cultura barocca
CLICCA QUI PER ANALIZZARE DA TESTO ANTICO TUTTE LE VOCI RIGUARDANTI ECCLESIA/CHIESA

da un saggio di Alberto Merola - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 3 (1961) = "ANTONIO MARIA da Albogasio (al secolo Casimiro Affaitadi anche scritto Affaitati IN UN RITRATTO SOPRA QUESTA INTRODUZIONE) nacque ad Albogasio (Valsolda) nel 1660 ed entrò a sedici anni nell'Ordine dei frati minori cappuccini della provincia di Milano. Lavorò nella biblioteca e nell'archivio del convento milanese della Concezione.
Per quattordici anni assisté i condannati a morte, e di questa sua triste funzione resta il ricordo nell'opera Il caritativo assistente una visione diretta di Domenico Antonio Gandolfo secondo bibliotecario dell'intemelia Aprosiana pratica; metodo per confortare ed aiutare i condannati a morte ad un felice passaggio, Milano 1719.
Morì nel convento della Concezione il 26 apr. 1721.
Restano di lui varie opere, il cui elenco completo è dato nella Biblioteca di Ilarino da Milano.
Qui si ricordano soltanto i titoli delle prime edizioni: Fiori istorici di erudizione, Milano 1711; Memoriale catechistico esposto alle religiose claustrali di qualunque Ordine, Milano 1713; Il Patriarca davidico spiegato nella vita e santità eminente di s. Giuseppe, Milano 1716.
L'opera più fortunata per numero di edizioni è un
manuale pratico di coltivazione e di giarclinaggio, pubblicato a Milano nel 1710, sotto il nome di Casimiro Affaitadi, col titolo
Il semplice ortolano in pratica, overo Regole pratiche per coltivare, e seminare orti, e giardini
nel contesto dal '500 al '700 di una sempre maggiore serie di pubblicazioni su
agronomia, agricoltura, gastronomia, vinicoltura con un crescente interesse per i fiori destinati ad avere una crescente affermazioni nei secoli tra infiorate ed altro
sino ad un vero e proprio culto specie
nel
Ponente di Liguria con un attivo commercio nazionale ed internazionale di fiori ed in particolare garofani (con l'istituzione di mercati per la commercializzazione dei fiori: basti qui proporre immagini dei "Mercati dei Fiori" in Vallecrosia e Ventimigia) sfruttante le moderne tecnologie connessa ad una moderna rete di trasporti in forza della linea ferroviaria, senza dimenticare l'utilizzazione di fiori in aziende di distillerie tra cui assunse grande importanza quella istituita a Vallecrosia . Evento epocale quello floricolo in Liguria Occidentale sublimatosi a Ventimiglia poi detta "La città dei Fiori" con la celeberrima "Battaglia di Fiori", capace di attirare visitatori dall'Italia come da stranieri, europei e non solo, comprese varie eccellenze dI spettacolo, sport e cultura alla cui storia fu dedicata questa pubblicazione del 1987 [ le immagini sono riprodotte da questo bel volume del 2021, opera dell'illustre medievista Mario Ascheri, residente a Siena ma nativo della mai dimenticata Ventimiglia]

Ancor prima degli scritti dell'Affaitati si erano andati affermando in tutta Italia giardini sempre più belli come nel caso, per restare sempre in Liguria, del GIARDINO SIGNORILE DI DOLCEACQUA = fattori questi che portarono allo spettacolare fenomeno delle infiorate ammirate dal discepolo di Aprosio e secondo bibliotecario dell'Aprosiana DOMENICO ANTONIO GANDOLFO , dati i meriti, mai abbastanza citato tra gli illustri ventimigliesi, allorchè si recò a Roma e le ammirò a Genzano ( anche de è doveroso ricordare come lo scrittore Bernardo Morando nel suo romanzo La Rosalinda inserì una "sorta di infiorata della Cattedrale di Ventimiglia" per celebrarvi la conversione seppur di fantasia- patrocinata da Angelico Aprosio- al cattolicesimo di un calvinista personaggio chiave del romanzo = in merito è altresì da rammentare che nella normativa per le "processioni" del seicentesco intemelio Vescovo Mauro Promontorio si invitava ad adornare le vie appunto in occasione di processioni ed eventi importanti di ordine religioso con fiori, foglie di palma, rami di olivi messi strategicamente ma anche con ostensione di tappeti e quadri con immagini sacre e nettamento delle vie, con aspersione di profumi e disposizioni di rami di piante gradevolmente odorose) .
