Case fortificate extra moenia, Case Torri con cinta difensiva, proprietà rurali e residenziali fortificate con cinte murarie: un caso frequente nel Dominio di Genova, specie nelle aree estreme della Repubblica
cultura barocca
Inf. e testo di B. Durante La pericolosità, tra'500 e '700, del lavorare ma anche vivere stabilmente in poderi isolati extra moenia esposti (lungo strade spesso deserte e nell'oscurità totale della notte coinvolenti anche il rischio del viaggiare e quindi pure del commerciare) ad incursioni di una malavita cinque-seicentesca assai potente e ben organizzata (per difesa contro questa e per sopravvivere, attesa la scarsezza di rendite e di produzione agronomica (argomento complesso e non esente da controversie su cui si ritornerà specificatamente anche con la digitalizzazione di testi antiquari), anche vari conventi poveri, specie fuori cinta muraria, ricorsero (dietro pagamento per opera di malavitosi. briganti, predoni ma pure ricercati, anche di condizione nobile e censo elevato) ad una eccessiva concessione del "diritto d'asilo ecclesiastico" di modo che parecchi furono soppressi tramite la Costituzione Instaurandae regularis disciplinae, emanata da Innocenzo X, in data 15 ottobre 1652 e trasmessa con Bolla Papale, essendone per una parte incaricato di scegliere i conventi da sopprimere accorpandone ad altri i religiosi che li abitavano incarico che toccò ad Angelico Aprosio il "Ventimiglia" essendo in tal periodo Vicario Generale Della Congregazione Agostiniana Della Consolazione" che espletò con rigore e serietà pur imbattendosi in opposizioni anche feroci come nel caso del convento agostiniano della Trinità di Viterbo ( = il convento dipendeva dalla ligure Congregazione Agostiniana "della Consolazione": vedi inizio di pag. 287 del repertorio biblioteconomico del 1673 della Biblioteca Aprosiana ) - Vedi anche previdenze adottate (recinzioni, muraglie, casa torre ecc. ) specie contro la criminalità organizzata per le strutture agronomiche e residenziali fuori cinta muraria aurbana soprattutto quando appartenenti a gruppi benestanti usi a servirsi anche di uomini armati e contestualmente si veda nello specifico del "Capitanato di Ventimiglia" l'areale agronomico, con colture pure arboricole, ad est del Roia/Roja - Nervia (antichissimi insediamenti agronomici ruotanti attorno al medievale Castello di Portiloria) - Camporosso - complesso rurale dai Piani di Vallecrosia a Bordighera: potenziando le riflessioni, specie ma non solo in campo agronomico e zootecnico, con l'analisi dei "Capitoli Criminali", del "Regolamento Campestre", dei "Capitoli del Montenero" in merito, dal '600, alla "Magnifica Comunità degli Otto Luoghi" - Da "carta Hamilton": sviluppo di strutture agronomiche a Nervia (sito archeologico del complesso principale di Ventimiglia romana divenuto dal medioevo in gran parte terra rurale) = ampia carta di cui vedi qui enfatizzati i tratti da Camporosso al mare ed ancora dalla Torre Orengo di Nervia a S. Rocco dei Piani di Vallecrosia e alla Torre dei Frati ed oltre verso l'areale di Borghetto S. Nicolò, Vallebona e Bordighera non escluse le altre "Ville", ormai Comuni, della soppressa "Magnifica Comunità degli Otto Luoghi". - Vedi anche = analisi cartografica attraverso i secoli dell'areale appena citato = con particolare attenzione al fatto che nella produzione cartografica di Matteo Vinzoni non son registrate - differenza di altre carte - le trasformazioni dell'areale nervino per la guerra di successione imperiale (XVIII secolo = vedi anche il diario della supervisione del Vinzoni durante la sua visita nell'estremo ponente di Liguria per la stesura del suo Atlante di Sanità)

Sfruttando le esperienze dell'Aprosio [durante un viaggio in carrozza da Treviso a Firenze non si dimentichi il soggiorno aprosiano all'"Osteria della Scala" dove si ebbe uno scontro per cagione d'una meretricola venuta ivi col suo drudo, per rispetto della quale s'hebbe a scannare con alcuni stalloni, che pretendevano di passare la notte dietro alla sua giumenta ( dalla Biblioteca Aprosiana... del 1673 = pag.100, riga IX dal basso: tutte le voci evidenziate in rosso sono attive) e per un incidente assai periglioso capitato allo stesso frate e ai suo compagni procedendo da Scarperia verso Firenzuola ( dalla Biblioteca Aprosiana... del 1673 = pag.102, riga XIV dall'alto : tutte le voci evidenziate in rosso sono attive) = ma non bisogna nemmeno dimenticare che anche certi conventi, ospizio quasi scontato per religiosi in viaggio, erano ormai fatiscenti (tanto da ordinarsi poi con Bolla Papale la soppressione di alcuni, fatto di cui anche il Ventimiglia fu incaricato) come quando Aprosio fu nel Convento di Feltre (pag. 119 della Biblioteca Aprosiana del 1673) dovendo dormire sui libri comprati a Treviso