Così nella sua Storia della Città di Ventimiglia alle pp. 236-237 Girolamo Rossi riportò i contenuti del manoscritto recuperato a " Sospel " intitolato " Atti per il fisco giurisditionale del presente Castellaro inquirente contro Peirinetta vidua fu Gian Raibaudi " che all'epoca sarebbe stato in possesso del parroco locale [in corsivo e blue il testo della relazione di G. Rossi: dati i ritrovamenti fatti integrato tra parentesi in colori diversi e carattere tondo] =
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"In Castellaro [località nel retroterra di Mentone] era stato iniziato il 5 settembre 1622, un processo contro cinque sventurate femmine, di cui la protagonista si chiamava Peirineta Raibaudo, incriminate di un gran numero di delitti immaginari [il procedimento tenuto secondo l'epocale costumanza del "doppio foro" eccesiastico e civile riguardava fatti non casualmente avvenuti in un areale di frontiera e di Diocesi di Frontiera = in particolare nel contesto delle Diocesi ed Arcidiocesi "Liguri" è da dire che la Diocesi di Ventimiglia -in cui stando agli atti avrebbero operato al massimo siffatte streghe- aveva una caratteristica abbastanza sottovalutata quella cioè di costituire una Diocesi di Frontiera o meglio ancora "Diocesi Usbergo" alla maniera che scrisse contro i vari aspetti dell'illuminismo il polemista conservatore Padre Antonino Valsecchi (la cui opera è qui digitalizzata) quindi più esposta e permeabile, quasi se non proprio al pari delle Diocesi della Germania Meridionale, alle infiltrazioni dell'Eresia compresa l'Eresia Stregonesca] cioè di aver fatto morire ragazzi con malefici, di correre in corso sotto forma di gatte e d'aver avuto commercio [ rapporti sessuali ] col diavolo vestito di rosso .
[oltre che in generale il crimine osceno di bestialitas o "congiungimento carnale con animali" nello specifico esso era temutissimo soprattutto in ambito agreste e pastorale e comunque contadino come appena prima si è scritto per il possibile coinvolgimento nell'innaturale atto sessuale di forze demoniache e in particolare del Demonio in veste di Capro accoppiantesi con Streghe nell'ambito del Sabba: al punto di appellarsi all'opera di Santi specificatamente protettori: le manifestazioni orgiastiche dei Sabba potevano mutare come poteva putare la nominazione del diabolico amante delle Streghe ma sempre di un Capro si trattava pur se l'etimo poteva variare -anche sulla base di superstiti interferenze pagane deformate e alterate- ad esempio in in vasto areale comprendente la "Liguria Storica" si prediligeva l'espressione Bekko e/o Becco argomento quest'ultimo su cui il ventimigliese Aprosio scrisse questo capitolo ora edito e qui digitalizzato della sua Grillaia cui non fu al suo tempo concessa la licenza di stampa per l'audacia di certe riflessioni sia di ordine teologico e non prive di riferimenti al paganesimo sia soprattutto avverso sia le donne fedifraghe che gli uomini sciocchi: l'eruditissimo Angelico Aprosio sulla scorta di queste tradizioni connesse ai suoi interessi di filologo quanto ai suoi doveri di religioso , che procedevano di pari passo con quelli per letteratura e bibliofilia oltre che collezionismo antiquario, integrò alquanto i suoi spostamenti nelle escursioni storiche ai tempi del soggiorno nel territori nella Repubblica Veneta lasciando saltuariamente l'amatissima Venezia sì da spingersi in varie contrade limitrofe. E' ben noto che dal territorio dell'antica Aquileia spaziò variamente raggiungendo e frequentando l' area istriana e la Dalmazia con un soggiorno non del tutto agevole nel Convento Agostiniano dell'Isola di Lesina -non si trovò infatti bene nel locale Convento che paragonò ad una Spelonca ma ove ebbe la buona sorta di raccogliervi molto materiale manoscritto, tuttora conservato alla Libraria di Ventimiglia riguardo degli Uscocchi- e quindi spingendosi sin a Lubiana ed oltre al segno di raggiungere in altri momenti anche il Tirolo del Nord ed il castello di Rottenburg per apprezzare e studiare il grande moto fideistico per S. Notburga di Eben protettrice contro le malattie -anche malefiche e causate da Streghe secondo la credenza- che colpivano uomini ed armenti. A riguardo della Bestialitas si può leggere -p. 227, colonna II- nel qui digitalizzato l' Examen Ecclesiasticum di F. Potestà mentre nell'ambito mirato della voce " lussuria " giova consultare la qui digitalizzata Bibliotheca Canonica... di L. Ferraris) = inoltre in questi secoli attesa la propaganda controriformista sull'impudicizia degli eretici
si sosteneva che proprio in rapporto al contesto ideologico a questi ultimi, maliziosamente ed elaboratamente, attribuito molte
Meretrici facilmente si sarebbero alla fine evolute in Streghe Eretiche].
