cultura barocca

Per iniziare a sviluppare quella parte della lunghissima storia del vino e della viticoltura (qui proposta) che ha a che fare col periodo che corre dall'età intermedia al XVIII secolo, per svolgere correttamente le riflessioni sulla base delle postulazioni epocali, sarebbe basilare leggere la Storia Naturale di Ferrante Imperato, soprattutto per visualizzare le diverse tipologie dei terreni; in merito ai vitigni, al vino ed all'aceto bisognerebbe poi compulsare Amatus Lusitanus (vedi) e, in rapporto alla sua opera, queste voci estremamente specifiche specie per l'uso del vino e derivati in medicina quasi anticipando le postulazioni del medico ed enologo Francesco Scacchi = per la consultazione e la riproduzione di questi volumi, specie dell'opera di F. Imperato, è però necessario interpellare, motivando la richiesta e il suo fine, la sede di "CulturaBarocca" (Seborga, IM).
Si è pensato di mettere a disposizione completamente digitalizzato un testo che in definitiva conclude, riassumendone vari aspetti, siffatta epoca vale a dire l'opera di COSIMO TRINCI, "L'AGRICOLTORE SPERIMENTATO, OVVERO REGOLE GENERALI SOPRA L'AGRICOLTURA" [vedine gli INDICI MODERNI segnalandone la digitalizzata LETTERATURA SU VINO E VITICOLTURA distinta in 1 - "TRATTATO DELLE VITI " [11 capitoli] - 2 - "TRATTATO DELLE UVE, E DE' VINI" [33 capitoli] - 3 - [In app. al cap. XXXIII 16 paragrafi = "Delle qualità e quantità dell'Uve da scegliersi, e unirsi" (a seconda dei vini che si intendono fare)] - 4 - "TRATTATO INTORNO ALLA COLTIVAZIONE DELLE VITI" [2 capitoli] - 5 - "TRATTATO SOPRA LA COLTIVAZIONE DELLE VITI DESCRITTO DA M. BIDET UFFIZIALE DELLA CASA REALE DI FRANCIA AGGIUNTOVI UN TRATTATO SULLA STESSA MATERIA DI M. BUSSATO DA RAVENNA" ( I - PARTE PRIMA / COLTURA DELLE VITI - II - PARTE SECONDA / "MANIERA DI FARE I VINI" - III - PARTE TERZA / "IL GOVERNO DE' VINI") ed infine segnalandone l'APPARATO ICONOGRAFICO DI STAMPE ANTICHE consultabii per scorrimento delle pagine "cliccando" sulle voci evidenziate]
Fatta questa premessa bibliografica è interessante notare come nel XVI secolo in Liguria comparve un vino dalla chiara denominazione, il
MOSCATELLINO
del Ponente, un vino di pregio non comune [purtroppo oggi scomparso ma surrogato comunque da quell'ottimo vino che è il Rossese parimenti sviluppatosi in quel contesto fiabesco che meriterebbe di essere rivalorizzato assieme al folklore della civiltà rustica (vedi viaggio multimediale) il cui monumento base è l'architettura rustica derivata dalla "Grangia benedettina" e quindi dalla tradizione laica dei "muri a secco" (macieri)] il quale nel 600 (secolo in cui peraltro cominciano a comparire i primi trattati scientifici di viticoltura) sarebbe stato esaltato addirittura da eruditi e poeti.
Angelico Aprosio, da buongustaio, ne era un estimatore al punto che ne compose un elogio letterario di una certa efficienza costruendo una attraente immagine della gastronomia intemelia incentrata sulla sinergia intercorrente tra le buone trote del fiume Roja e la classica nobiltà del Moscatellino= comunque per la sua Biblioteca (clicca sul quadrangolo rosso e alla nuova schermata sul n. 5) raccogliendo in materia cimeli preziosi tra cui tanti altri volumi riguardanti vari tipi di vino e di procedimenti colturali ed enologici tra cui un'autentica gemma costituita dall'opera -quasi mitica e qui proposta- di Francesco Scacchi.
L'aprosiana sarcina encomiastica dedicata al vino Moscatellino ma non solo di Aprosio si attualizza nel repertorio della Biblioteca Aprosiana ma non si ferma in tal contesto, il religioso agostiniano, seppur senza esplicitamente soffermarsi a parlare del MOSCATELLINO, aveva già dedicato delle osservazioni sulle varie funzioni del vino: da quella gastronomica, a quella terapeutica sin a quella euforizzante con una consequenziale valutazione morale strutturata su parametri religiosi e fideistici.
