UNA STORIA COMPLICATA è soprattutto da rammentare sempre come nel DIRITTO INTERMEDIO INQUISIZIONE ECCLESIASTICA E LEGGE DELLO STATO OPERASSERO IN UNA SINERGIA QUASI MAI RISPETTATA E SPESSO CAUSA DI INTERMINABILI CONTENZIOSI.
L'irrinunciabile analisi della CORRISPONDENZA DEI "GRANDI INQUISITORI" (NEL CASO EMBLEMATICO DELLA REPUBBLICA DI GENOVA) COI LORO SOTTOPOSTI VICARI DIOCESANI comprova la COMPLESSITA' OPERATIVA "DOPPIO FORO"
In merito al quale si richiede una conoscenza irrinunciabile per chiunque intenda soffermarsi sul tema STREGONERIA senza decadere nel pericolosamente iridescente quanto falso ed inconsistente.
Solo sulla base di queste competenze si può investigare sia
STORIA DELLA STREGONERIA IN GENERALE QUANTO NELLO SPECIFICO DELLA "CACCIA ALLE STREGHE" NEL PONENTE DI LIGURIA
Il riferimento al Ponente Ligure è quasi inevitabile tenendo conto che per esso il basilare riferimento è sempre rivolto al caso delle
STREGHE DI TRIORA
UN PROCEDIMENTO NON PRIVO DI OMBRE ED IN CUI IL PARANORMALE HA PRESO IL SOPRAVVENTO SU ELEMENTI INTEGRATIVI CONNESSI A INTERESSATI SCONTRI DI POTERE TRA FAMIGLIE, FAIDE E CORPORAZIONI
.
La divulgazione mediatica per attivare l'attenzione degli spettatori ama giostrare sulle lugubri ed avvenute spettacolarizzazioni dei ROGHI PURIFICATORI come in questa immagine = anche se sarebbe da soffermarsi sulla TERRIBILE E LEGALE COSTUMANZA DELLA DENUNZIA ANONIMA NELL'URNA LIGNEA e sul fatto che tra le possibili PENE COMMINABILI QUI ELENCATE E LEGGIBILI ANCHE IN CHIAVE ICONOGRAFICA potevano esser comminate alcune PENE che per gli attuali difetti di presentismo e per la cercata spettacolarizzazione degli eventi sono scarsamente trattati come il BANNO - BANDO - ESILIO che nulla aveva di simile al moderno ESILIO ma che, chi leggerà, potrà comprendere era pena (in pratica una sorta di "autorizzata caccia all'uomo vivo o morto") che non pochi avrebbero scambiato con quella di una rapida morte.
L'iridescenza attribuita (ma ben si badi che io rispetto sempre e in assoluto le ricerche e le postulazioni sul tema di Francesco Ferraironi e di sua nipote Amabile Ferraironi) da alcuni narratori, storici, divulgatori ha finito col fare sì colpo che l'evento indubbiamente grave delle "streghe di Triora") ha oscurato altri fatti consimili e non meno gravi ma forse anche più rappresentativi occorsi nel Ponente storico di Liguria
Ed assolutamente nel TERRITORIO DIOCESANO DI VENTIMIGLIA, a cavallo tra Italia e Francia, in un'AREA SOVRACCARICA DI RELITTI DI RELIGIONI PRECRISTANE E DI PAGANESIMO l'evento tipologicamente più completo fu la seicentesca tragedia di
**************PEIRINETTA RAIBAUDO DI CASTELAR**************
condannata come DONNA ESORCIZZATRICE DEL MALE ED AUTRICE DEL ROVESCIAMENTO DEI ISTITUZIONALI e quindi giustiziata qual STREGA cioè arsa sul rogo dopo impiccagione lenta, essendo già sfibrata dalle torture (applicate -una volta che fu tratta fuori dalla cella del carcere e condotta nella camera dell'inquisizione e dei tormenti- nel minuzioso se non paranoico rispetto di tutte le procedure investigative principiando obbligatoriamente da denudazione e depilazione e quindi lavaggio per il discoprimento di ogni magico espediente e soprattutto per l'individuazione del segno del patto demoniaco o stigma).
