cultura barocca
Inf. Durante Da testo antico = Antonio Abate, le demoniache tentazioni e i rapporti con Paolo Primo Eremita

Negli studi su Ventimiglia medievale non escluse considerazioni sul sistema assistenziale ed ospedaliero specie del XIII sec. studiosi diversi hanno affrontato le discussioni sull' esistenza in tale città di un "Ospedale Antoniano": ma sull'argomento le ipotesi son invero contrastanti in forza di vari fattori passando da un'asserzione positiva sulla presenza di tale organismo alla negazione di siffatta esistenza = nel campo di altre consimili ricerche, il grande progetto on line Cathopedia, l'enciclopedia cattolica sostenendo per sua parte l'attività e quindi la presenza di un complesso ospedaliero antoniano a Ventimiglia scrive = "I Canonici Regolari di Sant'Antonio di Vienne, detti anche Antoniani (sigla C.R.S. Ant.), furono il primo ordine ospedaliero medievale. I membri di questo ordine -prima che nel 1297 venissero organizzati in vero e proprio Ordine Religioso autonomo quali appunto "Canonici Regolari di Sant'Antonio di Vienne"- erano nobili signori che si dedicavano a curare gli ammalati di fuoco di sant'Antonio, vestiti di un abito e di un mantello neri, con una croce azzurra a tre braccia cucita sopra il cuore = sostanzialmente i monaci, che non erano membri del clero, si dedicarono alle cure degli ammalati. La maggior parte di essi nel corso degli anni furono i rampolli di nobili famiglie della regione, riuniti in piccole comunità spontanee, come delle Confraternite laiche.
Verso la fine dell' XI secolo dalla Francia meridionale si diffuse in tutta l'Europa
una epidemia di ergotismo, una malattia cutanea tipica delle popolazioni povere: questa malattia, di cui all'epoca era del tutto sconosciuta la natura, si aggiunse al fuoco di Sant'Antonio, di natura virale ma con sintomi similari, che in quegli anni affliggeva gli strati più poveri della popolazione, per la scarsità dell'alimentazione e delle condizioni igieniche.
Curate con le minime conoscenze mediche del tempo, le
due patologie provocavano affezioni dolorosissime, che conducevano spesso a cancrene e ad amputazioni degli arti.
Ritenute un unico morbo, furono chiamate genericamente fuoco, oppure fuoco sacro, fuoco divino, fuoco infernale, male degli ardenti, per via delle altissime febbri che rendevano gli ammalati come arsi dalle fiamme. Numerosi ricoveri ed ospedali sorsero per lo più accanto a chiese e monasteri già esistenti, come per esempio presso la Chiesa di San Michele in Oliveto a Ventimiglia
[N.d.R. = nella fotografia le scritte sono attive e rimandano a collegamenti multimediali] dove dalla metà del X secolo funzionava un hospitalis per i pellegrini e i marinai affetti dal fuoco di Sant'Antonio, grazie alle donazioni di Guido in atto della sua partenza per la poi vittoriosa Crociata contro i Saraceni del Frassineto che avrebbe riaperto alla Cristianità i grandi percorsi della Fede come pure del commercio e delle relazioni: Guido era esponente di quel nobile casato dei conti di Ventimiglia che, come suggerisce la tradizione, ipotizzava un rapporto di parentela con S. Antonio Abate: I conti infatti vantavano fra i loro antenati lo stesso Sant'Antonio abate, di cui conservavano la culla infantile nella cappella privata, e per di più si dichiaravano essi stessi in possesso delle facoltà di guaritori del sacro fuoco".