Di quest'ultima aveva parlato in un capitolo o Grillo dello Grillaia laddove rivolgendosi all'erudito ed amico Pier Francesco Minozzi redasse il piacevole
GRILLO V = "Se senza ber Vino si possa poetare con eccellenza"
vero e proprio
SAGGIO DI PURISSIMA ERUDIZIONE
entro cui l'erudito intemelio assembò con gusto e garbata ostentazione di cultura, ma altresì con non irrilevante funzione documentaria, una significativa quantità d'autori, classici e moderni, italiani e stranieri, celebri e misconosciuti, che variamente si contesero letterariamente le discussioni sull'efficacia ispiratrice del "liquore sacro a Bacco".
E tuttavia, mentre scriveva questo, nel suo gioco labirintico e contraddittorio di accostare gli argomenti, Aprosio non mancava di sottolineare i rischi del "tracannare" [vedi p. 35 in fondo del la Biblioteca Aprosiana..., cioè del bere smodatamente, che determinavano ubriachezza con conseguenze innegabili a
******SCAPITO DELLA SALUTE******
, né generavano, stando all'esperienze e contro le postulazioni del suo vecchio "Grillo", spiriti poetici alla maniera peraltro che gli pareva stesse proprio accadendo nella sua Ventimiglia, dove appunto molti eran secondo il di lui giudizio soliti "tracannare" e non "bere".
Ciò che può sembrare moralismo fratesco dovuto a ripensamenti vari dipese forse da varie ragioni.
La prima che il piu' pensoso Aprosio del II '600 (visti anche i tempi pregni di calamità e in grado di far meditare sulla fragilità della vita)
quale vicario dell'inquisizione non poteva indulgere oltremodo, senza inviti alla moderazione, verso asserzioni contro cui si sarebbero infranti i suoi compiti: si evince la necessità storica di queste sue riflessioni dalla postazione della Chiesa Romana via via maturata avverso gozzoviglie e ubriachezza e basta per questo consultare il sunto di tale grande battaglia contro tutti gli eccessi leggendo, in merito a siffatto argomento, entro la voce CLERICUS NELLA BIBLIOTHECA CANONICA DI L. FERRARIS specificatamente all' ARTICOLO V: "NESSUN CHIERICO DEVE DARSI ALLA FREQUENTAZIONE DI BETTOLE E TAVERNE SI' DA EVITARE CRAPULA ED UBRIACHEZZA" [ che in modo dettagliato biasima CRAPULA - EBRIETAS che inevitabilmente associa alla colpa della GULA (GOLA): valutando che tal voce dell'opera del Ferraris colpevolizza ufficialmente la consuetudine di giudici ed inquirenti usi far INEBRIARE UN REO PER ESTORCERGLI UNA CONFESSIONE].
Più criptica ma più dolorosa e temuta era quasi certamente la seconda ragione che emergeva di tanto in tanto nei non pochi "ricordi pieni di rabbia" legati al passato Aprosiano: nella sua "Biblioteca Aprosiana" ancora nel 1673, A. Aprosio giudicava l'Antisatira della Tarabotti e il suo lavoro a difesa delle donne e quegli attacchi della suora che lo avevano lasciato, forse, senza respiro valendosi dell' Ode XII del Nebulo Nebulonum di G. Flitner, con accorpata appunto questa icona con il motto Hic merdam cribrando movet che apertamente cita il testo aprosiano in merito all'agire di A. Tarabotti che in questa sua sarcina sa molto di letteratura escrologica [tanta virulenza risiedeva in una considerazione - che Aprosio temeva - fatta dalla Tarabotti la quale dopo la grave alterazione dei suoi rapporti con A. Aprosio aveva apostrofato "il Ventimiglia" quale "...predicatore delle glorie del vino, confessore dei bugiardi e mecenate degli ubriachi...." alimentando, sulla linea della sua fama di frate buongustaio e amante del buon vino (o più propriamente di opsophagos) oltre che di raccoglitore di rarissime opere di enologia, la pericolosa pubblica nomea di "frate ubriacone" come si evince dalle lettere della donna = Aprosio si rivela ombroso se non impaurito quando si fa riferimento al suo passato "libertino e veneziano dell'Accademia degli Incogniti"; quasi ne sia rimasto "scottato" preferisce negli ultimi tempi parlare apertamente solo di "ubriachezza" quale vizio contro cui ha preso a combattere come Vicario dell'Inquisizione anche per cercare -invano- di dissipare del tutto il retaggio ambiguo e negativo dell'appellativo di "poeta" datogli a Venezia dal reggente Campiglia nel senso però di spirito bizzarro ed imprevedibile, anche impulsivo e non raramente litigioso, comunque non del tutto ancora avvezzo alla vita conventuale sì che, ben oltre i possibili interventi del buon Campiglia, sentite alcune voci A. Aprosio aveva temuto che si presentasse anche a lui per dissuaderlo a più consono comportamento e minacciosamente cinto di spada come era suo costume come aveva fatto contro altri il potente ed intransigente Nunzio Apostolico di Venezia Francesco Vitelli: il rispettoso formale comportamento di poi assunto da Aprosio non impedì (prescindendo dal delicato ma sempre risolvibile problema dei suoi reali rapporti con le donne e specificatamente con i "libri delle donne controcorrente, revisioniste e/o ribelli") la persistenza a suo carico -quali maschere riflettenti antichi ed epocalmente rischiosi costumi- di almeno 10 interrogativi su pregresse stranezze comportamentali di Angelico Aprosio].
