INDICE CRONOLOGICO
Corrispondenza sull'epidemia di peste fra le autorità competenti: tra cui altri commissariati di Sanità, i Doria di Dolceacqua, i Grimaldi di Monaco = dal punto cui si arriva con questo link scorrendo le pagine si evidenzian brani di lettere delle varie autorità in contatto con Ventimiglia analizza quindi =la notizia che suscitò il panico: il caso di Apricale (Vrigale) e gli scritti del Commissariato di Sanità di Ventimiglia al Signore di Dolceacqua Stefano Doria vedi poi qui:
SOCCORSI PRESTATI DAL CAPITANATO DI VENTIMIGLIA A GENOVA DURANTE LA PESTE DEL 1579-1580 CON IL CURIOSO CASO DI DONATIVO DI MANDORLE E VEROSIMILMENTE DI BISCOTTI ALLE MANDORLE ("E BANE")
1579, 26 settembre, da Ventimiglia, dagli "Ufficiali di Sanità" al "Residente" di Bordighera
* C.B.A. = Civica Biblioteca Aprosiana di Ventimiglia, "FONDO BONO" = materiale manoscritto già editato nella Storia della Magnifica Comunità degli Otto Luoghi
Onorato I di Monaco (Monaco, 16 dicembre 1522 – Monaco, 7 ottobre 1581) è stato Signore di Monaco dal 22 agosto 1523 fino alla
sua morte
[in assenza di immagini del XVI sec. si propone qui un particolare, dal settecentesco vinzoniano Atlante di Sanità, del Commissariato di Sanità di Bordighera in cui ben si vede Bordighera, sede del residente preposto al Commissariato stesso)]
"Magnifico Diletto nostro. Hieri comparse da noi M. Antonio Lantero a nome e vicenda delli consoli et università di
cotesta villa della Bordighea a chiederne
che si potesse sino a novo nostro ordine
tenir tutte le porte di essa villa apperte
per comodità delli vendemmiatori, con
tenirli una guardia alle spese di essi di ditta città, essendosi parsa la ricchiesta honesta vogliamo che, le tenghino dette
porte aperte con questo però che per
manco spesa et disturbo di essi bordighati
si metta uno delli quattro che stano alli
confini a essa guardia della porta che sino
a quì e stata serrata sino a nostro novo
ordine, avertendo che non vogliamo che
alcun forastiero s'introdduccesse salvo
per quella porta che ordinarette voi, o vostri successori, e dove sta il guardiano deputato . . . Di Vintimiglia li 26 di Settembre 1579" ["Fondo Bono, Ms 1, c. 276
recto" =materiale manoscritto già editato nella Storia della Magnifica Comunità degli Otto Luoghi]
Con questo comunicato certamente dirigistico ma di sicuro poco drammatico
e coinvolgente gli Ufficiali di Sanità di
Ventimiglia iniziarono, per quanto recuperabile, il loro carteggio relativamente
all'epidemia di peste esplosa in Liguria
nel biennio 1579-80.
Sul male e la sua propagazione si ebbero dati anche antitetici: la pestilenza,
gia presente in vari focolai europei, comparve in Italia dapprima a Trento nel
1574, poi nel 1575 a Palermo e Messina
ed ancora tra il 1576-7 in varie città del
Settentrione per approdare in Liguria
(Savignone) solo nel 1578.
Nel Genovesato esplose con particolare violenza tra
il 1579 e il 1580 decimando la popolazione della capitale ed imperversò a più riprese, con brevi pause di latenza, sino al
4 novembre 1580: il Ponente Ligure, o
meglio il Capitanato Intemelio non
venne direttamente colpito e grazie alle
precauzioni dell'Ufficio di Sanità ne
rimase praticamente immune.
Tuttavia,
per quanto riguarda dai dati archivistici, la giurisdizione di Ventimiglia risultò
accerchiata dal grande male che da Albenga a Loano si era esteso a Ceriale ed
oltre fino a Sanremo per poi comparire
violentissimo nel Nizzardo e da questo
scivolare subdolamente sino ai rastelli (rastrelli)
dei Balzi Rossi.
L'Ufficio di Sanità e i Magistrati zonali del vasto "Capitanato di Ventimiglia" dirigevano un vasto sistema
di controllo e contatti, tenuti per il mezzo di residenti che, anche nelle località più lontane potevano, su espresso ordine, far disporre dei blocchi, tenuti da
guardie armate, appunto i rastelli, controllare i viaggiatori e le loro patenti
o autorizzazioni della Sanità, inibire
i traffici e bloccare gli scali commerciali.
Ogni precauzione possibile era dettata dagli effetti devastanti di un male di
alta mortalità con dolori e patimenti di
vario-tipo, vistosamente e terribilmente
manifesti nell'esteriorita di una febbre altissima associata a convulsioni e di orribili rigonfiamenti o bubboni sparsi per
il corpo: si vocifero che in Genova l'avesse portata, con una borsa piena di
panni infetti, un misterioso viaggiatore
o che ne fossero stati responsabili gli Spagnoli, reduci dalla Sicilia con Don Giovanni d'Austria, sbarcati a Voltri e con
destinazione Milano attraverso la Valle
Polcevera (naturalmente la letteratura
medica del tempo non rifuggi dalle superstiziose astrazioni teoriche delle perniciose combinazioni astrali, dei venti pestilenziali sino all'abnormità concettuale degli untori che la penna manzoniana riesumò, dalle paure ancestrali degli
uomini, in pagine celeberrime per la pestilenza milanese nel 1629-30).