[ Approfondimenti sulla Chiesa di S. Michele (vedi qui i documenti digitalizzati cui non si può non aggiungere quanto ne ha scritto G. Palmero [ Le strutture ospitaliere intemelie nel basso medioevo. L’Ordine del Tempio ed altri fenomeni di religiosità assistenziale in “Intemelion. Cultura e territorio. Quaderno di studi dell’Accademia di cultura intemelia”, VI (2000), pp. 532 rielaborazione -anche disposta on line con stesso titolo- di un simile articolo di identico titolo ma altra sede di stampa = Le strutture ospitaliere intemelie nel basso medioevo. L’Ordine del Tempio ed altri fenomeni di religiosità assistenziale, realizzato in occasione della "3ème Journée d’Etudes Régionales", organizzata dalla Société d’Art et Histoire du Mentonnais (Menton, 9 ottobre 1999)] che, come si legge a p. 17, nota 39 dell'articolo on line precisa sulla linea dei contenuti già comprovati e qui leggibili con la notazione che, assodata in base alla donazione del conte Guido, l'esistenza (X-XI secc.) di una cappella cum hospicio destinata (secc. XI-XIII) ad una ricostruzione sì che il complesso monastico sarà integrato dalla realizzazione delle celle per i monaci, verosimilmente disposte introno ad un chiostro di cui si ricava notizia da un documento notarile redatto l'anno 1177 nel sito in domo et claustro Sancti Michaelis- come si legge nel basilare lavoro di E. Cais De Pierlas, I Conti di Ventimiglia. Il Priorato di San Michele ed il Principato di Seborga, in "Miscellanea di Storia Italiana", t. XXIII, VIII della n.s., Torino, 1884, p. 122: sempre dall'opera del Cais De Pierlas -ma pp. 32-35 e doc. XV, pp. 116-117- il Palmero recupera indicazioni su un CIMITERO PROSSIMO AL COMPLESSO RELIGIOSO destinato a diventare però motivo di scontro nel XII secolo tra i monaci e il Capitolo della chiesa cattedrale:
COSA PERALTRO NON INUSUALE, SPECIALMENTE ALL'INTERNO DEI RAPPORTI TRA REGOLARI E SECOLARI, PER DIRITTI, PRECEDENZE, PROCESSIONI ECC. ECC. (VEDI)
nel contesto di un'epoca in cui
( tra guerre, violenza, duelli malattie, epidemie e calamità naturali ed in sostanza la fragilità della vita, per la durata, paragonata dal poeta Giudici ad una scorreggia e su cui fa specie quanto scritto dal Minozzi ad Aprosio in relazione all'epocale, seicentesco graduale incupimento di fronte alla scoperta precarietà della vita resa eclatante da tanti drammi epocali )
era pressoché innegabile che il rapporto con
LA MORTE, I SUOI SEGNALI E LE ONORANZE FOSSE UNA DRAMMATICA SE NON SCONVOLGENTE COSTANTE
e nello specifico, in merito al tema generale
quanto pure
a questa vicenda ventimigliese di contenziosi tra regolari e canonici della cattedrale,
giunge tuttora assai utile
LEGGERE QUANTO NE SCRISSE GIROLAMO ROSSI NELLA SUA STORIA I VENTIMIGLIA
****************
Giovanni Battista Semeria nei suoi Secoli Cristiani della Liguria (vagliata la specificità della Diocesi di Ventimiglia dipendente, a fronte delle altre Diocesi Liguri, fino al XVIII secolo non dalla Chiesa Metropolitana di Genova ma da quella di Milano) analizza specificatamente la Diocesi intemelia come "Diocesi di Frontiera" tracciandone la storia nella globalità fino ai suoi tempi: il Semeria analizza anche i Monasteri e Conventi della Diocesi non trascurando certo il complesso di S. Michele a Ventimiglia ma, rifacendosi al Gioffredo, postdata la donazione da parte dei conti di Ventimiglia al 1041 citando un documento che non coincide con il documento giudicato prossimo all'originale citato da molti celebri studiosi a lui posteriori nel contesto anche di un discorso ancora più esteso e suffragato da precise ricerche archivistiche qui proposto con il "documento originale della donazione" ( Il Rossi, che non giudica sempre corretto il Semeria, dopo una iniziale preoccupazione espressa nella I edizione della sua opera -attesa la precisione di varie osservazioni- per l'elenco dei vescovi di Ventimiglia preferisce alquanto, scrivendone anche la ragione, di Palemone Luigi Bima la Serie cronologica dei romani pontefici e degli arcivescovi e vescovi, Torino 1842, pp. 288-290; il Bima, che cita vescovi antichissimi, riferisce che "sebbene epoca certa non si possa precisare prima del 680, rapporteremo tuttavia il nome di alcuni vescovi, che in un antichissimo manoscritto ci fu da rispettabile persona comunicato, senza però garantirne l'autenticità = non concordano con questa sua cronotassi (ripresa con qualche integrazione dal Rossi e qui proposta) anche in merito a Vescovi posteriori all'anno indicato da Bima, altri studiosi come Ughelli, Semeria, Cappelletti e Gams).