messi sotto il letto onde proteggerli, filtrando l' acqua piovana dal tetto (pag. 120 della Biblioteca Aprosiana del 1673), od ancora come quando lo stesso frate soggiornò in Dalmazia nel Convento di Lesina che definì una "spelonca" (pag. 120, XI riga dal basso, della Biblioteca Aprosiana del 1673))]. Così Angelico Aprosio al pari del suo discepolo Gandolfo, e di altri frati itineranti specie quali predicatori, dovettero attraversare a proprio esclusivo rischio diverse contrade, lasciandone varie descrizioni: oltre a tutto questo è da precisare che per i "secoli alquanto turbolenti" dell'età intermedia il viaggiare di notte per strade immerse nell'oscurità era pericolosissimo se non impossibile (data la presenza dei letali manticularii come dei marchiati per infamia e di molti rinnegati che nel buio complice meglio potevano celare le mutilazioni, per legge, loro inflitte in parti evidenti del corpo quali testimonianza della loro criminale condizione) ma anche il viaggiare di giorno (e pure, benché in minor misura, il viaggiare per mare, periglioso anche in tempi ufficialmente non guerreschi come si evince da una lettera datata 1673 del Cavana all'Aprosio e specificatamente rischioso soprattutto per le donne che, visti -oltre i possibili pirati- gli stessi equipaggi spesso comportamentalmente poco sicuri sia di buonavoglia che soprattutto di galeotti, dovevano stare a lungo sotto coperta in luoghi dall'area fetida e salire a respirare liberamente e a pieni polmoni solo per brevi tempi sulla tolda, guardate dai parenti, guardie o quantomeno munite di particolari aggeggi, "protettivi" contro possibili "stupri", passati sotto più voci ma analoghi per sostanza e finalità ("Freno della Lascivia", "Mutande contro la Lascivia" e quindi "Congegno Fiorentino" e "Cintura di Castità), e comunque icone storiche della subordinazione della donna al sistema patriarcale) non era certo senza rischi data una multiforme varietà di malavitosi che percorrevano vie accidentate e per lunghi tratti deserte o quantomeno poco frequentate = con le loro mura e quantomeno le guardie ai posti di controllo città, borghi, villaggi e luoghi erano gli unici siti relativamente, se non proprio assolutamente, sicuri ma questa sicurezza non si estendeva a quanti risiedevano extra moenia magari talora presiedendo a loro possedimenti agricoli o zootecnici, di modo che si dovevano quasi sempre prendere provvedimenti con recinzioni e l'affiancamento di uomini fidati, esperti nell'uso delle armi.
Come si intuisce tale relativa sicurezza offerta dai complessi demici non era garantita per i ben più attaccabili possedimenti isolati e come si vede da questa carta settecentesca le proprietà rurali erano mediamente cintate e sorvegliate per quanto possibile (come in altre italiche contrade) in Liguria (qui è il caso dell'areale tra Ventimiglia e Bordighera) = [ anche negli Atlanti vinzoniani si evidenziano strutture analoghe = per esempio durante la Guerra di Successione Imperiale di metà '700 l'importante Palazzo a Nervia (n. 3 moderno attivo = nella carta antica n. 11) che sostanzialmente presiedeva ad una tenuta agronomica sito alle falde di Collasgarba detto "Palasso Orengo" ( e pur con prosa d'epoca descritto, minuziosamente dalla relazione coeva del Magnifico intemelio Vincenzo Orengo) era già provvisto di Muraglie del Giardino rinforzate dagli Austro-Sardi come qui si legge cosa che verosimilmente avvenne per la pressoché analoga "Cassina del Moro, sulla riva orientale del Nervia, trasformata in forte S. Ignazio e/o ridotta Guibert" (stessa fonte) = a titolo integrativo vedi procedendo attraverso queste carte settecentesche da Camporosso (qui in una dettagliata carta tratta dal vinzoniano "Atlante del Dominio della Repubblica di Genova in Terraferma" sin all'areale da Ventimiglia, Piani di Vallecrosia e Bordighera il rigoglio di colture varie anche arboricole (al modo che scrisse nel '200 il notaio genovese Giovanni di Amandolesio specialmente a Nervia non lungi dal
medievale castello di Portiloria
sorgevano proprietà rurali con strutture agronomiche e colture di viti e fichi non esclusi alberi di mandorli sì che forse la grande produzione di mandorle necessarie per parte del "donativo" intemelio di queste a Genova stravolta dal contagio ai tempi della peste del 1579/'80 [di cui implicitamente fece cenno il discepolo aprosiano Domenico Antonio Gandolfo nel suo Beneficato Beneficante... (predica ai Ventimigliesi in cattedrale prima di diventare con varie aggiunte un volume autonomo) pur riferendosi prioritariamente a S. Secondo Patrono della città che -con le "Anime del Purgatorio"- avrebbe protetto Ventimiglia e suo Capitanato dalla ancora più terribile pesitilenza del 1656/'57] proveniva proprio in gran parte dagli areali di Nervia e Camporosso).