Non fa meraviglia che il primo inter
locutore degli Ufficiali intemeli di Sanità fosse il loro residente a Bordighera, che per essere villa marinaresca
e approdo per diverse imbarcazioni era
sicuramente la piu esposta ad accogliere
visitatori infetti.
Tra l'inverno del 1579
e l'estate del 1580 il blocco quasi totale
dei contatti con l'esterno, e tra gli stessi
luoghi del Capitanato, fini col creare gravi stati di tensione per l'assenza di informazioni o per l'esagerazione di dati in
qualche modo pervenuti,;grazie a messi non sempre oggettivi seppur forniti
di lecite patenti di viaggio.
Ai tempi della peste del 1579-'80 Ventimiglia
città era in contatto costante coi Signori
di Monaco e del Marchesato di Dolceacqua e con il Ducato Sabaudo oltre che naturalmente col Commissario di Sanità
di Sanremo e, quando possibile dati gli isolamenti imposti dal contagio, con il variegato complesso assistenziale di Genova ma, spesso, le reciproche informazioni non parvero esaurienti e si
fini coll'autoisolarsi all'interno dei reciproci borghi guardati, come in occasione di un assedio, da militi di stanza a
porte d'accesso ben determinate.
Egualmente le ville intemelie divennero dei
fortilizi, sicuramente inaccessibili per i
numerosi sbandati, ma al pari si trasformarono in gigantesche prigioni-lazzareto [su impropria somiglianza con il vero e proprio Lazzareto di Genova]
per i residenti che vi languivano privi di
rifornimenti opportuni ed anche timorosi
di conservare le antiche attività. Tale organismo profilattico, riesumato anche
per la pestilenza del XVII secolo [e nel '700 quasi
teorizzato da Matteo Vinzoni bel suo Atlante di Sanità quale meccanismo militare prima che sanitario con il Capitanato intemelio suddiviso in due Commissariati di Sanità, quello di Ventimiglia e quello di Bordighera ] , rese
certo praticamente immune dal contagio il Capitanato intemelio [protetto dal potente sistema dei rastrelli di via o di controllo, tra i quali primeggiava il rastrello dei Balzi Rossi, anche se sarà necessario risalire al '700 per avere una visione più oculata in merito ai molteplici comportamenti da tenersi in caso della diffusione di un contagio epidemico affermandosi nuovi giudizi come per esempio da quanto scrisse in una sua (qui digitalizzata) opera sull'argomento Ludovico Antonio Muratori, seppur in non pochi casi casi ancora condizionato da opinioni pregresse destinate a venir superate da autori di opere successive] ma non lo salvaguardò dal
degrado, economico-demografico ed urbanistico, dovuto all'abbandono di tante attività ed in parte anche alle spese
straordinarie, che suscitarono reiterate lagnanze specie dei'villici cioè dei piu poveri, per mantenerlo efficiente e stipendiare i tanti funzionari e dipendenti
dell'Ufficio di Sanità.
[Al Commissario in Camporosso]
Magistrato diletto nostro per qualche
rispetto che ci ha movuto e move ci è parso ordinarvi, e cosi vi ordiniamo che non
dobiate de qui in anzi sino annovo ordine nostro lassar passare alcuno che venessi diverso le castella dell'Ill.mo Signor
di Dolc'acqua né con bolletta né senza,
e cosi doverete osservare sino a tanto che
si vi dia altro ordine in contrario ... [Gli
Ufficiali di Sanità] di Vintimiglia li 9 di
ottobre 1579]
Il motivo di questa proibizione di transito nel territorio intemelio dipese da una
confusa relazione dell'agente preposto alla sanità residente in Vallebona [N. di R = gli inquadramenti cartogafici sono multimediali e si attivano cliccando sulle varie voci] che avrebbe appreso di un caso mortale ad Apricale.
Per questo gli Ufficiali
di Sanità di Ventimiglia chiesero delucidazioni ai Doria di Dolceacqua:
Ill.mo Signore Signor osservantissimo [vale a dire Stefano Doria che partecipò molto alle operazioni di salvaguardia contro l'epidemia]
/ In questo punto che sono hore 24 Incirca ci vien scritto d 'un caso che si dice
seguito in vrigale [Apricale] dal nostro agente in
valebona, habbiam tutto subito pensato
ragguarvene Vostra Signoria
Illustrissima con mandarle copie della lettera ... pregandola a farcine intender il
proprio, e senza piu le preghiamo longa
e felicissima vita. Di Ventimiglia li 9 di
Ottobre 1579 [Ufficiali di Sanità]
Si era già propagato, in funzione degli accadimenti della pestilenza, il sospetto degli
UNTORI e se a Genova tre forestieri per
tale accusa erano stati arrestati e torturati ma finalmente riconosciuti innocenti, il Duca di Savoja non esitava a procedere ad esecuzioni sommarie.
Quel tizio di Apricale, secondo Girolamo Rossi
veniva da Ceriana, sospetto di peste, si
era alloggiato ad Apricale, poi con la forza era stato portato a Bajardo e da qui
respinto ad Apricale ancora, dove venne GIUSTIZIATO (LAPIDATO) A FUROR DI POPOLO: S. V.
p. 201) .