Notizie sul complesso di S. Michele (pur senza citare le vicende di monastero ed ospedale) provengono, nel '600, dal solito Angelico Aprosio che nel suo repertorio biblioteconomico a stampa del 1673 La Biblioteca Aprosiana fornendo una descrizione di Ventimiglia e quindi anche dei luoghi di culto descrive appunto seppur come "rosa dai denti del tempo la chiesa di S. Michele" (pp. 72 - 73) non trascurando però di menzionare, oltre ad una presunta sua edificazione su un tempio pagano dei Dioscuri, la presenza di reperti romani (l'attività del cenobio di S. Michele, la sua fioritura ma soprattutto la su celere decadenza -quest'ultima rimane comunque un'ipotesi- per quanto acclarata da documenti d'epoca può anche essere connessa al 1564 allorquando un terremoto aveva minato Ventimiglia ed il suo territorio: la sua analisi -ricostruibile dal "Manoscritto 1 del Fondo Bono della Biblioteca Aprosiana"- non è semplicissima ma come detto da un' attenta ricostruzione degli eventi prende corpo l'idea che il ventimigliese sia stato provato da una serie di sismi anteriormente al tragico 20 luglio 1564 in cui Nizza fu gravemente colpita dal grave terremoto di cui si è conservato e qui proposto un Disegno d'epoca: l'importantissimo e qui trascritto criticamente Manoscritto Borea trattante per secoli le Cronache di Sanremo e della Liguria Occidentale in effetti non dimensiona il sisma del 1564 ad un giorno preciso ma parla di molteplici eventi tellurici durati per mesi, dalla Francia al Piemonte alla Liguria ponentina e quindi su un areale assai vasto, pur risultando clamoroso, fra tutti, l'evento catastrofico che colpì con Nizza una vasta area territoriale essendo peraltro stato anticipato da alcuni documentati studiosi, per l'areale ligure-provenzale e la stessa Ventimiglia, un grave evento catastrofico al 15 marzo del 1564 = per correttezza giova rammentar che Aprosio parla sì di cedimenti strutturali nel complesso urbano di Ventimiglia nel XVI secolo (p. 42 della Biblioteca Aprosiana) ma non esplicitamente di sismi ed in merito a San Michele esprime un giudizio sulla non curanza dei frati li Monaci dell'Isola di Lerino ma non entra nel dettaglio del degrado (comunque riscostruibile parzialmente da altre fonti) limitandosi all'affermazione che la struttura è degradata (sia perchè "rosa dai denti del tempo" quanto per assenza di cura e restauri) al punto di aver perdute le lia, [sì da esser la chiesa soltanto] rimasta col corpo di mezzo: attento curatore dei suoi scritti Aprosio ritorna sull'opera correggendo la svista dello stampatore precisando nell'Errata-Corrige = come Lia sia da intendersi per Ali del complesso ecclesiale).
