Il Montenero [che fu una comunaglia cioè un bosco comune della Magnifica Comunità degli Otto Luoghi che ne fissò un regolamento per la fruizione fu spesso oggetto di contenziosi confinari non privi di scontri e vittime (leggi in dettaglio da pagina 54 di questo Saggio Critico
con il Principato Ecclesiastico di Seborga sì da rendere necessaria una disputa presso la Serenissima Repubblica di Genova con la stesura di una demarcazione confinaria
riesaminata dall'ingegnere di guerra Matteo Vinzoni con l'apposizione o verifica di cippi limitanei) ebbe nel passato una qualche fama letteraria essendo possibile che il celeberrimo poeta Ugo Foscolo -come si può ipotizzare- analizzando criticamente la celebre "Lettera da Ventimiglia" del suo romanzo epistolare Ultime Lettere di Jacopo Ortis abbia fatto percorrere al protagonista appunto Jacopo Ortis -sostanzialmente alter ego poetico del Foscolo stesso in fuga da Genova persa dai Francesi assieme a cui combatteva e provvisoriamente riconquistata dalla nemica armata austriaca- per raggiungere Ventimiglia (sulla linea di un tragitto avventuroso di cui si può leggere anche in questo testo antico digitalizzato) e quantomeno riparare nel territorio saldamente tenuto dai Francesi sin alla già sabauda Nizza e conseguentemente nella più infausta delle ipotesi riparare in Francia, ferme restando altre ipotesi qui proposte (la più plausibile: la n. 2 o della "Strada per Camporosso" lungo la riva orientale del Nervia), abbia potuto seguire la "deviazione precedente verso il Montenero e quindi Seborga" CLICCA PER RITORNARE ALLA HOME PAGE DI "CULTURABAROCCA"
La storia del Montenero è però antichissima e si innesta ben oltre la romanità verosimilmente già all' epoca dei Liguri antichi e della loro civiltà = del resto il fatto che il Montenero sia stato anticamente connesso alle tracce di una antichissima fonte termale (per quanto dimensionata nella portata) tuttoggi attiva successivamente innestata in un contesto religioso cristiano induce a pensare che -nel contesto di siffatte sovrapposizioni e/o sincretismi cultuali- già ai tempi della
Romanità e in particolare dell'Impero Romano allorché sorgenti, fonti e bagni termali erano tenuti in grande cosiderazione terapeutica ma altresì di forte valenza sacrale spesso coronata dall'esistenza di un "Santuario della Guarigione" non è affatto da escludere una frequentazione del sito sia appunto per scopi curativi quanto per ragioni spirituali cosa che, in connessione con altre realtà locali come il caso in alta val Nervia di Lago Pigo (od in zona più lontane ma culturalmente non estranee del Lucus Bormani od altresì di Glanum /Saint Remy de Provence celebre per il culto già celtico delle Madri poi Matronae altre divinità delle acque curative), sembra esser rafforzata dalla tipologia dell'areale sotto forma di bosco sacro o complesso religioso spesso interagente con una fonte terapeutica (cosa su cui è vieppiù da meditare in funzione del ritrovamento -invero non frequente nel nord d'Italia ma attestata nell'agro intemelio- di dediche votive a divinità, collegate alle terapie presso i "Santuari delle Guarigioni", tra cui Apollo ed il di lui figlio Esculapio).
Dopo secoli di oscurantismo in campo erboristico, medico e nell'uso di acque terapeutiche (ma bisogna dimenticare la medicina romana proponendo qui quale esempio la straordinaria evoluzione raggiunta dagli Ospedali Militari) successivo alla caduta di Roma e l'avversione del Cristianesimo originario e anacoretico dell'igiene specie se connessa ad attività ludiche ed estetiche individuate ma anche assai incomprese nel contesto dei loro resti nella monumentale realtà di quelle che erano le Terme di Roma Antica e dell'Impero tutto
si svilupparono nuove interpretazioni igieniche e in esse venne inserita anche
la validità dell'uso di acque dalle valenze curative specie nel XIII secolo sorgendo Ospedali ricetto per viandanti e Cavalieri
in cammino od in attesa di navi per raggiungere i Luoghi Sacri della Cristianità.