Qualche sospetto cadde persino sul medico Giovanni Lorenzo che venne fermato nella villa
di Bordighera e solo dopo un periodo di
forzata quarantena venne rilasciato; il
fatto di venire da Loano ed Albenga, colpite dalla peste, lo aveva trasformato in
un pericoloso sospetto.
[Al Commissario di Sanremo]
Si hebbe l'amorevolissima sua de 6
del presente in risposta della nostra del
medemo giorno toccanti il fatto di ... Gio
Lorenzo medico venuto ad albenga. In
risposta de qual sua non occorre dirle altro salvo che sin qui si sono rittenuti e
si rittengono il medesimo Medico e suo
suocero con la cominciata guardia e che
pure servirA, per dir a V.S. molto ill. e
pregiatissima che desideressimo intendere
se del loco di loan si e poi inteso che sia
seguito altro, poiché quando non si intenda che sia seguito cosa alcuna essendo venuto detto medico da albenga con
sua bolletta giustificata di dove come
consta per sua certificatione fatta et de
forza nelli atti del notario et Cancellario
nostro non s'era partito dalla mattina di
Settembre in qua et assicurandosi per esser quel bon cittadino et persona che e
et che ha de parenti frattelli e sorelle, nipoti e altri in questa città che quando vi
fussi malati alcuni non direbbe una cosa
per un' altra, e massime con giuramento,
desideressimo dico non tener più dessi dui
cittadini guardati con tener loro (e plenar anche ogni ansieta a vicini nostri) in
scomodita e di loro famiglie, e perciò la
preghiamo che resti servita se ha di detto loco di loan sentito altro a parteciparcene ... [Fondo Bono Ms 1, c. 279-80,
data del 9 ottobre 1579 - Gio Lorenzo
Medico cittadino quale sta sallariato da
qualche mese in qua in detta città (di Albenga), e vene con sua moglie et robe con
una boletta di detta città ..., i marinai
della nave che lo portò confessarono che
a Loano v'erano stati casi di peste e il medico fu sottoposto col suocero, il 6 ottobre 1579, a quarantena per esser stato tre
settimane prima a Loano e in una villa
di Albenga detta il poggio dove vi era stato un morto sospetto di peste, Ibidem c.
279].
Diletti nostri sono comparsi questa
mattina ... Georgio traitello e ... Battista Balauco bandioti della bordigheta,
vervone ... esser venuti li bestiami per
carricar essi bandite con loro pecorari . . .
Inteso esser sopra la bandita della bordigheta duo o tre giorni sono incirca, ci
e parso doverli compiacere e percio doveretteno mancar introdurli sopra dette
bandite e per maggior cautella havendo
loro cani per guardia farete che o vero
li amazzino o vero li mandino indietro a
case loro per intendendo che debbano
trattenerli ei li provvederette sino a nostro ordine di doe guardle a loro Spese
accio non habbino a conversar con alcuno ... di Ventimiglia li 19 di Dicembre
1579 [Ufficiali di Sanità - al Delegato
di Bordighera - Fondo Bono, Ms 1, c.
291 recto - estremamente danneggiato]
Il rescritto si comprende leggendo di
seguito (senza data): (al Commissario
di S. Remo? - gli stessi) ... intendiamo
che alcuni di mendagia (Mendatica) sono
andati et condotti li loro bestiami sopra
il paese di Ceriana et in parte infetta, et
che quei di ceriana non hanno voluto più
lassarli veniresino ad ordine di V.S. Molto Magnifica e pregiatissima e perché doveano venir sopra nostro territorio qualch 'uni di mendaigo con loro bestiami per
pascer herbaggi di bandite compre da la
comunita predetta che erano qui gionti
prima d'havutole nuova da detto Illustrissimo Signore qual pero bestiami et
homini si ricettarono et se li fece la guardia poiché non si assicurarno del loro
viaggio, dubitando poi di ditta nuova che
non possano esser li medemi che andorno sopra dito territorio di ceriana ci è
parso pregar con la presente V.S. molto
magnifica e pregiatissima ... se sa qualche cosa dei suddeti bestiami a farcelo intendere, e se piu sopradeto paese fussero
trattenuti secondo da detto Illustrissimo
Signore (di Dolceacqua) ci è fatto intendere acciò che quando questi fossero lì
medemi possiamo per bono ispediente
trattenerli molto ben custoditi e restretti
e quando il contrario non si li dia piu scomodo di quello che il tutto importi (il 25
Dicembre dell'anno si notificò che si trattava di un falso allarme: ma si registravano casi mortali al Poggio di Sanremo
e a Taggia).
In genere fu, come sopra accennato, il delegato della Sanità di
Bordighera
a ricevere maggiori notificazioni, un po' perché
era l'unica villa prettamente marinara,
un po' perché la più vicina a Sanremo ed a
Taggia dove si vociferava di stragi pestilenziali e un po' perché i Bordigotti
non erano alieni, pur di continuare le
proprie attivita, a correre qualche rischio
di troppo.