Ella avrebbe praticato riti satanici come una Lamìa e avrebbe compiuto vari malefici (d'amore, di asservimento, del sagittario, della consacrazione al Maligno tramite il "Patto Espresso", della sterilità, dell' avvelenamento, delle malattie, dell' impotenza maschile, dell' odio, del sonno" oltre la composizione di fatture)] e il volo stregonesco dal luogo natio, di "CASTELLARO IL VECCHIO" presso Mentone, sin alla valle nervina coinvolgendo altre donne nel rito del sabba: nonostante la difesa del suo parroco che la riteneva una povera pazza, il giudice inquirente Cumis fu implacabile carnefice.






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Nel tardo '500 e nel '600 sul territorio intemelio si ebbero altri casi di persecuzione oltre che di streghe e di "maghi", anche di presunti eretici o colpevoli di eresia (specie di "eresia calvinista"), senza tuttavia arrivare, per quanto noto e come AVVENNE NEL XVI SECOLO (in merito ai SOSPETTI DI ERESIA), all'estremo della "pena di morte": si ricorse almeno in caso noto alla comminazione dell'"esilio" e del "bando" (in certi casi si ricorse alla comminazione dello stato di "infame"): pene comunque severissime, molto più di quanto oggi possa sembrar credibile.
Dal punto di vista giuridico, la lotta contro gli eretici e le streghe era affidata ad un inquisitore ecclesiastico il quale era assistito da due frati, da due gentiluomini appartenenti alla classe politica, da un notaio e da un cancelliere.
L'inquisitore dipendeva direttamente dal Vescovo, ma poteva contare sull' aiuto dell'autorità civile tanto per la caccia agli eretici che alle streghe che per l'investigazione vera e propria
Esistono casi meno noti di quelli di Triora o di Castellar ma comunque da registrare e cui fa cenno in un suo saggio Le Streghe in Tribunale - l'opera dell'Inquisizione nel Ponente Ligure nei secoli XVI e XVII (comparso sulla "Rivista della Provincia di Imperia", anno 2001) Rossella Masper che ha indagato sugli archivi diocesani e non del ponente ligure.
Aggiungiamo peraltro che Ventimiglia, quale sede del Vescovo, non solo era una piazza giuridica importante dell'Inquisizione ma che, sull'operato di questa nella città e nel territorio ponentino, abbiamo dati indiretti che derivano sia dagli scritti di un erudito del '600 come Angelico Aprosio, già Vicario dell'Inquisizione, che dall'esser stata innserita la città di Ventimiglia in un ROMANZO BAROCCO in cui sono descritte le pratiche su come si tenevano le ABIURE IN QUESTA LOCALITA'.
L'esame di alcuni documenti, compiuta dalla Masper, fra le carte dell'Archivio della Diocesi di Ventimiglia, dell'Archivio di Stato di Imperia e della sezione di Sanremo fannopensare che gli inquisitori ebbero una certa mole di lavoro da compiere in questa zona.
In effetti la riforma protestante ebbe "scarsi riflessi in Liguria...é però vero che essa fu motivo di non poche preoccupazioni per le autorità religiose locali. Nella seconda metà del XVI secolo, la Liguria di ponente, grazie alla sua posizione di confine con la Francia, fu [infatti] interessata dalla circolazione di idee ereticali, in particolare calviniste di cui si trova traccia in alcuni editti inviati dalla curia di Ventimiglia alle parrocchie della diocesi. Numerose sono le denunce a carico di persone che a causa delle loro idee o anche solo per certi comportamenti vengono considerati eretici".
Tra i casi registrati dalla Masper un cenno significativo merita quello del frate Antonio del Bugnato del convento degli Zoccolanti di Sanremo che nel 1588 fu denunciato in quanto sosteneva che fossero due, e non tre, le persone divine.
L'autrice ricorda poi "Francesco Pallanca di Vallebona accusato di eresia per aver affermato che Papa Urbano [Urbano VIII] divide la cristianità".
