- 2 - La GLADIATRICE era la controparte femminile del
GLADIATORE nel variegato e multiforme aspetto dei LUDI ROMANI COME ANCHE DELL'APPARATO PIU' GENERALE DEGLI SPETTACOLI ed al pari del gladiatore nella morale comune giammai avrebbe potuto godere di onesta reputazione come nello stesso caso di attori/attrici non godeva del favore dell'opinione pubblica sì da esser riprovata anche ufficialmente dallo Stato ma non con il successo atteso visto che, pur nel mediamente breve arco della vita o dell'attività, siffatti personaggi godevano gloria, anche effimera ma spesso bastante ad aprire le porte delle dimore di famiglie facoltose e non tanto come "fenomeni da baraccone" ma come "vere e proprie celebrità del momento da ostentare con vanto come ospiti di feste ad amici stupiti e consimili ammiratori dell'effimero"
Nell' età controriformista e quindi dei libri proibiti scrivere e poi pubblicare un libro come questo del Casali su "Roma Antica", specialmente nella Roma dei Papi ove il controllo era più intransigente che altrove fatta eccezione per la Spagna egemonizzata dall'"Inquisizione Spagnola",
senza prendere le dovute precauzioni ai fini dell'Imprimatur poteva essere un azzardo sia che si trattasse di argomenti teologici, che scientifici che come in questo caso di rivisitazione del paganesimo e specialmente dei suoi Ludi e Spettacoli:
La più convincente prova dell'esistenza di gladiatrici resta un bassorilievo marmoreo del I o del II secolo trovato ad Alicarnasso e attualmente in mostra al British Museum. Il bassorilievo, in cui sono rappresentate due gladiatrici in combattimento della categoria provocatrices, testimonia che alcune donne hanno combattuto con armature pesanti. L'iscrizione ci indica i loro pseudonimi, rispettivamente Amazon e Achillia e ci dice che venne loro concessa la missio ossia la sospensione, propriamente "La grazia di non più combattere", avendo ambedue lottato con valore nello scontro: ed infatti se si osserva la parte superiore dell'immagine si legge la parola greca apeluthisan , che in greco equivale a stantes missae = Fik Meijer, Un giorno al Colosseo (il mondo dei gladiatori), Laterza, 2006. ISBN 88-420-8158-2.
Le due combattenti indossano il subligaculum e l'equipaggiamento tradizionale dei gladiatori, come schinieri e manica. Entrambe sono armate di una spada e uno scudo, ma non indossano né l'elmo né una tunica ma sono a seno nudo, come si raffigura nell'
*************AMAZZONOMACHIA*************
In effetti la maggior parte degli studiosi moderni considera quello delle gladiatrici uno spettacolo originale, viste le scrse attestazioni su di esse, ma la scrittrice Amy Zoll (con cui concordo) osserva in un suo volume indubbiamente da leggere con doverosa attenzione (Amy Zoll, Gladiatrix: The True Story of History's Unknown Woman Warrior, London, Berkley Boulevard Books, 2002. ISBN 0-425-18610-5 ) come il fatto che gli storici antichi che le menzionano lo fanno con tanta disinvoltura possa suggerire che esse fossero "più diffuse di quanto le testimonianze dirette ci potrebbero altrimenti indicare".
Le postulazioni della scrittrice sono assolutamente condivisibili, pur restando ferma a fronte del caso dei Gladiatori la povertà di attestazioni archeologiche di vario tipo in relazione alle "Donne Combattenti", argomento di cui però alcune spiegazioni si possono dare: fermo restando il fatto che le lotte gladiatorie tra donne per la loro estemporaneità non doveva essere un fenomeno di portatata tale da non lasciare tracce anche lontanamente prossime a quello tra combattenti di sesso maschile: tuttavia, dato quanto si è appena scritto in merito alle citazioni di autori diversi e calcolando che i Romani ebbero più che in ogni altra epoca antecedente quella moderna il senso della comunicazione iconica e scritta non escluso il ricorso ad una sorta di pregiornalismo non privo di "gossip", quello degli "Acta Diurna Populi Romani si può sostenere che gli eventi di gesta gladiatorie femminili avessero avuto una propaganda iconografica superiore alle scarsissime attestazioni archeologiche documentate.