In effetti Bordighera costituiva un attracco più facile della sorvegliatissima
Ventimiglia e gli Ufficiali di Sanità di
questa scrissero a tal proposito al Commissario di Sanremo (7-1-1580, Ibidem,
c. 301): . . . pare che tutti gli huomini che
vengono alla bordigheta, che pur ne vengono molti e per terra e per mare per
quanto ci vien scritto dall'agente nostro
in quel loco habbino preso e prendano
piu sicurta anzi usino piu insolenza di
quello che il dovere importa .....
Si imputava, di seguito ai Bordigotti di fare
troppa conversazione coi forestieri e
di sottovalutare la pericolosità di un morbo che mieteva per tutta la Liguria e la
Provenza (a Genova le vittime si sarebbero alla fine contate a migliaia e che per
ora pareva risparmiare il ventimigliese).
In particolare si temevano le iniziative
arroganti di un capitano di nave
bordigotto di cui agli Ufficiali intemeli:
era molto spiaciuta la sua insolentia, e
quando (il Commissario) si preghi sapere chi è, che non possiamo essendovinarne:
almeno tre nominati restano In quel loco
barcaroli, e de' quali doi ne sono andati per
Riviere et Genoa, uno de' quali ancor vi
è che s'aspetta se li darebbe a tutto parer nostro quel castigo qui meriterebbe
il suo mal procedere ....
In poche parole i Bordigotti, un po'
corsari e tanto commercianti, non si tiravano indietro di fronte al pericolo: e
proprio mentre un morto di peste alle
arene di Mentone e quattro sospetti di
infezione fermati dalle guardie ai Balzi
Rossi stavano seminando il panico tra
gli Ufficiali [(31-XII-1579), Ibidem, c.
299-300 recto-verso].
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D'altronde l'isolamento in cui, ai tempi della grande peste, si trovavano le ville e la città, in pratica senza
contatti se non per il tramite di messi
patentati, aveva penalizzato enormemente Bordighera, più delle altre ville,
perchè marinara e quindi bisognosa di
contatti commerciali, ed infatti al Commissario di Sanità gli Ufficiali intemeli
scrissero il 1 novembre del 1579: Magistrato diletto nostro/
Perché intendiamo che costì alla Bordigheta vi siano qualche maladi che per
esser poveri mancano di chiamar il medico per non poter spendere perciò sarete contento far domandar li consoli ei imponerli che vadino atorno visitando li
malatti e che li facino intendere che domandino il medico poiché esso é salariato ... (Ibidem, c. 289).
Miseria e mancanza di un medico residente e anche l'ignoranza avevano reso
i Bordigotti disposti a tutto, sicuramente esacerbati contro una Ventimiglia che
sentivano lontana e forse a torto indifferente.
Gli Ufficiali intemeli si mostrarono
nelle ville, per quanto è recuperabile, solo
il 15 Gennaio 1580 onde esaminare personalmente la situazione (come da lettera al Marchese di Dolceacqua, Ibidem,causa
c. 302-3).
Stante la collaborazione ai "Baluardi di Liguria" tra Capitanato di Ventimiglia, Principato di Monaco, Signori di Dolceacqua, Stato Sabaudo e Repubblica di Genova[si notino qui lettere tra Honorato Grimaldi Signor di Monaco ed il Commissariato di Sanità di Ventimiglia sia per i provvedimenti da prendersi che con varie informazioni su casi epidemici verficatisi tra Nizza e Oneglia, comprese quelle sulla morte per contagio al "Poggio di Sanremo" di tal Giacomo Capoduro
] e nonostante la provata efficienza dei Rastrelli di Controllo, l'utilità delle Patenti di Sanità e poi ancora la tecnica della Quarantena (assai discussa ma certo utile dal lato preventivo come nel caso di un medico obbligato a "Far Quarantena") quanto dei "Lazzareti" (senza escludere -pur tra la feroce indifferenza dei profittatori e in particolare dei delinquenti di strada preoccupati di saccheggiare- anche luminosi episodi di abnegazione nel prendersi cura dei contagiati pure a rischio della vita) comunque anche nel Capitanato di Ventimiglia, per quanto destinato a restar immune dai contagi le notizie della strage genovese alimentavano il terrore della morte nera tra il 1579/'80 e su ciò forte era l'influenza di superstiziose paure tra cui quella dell'opera di streghe, demoni ed untori sì che non mancarono le persecuzioni.
L 'angoscia divenne poi dilagante per l'improvvisa assenza di notizie precise su Genova e il restante Dominio
al punto che si giunse al limite, per quanto noto dai documenti, di almeno
un caso di lapidazione a furor di popolo : azione di estrema gravità in qualche modo connessa al timor panico d'un'imminente Apocalisse = alla radice di tutto questo sussistevano peraltro convinzioni, alimentate dalle in seguito ben confutate da Benito Pereira "Prediche" di Annio da Viterbo per cui le coeve invasioni turchesche avebbero costituito il segnale di una imminente Apocalisse così come dallo stesso Pereira venne poi contestualmente confutata un'altra ipotesi di Annio da Viterbo, che a suo tempo aveva preso grande credibilità, secondo cui le incursioni turchesche sarebbero state una ulteriore precognizione dell'Apocalisse sulla base dell' "equazione Maometto = Anticristo"). Tutto queste variegate quanto superstiziose credenze finirono, sciaguratamente, per alimentare nell'immaginario e nella superstizione molte altre oscure previsoni che ebbero poi tragici epiloghi che vanno dal caso delle Streghe di Triora a quello della "Malefica Peirinetta Raibaudo".