In tutto questo contesto di discorso sui vini non si può tuttavia dimenticare mai quello sul VINO ECCLESIASTICO cioè finalizzato ai sacri riti: in merito al quale nel tempo vennero sancite le specifiche norme religiose ma anche le doverose norme di regolamentazione per salvaguardarlo e tutelarne l'uso od abuso in senso anche spiccatamente profano: non per nulla la stessa Chiesa mirò, per altro verso rispetto alle pubbliche istituzioni, a regolamentare l'attività dei "luoghi" maggiormente deputati alla vendita del vino ad avventori abituali o di passaggio vale a dire le
************LOCANDE E TAVERNE************
Ma in definitiva la basilare preoccupazione degli Stati e nella fattispecie della Repubblica di Genova concerneva i non religiosi e soprattutto quei non religiosi armatiche erano i soldati, tanti nella piazza strategica di Ventimiglia, litigiosi soprattutto per i fumi del vino e sempre propensi a duellare: la suggestiva DESCRIZIONE DI UNA SEICENTESCA SFIDA A DUELLO AVVENUTA PROPRIO A VENTIMIGLIA TRA DUE SOLDATI rafforza vieppiù le postulazioni di un celebre criminalista del XVII cioè ANTONIO CONCIOLI che apertamente collega, quale causa-effetto, l'UBRIACHEZZA all'AGGRESSIVITA' e quindi alla PROVOCAZIONE A DUELLARE Parimenti è anche da dire poterono influenzare le conclusive considerazioni aprosiane alcuni nuovi elementi quali le conoscenze maturate per la frequentazione dei nuovi medici e quelle dovute alla narrazione variamente raccolta dei tanti viaggiatori per il Mondo Nuovo.
E molte delle classicheggianti certezze aprosiane decaddero con probabilità a fronte anche della lettura di libri nuovi in cui il "bene" del bere vino era messo in discussione al modo che scrisse Paolo Mini nel suo Discorso della natura del vino, delle sue differenze, e del suo uso retto... od alla maniera che relazionarono tanti autori di cronache che raccolsero la narrazione di marinari ed avventurieri che erano andati scoprendo l'effetto pernicioso che proprio il vino, l'antico "nettare degli dei", bevuto senza criterio andava esercitando sulle
POPOLAZIONI AMERINDIANE DEL MONDO NUOVO
in particolare.
Queste considerazioni sul vino e sul vino ligure già di per se stesse sono interessanti ma non coniugano ancora abbastanza l'Aprosio buongustaio con l'Aprosio erudito e bibliotecario, l'uomo che trasmise questa sua curiosità alimentare e scientifica all'amato discepolo Domenico Antonio Gandolfo: in effetti trattando di siffatto argomento non si può restare nel campo dei banchetti e/o della gastronomia ma risulta doveroso menzionare i preziosissimi libri (ed un'autentica rarità) di enologia che si conservano tuttora alla "Libraria di Ventimiglia".