A questo punto può sovvenire una constatazione pratica cioè quella connessa alle direttive intraprese da tempi pregressi ma istituzionalizzate da
Papa Gregorio Magno in merito a due tipi di processi alternativi verso il paganesimo: la sconsacrazione dei siti pagani con la successiva riconsacrazione di ordine cristiano e la distruzione di tutto ciò che potesse sembrare del tutto irrecuperabile nel contesto dell'ecumene cristiano.
Assodate la crescente analfabetizzazione ma, naturalmente, la capacità di visualizzare e interpretare per quanto rappresentatovi (e giammai comprendere quanto eventualmente annotato) bassorilievi, mosaici ecc., pare evidente che in un crescente processo di cristianizzazione la non distruzione di mosaici per esempio alludenti a lotte gladiatorie oppure a scene di lotte con belve (testimonianza dell'amore per la violenza dei Pagani) se non addirittura di individui (dalla tradizione religiosa e poi dalla credenza popolare ritenuti sempre martiri cristiani) dilaniati da animali feroci (testimonianza dell'amore per la violenza dei Pagani) potesse avere un effetto propagandistico positivo, tale cioè da corroborare ed enfatizzare le narrazioni sui Cristiani crudelmente gettati dai Pagani tra le braccia di uomini in arme a guisa di esecutori o peggio ancora di belve impegnate a lacerare gli inermi sventurati.
Al contrario i corpi anche, se non volutamente ignudi per eccitare curiosità e pruriti maschili, di guerresche combattenti avrebbero posto altri tipi di domande, prescindendo dal fatto che entrambe fossero dotate di strumenti di offesa e difesa: nonostante il fiero clima sessuofobico del Cristianesimo originario bellezze femminee variamente esposte, nudità provocanti (ché non su tutti certo poteva aver effetto di sconvenienza la visualizzazione di un bel corpo di donna) sarebbero stati perigliosi e le attestazioni di provvedimenti avverso ciò non mancano, anche al di fuori di Roma: per esempio pure in una città limitanea come Ventimiglia Romana l'ostentazione di attributi sessuali alludenti al piacere od alla tentazione sarebbe risultata una tentazione da distruggere onde non "avvelenasse gli animi": e non a caso nella " villa del Cavalcavia " in merito ad uno dei due locali laterali a fini commerciali, verosimilmente un luogo di ritrovo donde si poteva raggiungere un soppalco per congiungersi con prostitute, meretrici, avventuriere occasionali pur non essendo quasi di certo ufficialmente un bordello o lupanare, essendo in qualche maniera ornato di un rilievo fallico culminante col volto d'un puttino ammiccante (allusivo e probabilmente da tutti compreso come segnale ma tollerato perchè ritenuto dalle costumanze romane anche oggetto scaramantico avverso la malasorte) in tempi remotissimi (e certo prima che questi luoghi fossero coperti da un "mare di sabbia") venne picchettato nel vano tentativo di renderlo per sempre illeggibile.
E' vero che il collezionismo cinque-seicentesco ha recuperato diverse immagini erotiche intatte
(basta già scorrere il libro III del Museo Cospiano annesso a quello famoso di Ulisse Aldovrandi per trovare varie Lucerne, come qui si vede, di argomento quantomeno bizzarro e se non erotico comunque connesso con gli organi sessuali, seppur con peculiari significati
ma soprattutto risulta chiarificante sull'argomento visualizzare entro il prezioso volume del
De Lucernis del Liceti
questa Lucerna sepolcrale, una fra tante, ma nel caso e con altre chiaramente da ascrivere fra le Lucerne erotiche o falliche trattatevi e riprodotte