Del resto nonostante l'assenza del contagio la gente non era quieta oltre che per paura, talora dettata da superstizione ma comunque sempre ben comprensibile e giustificata, anche per l'assenza di qualsiasi cura medica possibile come ancora a ragione di un raggelante isolamento del Capitanato che se diventava angosciante dal lato emotivo dal lato pratico comportava effetti anche nelle carenze di approvvigionamento di derrate alimentari ed in particolare di grano = fatto che aveva vieppiù impoverita -con enorme sconforto degli abitanti- l'
unica villa marinara del Capitanato ove l'attività agronomica era minima e si viveva proprio in funzione oltre che del pescato di quegli scambi commerciali che l'attuale emergenza aveva paralizzato, cioè Bordighera.
Finalmente si ebbero notizie di prima mano e gli animi provarono, anche per la tipologia delle novità, un relativo rasserenamento: gli Ufficiali della Sanità del Capitanato di Ventimiglia in questa lettera al Signore di Monaco diedero esplicitamente testimonianza del pur relativo ottimismo che quasi di colpo parve trovare un certo fondamento (Ibidem, c. 303,
stessa data in Fondo Bono, ms. 1 in Aprosiana ): essi, dopo inutili tentativi, avevano finalmente ripreso i contatti con Genova e per quanto stentatamente le cose sembravano colà migliorare : . . . arrivò hieri qui Agostino Sperone venuto da Genova partito di la alli
12 dal quale havemo inteso che le cose
della mala sanita [la Pestilenza] di detta città s'andavano raffrenando . . . .
Dello stesso tenore
ma più estesa l'informazione per i Doria di Dolceacqua: ... noi Le facciamo
sapere come hiere giunse a buon salvamento qua Agostino Sperone et insieme
la barca di Stefano Rainero con un'altra
barca di Sestri carica di grano . . . Ibidem,stessa data, c. 302 verso).
Era però
già arrivata da Genova un'altra barca:
... capitò sopra questa nostra piaggia
domenica passata con un suo Leudo patron bartomelino verde di San Pier d 'Arena venuto da detto luoco dal quale et fico nostro capitano havemo inteso che
a bocca et per lettere scritte dal magnifico Luca Grimaldi il bianchino al magnifico
le cose della mala sanità di Genova s'andavano quietando scrivendo detto Luca
una sua di 6 che il giorno avanti et la notte appresso non erano morti piu di 14
persone dentro la città ... (Ibidem,
14-1-1580, c. 302).
Le notizie su Genova qui in serie di immagini cartografiche saranno spesso
controverse, ma quello che qui interessa nel contesto di questa corrispondenza in corrispondenza alla peste del 1579/'80 tra il residente di Bordighera preposto alla sanità, il Commissariato alla Sanità di Ventimiglia, i Signori di Monaco e Dolceacqua, il Ducato Sabaudo
e l'operato di Agostino Sperone e Stefano Rainero.
Secondo il Lanteri , Discorso storico
cit. cap. IV, ripreso dal Rossi (S. V., p.
202) che quale riordinatore della Biblioteca Aprosiana ne gestiva il manoscritto sulla storia intemelia da lui denominato "Memorie" qui utilizzato anche per la rivolta popolare del 1625 durante la Guerra tra Genova e Piemonte [ è però da precisare come di questa opera manoscritta del Lanteri in tempi relativamente recenti una copia migliore ( rispetto a quella della "Biblioteca Rossi") sia giunta, per merito di Carlo Canzone già facente veci di Bibliotecario e di chi qui scrive autore del regesto del grande
Manoscritto 1 sia giunta miscellanea (appunto il Manoscritto 1) alla C.B.A. per un lascito (o restituzione?) noto come “fondo Bono” ].
In merito all'analisi di questa sezione dell'opera del Lanteri, in merito ai soccorsi prestati alla sfinita Genova dal Capitanato di Ventimiglia sulla base di quanto commentato dal Rossi sembrerebbe essersi trattato di un'operazione unilaterale di pura assistenza ad opera di Ventimiglia (rimasta sostanzialmente immune dal contagio) per la capitale al contrario pesantemente colpita dal terribile morbo, mentre la
logica (anche per il fatto che gli Ufficiali
Intemeli nella loro corrispondenza parevano troppo ansiosi per quella spedizione) lascia intravedere l'ipotesi di un soccorso maturato per la necessità di procurarsi il grano ormai carente in tutto
il territorio intemelio (come da corrispondenza in Fondo Bono, Ms. 1, c.
276-321, passim).
