Sulla scia di una tradizione che rimanda ai mimi ed ai saltimbanchi di Roma antica, a ciarlatani, venditori di sciroppi esotici [ma anche illusionisti e prestigiatori, si andò, nell'"età intermedia", a costituire quella marea di OPERATORI AMBULANTI che sulle piazze e per le vie, dall'epoca classica alla contemporaneità, hanno svolto la loro vita e tratto il guadagno, sfruttando svariate risorse e spesso lavorando nel contesto dei veri e propri MERCATI o delle FIERE = nell'età intermedia, sospesa tra splendori e miserie il fenomeno del pauperismo (di poveri reali ma anche finti contro cui si dovettero prendere provvedimenti) e del vagabondaggio spesso di criminali e perseguiti dalla legge (che coagulava alla ricerca di ambigui guadagni tanti personaggi anche infami o marcati a fuoco dal segno di infamia intorno a questo mondo di affari e commerci appunto caratterizzato da mercati e fiere) divenne un problema di dimensioni estreme = al punto di manifestarsi addirittura in campo ecclesiastico e specificatamente quello degli Eremiti il caso di una particolare forma di Pseudoeremitaggio, sotto cui si nascondevano Vagabondi che si spacciavano per religiosi onde ottenere elemosine, sì che la Chiesa dovette promulgare le
"Costituzioni e gli Editti per i Romiti" (anche se il problema del mascheramento ecclesiastico per ossessione ma specie per accedere alle elemosine spettanti ai veri indigenti era più esteso del pensabile nel contesto generale dell' Inganno e della Frode = come Vicario dell'Inquisizione per la Diocesi di Ventimiglia infatti A. Aprosio come si legge da questa lettera del Grande Inquisitore di Genova Michele Pio Passi del Bosco
dovette affrontare, in tale contesto, anche una falsa e truffaldina Confraternita, o hospitale della Madonna de sette dolori dell'Aquila contro cui si leggono qui le direttive adottate, sin alla carcerazione).
Da sempre era il GIORNO DI MERCATO quello ideale in cui accanto ai commercianti si spostava - con altri "nuovi" personaggi di cui meglio si parla qui di seguito - quella variegata umanità di cui sopra si è detto (ed alla quale sempre si mescolava nella varia forma di quanti lo praticavano ma soprattutto lo sfruttavano il triste "giuoco" del sesso a pagamento esercitato da meretrici e prostitute già schiave ma, anche con il Cristianesimo, schiavizzate di fatto da Lenoni fattisi loro padroni e sfruttatori) = a riguardo di tale momento di pubblico fermento, di festa, affari ma anche gozzoviglie ed imbrogli in epoca romana si parlava di NUNDINAE e così si indicava il GIORNO DI MERCATO che cadeva ogni 9 giorni (computando quello di partenza e quello d'arrivo, di maniera che di fatto tra 2 NUNDINAE intercorreva un periodo di 7 giorni, tanto che si evolse il concetto di MERCATO SETTIMANALE come tempo, luogo e affari, in cui i contadini si recavano nelle città, vendevano e comperavano ed altresì si informavano della vita pubblica: secondo la tradizione di Roma, per esempio, un progetto di legge (lex) doveva restare esposto in pubblico per 3 mercati e 17 giorni.
La gestione delle NUNDINAE ebbe tale importanza in tutto il mondo romano che venne più volte regolamentato e fu spesso soggetto all'attenzione della giurisprudenza civile: vedi ad esempio TITOLO 11 del LIBRO L del DIGESTO GIUSTINIANEO.
Caduto il mondo classico, dopo il buio medievale dell'epoca curtense e dell'economia chiusa, si riaffermarono le esigenze di commercio e si ebbero con i MERCATI le ancor più commerciali
FIERE.