[Un contributo nuovo con nuovi documenti sugli eventi del 1564 a Ventimiglia è offerto dal volume, qui digitalizzato per le parti interessanti l'argomento, del 1986 di Bartolomeo Durante e Ferruccio Poggi dal titolo Storia della Magnifica Comunità degli Otto Luoghi per la cui stesura si è potuto sfruttare il mai, fin a tempi recenti, noto Ms. 1 del "Fondo Bono" tuttora custodito alla Biblioteca Aprosiana di Ventimiglia sostanzialmente equivalente ad una raccolta coeva, qual copia-trascrizione, del Libro delle Convenzioni e dei Previlegi della Città di Ventimiglia = la lettura integrale del moderno volume, con la trascrizione di tanti antichi documenti, è auspicabile per chi intenda approfondire con la "Storia della Comunità degli Otto Luoghi" aspetti vari delle vicende antichissime di Ventimiglia ma qui, per ragioni di aderenza al tema, il lavoro contemporaneo è digitalizzato solo per le parti collegate alla Rovina del 1564 che colpì Ventimiglia e circondario: in particolare -pur senza trascurare i danni a strade, edifici e palazzi pubblici- colpendo il ponte sul Roia e rendendo inevitabile riordinare nell'alveo il fiume esondato e progettare un vero e robusto ponte in muratura. Prescindendo dal danno di truppe percorrenti queste contrade nel contesto della guerra tra Carlo V Imperatore e Francesco I re di Francia -di cui comunque si può leggere alcune notazioni interessanti si ricavano dalle considerazioni sui danni dipendenti, evidentemente, dal sisma del 1564 ma anche da "turbolenze guerresche, costruzione di bastioni, cedimenti di muraglie che rovinarono, evidentemente per la fragilità del territorio provato dal sisma, le proprietà rurali dell'Abbazia di Lerino per il tramite del Priorato di S. Michele i cui monaci si appellarono, per un risarcimento (verosimilmente) al Capitano di Ventimiglia non risultando però soddisfatti nelle loro richieste come si legge nella Risposta inviata al loro procuratore Gio: Francesco Riccobono ad opera di Antonio Cotta Assessore della Comunità].
Attesa la mancata fruibilità di questi documenti e vagliando Aprosio come l'autore più documentato sugli eventi del XVII secolo a Ventimiglia per tutto l'ottocento, salva poi l'attività di G. Rossi, questo argomento concernente il 1564 non viene approfondito di maniera che, data anche la fama dell'erudito barocco, dipende totalmente da Aprosio D. Bertolotti che nel suo ottocentesco volume sulla "Liguria costiera" (qui digitalizzato integralmente) si sofferma relativamente sui monumenti di Ventimiglia citando la chiesa cattedrale in via soprattutto della lapide a Giunone Regina all'epoca utilizzata ancora come gradino d'accesso (da tempo però sistemata decorosamente nell'interno della chiesa) al sacro edificio e non registra osservazioni particolarmente nuove sul complesso di San Michele sempre dipendente dall'Aprosio nella descrizione di S. Michele: risulta per certi aspetti, nonostante la minore dimensione del suo lavoro, essere in merito più interessante -come appena qui sotto si legge- un altro viaggiatore culturale del XIX secolo cioè Giacomo Navone [ in una sua pubblicazione (Passeggiata per la Liguria Occidentale fatto nell'anno 1827...) entro la qui digitalizzata Lettera XIII trattante Ventimiglia - che raggiunge e visita dopo, previo accordi epistolari, essersi incontrato in prossimità del fiume/torrente Nervia -stampato erroneamente Norcia- con due ventimigliesi che lì lo aspettavano "...Scipione e Torquato... (manca il cognome di entrambi ma gli stessi nomi sono spurii anche se per quanto si legge deva trattarsi di cittadini di rango) da lui ...definiti carissimi amici miei... " ( Il Navone era sulla riva orientale del Nervia e per giungervi aveva seguito la strada costiera mentre i due che lo attendevano Scipione, certamente di Ventimiglia, Torquato, verosimilmente di area più occidentale, stavano sulla riva occidentale: mai sapremo se vista la carenza di un ponte per congiungersi guadarono il fiume o si valsero dell'opera di un traghettatore per accedere al futuro sito archeologico di Nervia ancora prebenda episcopale ma all'epoca ancora soprattutto base di importanza strategico-viaria donde procedere alla volta di Ventimiglia )] = a fronte del ponderoso volume qui digitalizzato del Bertolotti nell' opera sopra menzionata del Navone risulta, in particolare, interessante una piccola ma non banale considerazione su quando trovandosi nell'area della Chiesa di S. Michele ricevette da alcuni contadini l'offerta, da lui accettata, di acquistare reperti di romanità rinvenuti nelle vicine terre rurali.