Ed infatti il donativo intemelio fu di
prodotti locali, senza cenno alle granaglie che il Capitanato non produceva a
sufficienza e di cui era debitore ad altri
siti del Dominio. Si riconoscerà, pur nella tortuosità delle espressioni, che la missione di
Agostino Sperone valse anche da contatto con Genova, tanto odiata un tempo
quanto ora agognata, e che il bordigotto patron Rainero, non si sa perché taciuto dal Rossi, fu il vero condottiero
della spedizione, probabilmente scelto
per la perizia e forse destinato a riportare a Ventimiglia non solo lo Sperone ma
anche qualche favore di Genova, tenendosi bene affiancata una nave di Sestri carica di grano: "... Nel 1579 essendo nella città di Genova successa la peste, il Parlamento di Ventimiglia ordinò
di mandare un presente alla Signoria Illustrissima qual non fosse di meno valore di scutti 300, e percio si ellessero sei
ufficiali della città, e delle ville per dover mandare detto presente, e fu elletto
Sindaco il Magnifico Agostino Sperone
per doverlo portare e furono:
Barili 150 di ficchi belli
Barili 20 di Damaschine
Barili 30 di Moscatello
Cipolle 2500
Agli Teste num. 150
Undici sacchi di amandorle
e Spicco
[è altamente probabile che entro questo donativo di mandorle fossero da ascrivere i biscotti (a lunga conservazione ) a base di mandorle (assai coltivate per secoli in area intemelia) in termini classicheggianti detti
crustula amigdalina ma in forma dialettale intemelia indicate poi sempre come "Bane" ed al riguardo del valore alimentare ma anche fitoterapeutico delle mandorle si veda qui quello che ne scrisse Troiano Massimo]
con
una
LETTERA
del tenore seguente
"Eccellentissimi ed Illustrissimi Signori
Padroni Collendissimi
Se per offrirstici pronti a sopportar qualsivoglia martirio fossimo stati in parte a
mitigare lo sdegno Divino, accio la città
e suo dominio restasse libero, dal male
contagioso non e dubbio nessuno, conforme a quanto siamo tenuti, che paterissimo con li effetti stessi ogni pena, e
tormento, come con l'avviso sentimo
cruccio e dispiacere grandissimo non
mancando noi continuamente di pregar
Nostro Signore Iddio a divertir l 'ira sua
da noi facendo cessare queste male influenze, e per mostrare e fare in parte conoscere di questo nostro comune a Vostre Signorie Illustrissime l 'afflizione dell'animo suo e del dispiacere che patisce
continuamente del male che siegue in
questa città, non avendo altro mezzo di
farle maggior dimostrazione, ci è parso
bene inviarle qualche rinfrescamenti che
nascono in queste nostre parti, e secondo le poche facoltà sue, e per tale effetto esso Comune ha deputato noi infrascritti Offiziali per la provigione d'essi al
che avendo provisto per quanto a noi e
stato possibile rispetto alla sterilità del
paese avemo detti rinfrescamenti tali e
quali sono caricati sopra la barca di Patrone Stefano Rainero della Bordighera,
per inviarle a Vostre Signorie Illustrissime, li quali sebbene saranno pochi, e di
niun concetto appo di quelli, si degneranno con nulla manco colla loro solita generosità accettarli e con essi per compi
mento la buona disposizione di detto
commune facendosi scudo di quelle belle parole, A GRAN SIGNORE PICCIOL
PRESENTE BASTA.
Potranno dunque ordinare che sijno ricuperati da detto Patrone conforme a
quanto vederanno denotato cosa per cosa
nell'inclusa parcella, e baciando umilmente le mani di Vostre Signorie Illustrissime gli preghiamo ogni compita felicità. Di XXmiglia li 15 Dicembre 1579
RISPOSTA
Alli Molto Magnifici Diletti nostri sindaci
della città di Ventimiglia e Comunità
[Noi] Doge e Governatori della Republica di
Genova [rispondiamo]
Non bisognava che ci mandasse cosa alcuna, per dimostrare il buon 'animo che cotesti cittadini, e tutti gli huomini del Contado hanno verso la Republica, perche prima d'ora eravamo certi
della buona mente e della devozione di
tutti loro, nondimeno ci sono state carissime quelle frutta che ci avete mandato
ricevute in conformità della lista inclusa
nelle Vostre Lettere perche nelle dette
frutte mandate abbiamo conosciuto l'affezione e l'amorevolezza di tutti voi, della
quale in ogni tempo, e occasione tenemmo quella grata memoria, che si convene siccome più largamente vi dirà il Nobile Agostino Sperone da voi mandato,
il quale siccome con noi ha fatto l'offizio che si conviene a buono e amorevole
cittadino, per noi e per questa città e
Contado, cosi compierà in significare l 'animo nostro pronto a tutti li commodi,
e favori che giustamente si potranno fare
e perciò a lui se ne rimettiamo.
Genova
li 8 Gennaro 1580 . . . " [con l 'appunto seriore che tali documenti ... si trovano nell'archivio della Comune ...].
La peste avrebbe squassato Genova
sino all'Ottobre del 1580 (D. Cambiaso,
La peste in Val Polcevera negli anni
1579-80 in "Giorn. St. e Lett. della Liguria").
Verso la fine del febbraio 1580 la
peste risfiorò le ville orientali del Capitanato di Ventimiglia con un caso mortale al Poggio
di Sanremo :
... habbiamo inteso che Giacomo Capoduro arrivato che fu al Poggio assai
presto si morite di peste essendosi attaccato d'esso male in questo modo, ma prima le diremo che costui era un capraro
et al principio che si scoperse la peste in
detto luogo del poggio dove allhora lui
dimorava fu ritornato nel territorio di
San Remo et in quel luogo dopo haver
fatto due quarantene fu introdotto et
sempre stato et praticato trattenendosi in
casa d'un chiamato Giovanni Pesante che
gli fu sicurtà che non andarebbe nel detto luogo del Poggio, la qual cosa non ha
osservato ma andato occultamente e per
vie indirette a parlare alla sua filia (?)