Specie tra XV e XVIII secolo in ogni contrada, italiana come europea, specie laddove profilassero MERCATI e FIERE si aggregarono alla variegata complessità di circulatores (in senso proprio ciarlatani - ma anche in senso commerciale da intendere rivenditori ambulanti = tra cui eran tanti i venditori seri e onesti ma con cui si mescolavano anche veri e propri ciarlatani nel senso etimologico di "perpetratori di imbrogli e truffe" e del pari anche finti medici che vendevano ogni sorta di panacea e medicina straordinaria quanto inefficace) anche una sorta di personaggi prototipi dell'attività ludica e circense i così detti birbanti e, soprattutto, gli orsanti che tiravano a campare intrattenendo il pubblico con l'ostentazione di animali più o meno rari da vedere se non esotici.
In particolare gli orsanti erano i continuatori di una antica (e mai veramente scomparsa) tradizione, risalente alla romanità, di intrattenitori ambulanti che sulle piazze davano prova della loro abilità nell'ammaestrare animali, anche ritenuti pericolosi = per esempio nella complessa organizzazione degli ospedali militari romani è da rammentare come un ruolo peculiare "paramedico" spettasse senza dubbio al Marsus come esperto di serpenti e curatore contro i morsi velenosi = è però da precisare che il Marsus -nel contesto di una variegata cultura sciamanica di estensione panitalica e non solo- aveva anche fama di incantatore di serpenti, abilità in cui poteva pure esibirsi in pubblico per lucro ( Caes., b. c., 1, 15, 7 - Flor. 3, 18 e 6 e 13, Cic., de div., 1, 132 e 2, 70 - Firm.).
Nel contesto di siffatte, seguite esibizioni
dovettero verificarsi già nell'antichità eventi rischiosi in merito particolaremente agli ammaestratori ambulanti di serpenti
di maniera che queste malaugurate possibilità e le relative responsabilità ( nel caso che gli animali fossero sfuggiti al controllo degli ammaestratori ed avessero suscitato panico o causato qualche danno nel pubblico ) furono prese in considerazione dal DIGESTO GIUSTINIANEO e minacciate di pene, per esempio al TITOLO 11.11 del LIBRO XLVII,
= e, attesa la millenaria continuazione di siffatta forma di spettacolo itinerante- la norma restò sempre in vigore ed ancora nel XVIII secolo
= infatti secondo il
diritto dello Stato come si vede nel testo criminologico di questo illustre giurista
e precisamente nella parte II
"Charles Dickens è il poeta, il quale come nessun altro ha reso immortali la propria gioia e il proprio dolore infantili. Sempre e sempre ancora egli narra di quel fanciullo umiliato, spaurito, trasognato, orfano di padre e di madre; il suo accento patetico commuove fin quasi alle lacrime, la sua voce si fa armoniosa e piena come suono di campane.
Informatizzazione a cura di Bartolomeo Ezio Durante CLICCA SULLE FRECCE PER L'INDICE TEMATICO A SCORRIMENTO - QUI PER RITORNARE ALLA HOME PAGE DI "CULTURABAROCCA"
Charles Dickens fu uno dei più grandi e famosi scrittori della letteratura inglese dell’800. Raccontò storie complesse, ricche di personaggi, luoghi e tematiche. Humor, autobiografismo e impegno sociale sono i tratti distintivi della sua opera; le lacrime e il riso, e la loro efficace fusione, i suoi strumenti essenziali. Gli aspetti negativi della società e la sua esperienza personale portarono Dickens a descrivere nelle sue opere soprattutto la povertà, il lavoro minorile, l’infanzia abbandonata.....,"
[trattando anche oltre i limiti delle bieche CORTI DEI MIRACOLI il tema più esteso dell'INFANZIA VIOLATA (SCORRI GLI INDICI DELLE VOCI SULLA "SEMPLICITA' INGANNATA" DI FANCIULLI E FANCIULLE) in ogni contesto, dalla famiglia quanto all' ambito giuridico = i link comportano integrazioni ipertestuali]
" Ogni scrittore, come ognuno di noi, è influenzato dalla realtà che lo circonda. Per capire l’opera di Dickens bisogna tener conto del periodo in cui visse, caratterizzato da rapidi cambiamenti. La Rivoluzione Industriale, infatti, portò delle grandi trasformazioni nelle città nelle quali nacquero agglomerati urbani senza controllo; miseria e povertà accompagnarono questi cambiamenti.