[Mauro Promontorio vedi p. 30 riga 11 dall'alto con voce attiva evidenziata in rosso nel repertorio della Biblioteca Aprosiana - entro lo studio della Diocesi di Ventimiglia del Semeria vedi quanto scritto su Mauro Promontorio nel contesto dei prelati del XVII secolo: vedi un volume di Decreta di Mauro Promontorio - inoltre si legga qui la voce processiones dalla Bibliotheca canonica, juridica, moralis, theologica nec non ascetica, polemica, rubricistica, historica, &c. ... ab ad m.r.p. Lucio Ferraris ... Tomus primus [-undecimus (Additamenta)]. ..., Post plures Italicas editio postrema auctior et emendator ..., Venetiis : typis Vincentii Radici, 1770-1794 ( 11 v. ; fol.) .

Antonio Maria da Albogasio al secolo Casimiro Affaitadi anche scritto Affaitati (SOPRA IN UN RITRATTO SEGUITO DA UN TESTO TUTTO ASSOLUTAMENTE DA LEGGERE DA LEGGERE CLICCANDO QUI PER I MOLTEPLICI RIFERIMENTI ANCHE DI NATURA STORICA OLTRE CHE LETTERARIA SU FIORI, GIARDINI NELL'ESPERIENZA DI A. APROSIO, B. MORANDO, LA CITTA' INTEMELIA CON LE STRADE RIPULITE BEB BENE E LA CATTEDRALE VENTIMIGLIESE ADORNATA NON SOLO BOTANICAMENTE DURENTE LE PROCESSION IN FORZA ANCHE DELL'OPERA QUI TRATTATA DEL SUO VESCOVO MAURO PROMONTORIO MA ANCHE LE INFIORATE NELLA TRADIZIONE DI ROMA, DEI COLLI ROMANI E DI GENZANO NELL'ESPERIENZA DEL BERNINI E NELLA VISIONE DIRETTA DI DOMENICO ANTONIO GANDOLFO SECONDO BIBLIOTECARIO DELL'INTEMELIA "LIBRARIA" APROSIANA ECC.) entro la seconda parte de Il semplice ortolano in pratica, overo Regole pratiche per coltivare, e seminare orti, e giardini scrive con passione della cura dei giardini[l'autore non ignorava certo il meraviglioso GIARDINO FIORENTINO GRANDUCALE DI BOBOLI cui Giuseppe Biamonti celebre poeta di S. Biagio della Cima oggi in provincia di Imperia dedicò questo splendido idillio] = l'Affaitati fa precedere la sua celebrazione dei giardini italiani da questa delicata considerazione 8pag 95, riga 20 dall'alto) qualunque parte del mondo tramanda alla nostra Italia altrettanti fiori per ingemmarle i Giardini traendo occasione per stendere poi un documentataDella cultura de' Fiori e del Tabacco cui seguono alcune aggiunte come Aggiunte d'alcuni Segreti e quindi altri capitoli dedicati a Della eccellenza e diversità de' vini .
