cultura barocca

STATUTI GENOVESI DELL'ETA' INTERMEDIA

STATUTI CRIMINALI DI GENOVA E LIGURIA DEL 1556
SCORRI L' INDICE CON I VARI CAPITOLI :
"LIBRO I - PROCEDURE"
"LIBRO II - PENE"
***OPPURE VISUALIZZANE DIRETTAMENTE IL TESTO E FAI SCORRERE***
A - LIBRO I - LE NORME PROCEDURALI, L'INCHIESTA, LA TORTURA, IL SISTEMA DETENTIVO
B - LIBRO II - DELLE PENE (dall'art. 1 al 49)
C - LIBRO II - DELLE PENE (dall'art 50 alla fine)

Gli STATUTI CRIMINALI DI GENOVA E LIGURIA DEL 1556 (redatti in latino ma qui proposti in traduzione) oltre che un'importante e finora inedita documentazione rappresentano un'esemplificazione di quelle normative ordinarie e non del diritto dell'età intermedia che, sostanzialmente, risultavano sancite dalla
GIUSTIZIA ORDINARIA DI TUTTI GLI STATI ITALIANI.
Gli Statuti genovesi, editi nel 1557, sono stati pubblicati tradotti e commentati da B.Durante e F.Zara, sotto il titolo di Figliastri di Dio/ "a coda d'una bestia tratto", pei tipi della cooperS di Ventimiglia (ed. dicembre, 1996).
La caratteristica di questi statuti (titolo per esteso Criminalium Iurium Civitatis Genuensis Libri Duo, come quelli di tutti i consimili ordinamenti del diritto intermedio, era quello che "ognuno fosse da ritenersi reo una volta accusato....non provandosi la sua innocenza".
Notevoli, ma sempre difficili per la difesa dei rispettivi interessi, le relazioni tra "tribunale laico" (foro dello Stato) e "tribunale ecclesiastico" (foro dell'Inquisizione) in merito a processi contro accusati di eresia e stregoneria (il braccio dello Stato, cioè la forza pubblica ordinaria, in teoria avrebbe dovuto eseguire le sentenze proposte dal tribunale dell'Inquisizione in occasione di siffatti procedimenti in base anche alle "Sanzioni dell'art.89 del Lib.II o delle Pene".
Del resto si vede bene, dalla lettura delle
norme statutarie qui integralmente proposte,
quanto
rilevanti e spesso controversi fossero in ambito del diritto intermedio le relazioni intercorrenti tra "Giustizia dello Stato e giustizia della Chiesa.
Analizzando i due libri degli Statuti Criminali si notano possibili interferenze sia dall'analisi dei capitoli del I libro (procedure) sia dall'investigazione dei capitoli del II libro (pene) ove a fianco dei reati si indicano le punizioni comminabili: anche ad un interprete moderno si evidenzia in modo lampante come certi capitoli potessero comportare un'esigenza di collaborazione tra Stato e Chiesa e questo facilmente lo si desume dallo studio soprattutto di Capitolo I - Norme contro i bestemmiatori ; -Capitolo II - Di quanti copulano o comunque hanno rapporti sessuali contro natura; -Capitolo X - Sugli avvelenamenti (in dettaglio laddove si discute di streghe e maghi rei d'aver somministrato o preparato pozioni malefiche); Capitolo XXV - Sui sacrilègi; Capitolo XCVIII - Sulla bigamia; Capitolo LXXXIX - Sulla necessità di perseguitare tutti gli eretici (particolari ed interessanti perchè ragguagliano sulla variegata demografia del Dominio e sulla tipologia degli schiavi operanti nel genovesato sono poi il Capitolo LXV " Di quelli che ingravidano serve o schiave d'altri" ed il Capitolo XCIII "Su quelli che sposano serve altrui all'insaputa o contro il volere dei lor padroni": ma erano capitoli che non potevano non accendere la viva attenzione ecclesiastica attesa sia la costante esigenza dell'apostolato e della conversione dei non Cristiani quanto il controllo del matrimonio ed il vigilare che da siffatti matrimoni misti non nascessero bimbi segretamente iniziati ad altri culti, atteso anche il possibile segreto cedimento del consorte alla religione della "sposa pagana")
Ed i contrasti o le precedenze potevano estendersi in questo difficile periodo storico anche a livello di fatti solo apparentemente legati alla criminalistica ma in realtà collegati alla
priorità dei diritti della Chiesa o dello Stato.
conformemente ai dettami ecclesiastici gli Statuti negavano sepoltura in terra consacrata a parecchi "criminali", tra cui gli eretici: tuttavia le onoranze funebri dall'autorità ecclesiastica venivano interpretate autonomamente, sì da non escludersi ulteriori contrasti, all'interno di un sofisticato sistema di cerimonie e di priorità oltre che diritti così ben codificato come si legge dalla
proposizione di questo testo antiquario
da urtare relativamente con i sistemi di governo dell'antico regime ma destinato ad entrare in piena collisione con le riforme illuministiche e napoleoniche della gestione dei cimiteri.
L'intiero complesso delle norme si innerva sulla contestuale salvaguardia di Stato e Chiesa teoricamente demandando a questa ultima le persecuzione dei suoi nemici istituzionali quali gli eretici od i sovvertitori del suo sistema ideologico attraverso un "rovesciamento del bene in male anche sfruttando arredi sacri" quali i praticanti di magia nera.
Contrariamente al complesso meccanismo che avrebbe dovuto garantire la funzionalità del sistema rimase però sempre formidabile (nella metropoli ligure come in quasi tutte le Nazioni) la titubanza dello Stato nel soggiacere, in casi di giustizia interna per qualsiasi genere di reato, agli ordinamenti dell'Arcivescovo e poi soprattutto ai diritti costantemente avanzati dai potenti Inquisitore Generali di Genova sì che ne derivarono contensiosi, reciproche accuse ed anche casuali violenze che di seguito sono proposte allo specifico loro luogo.
In merito al testo qui proposto degli Statuti Criminali di Genova del 1556 (che come si è preannunciato e come meglio si comprenderà analizzandone specificatamente la trattazione critica in traduzione) è da menzionare un piccolo refuso: il tipografo, autore dell'edizione originale, nella recente citata pubblicazione della "cooperS ed." a p.2 viene indicato come Antonio Belloni anziché Antonio Bellone.
Marco Antonio Bellone (questo il nome per esteso), "tipografo dogale", apparteneva ad una società di stampa cui concorrevano il nobile Antonio Roccatagliata e Luigi Portelli.
Ottimo artigiano, non privo di interesse per gli sperimentalismi poetici ed i motti arguti, il Bellone lasciò Genova nel 1579, allo scioglimento del consorzio editoriale che pure aveva prodotto opere di pregio ed ora di estrema rarità: si sistemò quindi in Carmagnola ove eresse una nuova stamperia in società con Giacomo Novarese mentre la vecchia tipografia genovese -in base a precedenti accordi societari- fu retta dal 1579 al 1585 da Luigi Portelli [N.GIULIANI, Notizie sulla tipografia ligure sino a tutto il secolo XVI con primo e secondo supplemento, Bologna, Forni, 1980 (ristampa anastatica dell'edizione del 1869 apparsa negli "Atti della Soc.Ligure di Storia Patria")].


