L’abbandono e lo sfruttamento infantile erano molto diffusi nell’età di Dickens e lo riguardano in prima persona. Secondo la legge e la società il bambino era considerato un adulto se aveva più di sette anni e quindi era responsabile delle proprie azioni. Fino al 1780 la punizione per aver commesso un numero superiore ai duecento crimini era la morte per impiccagione e molti bambini furono impiccati per reati banali:
In un solo giorno, nel febbraio 1841, il Tribunale di Londra condannò a morte cinque bambini; Fowler e Wolfe di dodici anni per il furto in un’abitazione; Morris, di otto anni, Solomons, di nove e Burrell, di undici, per aver rubato un paio di scarpe.
Il tribunale non soltanto condannava i bambini ma li trasportava anche oltremare se ritenuti colpevoli di crimini molto gravi. Gli estratti del Registro della prigione di Stafford del 1834, e dell’anno successivo, mostrano il tipo di crimine che portava alla deportazione:
William Biglen: di anni 14, per aver rubato un fazzoletto di seta - condannato alla deportazione per sette anni..., Matilda Seymour: di anni 10, per aver rubato uno scialle e una sottana - condannata alla deportazione per sette anni..., Thomas Bell. di anni 11, per aver rubato due fazzoletti di seta - condannato anche lui alla deportazione per sette anni.
La deportazione come metodo usato per combattere la delinquenza minorile era stata autorizzata da una legge del 1718. Le prigioni divennero molto popolate; uomini, donne e bambini erano rinchiusi in luoghi malsani senza strutture sanitarie e si contagiavano a vicenda sia moralmente che fisicamente.
Molti bambini poveri non solo venivano condannati e imprigionati come gli adulti ma erano anche costretti a lavorare nelle fabbriche tessili sfruttati e maltrattati; la situazione peggiore era vissuta da coloro che nel XIX secolo erano impiegati nelle miniere dello Staffordshire, Lancashire e West Riding e lavoravano duramente per dodici ore al giorno riempiendo i carrelli con il carbone e spingendoli lungo la miniera.
Il primo rapporto della Commissione sull’impiego dei bambini e dei giovani nelle miniere, presentato in Parlamento nel 1842, descrisse quei bambini come esseri totalmente in potere dei loro superiori.
Una bambina di otto anni, Sarah Gooder, descrisse ai commissari la sua giornata nella miniera:
Devo lavorare senza luce e ho paura. Vado a lavorare alle quattro e a volte alle tre e mezza del mattino e finisco alle cinque e mezza della sera. Non vado mai a dormire. Qualche volta canto quando c’è luce ma non al buio: non oso in quel caso.
Bambine come questa, che trascinavano i carrelli di carbone nelle miniere, furono descritte dai membri della Commissione sul Lavoro Minorile del 1842. Rivelazioni come questa ebbero come risultato immediato la proibizione del lavoro dei minori di dieci anni nelle miniere. Simili limitazioni sull’impiego dei bambini nei cotonifici erano già state imposte e si estesero successivamente con nuove leggi. Nonostante ciò fu necessario nel 1866 lottare per una ulteriore legge che proteggesse i bambini nelle altre industrie e anche dallo sfruttamento dei genitori. L’indifferenza dei genitori e della società nei confronti dello sfruttamento minorile fu uno degli ostacoli maggiori da superare per chi cercò di affermare il diritto di protezione per i bambini. Tra coloro che lottarono nel XIX secolo per diminuire l’orario di lavoro dei minori all’interno delle fabbriche e delle miniere, Lord Shaftesbury fu il più noto. Prima di lui Jonas Hanway aveva protestato contro l’impiego dei bambini come spazzacamini. Hanway rese noti gli infortuni che capitavano ogni anno ai bambini soffocati dal fumo o feriti alle gambe e alle braccia a causa degli spostamenti lungo i camini. Egli cercò di scuotere la coscienza pubblica raccontando la riluttanza dei bambini ad arrampicarsi nei labirinti pieni di fuliggine, riluttanza che veniva domata dai datori di lavoro accendendo il fuoco sotto di loro e obbligandoli a muoversi per fuggire dalle fiamme. La protesta di Hanway fu solitaria e senza risultato, infatti soltanto cento anni più tardi l’impiego degli spazzacamini fu proibito. Nel 1873 Lord Shaftesbury raccontò la stessa realtà ma con maggiori risultati visto che nel 1875 l’impiego di questi bambini fu proibito dalla legge.