come fu scritto per l'antecedente nostra
et ritornato subito si senti doler la testa,
con la sopragionta dell'enfiatura alla coscia. Il che da detto Giovanni pesante padrone della casa fu fatto noticia al Magnifico Comissario et da lui fatto vedere
il patiente fu trovato che il suo male era
contagioso, et tutto subito fu mandato
via nel detto del poggio dove arrivato
poco dopo morse, fu brusciata stanzia
della casa dove questo tale dormiva e tutte quelle cose che in quella si trovavano
et detto Giovanni col restante della sua
famiglia s'è ritirato in una sua villa in
campagna vivendo con grandissimo sospetto . . . [Gli Ufficiali di Sanita al Signor di Monaco, da Ventimiglia, li
26-II-1580 in Fondo Bono, Ms 1, c.
319 recto-verso]
Oltre questa data non si hanno notizie dirette dagli Ufficiali di Sanità ma è
certo che la peste, che aveva colpito Costarainera, Oneglia e la Provenza e stava falcidiando Genova ma colpendo soprattutto i ceti meno abbienti visto che specialmente i nobili trovarono scampo rinserrandosi nelle loro ville, protette da guardie ben armate, o si trasferirono nelle loro amene località di villeggiatura a differenza di quanto destinato ad accadere con l'ancora più terribile peste del 1656/'57 in non vi fu discriminazione e tutti i ceti furono colpiti dall'altissima mortalità, di quest'ultima epidemia rimane per
rendere un'idea di quanti erano "ammassati" nel "lazzareto" di Genova rimane questo dipinto del Fiasella che comunque ben si presta a far intendere pure la calca di tanti disperati colpiti dal contagio nel 1579-'80 in qualche modo ricoverati a pro di qualche assistenza = la peste qui esaminata nelle sue varie manifestazioni da quella del dal 1348 a quelle diverse per caratteristiche come qui si può leggere del '500 e '600 finì frequentemente per sublimare il terrore a livelli di estrema superstizione di maniera che, pur non verificandosi il terribile riscontro milanese del processo agli untori, dal XVI secolo secolo, sulla base dei dati raccolti, pure a a Genova e Dominio prese piede, ad ogni livello, la credenza su streghe o individui, anche sotto influssi diabolici, votati a spargere malefici velenosi quanto contagiosi tramite vari mezzi, come si legge nel comma , raggiungibile tramite questo collegamento, del più esteso articolo trattante gli "avvelenamenti" entro il Libro secondo o "Delle Pene" dei cinquecenteschi Libri Criminali" della Repubblica genovese.
Anche per le previdenze assunte come si evince da questa corrispondenza l'epidemia continuò a risparmiare Ventimiglia e ville in pratica
le assediava, isolandole dal mondo acuendo perciò un grave stato di malessere che
a quanto risulta dalle due seguenti lettere di Honorato I Grimaldi Signore di Monaco dovette perdurare sino all'estate di quell'anno:
Magnifici Signori[ Commissari alla Sanità di Ventimiglia]. Per la brieve vostra di 5 (?) - di questo ho visto l'avviso,
ch'avete havuto dal vostro Comissario
che resiede alla bordighera, qualmente in
Tenda et alla Briga siano seguiti casi di
peste, la qual nova mi ha dato quel sentimento che potete considerare, et con
tutto che io speri, che forse tal nova non
possa esser vera, tuttavia io ne sto con molto affanno, et mi farete piacer grande, sapendone [di]il proprio, a darmine
aviso, ringratiandovi della diligentia usate in ragguagliarmi di quanto e a vostra
notitia [...Dio da mal viguardi. Da Monaco alli 6 di Aprile 1580. [Siate contenti
di far haver l'alligato piego a gio: agostino montoglio importandomi che egli
sicuramente, et fedelmente l'habbia
A piaceri vostri
Honorato grimaldo]
C.B.A. Fondo Bono, Ms. 1, c.
411-13, la 412 solo recto, la 413 solo verso indirizzata Alli Magnifici Uffitiali di
Sanita di Vintimiglia / A / Vintimiglia
- 412 mutilo sul lato sinistro.