1 - Castore Durante, Il tesoro della sanita' di Castor Durante da Gualdo nel quale s'insegna il modo di conservar la sanità, et prolongar la vita, et si tratta della natura de' cibi, et de' rimedij de nocumenti loro ..., In Venetia, appresso Gio. Battista Cestaro, 1646
2 - Pietro Paolo Fuscone , Trattato del bere caldo, e freddo di Pietro Paolo Fuscone ... dove si disputa, se conviene generalmente a tutti cosi sani, come ammalati, e in particolare a' podagrosi il bevere del continovo l'acqua col vino, tanto calda quanto si può sofferire, overo molto fredda con neve, opure come ci vien data dalla natura ..., In Genova, appresso Giuseppe Pavoni, 1605
3 - Paolo Mini,Discorso della natura del vino, delle sue differenze, del suo uso retto..., in Firenze, presso G. Marescotti, 1596
4 - Paolo Aresi, Pauli Aresii derthonensis Episcopi, De aquae transmutatione in sacrificio Missae, hoc est an in sacrificio Missae aqua mista vino in sua substantia permaneat, vel, in quid aliud, si non maneat, convertatur disputatio, Derthonae : typis Nicolai Violae (Derthonae : apud Nicolaum Violam, 1622). - [44], 250, [1] p. ; 8°
5 - Gaspare Colombina, Il bomprovifaccia per sani et ammalati, In Padova, per Pietro Paolo Tozzi, 1621.
Ma alla Biblioteca Aprosiana si conserva un'autentica rarità (sia per il limitatissimo numero dei volumi noti sia per alcune postulazioni sorprendenti) e, precisamente, si tratta di:
Francisci Scacchi fabrianensis,
De salubri potu dissertatio, Romae : apud Alexandrum Zannettum, 1622. - [10], 235, [10] p. : 2 ill ; 4° [Capitolo I.Quale bevanda sia salutare se fredda,calda o tiepida. II.Se gli antichi bevessero la bevanda fresca o calda. III.Quale bevanda sia stata più comune presso gli antichi: se fredda o calda o tiepida. IV.Come debba essere fredda la bevanda salutare. V.In quali modi la bevanda non naturalmente fresca possa essere rinfrescata nella stagione estiva. VI.Quale modo di raffreddare sia più conveniente alla salute. VII.Come ci si possa difendere dal danno di una bevanda ghiacciata e quando questo genere di bevanda debba essere assolutamente evitato. VIII.Se sia meno nocivo rinfrescare l’acqua o il vino. IX.Se la bevanda eccessivamente fredda o calda o tiepida possa talvolta essere conveniente alle persone sane, e come alcuni si sforzino a torto di dimostrare che la bevanda ghiacciata ssia utile d’estate. X.Se d’estate convenga più moderare il calore dell’aria o rinfrescare la bevanda con qualche mezzo. XI.Se l’acqua o il vino debba essere detto bevanda fresca e naturale. XII.La bontà ed il difetto delle acque. XIII.La purificazione delle acque cattive. XIV.L’origine del vino e le differenze dei vini. XV.Come il vino debba essere diluito, dell’uso del vino secondo l’età, la costituzione, l’abitudine, l’occupazione, la stagione e la condizione fisica. XVI.Come il vino sia salutare o nocivo. XVII.Se il vino sia nutriente. XVIII.La sete vera e quella falsa nelle persone che stanno bene. XIX.Quale quantità della bevanda sia adatta a ciascuno nella cena e nel pranzo e se si debba bere in un’unica volta o in più volte. XX.L’ubriachezza deve essere evitata, conosciuta e respinta. XXI.Se il vino frizzante, comunemente detto piccante, sia utile alla salute. XXII. Se dopo la frutta si debba bere il vino o l’acqua.]
Francesco Scacchi medico di Fabriano (AN), vissuto tra l'7/11/1577 e l' 11/3/1656 e nel 1622 certifica scientificamente la sinergia tra champagne e medicina: ai primi del ‘600 in Europa si contano sei trattati medici sull’acqua e sul vino; Scacchi interviene con questo suo volume sul “bere sano” nel contesto di una medicina tutta laica. E può permettersi simili considerazioni, atteso che nonostante l'odierno semioblio, Scacchi era e rimane figura di grande prestigio: in vita svolge le mansioni di medico del potente Cardinale Bandini legato pontificio vantando, come ulteriore credito, l'appartenenza ad una famiglia di clinici illustri, da generazioni sì da poter contare fra gli avi il medico personale di Carlo VI re di Francia ed il medico personale della regina Elisabetta d’Inghilterra. In merito a questa sua pubblicazione, connessa alla storia basilare dell’enologia, i promotori della Giornata di Studi su Francesco Scacchi, Fabriano, 5 giugno 2004 (Colabella M., Cruciani G.F., Garofoli C., Lunelli F., Manni A., Martinelli G., Sbaffi F., Valentini A.) hanno competentemente documentato come lo Scacchi diede le indicazioni complete de la méthode champenoise 46 anni prima di Dom Perignon.