Hanway aveva lottato da solo nel 1773; negli anni successivi le varie Commissioni parlamentari mostrarono il modo terribile in cui venivano trattati gli spazzacamini e di conseguenza molte leggi furono approvate per proteggere questi bambini ma nessun tentativo serio fu compiuto per renderle effettive. Buona parte della compiacenza nei confronti dello sfruttamento dei bambini derivava dalla convinzione che nella società ognuno avesse il suo posto e che dovesse conservarlo. Questa situazione era dovuta anche alla convinzione che i genitori avessero la responsabilità totale sui figli, lo stato riconosceva tale responsabilità ed evitava di intervenire attraverso una legislazione contro lo sfruttamento che avrebbe limitato i diritti dei genitori. Anche gli stessi riformatori, che volevano proteggere i bambini, non avevano intenzione di violare la stabilità familiare; di conseguenza furono pochi coloro che lottarono per un’azione legislativa. Proporre una limitazione dell’autorità dei genitori significava non solo diminuire i diritti dei genitori stabiliti dalla legge ma anche modificare un modello familiare considerato volere di Dio.
All’inizio del XIX secolo iniziarono a manifestarsi i primi segnali di un cambiamento, ad esempio nel 1814 fu introdotta una legge per prevenire il furto dei bambini, ritenendolo un crimine passibile di pena per la prima volta nella legge inglese. In un discorso a favore della legge contro il furto dei bambini, un parlamentare osservò alla Camera dei Comuni nel 1814:
E’ sorprendente che questo reato [...] non fosse affatto punito dalla legge esistente, tranne in quei casi in cui la persona che aveva rapito il bambino fosse accusata di voler rubare i suoi vestiti. Era sicuramente una grande colpa delle leggi del Parlamento [...] il fatto che un uomo fosse libero di rubare un bambino senza essere punito mentre non poteva rubare le scarpe di quel bambino senza essere condannato. E [...] il giudice, in casi di questo tipo, se esistevano dubbi sul fatto che la persona volesse semplicemente rubare il bambino, e non i suoi vestiti (cioè il reato considerato maggiore), allora poteva anche decidere di liberarla .
I bambini venivano rapiti per il valore dei loro vestiti o per essere venduti a mendicanti che li obbligavano a chiedere la carità, o a datori di lavoro che, generalmente, li facevano lavorare come spazzacamini. Secondo la legge esistente, soltanto coloro che venivano considerati colpevoli di furto dei bambini per appropriarsi dei loro vestiti venivano condannati. Il furto dei minori fu soggetto alle punizioni previste per i reati più gravi, lo scopo della legge era quello di offrire la protezione dello stato ai bambini rapiti che avevano genitori che non potevano proteggerli; successivamente la protezione da parte dello stato si estese ad altre sfere e fu stimolata dalla reinterpretazione dei diritti dei genitori sui propri figli e dalla nuova visione dell’infanzia che si diffuse in Inghilterra nel XIX secolo".
[UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA
“LA SAPIENZA” /
Facoltà di Lettere e Filosofia /
Corso di Laurea in Lingue e Letterature Straniere /
Tesi di Laurea in Pedagogia generale CHARLES DICKENS E I “NEGLECTED CHILDREN”
Lingua, Letteratura, Storia, Educazione / di Elisabetta Mariani/
Anno Accademico 2000/2001
/
(Relatore Correlatore
Prof.re Nicola Siciliani - de Cumis Prof.ssa Maria Stella)]