Ancora la Masper giudica "Particolarmente interessanti, in quanto dimostrano la penetrazione dell'eresia calvinista specie nella zona di confine,... le abiure pronunciate da due cittadini francesi che vivevano nella città di Ventimiglia: Isac Giorgio e Abram Sciopré i quali rispettivamente nel 1627 e nel 1639 lasciano la Francia ed appena giunti in Italia si affrettano ad abiurare quella che entrambi definiscono l' "heresia dei Calvinisti" per abbracciare la fede cattolica, anche se i loro nomi di battesimo farebbero pensare che costoro più che calvinisti fossero ebrei [timorosi dopo i recenti IRRIGIDIMENTI DELLA CHIESA ROMANA e soprattutto dopo l'OPERATO DI PAOLO IV CARAFA e del suo successore]; ma, considerate le persecuzioni che dovettero subire gli ebrei, che nel secolo precedente furono costretti ad abbandonare i territori cristiani [ma sarebbe più corretto dire cattolici], é possibile che entrambi abbiano preferito dichiararsi calvinisti per sfuggire a sanzioni peggiori" .
Nel 1638 ricorda poi l'autrice che "Caterina Molinari di Camporosso fu accusata di stregoneria venne torturata affinché confessasse i suoi crimini".
Gli atti processuali annota ancora la Masper nel suo utile saggio "contengono la trascrizione delle invocazioni e dei lamenti della donna diligentemente annotati dal cancelliere come imponeva la procedura".
Proseguendo nella sua indagine l'autrice scrive: "Le accuse di stregoneria riguardavano soprattutto donne; numerose sono le denunce nei confronti di presunte streghe presenti un po' in tutti i paesi dell'entroterra, Bajardo, Seborga, Sasso, Latte, Pigna dove nel 1596 vennero perseguite una decina di donne che sarebbero state viste ad un sabba notturno, ma non mancano testimonianze che attestano la presenza di maghi e guaritori operanti nei piccoli villaggi a ridosso della costa".
Un caso significativo fu poi quello che accadde nel 1635 a Sanremo qunado fu denunciato tal Martino Orbo originario di Mondovì, luogo da cui era stato bandito, accusato da alcuni conoscenti di aver fatto perdere il latte (segno ritenuto tipico di qualche maleficio) ad una donna che aveva partorito da poco.
"Il caso più singolare sull'operato di un mago" - scrive ancora la Masper cui sono debitrici queste note " é quello che riguarda Giovanni Rodi di Montalto.
Nel 1584 ( quattro anni prima dei fatti di Triora) costui viene denunciato al Sant'Uffizio ed una lettera inviata dall'inquisitore generale Gierolamo Bernerio di Correggio di Genova ordina un'inchiesta incaricando il proprio vicario a Sanremo, Mons. Giovanni Bianco di procedere ad un'accurata perquisizione dell'abitazione di costui ed alla confisca di numerosi libri e scritti proibiti che l'uomo possiede.
I documenti forniscono poi tutta una serie di testimonianze dei compaesani in cui il Rodi viene dipinto come mago, incantatore, dedito a strane pratiche ed oscure peregrinazioni notturne nei boschi del luogo.
Purtroppo non vi sono indicazioni sugli interrogatori e sulla sentenza di condanna, che si può comunque evincere dal fatto che i suoi beni risultano confiscati e venduti all'incanto per il pagamento delle spese processuali.
Il quadro dell'attività dei tribunali della fede nella Liguria di Ponente, assume connotazioni simili a quelle che caratterizzarono l'opera dell'inquisizione in altre parti della cristianità: l'autorità ecclesiastica comincia ad associare la lotta all'eresia che comunque nei primi decenni del XVII secolo va lentamente scemando, alla lotta contro le superstizioni per tentare di ricondurre la pratica religiosa entro i canoni dettati dal Concilio Tridentino.
La Chiesa, che da sempre svolge un ruolo determinante all'interno della società, é fortemente impegnata a ricucire le profonde lacerazioni prodotte dallo scisma di Lutero.
In tale contesto il patto tra la strega ed il demonio non viene più considerato soltanto come una grave offesa, ma piuttosto come una ribellione contro Dio, rinnegato attraverso un patto esplicito ed abbandonato anche quando viene mantenuta un'apparente diligenza nell'osservanza dei riti.