L'argomento non è privo di importanza -a testimoniare una continuità di frequentazioni, anche per diversificate motivazioni, e conseguenti visitazioni (pur con la realizzazione di un
CIMITERO OD AREA CIMITERIALE (VEDI)
da cui si è sopra parlato con vari reperti emersi nell'areale, in tempi distinti
,
ed ancora agli inizi del XX secolo un bibliofilo/collezionista di Ventimiglia acquisì da operatori rurali operanti nell'
area della Chiesa di S. Michele non poco materiale, sia di medagliette religiose di varie epoche sia di monete romane e non di cui qui si propongono alcuni fra gli esemplari che ci fu concesso riprodurre da un suo erede e discendente .
Nei secoli mai erano stati rari nel contesto ecclesiale i contrasti tra clero regolare e clero secolare, anche in merito alla fruizione dei cimiteri [ e contestualmente della pompa dei cadaveri, delle processioni funebri, delle stesse sepolture con diritto o meno di esser inumati in terra consacrata non esclusa la tipologia delle stesse tombe come qui si può visualizzare da testi antichi digitalizzati, non escluso tutto ciò che riguardava l'edificazione e o modificazione di edifici e strutture religiose (a titolo documentario si analizzi, per quanto riguardante il '600 ma comunque rimandante ad antiche normative, la così detta problematica delle 300 e quindi 140 canne che rischiò seriamente di impedire la modificazione del Convento Agostiniano di Ventimiglia e quindi la realizzazione della Biblioteca Aprosiana di Ventimiglia)]: il problema dei luoghi deputati alle inumazioni crebbe a dismisura con il tempo sin a quando vecchi cimiteri vennero smantellati (talora, magari, fin troppo in fretta, lasciando in loco, sotto terre ad altro destinate, reperti funebri di varie epoche) soprattutto per fatiscenza e ragioni igienico sanitarie (abbandonando la consuetudine di seppellire entro le chiese ed istituendo cimiteri recintati, con forme di seppellimento adeguate per profondità e tipologia ) come detta il qui proposto Manoscrito Wenzel pressoché contemporaneo ai provvedimenti napoleonici in merito alle inumazioni che, per quanto anche poeticamente contestati -si veda il Dei Sepolcri di Ugo Foscolo-, rientravano, con altre norme, nell'ormai inevitabile riordinamento ecclesiale voluto dell'Imperatore e qui proposto con la riproduzione di documenti antiquari = come scritto sopra i contrasti tra clero regolare e clero secolare attraversarono però, sempre, i secoli e ne fa fede il fatto che tra le ragioni per cui il discepolo di Aprosio e grande secondo Custode della "Libraria" di Ventimiglia Domenico Antonio Gandolfo dovette, lasciando la propria città senza poter finalizzare importanti sue progettazioni, recarsi a Genzano sui colli romani per dirimere in tal campo un duro contenzioso tra l'Arciprete della località e i locali monaci agostiniani (molteplici erano le ragioni dei contrasti fra Arciprete ed Agostiniani ma tra queste primeggiavano i diritti di precedenza -anche nelle processioni- e contestualmente vari diritti sulle inumazioni dei cadaveri insieme a controversie su ulteriori priorità nelle sepolture).