Ad ulteriore titolo informativo -risalendo decisamente attraverso i secoli- per far ricordare l'importanza di una continuità di produzione agronomica nell' estremo occidente ligustico (propriamente il "Capitanato di Ventimiglia e sue ville") può giovare leggere, coinvolgendo come qui si vede questa forte tradizione colturale sì la Piana Nervina di Ventimiglia quanto le ville suburbane in primis Camporosso e i Piani di Vallecrosia ma poi anche i restanti borghi quali Valebona, Borghetto S. Nicolò, S. Biagio della Cima, Soldano, Bordighera e Sasso può essere importante analizzare come in prossimità del XVIII secolo queste ville di orientali di Ventimiglia si distaccarono per l'economico da Ventimiglia nel contesto della "Comunità degli Otto Luoghi" (vedine qui la storia pregressa, l'istituzione, la decadenza e la soppressione con trasformazione delle Ville in Comuni) accelerando, presso Genova, un ormai vetusto programma di contenziosi con l'egemone città intemelia gli eventi connessi alla guerra del 1672 tra Genova ed il Piemonte per cui i soldati genovesi devastarono le proprietà agronomiche di Camporosso senza che il Parlamento intemelio risarcisse i tanti dannificati cosa per cui, a prescindere da altri documenti statutari basilari per la separazione economica del 1686, può su questa linea risultare interessante analizzare la stesura del Regolamento Campestre degli Otto Luoghi contestualmente dei Capitoli per la custodia della Comunaglia o bosco comune del Montenero risultando tutto quanto potenziato dalla redazione di Capitoli Criminali qui leggibili nel testo latino originario, ove i numeri a fine di ogni articolo rimandano alla esplicazione in italiano moderno dei contenuti degli articoli stessi.
La situazione produttiva per le ville migliorò ma all'orizzonte stavano profilandosi eventi preoccupanti che portarono prima alla guerra di Successione al Trono Imperiale di metà '700 che tanto danni procurò nel Ponente di Liguria e poi i tempi nuovi che dalla Rivoluzione di Francia portarono alla Rivoluzionaria Repubblica Ligure sin a che sopraggiunse l'astro di Napoleone destinato presto ad offusacrsi non senza aver prodotto grandi trasformazioni = con la sconfitta napoleonica e in base ai deliberati della Restaurazione sanciti dal Congresso di Vienna le trasformazioni non venero meno e la Reubblica di Genova venne assegnata al Piemonte sabaudo venendo integrata della contea di Nizza = la Comunità degli Otto Luoghi che già scricchiolava per contrasti intestini venne soppressa già dal Bonaparte e tale cassazione trasformando le ville in Comuni perdurò anche dopo la Restaurazione viennese: di fatto quindi scomparve la Magnifica Comunità degli Otto Luoghi smise di esistere ma insersero ulteriori problematiche per la demarcazione dei confini comunali stante il desiderio di conservare la valenza della produzione agronomica gestendo i terreni migliori.
Possedere le terre migliori ed economicamente più produttive nel contesto del nuovo Stato Sabaudo era un desiderio di tutti anche se non mancarono migliorie di vario tipo apportate dal nuovo governo sabaudo dai Liguri però e soprattutto dai Genovesi non amato = l'agricoltura e la zootecnia erano rimaste ad onta di tanti eventi l'essenza della vita e a proposito di un suo viaggio del 1865, scrisse Luigi Ricca da Civezza nel suo volume ormai raro in edizione originale intitolato Viaggio da Genova a Nizza partendo da Taggia (che, nel suo giudizio. può giudicarsi l'inizio dell'estremo ponente di Liguria) di cui esaltò la natura, specie della sua pianura ove sorgono a guisa di bosco, fichi, pesche, mandorli, peri, ciriegi, aranci, melogranati, abbelliti da rigogliose viti a festoni, che fanno incurvare i loro rami fino a terra, e sopra tutto ulivi giganteschi, che formano una variazione piacevole per giungere in un continuum sin oltre il confine italo francese e scrivere ancora a riguardo di Nizza di cui descrisse la straordinaria produzione agronomica elencando viti, ulivi, aranci, palme, mandorli, cedri, fichi, granati, pistacchi, giuggioli, capperi.