E' su questo terreno di ribellione, di non accettazione, che vivono le popolazioni contadine di quell'epoca.
In un'atmosfera mentale permeata dalla presenza di una religiosità spesso intensamente vissuta, anche se superficialmente intesa, sopravvivono antiche e nuove superstizioni: la fede nei Santi e nelle reliquie a cui si sovrappone la fiducia negli amuleti e nelle formule magiche, che rischiano di radicarsi e diffondersi le idee ereticali, ecco il motivo per cui l'Inquisizione persegue sistematicamente qualsiasi pratica che non si allinea con gli insegnamenti della chiesa, persino coloro che non rispettano il riposo domenicale verranno segnalati alle autorità ecclesiastiche e minacciati di scomunica
".




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E nel TERRITORIO DIOCESANO DI VENTIMIGLIA, tra Italia e Francia, in un'AREA SOVRACCARICA DI RELITTI DI RELIGIONI PRECRISTANE E DI PAGANESIMO un evento di "persecuzione alle Streghe" che si rivela assai completo per la casistica procedurale fu la seicentesca tragedia di
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cioè condannata come DONNA ESORCIZZATRICE DEL MALE E DEL ROVESCIAMENTO DEI VALORI ISTITUZIONALI e quindi giustiziata qual STREGA cioè arsa sul rogo dopo impiccagione lenta, essendo già sfibrata dalle torture (applicate -una volta che fu tratta fuori dalla cella del carcere e condotta nella camera dell'inquisizione e dei tormenti- nel minuzioso se non paranoico rispetto di tutte le procedure investigative principiando obbligatoriamente da denudazione e depilazione e quindi lavaggio per il discoprimento di ogni magico espediente e soprattutto per l'individuazione del segno del patto demoniaco o stigma).
Al riguardo è sempre da rammentare che pure per la STREGHERIA - STREGONERIA nel
DIRITTO INTERMEDIO INQUISIZIONE ECCLESIASTICA E LEGGE DELLO STATO OPERAVANO IN UNA DIFFICILE SINERGIA
come si ricava dall' irrinunciabile analisi della
CORRISPONDENZA DEI "GRANDI INQUISITORI" COI LORO SOTTOPOSTI VICARI DIOCESANI
comprovante la
COMPLESSITA' OPERATIVA "DOPPIO FORO".
Sotto la spinta di una isterica demonomania che coinvolse tutti (come avvenuto a Triora e come sarebbe accaduto a Salem) spesso manifestatasi nel caso di alcuni procedimenti per magia e stregheria la donna venne accusata di riti magici connessi a riti satanici avvalendosi di formule magiche e di libri ed altri strumenti di magia nera.
Si disse anche che avrebbe agito tramite magia diabolica (vedi qui indici) alla stregua di una LAMIA [ma nel senso, che al concetto di Lamia, sarebbe attribuibile, tra le documentazioni che Amatus Lusitanus riporta dalla fonte di altri autori, e cioè quella per cui le Lamie sarebbero piuttosto da identificare come qui si legge in un suo testo digitalizzato -vedi dalla riga 5 alla riga 11- con streghe che avrebbero assunto sangue di fanciulli per ringiovanire = cosa che creerebbe un collegamento non banale con la storia di Erzbeth Bathory che non costituirebbe di per se stessa un fenomeno autonomo od isolato].
Comunque al di fuori di questa considerazione (sostanzialmente passata poi in secondo piano) la si accusò quale STREGA sostenendo con discutibili prove testimoniali che avrebbe compiuto vari malefici (d'amore, di asservimento, del sagittario, della consacrazione al Maligno tramite il "Patto Espresso", della sterilità, dell' avvelenamento, delle malattie, dell' impotenza maschile, dell' odio, del sonno" oltre la composizione di fatture)] e il volo stregonesco dal luogo natio, di "CASTELLARO IL VECCHIO" presso Mentone, sin alla valle nervina coinvolgendo altre donne nel rito del sabba: nonostante la difesa del suo parroco che la riteneva una povera pazza, il giudice inquirente Cumis fu implacabile carnefice.