APPROFONDIMENTO SU: BENEDETTINI ED "ANTONIANI" TRA SAN MICHELE DI VENTIMIGLIA E SEBORGA
* -VEDI DI SEGUITO: DIPLOMAZIA E CARTOGRAFIA: SEBORGA E LA SUA STORIA MILLENARIA [ARTICOLO QUI DIGITALIZZATO E LEGGIBILE A SCORRIMENTO DELLE PAGINE = CON TUTTI I DOCUMENTI RELATIVI RIPRODOTTI, COMPRESE LE RIGCOGNIZIONI SETTECENTESCHE DEL CARTOGRAFO M. VINZONI (DOC. I E II) E TRASCRIZIONI DI COPIE VARIE DI DOCUMENTI ANTICHI (DOC. III E IV)] = LA "DONAZIONE DEL CONTE GUIDO ALL'ABBAZIA LERINESE DI S. ONORATO DI S. MICHELE IN VENTIMIGLIA CON IL POSSEDIMENTO DI SEBORGA NELL'ENTROTERRA DI BORDIGHERA [COL. II = ( L' ATTO E' REPUTATO DAGLI STUDIOSI DEL 954: CURIOSAMENTE L'ATTO QUI PROPOSTO INTEGRALMENTE E COLLAZIONATO CON QUELLO DEL 954 MA GIUDICATO MANIPOLATO DALLA REPUBBLICA DI GENOVA AL TEMPO DEL CONTENZIOSO CON IL DUCATO SABAUDO PER IL CONTROLLO DI SEBORGA E DATATO DEL 1155 DAREBBE UNA GIUSTIFICAZIONE DIVERSA SUI DIRITTI A FIANCO DI LERINO DELL'ABBAZIA BENEDETTINA DI MONTMAJOUR CHE DI FATTO CONTROLLAVA TOTALMENTE GLI ANTONIANI, DESTINATI POI COME "CANONICI DI VIENNE" AD EMANCIPARSI, CHE PER SUO CONTO E NOMINAZIONE SAREBBERO STATI COADUNATI QUALI OPERATORI NELL' OSPEDALE DI CUI IL CONTE VOLEVA L'EREZIONE = LOGICAMENTE E' QUESTA UNA MERA CONSIDERAZIONE TENENDO CONTO DELLE DONAZIONI, CHE SPESSO LEGAVANO IN SINERGIA, DI TERRE A CONVENTI BENEDETTINI PER RIPOPOLARE TERRE DEVASTATE DAI "PERFIDI SARACENI" = E PER ESEMPIO IL CENOBIO A BORDIGHERA DI S. AMPELIO RIENTRO' PARIMENTI FRA DONATIVI FEUDALI ANCHE, COME IN QUESTO CASO, ALL' ABBAZIA DI SAINT PIERRE DI MONTMAJOUR )]
** - "GLI ABITANTI DI SEBORGA RICONOSCENDOSI HOMINES DICTI MONASTERII SI OBBLIGANO AL PAGAMENTO DELLE DECIME" (3/XII/1394) : VEDI QUINDI ATTO DI OMAGGIO (1469) DEGLI ABITANTI DI SEBORGA A FRA NICOLAO DI SEBORGA D'AURIGO, PRIORE DI S. MICHELE
*** - VISUALIZZA QUINDI "XVIII SECOLO =CRISI DEL COMPLESSO DEMICO DI SEBORGA": PROPOSITO DI VENDITA DEL POSSEDIMENTO AL DUCA DI SAVOIA (DIFFICOLTA' CONNESSE ANCHE PER L'INTERFERENZA DI GENOVA, LE TITUBANZE DELLA SANTA SEDE, L'APPOGGIO DATO AI GENOVESI DAL SIGNORE DI MONACO) - VALIDITA' NEGATA ALLA PRIMA VENDITA TRA IL DUCA SABAUDO VITTORIO AMEDEO E L'ABATE DI MEYRONET (II CAPOVERSO) DOVUTA -TRA ALTRE COSE- ALLE PRETESE DEI MONACI DI MONTMAJUOR CHE SI APPELLARONO ALLA CLAUSOLA DI SALVAGUARDIA INSERITA NEL TESTAMENTO DEL CONTE GUIDO DEL 954 LA QUALE ESPRESSAMENTE STABILIVA "IN CASO DI VENDITA DEL PRINCIPATO LA DEVOLUZIONE A TALE ABBAZIA" (COL.II , DA RIGA 18) - STIPULA (20/I/1729) DEL SECONDO E