[ Per l'area di Ventimiglia e di Nervia in particolare è però estremamente importante D. D. Hamilton,Bordighera et la Liguria Occidentale, Bordighera 1883 (carta generale da Ventimiglia a Bordighera con le Ville, ormai Comuni, dell'interno) di cui vedi qui enfatizzati i tratti da Camporosso al mare ed ancora dalla Torre Orengo di Nervia a S. Rocco dei Piani di Vallecrosia e alla Torre dei Frati = la carta, pur con alcune imprecisioni, è sostanzialmente assai precisa ed aggiornata come addirittura in merito a quegli scavi archeologici auspicati nel 1865 da Luigi Ricca e graficamente anche se con positura sfasata rispetto alla nuova strada litoranea dal torrente-fiume Nervia sin a Ventimiglia o meglio al ponte sul Roia/Roja riproduce anche la recente scoperta del teatro romano di Ventimiglia (evidenziato tramite una rappresentazione grafica come qui si vede) specificandone l'esistenza anche in didascalia: l'osservazione sul rinvenimento del teatro romano qui in una vecchia fotografia riguardante nello specifico l'evoluzione degli scavi archeologici a Nervia (vedi altra foto antiquaria) non è cosa da poco ed a prescindere dai rinvenimenti di altre antichità si collega alle varie tematiche sulla scoperta di tutto il complesso demico romano di Nervia e di come la "città sepolta sotto la sabbia" che ad Aprosio suggerì l'espressione Fuimus Troes ovvero "dispersi come i Troiani" si coniugasse con una storia antichissima per cui l'area nervina divenne a lungo ambiente rurale sotto cui giacevano i resti archeologici e di cui Girolamo Rossi nelle sue molteplici osservazioni scrisse a T. Mommsen precisando come non pochi contadini attraverso i secoli avessero, lavorando i campi evolutisi sull'antichissimo complesso demico, esumato casualmente reperti di romanità ].
Tali strutture agronomiche extra moenia, organizzate però anche quali vere e proprie residenze specie per possidenti e benestanti, non raramente
ERANO ATTREZZATE COME NEL CASO DI QUESTA CARTA SEICENTESCA DI ANONIMO SOPRA PROPOSTA IN PARTICOLARE MA DA QUI LEGGIBILE INTEGRALMENTE
in modo da costituire dei propri, veri complessi abbastanza ben difendibili e sufficientemente sicuri anche sotto il profilo dell'autosufficienza
[ la struttura qui evidenziata, secondo gli studiosi del mappale (A.A.V.V., La Liguria in "Storia d'Italia dall'Unità a oggi", a c. di Antonio Gibelli e Paride Rugafiori, Torino, Einaudi, 1994, Tav. 23) sarebbe tipica dell'ESTREMO PONENTE LIGURE = a titolo esemplificativo vedi particolare con i campi recintati e varie case isolate nelle strutture agronomiche tra Ventimiglia e Piani di Vallecrosia ed oltre ancora del Tipo geometrico per l'amicabile adequamento de' limiti fra la Seborga e Vallebona (1759; particolare, rappresentante Ventimiglia e gli Otto Luoghi di Matteo Vinzoni sempre in A.S.G., come da volume appena citato, Tav. 28) = analizza qui la carta nella sua completezza sempre per questo particolare e vedi qui la cartografia e la documentazione specifica vinzoniana in merito alle relazioni confinarie tra Vallebona e Seborga pur non conoscendosene l'esatta locazione: essendo per la precisione complesso residenziale ed agronomico a scopo prioritario di viticoltura, ma con una CARATTERISTICA PRESENZA DI PALME (VEDI LETTERA L) (doc. conservato all'Archivio di Stato di Genova e cliccando qui visibile nella sua completezza e con le referenze del caso].