Per comprendere una PROCEDURA SECONDO IL "DOPPIO FORO" DEL DIRITTO INTERMEDIO avverso una STREGA bisogna, sulla base di quanto scritto sopra, ben intendere
*****LE COMPETENZE E LE PRIORITA' TRA GIUSTIZIA LAICA ED INQUISIZIONE A PROCEDERE AVVERSO UNA DONNA ACCUSATA DI STREGHERIA*****.
In poche parole era da appurarsi se la supposta STREGA fosse da giudicarsi CRIMINALE COMUNE, PER ESEMPIO AVVELENATRICE QUALE ESPERTA DI PIANTE E UNGUENTI VELENOSI, MA SENZA INCANTAMENTI O FORMULE MAGICHE e quindi spettante alla GIUSTIZIA DELLO STATO od al contrario CRIMINALE DIABOLICA, CIOE' CONNIVENTE CON IL DEMONIO E QUINDI PERSEGUIBILE QUALE SOVVERTITRICE DELLA FEDE, CIOE' IN QUANTO ERETICA e quindi sottoposta alla GIUSTIZIA DELL'INQUISIZIONE O SANT'UFFICIO.

In rapporto al caso di PEIRINETTA RAIBAUDO (da studiare in comparazione con la vicenda del Prete di Grasse Louis Gaufridy arso sul rogo per patto diabolico) occorre rammentare che, pur lentamente nel XVII secolo, l'Inquisizione aveva preso a non seguire più le indicazioni dell'obsoleto Malleus Maleficarum ma di nuovi testi inquisitoriali ed a regolarsi sui dettami "innovativi" dell' Instructio pro formandis processibus in causis strigum, sortilegiorum et maleficiorum e della la Costituzione di Gregorio XV Contra maleficos et sortilegos cum Diabolo facientes.
La sostanza nuova, trascurata dal Malleus principalmente basato su dissertazioni teologiche, era la ricerca del Corpus Delicti: e non a caso nella Costituzione di Gregorio XV pur non negandosi a priori l'intervento di forze diaboliche, si stornavano dagli oneri del Sant'Uffizio per passari la "braccio secolare" dello Stato quei casi sospetti da cui fosse derivato qualche omicidio: modo evidente di sottolineare l'ormai ben constatata difficoltà per i tribunali inquisitoriali ecclesiastici di comprovare che qualcuno fosse morto in forza di artifici magici.
Il caso delle Streghe di Triora fu emblematico di un coacervo di denunzie, sovrapposizioni giurisdizionali, faide di famiglie e di congreghe per cui l'accusa segreta di stregoneria era spesso usata quale arma per vendette private creando altresì non pochi contrasti e contenziosi tra Stato e Chiesa al punto di obbligare una revisione dei procedimenti per stregheria.

La testimonianza di un nuovo modo di porsi innanzi al problema della persecuzione della stregheria si riscontra in questo TESTO DI DIRITTO CANONICO L' EXAMEN ECCLESIASTICUM di Felice Potestà laddove compare come nel '600 si sarebbe dovuto procedere alla denunce in casi di eresia, censura, stregoneria, magia nera ecc. e, dato il caso che si sta esaminando, specificatamente di magia in generale.
Il testo offre le precise indicazioni ed i distinguo da farsi anche in rapporto agli organi giudicanti in merito alla casistica della Magia superstiziosa ma non diabolica quanto in particolare di magia nera - satanica - demoniaca - comportante patto con il Demonio.
Tra XVII e XVIII secolo le postulazioni di F. Potestà e di altri autori in merito al tema della stregheria e al tema della giustizia ecclesiastica risultano poderosamente concentrate in un' opera monumentale ed esaustiva la BIBLIOTHECA CANONICA... di Padre L. Ferraris = in questa, fra altre cose, si nota in relazione alle pene comminabili (vedi qui l'index) che in merito alle pene da comminare per crimini di magia si rimandano i lettori a consultare la voce SUPERSTITIO - SUPERSTITIONES (analizzando anche le voci SUPERSTIZIOSA CREDENZA e VARIE SUPERSTIZIONI): in particolare l'autore rimanda alla consultazione del COMMA 78 "PENE STABILITE CONTRO MALEFICI, DIVINATORI ED ALTRI SIMILI SUPERSTIZIOSI" e del COMMA 79 "GIUDICI COMPETENTI IN TEMA DI MALEFICI, SORTILEGI ED ALTRE SUPERSTIZIONI".