L'ultima redazione degli STATUTI CIVILI DI GENOVA (che comunque risentono profondamente l'influsso del CORPUS JURIS CIVILIS e specificatamente del DIGESTO GIUSTINIANEO) risale all'inverno del 1588 e la stampa avvenne nel 1589.
Alla pubblicazione originale, salvo possibili scoperte, attualmente paiono esser succedute altre 17 edizioni: nel 1787 per ultimo venne ristampato il testo dello statuto con il commento di Giuseppe Bottino.
11 di queste 17 pubblicazioni sono concentrate in un arco di tempo piuttosto limitato tra il 1663 e il 1710 (addirittura nel 1688 quando lo stampatore genovese Franchelli editò due distinte edizioni di cui una in dodicesimo, a basso costo e rivolta ad un ampio pubblico di fruitori, ed una decisamente più raffinata, in folio, forse su esplicita committenza di professionisti, attesa la caratteristica stampa in barbe e quindi con margini estesi su cui giurisperiti e notai potevano, all'uso corrennte dell'epoca, riportare le glosse volta per volta ritenute opportune).
Ancora nella seconda metà del XVIII secolo, in pieno fermento illuministico e quindi nel contesto di una revisione totale di diritto e legislazione sarà progettato un ulteriore intervento sul CODICE CIVILE di Genova: particolarmente verso il 1766 i Supremi sindacatori operarono al fine di realizzare una nuova edizione che avrebbe dovuto riproporre il testo del 1588-1589 con qualche riscrittura ed opportune ma rare aggiunta (si era ad esempio ideato di inserire nel primo libro una rubrica dedicata ai CONSERVATORI DEL MARE).
Si giunse a predisporre il nuovo testo per la stampa, che tuttavia non fu attuata, verso il 1769: qualche cosa di tale lavorio è comunque stato conservato e si può consultare presso l' Archivio di Stato di Genova, Archivio segreto 1271 (poche attestazioni documentarie del lavoro della commissione di revisione sono visibili poi sono in Senato, Sala Gallo 452 e 595 sempre dell'Archivio di Stato di Genova).