Non di rado, per eventi vari e non esclusi i conflitti bellici e le ristrutturazioni con ulteriori fortificazioni dei complessi
(come visto sopra nel
citato mappale e come si tratterà con maggiori documentazioni archivistiche e cartografiche), finite le emergenze, della primigenia struttura oltre che al primigenio complesso non rimase che che la "Cassina" o "Palazzo" cui venne spesso, data, dalla persistenza di una struttura del complesso verosimilmente sovrastante, la tipologia come sopra si vede, di "Torre" [ enfatizzazione delle strutture stutture a Nervia tratte da schizzo per la stesura dell' Atlante di Sanità del Vinzoni del Vinzoni (anteriori alla guerra di Successione al Trono Imperiale avendo iniziato il Vinzoni le sue ricognizioni a Ventimiglia per l'Atlante di Sanità nel 1730 opera importantissima della quale cui qui nel confronto con altra cartografia coeva, anteriore e posteriore si dà una riproduzione di documenti e carte) a confronto con il dettaglio da una più tarda ed oculata carta vinzoniana del 1759 comprendente anche le strutture sulla costa dell'"Atlante di Sanità" seppur realizzata per altre ragioni = il diario stesso delle ricognizioni cartografiche tra Ventimiglia-Nervia-Bordighera qui integralmente riportato comprova come Vinzoni all'epoca non potesse dare informazioni su trasformazioni databili a diversi decenni dopo (clicca e vedi con altra cartografia comportante molteplici relizzazioni nell'areale di Nervia -specie per la realizzazione della litoranea Nervia- Ventimiglia e del ponte alla foce del Nervia anche per merito dell'ottocentesco deputato sabaudo Fruttuoso Biancheri avvocato di Camporosso ma soprattutto analizza nelle carte e negli scritti la documentazione di Matteo Vinzoni sui Commissariati di Sanità di Ventimiglia e Bordighera integrando quanto scritto nel citato dario le osservazioni scrittografiche vinzoniane sui siti strategici di controllo, sulle strutture e sugli uomini a disposizione per il controllo dei due Commissariati) = indubbiamente però stupisce che in questa carta del 1759, come per tutto l'areale , l'ingegnere cartografo di Genova non abbia riprodotto tracce, che dovevano essere ben visibili ancora, delle fortificazioni austro sarde e a titolo d'esempio citiamo il forte S. Ignazio o ridotta Guibert sulla riva del orientale del Nervia.
da un ottocentesco schizzo del D'Andrade vedi poi qui altra "Casa Fortificata" tratta dal volume di B. Durante - F. Zara, Figliastri di Dio, "a coda d'una bestia tratto", cooperS ed., Ventimiglia, 1996 (con annotazioni critiche)
].
Tipologia quella della
"Casa Torre extraurbana"
che per certi aspetti di sicurezza l'edificio, se residenziale ed eretto fuori cinta muraria urbana, doveva avere essendo la "struttura a Torre" una conformazione ottimale -anche prima delle eventuali ristrutturazioni militari- allo scopo che i proprietari e i loro serventi potessero facilmente ripararsi da possibili contagi pestilenziali e soprattutto difendersi, sfruttando la piattaforme superiore, dai tanti rigurgiti delinquenziali numerosi tra 500, 600 ma anche '700, con relativi assalti, operanti verso le strutture isolate come qui si legge ed espressione di ladrocinio. banditismo, pirateria, violenza locale, violenza contadina, ruberie varie ed anche rapimenti, specie di donne da vendere come schiave, da parte di pirati barbareschi ma anche intercorrendo rapporti tra banditi e rinnegati coi commercianti di schiavi/-e (Nota bene = per intendere quanto di vetusta esistenza fosse la criminalità anche ben organizzata si leggano qui gli articoli concernenti i citati criminali ripresi dagli "Statuti Criminali di Genova" del 1556 tradotti dal latino da chi scrive con proposizione e analisi critica di tutti gli articoli sia di procedure che pene ed evoluzione della giustizia criminale del Dominio di Genova (comprese molteplici considerazioni su certe ambiguità del Diritto Intermedio secondo cui per ceto o censo od ancora per ricorso a restitutio e pacificazione, potesse eludere le terribili pene minacciate da vari articoli) e con specifiche indicazioni negli articoli a chi penetrasse o cercasse di penetrare in case altrui valicando finestre, sfondando muri, infrangendo muri o scalando muraglie ( anche di altri e diversi edifici compresi luoghi sacri, chiese e ma pure conventi e specie conventi femminili onde magari anche attentare all'illibatezza di donne votatesi a Dio) al palese scopo, tra altri possibili misfatti, di perpetrare rapine (Libro II, cap. 24) = invero la revisione della giustizia criminale dopo la nuova "Costituzione genovese" del 1576 non risultò esente da contrapposizioni e comunque si dovette procedere alla stesura di ulteriori pubbliche riforme della giustizia criminale, qui digitalizzate attesa la persistenza di una vera e propria criminalità organizzata capace di controllare intieri centri e vallate come nel caso della val Polcevera e dellala villa di Sestri Ponente compresa la valle del Bisagno sino a Chiavari e in merito al Ponente ligure quella dei sempre pericolosi contrabbandieri del sale spesso organizzati in bande che, come qui si evince dal "Manoscritto Borea", non esitavano ad assalire le prigioni per liberare i compagni catturati [come dettavano gli Statuti Criminali del 1556/'57, ripresi nei contenuti come qui si legge in ulteriori revisioni della giustizia criminale, pene severissime erano comminabili a quanti si fossero dati ad abbattere muraglie delle carceri per far evadere dei prigionieri (libro II, cap.50 - 51) e tra i malavitosi estremamente pericolosi, oltre che audaci ed organizzati erano, con altri delinquenti, da ascrivere i contrabbandieri che furtivamente valicando addirittura le mura della cinta di Genova tentavano di introdurre o far uscire illecitamente oggetti e merci di vario genere (Libro II, art. 90)]: i delinquenti peraltro si avvalevano di ogni sorta di armi al punto che si dovette intervenire nelle varie "Riforme della Giustizia Criminale" anche in merito alla distinzione fra armi lecite ed armi proibite come qui si legge e si vede).