Gli STATUTI CRIMINALI DELLA REPUBBLICA DI GENOVA, qui presi ad esempio tipologico, trattano nel I libro di denunzie, arresti, procedure, investigazioni, inquisizioni, processi ecc. ecc.: la lettura attenta permette poi di intendere quella triste peculiorità del diritto intermedio -dipendente dall'arbitrio assoluto dei giudici- che costituì le fondamenta dell' applicazione della tortura spesso unico mezzo per ottenere la Confessione in assenza della quale nel diritto intermedio non poteva sussistere riconoscimento di Reità - colpevolezza: e quindi relativa condanna Gli aspetti del Doppio Foro cioè di una collaborazione stretta fra Stato Laico e Santa Inquisizione si evince anche dal Libro II degli "Statuti" o "Libro delle Pene" nel caso della presenza di crimini che abbiano a che fare con la religione e/o il soprannaturale = la sanzione ufficiale di ciò si legge specificatamente nel capitolo capitolo 89 (libro II) "Sugli Eretici" anche se i riferimenti restano sottintesi ma ben comprensibili ad esempio nel capitolo 25 (libro II) "Sui Sacrilegi". Dedicato a Streghe e Maghi risulta propriamente il cap. 10 (libro II) "Sugli avvelenamenti" (libro II) da cui l'interprete critico evince la riluttanza da parte dello Stato di concedere automaticamente all'Inquisizione ogni procedimento avverso stregoneria senza aver prima i giudici laici indagato se le presunte azioni stregonesche non fossero piuttosto da ritenersi pure azioni delinquenziali = tutto ciò serve ad indicare la resistenza degli Stati e della Giustizia Ordinaria nel cedere in questo campo tutte le prerogative alla Legge Ecclesiastica. Tutto ciò era motivato dalla volontà di non fare dell'Inquisizione o Santo Ufficio una sorta di Stato nello Stato, cosa che però alimentò tanti contrasti tra Stato e Chiesa di priorità e prerogative come qui si legge.
Nel contesto di queste relazioni si intendono però altri inevitabili rapporti sinergici fra Chiesa e Stato ed al proposito è emblematico il cap I (lib. II) "Contro i Bestemmiatori" da ritenersi basilare nella lotta del diritto intermedio contro i
Sovvertitori dell'ordine costituito sia di Stato che di Chiesa anche consigliando l'uso della "denunzia anonima - denunzia segreta.
Tra le Pene comminabili è pure elencata la Pena del Rogo dopo impiccagione lenta ma nel capitolo 20 (lib. II) "Dei Ladri" si può leggere questo basilare comma sulla Pena del Rogo.

Sulla BASE DI QUANTO QUI SCRITTO ed in rapporto alle ACCUSE MOSSE pare comunque evidente che il GIUDIZIO SU PEIRINETTA RAIBAUDO ACCUSATA QUAL STREGA MALEFICA PER "PATTO ESPRESSO COL DEMONIO" DOVESSE SPETTARE ALL'INQUISIZIONE E NON ALLA GIUSTIZIA LAICA.

Nel XVII secolo la "Caccia alle Streghe subì un ridimensionamento senza che ciò sia subito equivalso -anche per la strutturale lentezza nel distribuire le direttive e spesso nel recepirle- alla soluzione del problema. L'erudito Angelico Aprosio "il Ventimiglia" [oggetto e motore della nascita di questo nostro sito di documentazione biblioteconomica] visse in prima persona le contraddizioni di quest'epoca, densa di rinnovamenti ma anche di superstizione e ancor giovane, ma in pieno secolo, vide ancora come scrisse ardere sui roghi le streghe, quindi ebbe modo di apprendere da Vicario dell'Inquisizione i contrasti tra Stato e Sant'Ufficio e se principalmente ebbe occasione di occuparsi per il suo incarico di Eretici [ma anche di Ebrei data l'evoluzione epocale improvvisamente divenuta a loro sfavorevole] e di libri proibiti giammai potè esimersi di affrontare questioni riguardanti la Stregoneria (atteso anche che nel seicentesco Ponente di Liguria non mancarono interventi per interazioni fra supposta stregheria e eresia) ed anche direttamente in merito alla sua funzione e curiosamente a riguardo per esempio di una supposta Strega di Vallebona che avrebbe operato tra le valli del Batallo, del Crosa e del Nervia.