Tra queste strutture non è casuale che sorgesse
non lungi da dove Padre Viale di Bordighera volle realizzato dal 1901 il Santuario di Montenero un medievale ricetto od Ospedale detto di Nostra Signora della Ruota che poteva appunto approvigionarsi dell'acqua del Montenero = un'acqua quella del Montenero di cui un erudito viaggiatore ottocentesco che studiò anche queste contrade, il Bertolotti (il quale in alcune poche righe dedicate al Montenero riprendendo un dibattito tra Scienza Aristotelica e Scienza Nuova recuperò la leggenda o quantomeno la mai sopita tradizione che in tempi remotissimi
il Montenero potesse esser stato un vulcano) ne sviluppò poi con maggior ricchezza di particolari come qui si legge una valutazione scientifica ed ottimale indugiando sulle proprietà curative
La rivisitazione dell'uso delle acque ma soprattutto di quello della vita agronomica ed anche delle piante medicinali sostanzialmente si deve ascrivere al merito dei Monaci Benedettini di cui si può vedere qui la celebre
Abbazia di Montecassino (donde espansero il loro apostolato spirituale ma pure socio-economico) in immagini antiquarie seguite da quelle della distruzione a causa della Seconda guerra Mondiale e quindi un' immagine del leggendario edificio restaurato
A fronte delle condizioni disastrate delle terre, in particolare dopo che furono debellati i Saraceni del Frassineto, divenne impegno assiduo di questi Monaci Benedettini nel rivitalizzare i poveri resti di vita umana applicando principi innovativi ma anche avvalendosi della loro sapienza discendente in gran parte dai classici (di cui come qui si vede grande era la competenza a livello di erboristeria e piante medicamentose): ed ecco che venne realizzato un
monumento mai abbastanza citato e valorizzato non solo come patrimonio dell'umanità alla maniera che oggi piace dire ma quale volano di un progresso che dai monaci sarebbe poi stato trasmesso ai non religiosi sì da riorganizzare dalle fondamenta quasi completamente
l'
agronomia e conseguentemente l'agricoltura
(vedi indici)
in particolare riportando in auge una coltura classica come quella dell'Olivicoltura (vedi Indici e Immagini) seppur secondo questi nuovi parametri colturali propri di questi religiosi =
parametri caratterizzati dalla innovativa tecnica della
Grangia o dei terrazzamenti con muri a secco che in Liguria occidentale ha tante testimonianze
superstiti di un
mondo agronomico (oltre che della storica ripresa dell'agricoltura oltre che della zootecnia con relative analisi sull'architettura rustica e contadina)
e di una vera e propria
tradizione culturale contadina, densa di folklore, tradizioni e richiami ad un passato che rischia spesso di perdersi,
vale a dire -e talora non solo non è inopportuno ma giova ripetersi e ripetere- quella struttura o
Grangia che qui piace proporre nell'immagine di un fascinoso viaggio per i luoghi di quel Principato Ecclesiastico di Seborga ove i Monaci -da S. Michele di Ventimiglia- crearono una vera e propria base di espansione per le competenze erboristiche e colturali
destinate poi ad evolversi socialmente ed economicamente in forza delle trasformazioni socio-economiche
e della crescente crisi degli organismi monastici a fronte delle organizzazioni colturali e prebendali proprie delle
******************Diocesi Cristiane******************
con l'affermazione crescente in campo agronomico
dell'iniziativa privata e quindi della privata Olivicoltura
Ma la Grangia, la realizzazione di acquedotti, la sempre crescente abilità nell'arte della distillazione permise ai monaci, che poi ad altri ne trasmisero le competenze, di offrire un contributo basilare alla epocale
Medicina od Arte Medica
in forza del recupero di quella disciplina dai tanti nomi ma che sfrutta il potere benefico delle piante =
***************Erboristeria - Fitoterapia - Arte dei Rizotomi e degli Aromatarii e finalmente degli Speziali***************
Con il passare dei secoli l'erboristeria e contestualmente le scienze naturali indussero autori di grande spessore
a scrivere dell'argomento = a titolo meramente informativo non si può qui trascurare Pietro Andrea Mattioli
(peraltro citato dallo stesso Aprosio nel repertorio della Biblioteca Aprosiana a pag. 638, par. 31) senza dimenticare, seppur con sillogi volte talora ad approfondire
tematiche che oggi paiono improponibili, il portoghese Amato Lusitano (vedi l'elenco della sua disanima) ed ancora lo speziale o farmacista napoletano
Ferrante Imperato che redasse un testo basilare dal titolo emblematico od Historia naturale (vedi qui frontespizio, introduzione moderna, indici, digitalizzazione dell'opera).