Il sito informatico CULTURA-BAROCCA DI CUI SOTTO - A FINE DI QUESTA PAGINA - SI LEGGONO QUI LE MODALITA' D'ACCESSO HA DIGITALIZZATO L'INTIERO VOLUME CHE METTERA' A DISPOSIZIONE A CHI NE FARA' MOTIVATA RICHIESTA, MA QUI, A PRESCINDERE DA PARZIALI DIGITALIZZAZIONI, HA RITENUTO IMPORTANTE DIGITALIZZARE INTEGRALMENTE UN' AMPIA SEQUENZA NARRATIVA IN CUI IL SOPRA MENZIONATO
Casimiro Affaitati
[colpito in ambito culturale dall' avvento delle piante e fiori del Nuovo Mondo e dalle notizie sugli straordinari giardini degli Aztechi ed in ambito decisamente più pratico pratico dal crescente sviluppo dal '500 alla floricoltura in Italia destinata a raggiungere nel XX secolo
una enorme diffusione con relativa commercializzazione di alcuni prodotti al segno che Ventimiglia, come qui si può leggere, fu denominata "La città dei fiori" raggiungendo nomea internazionale per la sua "Battaglia di Fiori"]
entro un suo fortunato
volume su agronomia e floricoltura intitolato Il semplice ortolano in villa, e l'accurato giardiniere in città
tratta dei
Garofani essendone appassionato cultore tanto da scriverne in vari capitoli
sostenendo che "il garofano è il re dei fiori quanto la rosa è la regina dei giardini
[scrivendo inoltre l'autore come qui cliccando si legge"Della Rosa rossa, di Mese, di Cento foglie, o sia di Olana, Damaschina, Gialla, Marina, e di Città].
L'autore preciso e documentato, integrando le sue già rilevanti considerazioni sugli amati "Garofani" parla in altra sede dei
GAROFOLONI, O GAROFALINI E POI DEI GAROFANI DELLA CINA
riservando spazio descrittivo ancora più ampio a riflessioni su
DEI GAROFANI ORDINARJ DA MAZZETTI, E DELLE PIUMETTE
[ Bibl.: Valdemiro da Bergamo, I cappuccini della Provincia Milanese, II, 2, Crema 1899, pp. 404-406; G. Molon, Biblioteca orticola, Milano 1927, p. 17; Ilarino da Milano, Biblioteca dei F. M. Cappuccini di Lombardia, Firenze 1937, pp. 64-69; Dict. d'Histoire et de Géographie Ecclés., I, col.671 ].
Vista la buona accoglienza della prima edizione di tale opera ne viene quindi stampata e diffusa con ancora maggior successo una seconda edizione dell'anno 1711 , notevolmente ampliata, avente come nuovo titolo Il semplice ortolano in villa, e l'accurato giardiniere in città,titolo rimasto tale in tutte le successive ristampe opera in cui ne l' Avviso al lettore, precisandosi l'importanza di agronomia e agricoltura, ci si sofferma su l'antica tradizione dell'orticoltura e come necessaria alla sussistenza distinguendola dall'Arte dilettevole di curare i giardini (anche per questo l'autore predispone un vasto indice su l'orticoltura ( di cui si è pensato di digitalizzare qui l'osservazione Della situazione degli Orti, e cultura del terreno con quella che afferma Del modo di raccogliere le Semenze, e del tempo proprio per seminarle e con un'ulteriore osservazione che detta del tempo, luogo e modo di seminar gli Orti, con la vera regola per trapiantare, e regolare le Ortaglie cui segue il capitolo Modo pratico per coltivare, propagare e innestare Alberi con alcuni avvisi spettanti all'agronomia, ed all' Agricoltura ove tra le p.62-65, l'autore disquisice sugli innesti dei mandorli ( facendo precedere le riflessioni sulle mandorle scritte o segnate come leggesi a pagina 54) nulla però scrivendo pur essendo un religioso l'erudito autore che nel medioevo i mandorli erano coltivati e le mandorle trattate per ricavarne dolci tipici assai nutrienti anche da dare ai viandanti della fede nel tempo dei grandi pellegrinaggi = fatto noto nel Ponente ligustico (e non solo naturalmente) ove nella valle del Nervia non lungi, nel XIII secolo, dalla Torre-Castello di Portiloria/Porziola ai viandanti verso il Santuario di S. Giacomo di Compostela era costumanza offrire tali dolci detti E BANE.