Valutando, come scritto subito qui sotto come il procedimento avverso la Raibaudo sia pressochè coevo delle correzioni in materia di stregoneria apportate da Chiesa ed Inquisizione non è difficile evincere che la "poveraccia" fu doppiamente sventurata e per l'accusa terribile contro di lei mossa e per l'evidente e quasi scontata lentezza da parte di tutti gli uffici inquisitoriali nel recepire le innovazioni e correggere il profluvio di incoerenze venutesi via via a creare.

Girolamo Rossi nella sua Storia della Città di Ventimiglia trattando del caso della "STREGA" PEIRINETTA RAIBAUDO DI CASTELAR alle pp. 236-237 data il terribile evento giudiziale dal 5-IX-1622 in un'epoca quindi in cui Ventimiglia al pari di tutta la Liguria Occidentale (a prescindere dal caso eclatante ma oramai datato delle Streghe di Triora) risentiva ancora in modo vivo gli echi della tragica vicenda parimenti conclusasi con una morte sul rogo di un prete di Grasse
accusato, processato e condannato qual
STREGONE MALEFICO LEGATO DA PATTO CON IL DIAVOLO: APPUNTO IL PRETE LOUIS GAUFRIDY DI CUI QUI SI PUO' LEGGERE LA TRAGICA VICENDA.
Parte delle considerazioni di G. Rossi in merito alla "STREGA" PEIRINETTA RAIBAUDO DI CASTELAR sembrano derivare da un autore dell'epoca Domenico Antonio Gandolfo che -indubbiamente al pari di tanti ancora emotivamente coinvolto per la vicenda del Gaufridy- non mancò di fare cenno, in un vago confrono, alle due storie stregonesche in una sua operetta (Il beneficato beneficante ombreggiato nella Città di Ventimiglia, Genova, per il Franchelli, 1683).
Tra le accuse mosse alla donna se ne leggono anche alcune di particolarmente circostanziate e tra queste spicca l'accusa della sua trasformazione in gatto e giova rammentare che l'dea che le streghe potessero trasformarsi in gatti (come si vede in questa antico libro di caccia alle Streghe) era una vecchia postulazione sia del Malleus Maleficarum quanto della Caccia alle Streghe di ambiente riformato e protestante.
Ma il rilevo più interessnate deriva forse dal presunto Demone con cui Peirinetta Raibaudo avrebbe stretto il patto: la classificazione dei Demoni cui si sarebbero asservite le Streghe va a costituire un elenco vastissimo qui in parte proposto = persino uno studioso come lo Schott sviluppò in questa epoca terrificanti fantasie creando pure ibridi tra Cacodemoni e Lamie entro cui la superstizione in un delirio di terrore, emarginazione e razzismo finì addirittura con l'imprigionare gli indigeni del Nuovo Mondo in Mostri diabolici.

Ma i nomi diabolici estorti con la tortura a Peirinetta Raibaudo paiono improbabili: ed infatti un demone con cui si sarebbe congiunta carnalmente nel sabba la Peirinetta Raibaudo , assieme ad altre quattro donne, risulta chiamato Barraban.