DEFINITIVO CONTRATTO DI VENDITA DI SEBORGA AI SAVOIA PER 175.000 LIRE PIU' 15.000 DOVUTE AL MONASTERO DI MONTMAJOUR D'ARLES - LA DIPLOMAZIA GENOVESE IMPUGNA LA VALIDITA' DELLA MEDIEVALE DONAZIONE (DA COL. II IN POI) = VEDI QUI RASSEGNA DI DOCUMENTI - VEDI ANCORA LEGGENDO DI SEGUITO DOCUMENTO III E POI DOCUMENTO IV CONCERNENTI LA PROPOSIZIONE DELLA "PRETESA DONAZIONE DEL CONTE GUIDO DEL 954 E I COMMENTI GENOVESI IN MERITO ALLA SUA SUPPOSTA CONDIZIONE DI APOCRIFO PER GIUSTIFICARE UN FALSO ATTO DI PROPRIETA' DEI MONACI (COL. II, FINE, NOTA 14) .



Sull'abbandono del Priorato di S. Michele a Ventimiglia cui -fra le cose già dette- non fu estranea la Riforma che si espanse tra Francia, Provenza, Signoria di Tenda come qui si legge trovando talora, come altrove, credito la "diceria" che i Riformati si avvalessero dell'opera di "Streghe Supreme" per adescare con la loro sensualità dei neofiti tra i cattolici inducendoli all'apostasia: cosa donde, anche, derivò, l'esasperazione della persecuzione delle streghe, specie delle streghe eretiche che poi si dimensionò, in un clima di relativa, minor intransigenza, ai tempi di Angelico Aprosio vicario dell'Inquisizione per la Diocesi di ventimiglia più impegnato nel vigilare che sulla stregoneria sulla penetrazione in area cattolica di testi eretici, magari con l'accompagnamento di riformati nen eslusi gli autori stessi.
Assodato ciò e come questo clima di sospetti verso i religiosi francesi abbia agevolato il trasferimento dei monaci a Lerino con a "serrata" della Chiesa intemelia di S. Michele ma la conservazione del Feudo di Seborga, lontano dalla chiesa cattedrale, si potrebbe giudicare lo stesso Aprosio la fonte più diretta a rigrado degli eventi in essere: ma si astiene da queste considerazioni l'
erudito seicentesco pur parlando di S. Michele e dell'abbandono dovuto alla sine cura dei monaci di Lerino.
La sua scelta, non sapremo mai se fatta per prudenza in tempi non facili e nei quali pur aveva relazioni con il clero francese, essendo Aprosio, pressoché inevitabilmente, giudicato la fonte per eccellenza degli autori a venire, specie per gli scrittori-viaggiatori ottocenteschi, fece sì che nulla essi scrivessero in merito alle ragioni della chiusura della chiesa a Ventimiglia
al punto di rendere in seguito, sull'argomento, inevitabili le integrazioni documentarie formulate da

studi sviluppatisi specie tra fine '800 e XX secolo, grazie anche a nuove ricerche ed al rinvenimento di vario e inedito materiale documentario ed archivistico.