Magnifici, Per una mia di 3 di questo vi scrissi, come mi ritrovavo alcune
vostre lettere, alle quali non risposi allhora per la fretta, con che vi diedi l'avviso di quella gondola carrica di robbe
per portar a Taggia prese a Nizza; et hora per non differir più a rispondere a quelle che fin allhora
havevo avuto, et alle altre che ho ricevuto dappoi farò con questa l'effetto dicendovi che dalli 28 del passato in qua mi
trovo le seguenti vostre ciò è di 28 di maggio prossimo passato, del primo, 3. 4 et
7 del presente, le quali tutte contengano
nove delle cose della sanita, quali mi sono
sempre grate; et dell'amorevolezza, et
buona nuova circa in ragguagliarmi, vi
ne ringratio. Per quella del primo di questo ho visto quanto mi repplicate di quel
francese che comparse alla madonna di
buon viaggio; nel qual proposito mi
dic[o] [ca]pitando simil persone discaminate, mi occorre, che voi debbiate incaminarli, et consignarli alla guardia di
mentone, ricercando di saper sopra questo il parer mio, vi rispondo che io mi ne
rimetto a voi; et che li pigliate quella provisione che vi parerà piu espediente, non
mancarò di dirvi, che par dura cosa levar il fastidio da sè, e appoggiarlo al
compagno, piaccia a nostro Domine dio,
che non capitino simili occasioni perchè
come voi dite non possano se non apportar noia, et fastidio per non tacervi
il mio concetto, io sarei di parere che
quando pur capitino tali pesone discaminate senza bollette, che voi non le
lasciate altramente passare nella e per la
via ordinaria, ne. tampoco per vie indirette, ma farle tornare indietro, perchè
venendo senza bollette in questi tempi
certa cosa, è, che non vengano per ben
nissuno; pero com ' ho detto di sopra, io
mi rimetto a quello che voi giudicarete
più opportuno; Mi sarà caro sapere da
voi se havete poi inteso altro di quel che
si è detto esser seguito in Oneglia, e se sia
così in effetto, il che Dio non voglia. Delle
cose di Nizza non posso in effetti dirvi
ben il proprio come passano, parlandosine variamente, tuttavia si intende da più
relationi, che non li sia di peggio; et che
dentro la città il mal vada allentando, ma
che fuori alle trabache faccia pur progresso, et sperano con l'aggiuto di Nostro
Signore di nettarsi presto; che così piaccia a sua divina maesta farline gratia liberandola affatto, et guardar tutti li altri luochi, che sono sani da questo et ogni
altro sinistro; Nostro Signore da mal vi
guardi et dia in tutto ogni contento.
Da
Monaco alli 8 di giugno 1580.
Sarete contenti di far haver l'acclusa a Gio. Agostino Montoglio.
A piaceri vostri
Honorato Grimaldo
[C.B.A. *, Fondo Bono, Ms 1, c. 408
recto - ultime righe autografe - danni per
umidità e funghi.]
Dal Signore di Monaco ricaviamo (è
l'ultimo documento noto in ordine cronologico sulla peste del 1579-80) lo stato
di angoscia in cui Ventimiglia e le sue otto
ville dovettero permanere di sicuro
sino all'estate di quell'anno. L'obbligato immobilismo sociale ed economico
può spiegare molte cose: il degrado del
quartiere Lago di Ventimiglia per
esempio, notoriamente il più comodo ma
anche il meno salubre!
Degrado dovuto all'assenza delle necessarie manutenzioni: come si vedrà di
seguito in dettaglio, la città di Ventimiglia, che aveva urgenza di pronti restauri alle muraglie, al complesso urbano e
all'intiero sistema idrico del Roia, non
realizzò varie opere pubbliche e fu colpita da un consistente flusso emigratorio. II fenomeno egualmente si manifestò nelle ville, che l'assenza di provvisioni ed interventi invano richiesti finirono col lasciare prostrate e forse compatte nella convinzione che tutto, o quasi, fosse fatto per il Capoluogo: dove peraltro poco e anche difficoltosamente si
riusciva a realizzare!
Onorato era il figlio minore di Luciano (1487-1523), Signore di Monaco, e di Jeanne De Pontevès-Cabanes si vedano qui le voci
Monaco e come era nel '600 la rocca di Monaco]
Egli divenne Signore di Monaco all'età di nove mesi, dopo l'assassinio del padre per mano di Bartolomeo Doria, il 22 agosto 1523. Venne nominato quindi un reggente per il giovane Signore, nella forma di suo zio, Agostino Grimaldi (1482-1532). Sotto il governo del padre di Onorato, Monaco era divenuta soggetta alla Francia grazie all'operato del Re Francesco I. Agostino Grimaldi guidò altre relazioni diplomatiche e nel siglare i trattati di Burgos e Tordesillas (1524), prospettò anche l'alleanza con la Spagna dell'Imperatore Carlo V. Monaco divenne così un protettorato della Spagna, consentendo al paese di espandersi e svilupparsi. L'alleanza con la Spagna rimase sino al 1641, e pesò gravemente sulla pressione fiscale di Monaco.
Agostino Grimaldi morì il 14 aprile 1532, mentre Onorato era ancora minorenne, e venne perciò scelto per lui un nuovo reggente.
Nicola Grimaldi, il successore di Agostino, governò per soli nove giorni e venne perciò nominato al suo posto Stefano Grimaldi (m. 1561), da Genova, conosciuto col soprannome di il Governatore, il quale assurse alla carica di reggente il 23 aprile 1532. Stefano rimase in reggenza sino al 16 dicembre 1540, quando Onorato raggiunse la maggiore età e fu responsabile dei restauri e degli abbellimenti apportati alla chiesa di San Nicola di Monaco.
Nel 1545, Onorato I sposò Isabella Grimaldi (m. 1583). La coppia ebbe quattro figli = Carlo (1555-17 maggio 1589 che succedette al padre: dopo lamorte prematura di Carlo gli succedette il fratello minore Ercole )
Francesco (1557-1586),
Orazio (1558-1559), ed appunto
Ercole (24 settembre 1562-21 novembre 1604)
Il periodo di signoria di Onorato I fu relativamente pacifico. Durante la sua reggenza, venne restaurato e ingrandito il Palazzo reale di Monaco e Carlo V vi giunse in visita nel 1529. Anche papa Paolo III visitò Monaco, nel corso del suo viaggio verso Nizza dove tenne un concilio, proprio durante il regno di Onorato I.