Nonostante
lo scontro tra scuole mediche (fatto cui non fu estranea nemmeno la vicenda delle supposte "Streghe di Triora") alcune favorevoli, altre no all'
uso di determinate piante od a quello delle piante nuove introdotte specie dalle Americhe (non esclusi, senza moderno stupore, pomodori e patate),
menzionando, talora non senza interesse professionale crescenti timori suggeriti dall'Alchimia che di piante pure si serviva
connessa -purtroppo spesso sin alla sua condanna ufficiale da parte anche della Chiesa qual scienza proibita- con quelli, spesso fantastici e non di rado enfatizzati, per la Stregoneria giudicata rea di avvelenamenti e malefici sfruttando piante dannose (anche per realizzare il pericoloso unguento detto Unguento delle Streghe)
l'erboristeria
costituì una branca basilare della medicina per lungo tempo sino al XIX secolo come ci suggerisce qui la lettura del Manoscritto Wenzel opera se non "libro da speziali" di area ponentina e certo realizzata in questo areale (carta multimediale attiva)
in cui, con notevole ricorso all'erboristeria, si propongono terapie contro i mali consueti e comuni, gravi e non
quanto provvedimenti contro i mali epidemici, tra cui data l'epoca spicca tristemente il colera.
Comunque conchiudendo siffatta riflessione è da rammentare che nel contesto della vasta letteratura qui consultabile concernente le piante, l'agronomia e l'erboristeria non compaiono -se non in via eccezionale- ancora specificatamente i fiori (od almeno non compaiono ancora sotto il profilo ornamentale ma solo sotto quello "chimico" e delle possibili proprietà).
Il
Monte Baldo nel territorio veronese era di fatto il vero "Paradiso degli Aromatari"
ma anche alcune località di Liguria,
Savona, Pontinvrea, Sassello, Ponente Ligure, Bordighera e il suo vasto retroterra, Dolceacqua ecc.
erano però già da fine XVI secolo e maggiormente nel XVII ritenute importanti per la ricerca degli erboristi.
Ad esempio Viaggiò tra Marsiglia, Genova e Livorno il celebre scienziato danese Heinrich Fuiren ed al pari di un altro medico e naturalista Zefiriele T. Bovio apprezzò e stimò le qualità erboristiche e fitoterapeutiche della Liguria e del suo Ponente come sostanzialmente si riscontra in questo stralcio di manoscritto o lettera certamente indirizzata al II Bibliotecario dell'Aprosiana Domenico Antonio Gandolfo [ leggi qui digitalizzate e con moderni tutte le opere digitalizzate di Zefiriele Tomaso Bovio (1521-1609): medico empirico, alchimista e cabalista veronese, appunto attivo tra Genova - Savona - Ponente Ligure ].
E' comunque un peccato che entrambi non abbiano verosimilmente a differenza d'altri erboristi, alchimisti ed aromatarii -che però non lasciarono a quanto finora visto testimonianze scritte- esplorato il terminale quasi ideologico di questo complesso sistema territoriale ed agronomico che prende il via dal Montenero vale a dire il
Bosco di Gouta che forse avrebbero trovato degno del Monte Baldo :
bosco, il più vasto della Liguria
sito - come qui si vede in cartografia multimediale (leggi "Margheria dei Boschi")-in alta valle del Nervia e raggiungibile procedendo variamente dalla costa tra Ventimiglia e Bordighera,
che rimase pure ignoto a quella complessa figura (genio o millantatore?) che fu
Leonardo Fioravanti = medico paracelsiano ed alchimista del XVI sec. (leggi qui digitalizzazione integrale della sua celebre opera La Cirugia... anche per intendere il peso terapeutico che diede ad erboristeria e fitoterapia)