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Il CASTELLO DI PORTILORIA (su cui si ritornerà specificatamente attivando gli opportuni collegamenti e sito qual guardia di Ventimiglia medievale non lungi dal Nervia nell'areale del Palazzo Orengo) aveva del resto un'indubbia e molteplice serie di funzioni = esso GUARDAVA (verosimilmente svolgendo una funzione di controllo e dogana) quanto restava del porto canale del Nervia (e quindi l'omonima piana sulla riva occidentale, alla foce, di questo torrente ) e poi la via di fondovalle, i resti del tragitto costiero romano, il duecentesco ponte di legno sul torrente ( di Amand., cit., doc. 641 del 28-VIII-1254) con il sostanziale quadrivio viario di Nervia = ma la vastità delle potenzialità strategiche e di visualizzazione dei siti non si fermava lì atteso che attraverso le presumibili postazioni in altura siffatta vastità di controllo si estendeva ben oltre (poteva controllare, oltre ad eventuali pericoli provenienti dal mare, la vasta zona dei Piani di Vallecrosia dove ancora sopravvivevano medesti reperti della Strada Romana o Strata Antiqua, cui si accedeva dall'importante Guado "del Verbone o Torrente del Crosa, conducendo ad un polmone agricolo storico tradizionale quello delle " BRAIE " verosimilmente percorso, benché chissà in quali condizioni però, dalla deviazione, gergalmente poi denominata "STRADA PER O DA CAMPOROSSO" .
Il FORTE (da non confondersi assolutamente con torri, erette o già esistenti, attrezzate contro i Turchi a guardia del mare e quindi prossime alla costa o con resti di strutture militari posteriori a partire dalla settecentesca "Guerra di Successione per il Trono Imperiale") sorgeva verosimilmente in una posizione egemone (sì da sfruttare il sito strategico ed ad elevata potenzialità d'osservazione di "COLLA SGARBA") rispetto a queste proprietà e agli eventuali insediamenti, su un sito relativamente in altura relativamente all'odierna parrocchiale nervina di Cristo Re eretta non lungi da dove stava nel '700 la ridotta o forte Orengo degli Austro-Sardi (nel XVIII secolo ai tempi della guerra di successione al trono imperiale), a sua volta edificato nel PREDIO (CASSINA) ORENGO già prebenda episcopale dal 1260 - 1261: poco più in basso di dove stava il CASTRUM AQUAE [o distributore alle condotte cittadine del rifornimento idrico portatovi da due acquedotti provenienti da rio Seborrino] eretto dagli ingegneri e dagli operai idraulici di Romani e nei pressi una struttura basilicale del medio Impero, rilevata di recente, su cui in seguito venne forse costruito un edificio paleocristiano [G. Rossi, Dove si trovava il castello di Portiola? , “Giornale storico e letterario della Liguria”, 1 (1900), p. 376-80 = nel recente "Castelli e fortificazioni nelle città portuali dell’area alto-tirrenica" di Enrico Basso nel La Liguria di Ponente: da Ventimiglia a Savona in " Castelli e fortezze nelle città e nei centri minori italiani (secoli XIII-XV)", Atti del Convegno di Cherasco 2008 nulla di nuovo vien detto sul Castello in questione rispetto a queste fonti e alle ulteriori ricerche) = latino Portiloria = volgar. Portiola, pron. Porziola: "Manuele, conte e capitano di Ventimiglia, con il consenso dei consiglieri e del consiglio di Ventimiglia, stipula un patto con Carlevario e Giacomo Preposito – per parte di Dolceacqua – onde le due comunità collaborino in pace e guerra con Genova e il conte di Provenza e contestualmente possano percepire i diritti bannali dei cittadini abitanti nei vicini rispettivi distretti. Il documento detta in questa modo: Nos Manuel comes et capitaneus hominum Vintimilii et voluntate et consensu consiliariorum Vintimili et consilio congregato more solito, scilicet Raimundi Saxi, Oberti Marosi, Fulconis de Castello, Wilelmi Prioris, Conradi Intraversati, Fulconis Curli, Ottonis Marchesii, Ugo Speronis, Willelmi Bonabella, Jacobi Grilati, Raimondi Prioris, Wilelmi Valorie, Rubaldi Balbi et nomine capitaneatus Vintimilii concedimus vobis Carlevario consuli Dulcisacque, quod vos