Questo suo libro (di cui a Fabriano il 27 novembre 2000 presso la Sede Centrale della Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana e della Fondazione omonima, è stata presentata una pregevolissima ristampa) risulta costituito da ventidue capitoli ricchi di considerazioni mediche in merito alla valenza igienico-sanitaria del bere (vino, acqua ed altro) o no , se caldo o freddo, se digiuni o dopo pranzo ecc..
L'opera contiene molti riferimenti ad autori classici tra cui citatissimi risultano Claudio Galeno (II - III secolo d. C.) Plinio il Vecchio (I secolo d. C.).
Più ampio fra tutti risulta il terzo capitolo, di 31 pagine, dal titolo Quale bevanda sia stata più comune presso gli antichi: se fredda o calda o tiepida. Nel capo sesto si possono poi osservare incisioni di recipienti metallici usati per scaldare le bevande che vennero osservati direttamente al tempo in cui la delegazione giapponese giunta presso Paolo V a Roma nel 1615 ne fece uso per ottenere il thè ed il sakè.
E'all'interno del breve capitolo XIV (di 7 pagine), intitolato De origine vini et vinorum differentiis che l'autore affronta espressamente la storia dei vini: nel successivo poi analizza vini piceni (cioè marchigiani) scrivendo tra l'altro "..., anche i vini piceni potrebbero risultare di primissimo ordine, visto che siffatte contrade provvedute dalla natura di colline non solo numerose ma altresì favorite dalla natura, aperte e fruttifere, permettono che tutte le vigne abbiano splendida positura, di maniera che per la fertilità dei luoghi non avrebbero affatto necessità di concime, per quanto poi sia usanza comunque di concimarle, sicché le uve diventino più abbondanti,..." (trad. libera).
Il capitolo XVI parla del rapporto fra donne e vino: enon si può negare che l'autore indulga in qualche osservazione pruriginosa come quella che detta "Mulieres in Gallia, ac Neapolis donec viro non copulantur abstemiae sunt o come ancora quando, in maniera ancora più stravagante, si fa cenno alle donne cinesi e giapponesi.
Ad inizio del XVII capitolo finalmente l'autore afferma, alla maniera dei moderni dietologi, che il vino è un alimento vero e proprio.
Ai giorni nostri il più interessante è verosimilmente il capitolo XXI che si intitola Se il vino frizzante, comunemente chiamato piccante, sia utile alla salute: la valenza basilare di questo capitolo è rappresentato dalla descrizione dei metodi con cui si rendevano frizzanti i vini a quel tempo. In poche parole vi si descrive come era realizzata la rifermentazione dello spumante in bottiglia, argomento che mina una sorta di assioma enologico che ha sempre sancito una sorta di primato francese in merito a tali vini. Dall'analisi ne deriverebbe, secondo alcuni interpreti, che simile procedimento sarebbe stato esportato dall'Italia presso i monaci benedettini di Hauteuil ove si suppone che in seguito sia stato appreso da Dom Perignon quasi mezzo secolo dopo le considerazioni scientifiche di Scacchi.
Occorre comunque rammentare che osservazioni molto prossime a quelle dello Scacchi furono sviluppate già in tempi pregressi da Andrea Bacci [Bacci, Andrea [vissuto tra 1524 e 1600], De naturali vinorum historia de vinis Italiae et de conuiuijs antiquorum libri septem Andreae Baccii ... Accessit de factitiis, ac ceruisiis, deque Rheni, Galliae...., Romae: Muzi, Niccolo, 1596]: sia Scacchi che Bacci non erano fautori di potenziali qualità terapeutiche dei vini frizzanti, che anzi consigliavano di gestire con prudenza, a differenza di quanto sostenuto da altri eruditi come Baldassarre Pisanelli Trattato della natura de' cibi, et del bere. Del signor Baldassare Pisanelli, medico bolognese. Nel quale non solo tutte le virtu, & i vitij di quelli minutamente si palesano; ma anco i rimedij per correggere loro difetti copiosamente s'insegnano: tanto nell'apparecchiarli per l'vso, quanto nell'ordinare il modo di riceuerli. ... In Genova : appresso Gieronimo Bartoli, 1587).

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