E' vero che nella tradizione folkloristica italiana compaiono folletti quali demoni minori o creature del paranormale dai nomi prossimi (Barabanèn un folletto non malefico ma dispettoso perturbatore della quiete notturna proprio dell'areale di Imola in provincia di Bologna; il Barabao dal volto peloso, con abiti vecchi e rammendati e due gran zoccoli che avrebbe abitato in campagna trovando dimora nelle case dei contadini che avrebbe aiutato per ricompensarli dell'ospitalità divenendo al contrario dispettoso se offeso o maltrattato. In provincia di Venezia, il Barabao era chiamato anche Baraban, mentre in quella di Treviso veniva detto Barbarù ed ancora il Barabio folletto delle Langhe di aspetto demoniaco sarebbe poi stato capace solo di spaventare i bambini che non tornassero a casa prima del tramonto assumendo decisamente i connotati del Babau) Peirinetta Raibaudo può essersi "ispirata" a qualche onomastica popolareggiante di folletti ma era anche una donna ignorante, una contadina del '600, analfabeta ed a giudizio del suo parroco, che ne aveva preso le parti, addirittura una ipodotata mentalmente: lui più grezzamente disse una scema.
Le fu applicata ogni forma di tortura e nell'applicazione di questa per esempio a norma degli "Statuti Criminali di Genova" del XVI secolo era compito del notaio preposto di registare nella lingua originale del torturato ogni parola, maledizione, lamento.
La Raibaudo fu sottoposta a procedimento dell'Inquisizone che nelle procedure a carico degli inquisiti agiva semmai con maggiore oculatezza per via di una serie di norme estremamente precise nell'applicazione di tormenti e tortura (vedi qui le 54 voci registrate) sì che nulla fosse illecito secondo le regole prefissate e niente sfuggisse all'inquirente ed al notaro trascrittore dei vari momenti della tortura, delle pause concesse e della eventuale confessione.
Una donna di tanto limitato profilo mentale (a prescindere da un'ipotetica convinzione d'esser strega, che comunque l'avrebbe indotta ad utilizzare nomi propri del suo orizzonte "culturale") pur se convinta della propria innocenza avrebbe preso presto a vacillare di fronte all'autorità inquirente per lei in fondo emanazione di un potere assoluto e, innanzi alle ripetute assillanti richieste di fare dei nomi anche di entità diaboliche, pur di porre termine allo strazio cui veniva sottoposta avrebbe cercato nei meandri della sua "cultura contadinesca e popolare" un qualsiasi nome diabolico da svendere pur di far cessare tanto dolore.
Ed a questo punto cosa sarebbe stato assurdo che avesse citato Satana, Lucifero, un Cacodemone, Belial od un Abraxas sostanzialmente lontani dal suo "terreno culturale" = il nome Barraban era quanto di più plausibile potesse dire in tale drammatica situazione.
Il dolore che annichilisce e cancella anche nei più forti e capaci tante difese probabilmente le permise, quale via di fuga, di rintracciare nella memoria un nome, un nome plausibile da dare all'Inquirente, un nome da demone che non paresse menzogna e che ponesse fine ai tormenti = e par logico un Barraban da relazionare a quel Barban che dal Vocabolario Genovese - Italiano di G. Casaccia (Genova, Pagano, 1851) è definito "Bau, Trentacanna, Larva immaginaria inventata dalle balie per far paura a' bambini, come se si volesse far intendere che è una bestia, che ingoja, o tracanna trenta per volta. Dicesi anche Versiera, Orco, Biliorsa, Tregenda, Befana.
Come è anche plausibile che la Peirinetta Raibaudo attingendo ai ricordi della frequentazione della Chiesa o all'etimologia popolare abbia detto uno dei pochi nomi certi che a suo parere si potevano coniugare al demoniaco senza restare nell'ovvio e cosa meglio di un derivato dal latino biblico Barabbas (Matteo 27 - 16, Luca 23 - 19, Giovanni 18 - 40 = Bibbia Volgar9 - 163) l'"omicida e ladro" che di fronte alla scelta di Pilato, se far morire al posto di Cristo, fu lasciato libero per scelta dei Giudei?... sì che mentre il suo nome divenne per esempio in piemontese e sardo come Barabassu è diventato sinonimo di Diavolo nel senso di Satanasso la sua stessa menzione -quale Ebreo- all'epoca si coniugava -per altro verso- con le direttive dell'Inquisizione - specie dell'Inquisitore Generale di Genova - sostanzialmente ancora ben legata a postazioni avverse ad Ebrei e Giudei.

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