possitis accipere banna de seminatis vestris et vestris agregis quos habetis infra territorium Vintimilii de omnibus hominibus preter de hominibus Vintimilii et de suo districtu... in sursum versus collam de fino. Et de dictis confinis in sursum possitis capere banna de vestris seminatis et agregis sicuti dictum est. Item promittimus vobis quod nos non faciemus pacem nec concordiam cun Genuensibus sine vobis. Et contra Iannuenses et Comitem Provincie si guerram habueritis promittimus vobis iuvare pro posse nostro. Et hec omnia predicta promittimus vobis attendere sub ipoteca bonorum Vintimilii. Item nos Carlevarius consul Dulcisaque et Iacobus Prepositus nomine communitatis Dulcisaque promittimus vobis Manuelo capitaneo hominum Vintimilii, quod nos non faciemus pacem nec concordiam cum Genuensibus sine vobis. Et promittimus vobis iuvare pro posse nostro de guerra quam habetis vel habueritis cum Genuensibus et cum Comite Provincie. Et predicta promittimus vobis attendere sub ypoteca bonorum nostrorum. Testes presbiter Ugo Ferrar, Rainaldus Garillius, Ugo Conqua de Saurgio/ Actum in castro Portilorie die XVI. octobris anno dominice incarnationis MCCXLII. inditione V./ Ego Wilelmus Bermundus sacri Palatii notarius extraxi de cartulario quondam magistri Wilelmi notarii nihil addito vel diminuto literam vel punctum quod mutet sententiam vel sillabam scripsi. = Albintimilium..., cit., p. 158-9, 183 nota, 189 nota e 197-8). Tale CASTRO confinava più in alto con la terra di Giorgio Cataneo, inferiormente con l' acqua del Nervia, da un lato con la terra di Mauro de Mauri, dall'altro con quella di Guglielmo Maroso...": da altri documenti si apprende che vi eran nei pressi terre coltivate ed un pozzo per l'abbeveraggio (Id., doc. 357 del 25-III-1261): il toponimo, da cui il FORTE traeva nome, risulta variamente nominato dal notaio di Amandolesio quasi a testimoniare che, accanto alla struttura militare, vi esistessero dei casolari con residenti stabili, impegnati nell'attività rurale.
Sempre dal duecentesco notaio genovese si evince la presenza nel luogo, vale a dire nell'AREALE DEL SITO DI NERVIA SU CUI GRAVITAVANO VILLE RURALI IMPORTANTI TRA CUI CAMPOROSSO (CAMPUS RUBEUS) di strutture funzionali per la vita agricola oltre che come detto di terreni da porre a coltura e di tutto quanto fosse necessario, partendo dalla gastronomia, per la vita di relazione: vedi qui doc. 260 del 9 giugno 1260 [citazione di troilum et fons (che sfruttavano ancora la portata degli acquedotti romani?) = Importante è anche il doc. 563 del 18 maggio 1262 (colture di di fichi e di viti).
In questo caso, oltre al consueto toponimo, compare nel documento la citazione IN PLANO NERVIE (che come si può vedere da quanto scritto sopra ancora agli INIZI DELLA GUERRA DI SUCCESSIONE IMPERIALE DI META' XVIII SECOLO ERA AREA FLORIDAMENTE AGRICOLA CONFINANTE CON QUELLA DELL'ATTUALE CAMPOROSSO MARE CON RELATIVA "STRADA DI E PER CAMPOROSSO", DEI PIANI DI VALLECROSIA E DELL'ACCESSO A BORDIGHERA ) evidentemente per indicare la zona pianeggiante, a sud dell'area vera e propria del castello, dove grossomodo corrono oggi la via statale e la ferrovia, sino a confinare con la prebenda episcopale, area dell'ex officina del gas e dell'attuale comprensorio ospedaliero intemelio].
Anche se, del variamente sopra citato notaio genovese duecentesco Giovanni di Amandolesio, un rilievo eccezionale ha soprattutto il doc. 515 del 25 novembre 1262 [ secondo la tecnica colturale aggregativa di PECIAM UNAM TERRE AGGREGATE FICUUM ET AMINDOLARUM colture di fichi e MANDORLI (del quale e del cui relativo frutto, molteplici sono le considerazioni dei classici che si leggeranno come la valenza che assunsero successivamente nel contesto del SIMBOLISMO CRISTIANO quanto, più semplicisticamente, della TRADIZIONE ALIMENTARE DEI PELLEGRINI DELLA FEDE ATTRAVERSO LA VIA FRANCIGENA RIVOLTI A RAGGIUNGERE ROMA OD I LUOGHI SANTI OD ANCORA MA CON PARTICOLARI DEVIAZIONI DI PERCORSO, ANCHE NELL'AGRO INTEMELIO, IL SANTUARIO GALIZIANO DI SANTIAGO DI COMPOSTELA.