Dal collegamento sopra proposto si può quindi accedere ad una vasta bibliografia con digitalizzazione di testi e documenti ma, anche per ricordarne la compianta figura, vale qui la pena -in merito alla soppressione del Priorato di S. Michele a ventimiglia e del trasferimento dei suoi monaci a S. Onorato di Lerino- di avvalersi di una pubblicazione (editrice Alzani) che meriterebbe di esser letta e riletta di Mons. Francesco Palmero dal titolo e dai sottotitoli emblematici cioè Seborga, Mille anni di Storia (varie date, questa è la IV ed. del 2002.
* - Primo documento commentato qui digitalizzato dall'opera di Mons. F. Palmero = nel contesto della Diocesi di Ventimiglia qui analizzata secondo i Secoli Cristiani della Liguria di G.B.Semeria nel XVII secolo il vescovo Giovanni Francesco Gandolfo (in un periodo di grande tensione e poi della guerra del 1625 tra Serenissima Repubblica di Genova e Ducato Sabaudo) stando ai documenti reperiti da Mons. Palmero presso l' Archivio di Stato di Genova testimoniò al Senato di Genova la difficoltà e alla fine l'impossibilità, per l'episcopo intemelio, della sua visitazione pastorale a Seborga attese le opposizioni dei Benedettini aventi giurisdizione temporale su Seborga all'autorità episcopale intemelia: opposizioni giudicate sospette per essere Lerino in area provenzale -col graduale abbandono del Priorato di S. Michele- e, dati i tempi della riforma di Lutero e Calvino, viste le pregresse concessioni ai riformati di Carlo IX di Francia e di Claudio Lascaris Signore di Tenda sì che i monaci provenzali reggenti Seborga avrebbero potuto dar ricetto agli apostati: nel contesto del "Memoriale vescovile" il Gandolfo permette di evincere che ben prima del 1624 i Monaci del Priorato di San Michele son stati obbligati ad abbandonare Ventimiglia per trasferirsi alla Casa Madre di S. Onorato di Lerino = la chiesa di S. Michele risulta quindi serrata e soppresso il Priorato inglobato nell'"Abbazia di S. Onorato", con grave "pregiudizio della città di Ventimiglia", e, con la conseguenza, che i Benedettini provenzali, rimasti a gestire Seborga, si autoregolano senza più risentire di qualsiasi dipendenza dall'episcopato attesa la soppressione del Priorato ventimigliese, il cui ripristino potrebbe invece "accomodare" le tensioni sussistenti (il documento è indicato da Mons. Palmero come custodito in A. S. G.: Confinium, anno 1624, n. 50 - Memoriale inviato al Ser/mo Senato dal Vescovo di Ventimiglia) = non si deve pensare a questo come ad una eccezione, non era raro che i monaci, ovunque, si opponessero ad intrusioni nella loro vita e nella loro amministrazione (Aprosio, vicario generale della congregazione agostiniana genovese, non conobbe questa esperienza al tempo della sua "visitazione", in occasione della Bolla per la "soppressione dei piccoli conventi", a riguardo del cenobio agostiniano di Viterbo).
** - Secondo documento commentato e qui digitalizzato dall'opera di Mons. F. Palmero = il documento come il precedente custodito in A. S. G.: Istruzione Ministri Vienna, anno 1770, n. 2716 reca titolazione de Istruzione data al Magnifico Doria, inviato alla Corte Cesarea, circa il feudo di Seborga. Gli estensori in questo atto del 28 maggio 1770 descrivono il territorio di Seborga anche in merito al titolo di Principe del Sacro Romano Impero connesso ad una condizione giuridica -su cui si chiedono dalla Repubblica di Genova precise delucidazioni al momento date come mancanti- di, come si detta, feudo imperiale coi relativi diritti: tutta la relazione è sostanzialmente connessa al dibattito sulla vendita di Seborga ai Savoia con in chiusa ancora la richiesta "Dovrà inoltre il Doria procurarsi in Vienna notizie circa Seborga in conto di feudalità e dipendenza dall'Imperatore massime anche a riguardo del titolo di Principe del Sacro Romano Impero annesso al detto luogo...".




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