A nulla valsero le favorevoli deposizioni del rettore del luogo D. Bernardino Balauco, che asseriva la Raibaudo scema di cervello [e forse nella sua buona intenzione il religioso non giovò ma danneggiò la poveretta atteso che che all'epoca sussisteva equazione tra malattia mentale-ossessione e possessione non senza escludere interferenze demoniache]; il vice fiscale Gabriele Peglione, sedendo pro tribunali davanti l'illustre Francesco Lascaris signore del luogo, ricorrendo alle Torture strappava all'infelice Peirineta, che essa era solita far unguento con polvere di rospo, con sangue di dragone ed ossa di morti [ eran peraltro questi i secoli dei veleni = su cui molto si è scritto vedi qui anche la diitalizzazione de L'elemento tossicologico nella stregoneria e nel demonismo medioevale di S. Marszalkowicz ] e che con esso ungeva un bastone di avellano [ in pratica un bastone di noce -cosparso di siffatto unguento- che collegava l'opera della donna alla formidabile superstizione nel '600 assai discussa dell'albero o noce delle Streghe di Benevento dai grandi poteri malefici ] per poter andare in corso; che una volta il Diavolo l'avea portata in aria sino al luogo di Castellaro il vecchio, dove depostala in un androne, in cui sedevano due individui chiamati Miran e Barraban, l'aveano costretta a rinnegare Dio, la Vergine, i santi e che quest'ultimo facendole un segno sulla fronte le avea tolto i segni del battesimo e della cresima; che era solita andare alle congreghe notturne che si teneano ora nei campi di Ventimiglia, ora nelle terre di Mentone all'ora della mezzanotte, dove intervenivano femmine di Dolceacqua, di Camporosso, di Ventimiglia, di Mentone, di Gorbio, di S. Agnes, di Castellaro, di Castiglione tutte col viso coperto, dove, dopo aver cenato e ballato si concedevano a tali eccessi che il processo registra, ma che il pudore vieta di riferire.
Il giorno ultimo di gennaio del 1623 il giudice Cristoforo Cumis, pronunciava la sentenza, in cui l'infelice Peirineta Raibaudo veniva condannata ad essere strangolata ad un palo in luogo pubblico, e quindi ad essere abbruciata: il martorio però fu ancora lungo, poiché fu preceduto dalla solenne abiura da lei fatta il 9 marzo nella chiesa di S, Pietro coll'intervento di D. Giulio Ricci dottore in leggi e vicario foraneo, né l'esecuzione ebbe lugo che il giorno 13 novembre, in cui la Raibaudo assistita dai P. Alfonso di Spezia e P. Agostino di Genova, precedeta dalla Compagnia della Misericordia, andò nel luogo del supplicio, eretto davanti la chiesuola di S. Antonio, e quivi strangolata per mano del carnefice, venne tosto come masca [strega o più propriamente "strega eretica" abbruciata] e le sue ceneri furono sparse al vento [in maniera da non fruire di sepoltura in terra consacrata] ".
Molto più tardi il Canonico intemelio N. Peitavino alle pp. 115-116 con poche modifiche, se non formali e lessicali, riprese la vicenda nel suo volume Intemelio; Conversazioni storiche, geologiche e geografiche sulla città e sul distretto intemeliese, Ventimiglia, s. a. = l'unica curiosità è che i due autori replicano l'identico nome della sventurata donna sotto la forma in "Peirineta Raibaudo" mentre la trascrizione del processo, " Atti per il fisco giurisditionale del presente Castellaro inquirente contro Peirinetta vidua fu Gian Raibaudi " come ben si legge riporta la forma "Peirinetta Raibaudi", cosa che comunque non inficia in alcun modo la validità del recupero dei dati..
Da da Pietro Verri a Cesare Beccaria ad A. Manzoni, sulla scia del nuovo diritto e dell'illuminismo, molto si scrisse
contro gli orrori che lo stesso G. Rossi condannò nei suoi scritti ed altri grandi ancora ripresero tra Romanticismo e Risorgimento come il Settembrini la penna contro le Superstizioni -alimentate spesso anche da Poteri decadenti che ogni arma usavano per sopravvivere- come le accuse contro Streghe e Untori variamente prezzolati e/o coinvolti a spargere contagi ed avvelenare acque.
ma a volte a parte stralci, come quello qui proposto e fortuitamente recuperato, di procedimenti avverso Streghe e Demoni molto si è perso e molto è stato disperso: come nel caso delle Streghe di Benevento per tutelare come altri hanno scritto e qui si legge e l'Istituzioni e la Chiesa in particolare nella veste intransigente del Sant'Ufficio in un periodo assai difficile della Storia d'Italia = altri danni e distruzioni dipesero poi dai bombardamenti del II conflitto Mondiale (basta qui guardare cosa accadde dell'Abbazia di Montecassino) = ma pian piano la pazienza di storici e filologi potrà affermarsi e si saprà ancora di più sulla scia del molto che comunque, e forse contro le attese, si va recuperando .... è solo un auspicio: ma chissà cosa ancora potrà ancora sapersi ed apprendere!
[ Informatizzazione e testo a cura di Bartolomeo Ezio Durante ]