Tale documento del notaio di Amandolesio del 25 novembre 1262, qui trascritto dal testo di riferimento, è assai importante, attestante nell'areale nervino, cenno verosimile ad un più esteso spazio agronomico, la coltivazione di mandorle (vedi le evidenziazioni: amandule = mandorle) e non manca di interesse anche per la comprovazione di mutate condizioni socio-economiche e giurisdizionali nel contesto dell'areale atteso che siffatto documento risulta steso soli 2 anni dopo la nuova demarcazione dei confini della Diocesi di Ventimiglia con la realizzazione di 8 prebende episcopali.
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[doc. 515, 25 novembre 1262 (Ventimiglia) - Iacopa, Moglie di Guglielmo Maroso, vende ad Ingone Burono una pezza di terra, coltifata a fichi e mandorle, situata nel territorio di Ventimiglia, a Portiloria, per il prezzo di 3 lire e 18 soldi di genovini di cui lascia quietanza]
Ingonis Buroni/ Die XXV novembris, post nonam, Ego Iacoba, uxor Guillelmi Marosi, vendo, cedo et trado tibi Ingoni Buroni peciam unam terre, agregate ficuum et amindolarum, positam in territorio Vintimilii, ad Portiloriam, cui coheret superius et ab uno latere terra Mauri de Mauro, inferius ab alio latere via , cum omni suo iure, ratione, actione reali et personali, utili et directo omnibusque demum pertinenciis suis, nichil ex his in me retento, ad habendum, tenendum,, possidendum et quicquid ex ipsa deinceps iure proprietario et titulo emptionis volueris faciendum, finito precio librarum trium et soldorum decem et octo ianuinorum, de quibus me bene solutam et quieta voc[o], renuntians exceptioni non numerate seu recepte pecunie et omni iuri. Quod si dicta terra ultra dictum valet, sciens ipsius veram extimationem, id quod ultra valet mera et pura donatione inter vivos dono et finem inde tibi facio et requisitionem atque pactum de non petendo, renuntians legi per quam deceptis ultra dimidiam iusti precii subvenitur. Possessionem insuper et dominium dicte terre tibi tr[a]didisse, confiteor, constituens me ipsam tuo nomine tenere et precario possidere dum possidebo vel ipsius possessionem sumpseris corporalem, promittens tibi de dicta nullam deinceps movere litem, actionem seu controversiam nec requisitionem facere, sed potius ipsam tibi et heredibus tuis pe meosque heredes ab omni persona legittime defendere, autoriçare et disbrigare. Alioquin penam dupli de quanto dita terra nunc valet vel pro tempre meliorata valebit tibi stipulanti promitto, rata manente venditione. Pro pena et predictis omnibus observandis universa bona mea habita et habenda tibi pigneri obligo faciens hec omnia et singula supradicta consilio Nicolai Barle et Oberti filii Ottonis Iudicis, vicinorum meorum, quos in hoc casu meos eligo consiliatores et propinquos. Insuper ego Raimundus Iudex, iussu et voluntate atque mandato dicte Iacobe, de omnibus et singulis supradictis pro ipsa Iacoba versu te predictum Ingonem me constituo principalem defensorem et observatore, renuntians iuri de principali e omni alii iuri. Et pro predictis omnibus observandis universa bona mea habita et habendo pigneri obligo. Actum in domo dicti Raimundi, presentibus testibus Raimundico clerico et et dictis consiliatoribus. Anno in indictione ut supra/ S. s. I..
cui corrisponde il seguente atto
[ 25 novembre 1262 (Ventimiglia) - Ingone Burone promette di restituire a Iacopa, moglie di Guglielmo Maroso, la terra da essa vendutagli, ed il relativo atto, di cui al documento precedente, se essa, entro un anno, gli verserà la somma di 3 lire e 18 soldi di genovini, prezzo della terra medesima ]
Iacobe, uxoris Wilelmi [Maro]si/ Die eodem, hora, loco et testibus. Ego Ingo Buronus promitto et convenio vobis Iacobe, uxori Guillelmi Marosi, reddere er restituere tibi vel tuo certo misso per me vel meum missum peciamquamdam terre, positam in territorio Vintimilii, ad Portiloriam, cui coheret superius et ab uno latere terra Mauri de Mauris, inferius et alio latere via, quam mihi hodie vendidisti, et cartam illius venditionis, scriptam manu Iohannis de Mandolexio, || notarii subscripti, [us]que ad annum unum proximum si mihi vel meo certo nuncio per te vel tuum nuncium solveris, usque ad dictum terminum, pro precio ipsius, libras tres et soldos decem et octo ianuinorum. Quod si contrada[cero] vel u[t] supra non observavero, penam dupli de quanto dicta terra nunc valet vel pro tempore maluerit tibi stipulanti, pro[m]itto, rato manente pacto,. Pro pena et predictis omnibus observandis univers bona me[a] habita et [h]abenda tibi pigneri obligo. Actum anno et inditione ut supra