[Per motivazione di integrazione è doveroso rammentare come le mandorle, frutto succulento e signorile, fosse altresì usato in gastronomia e Massimo Troiano musicista e poeta napoletano (sec. 16º), dal 1568 attivo presso la corte di Baviera,come detto nel testo di questo collegamento l'autore napoletano descrisse un incredibile pranzo di nozze nel contesto di una trattazione erudita (1568) divenuta bilingue (1569) e qui proposta in merito al secondo libro (italiano - castigliano, la parte castigliana, da Cultura-Barocca non digitalizzata, risulta tradotta da M. Giovanni Miranda): l' immagine sopra proposta è invece quella della I rarissima edizione (quella sopra citata e dal titolo come scritto Discorsi delli trionfi, giostre, apparati, e delle cose piu notabile fatte nelle sontuose nozze, dell'illustrissimo ... duca Guglielmo. Primo genito del generosissimo Alberto Quinto, ... , nell'anno 1568, à 22. di febraro. Compartiti in tre libri, con vno dialogo, della antichita del felice ceppo di Bauiera. ... . Di Massimo Troiano da Napoli. ..., In Monaco : appresso Adamo Montano, 1568, In Monico citta di Germania, 1568) ]. Nell'ambito della sua oculatissima trattazione, tra tante altre cose, Massimo Troiano descrive i molteplici usi delle mandorle, pregiate, sia per la composizione di alimenti vari che per la confezione di portate gastronomiche varie come di dolci e biscotti ( naturalmente dato il contesto della sua narrazione, espressamente gastronomico, l'autore non cita però l'uso delle mandorle in fitoterapia, pur noto dall'antichità greco-romana )].
L'Affaitati dedica poi molto spazio nella sezione dedicata a Del modo diseminare i Mori : in manier che procedendo da pagina 71 , attraverso vari paragrafi, giunge pag.87 per trattare in vari sottocapitoli de I Bigatti [bigatto s. m. prob. da (bom)bigatto, der. del lat. bombyx -?cis bombice, baco da seta]. – Nome settentr. del baco da seta e, in generale, del bruco delle farfalle, e dei vermi che s’insediano in alcuni frutti. Dim. bigattino (v. la voce)] ritornando ad approfondire questo discorso a fine del libro nella sezione Trattato de' Cavalieri Ovvero Vermicelli, che fanno la Seta, col modo di regolarli, e conservarli da ogni loro infermità, acciochè possano produrre il loro lavoro a perfezione .
[L'Affaitati che non dedica spazio, a differenza del Trinci, ad un Trattato sulla coltura delle Api usa l'espressione Moro - mori, ma il nome è duplice si parlerà sempre più del gelso (morus): che è una pianta da frutto interessante, anche se spesso trascurata e relegata tra le produttrici di “frutti minori” mentre vanta alle sue spalle una antichissima tradizione nell’agricoltura contadina , specialmente perché legata all’allevamento dei bachi da seta di cui solo negli ultimi anni è in disuso la coltivazione: Questo albero produce delle more dolci e gustose, fa parte della famiglia delle moracee e si classifica in due specie principali: il gelso nero (morus nigra) e il gelso bianco (morus blanca), che si differenziano per il colore dei frutti ( il fitonimo gelso già ai tempi dell'Affaitati era usuale come leggesi in un autore pressochè coevo dell'Affaitati cioè ll già sopra citato Cosimo Trinci (XVII - XVIII sec.), "L'agricoltore sperimentato..." [Venezia 1796: VI ed. accresciuta della celebre opera di agronomia "L'agricoltore sperimentato, opera di Cosimo Trinci", pubblicato da Per Salvatore, e Gian-Dom. Marescandoli, 1726 di cui si può qui consultare il Trattato per il governo dei Cavalieri ed ancora il Trattato dei Gelsi (opere digitalizzate da Cultura-Barocca)]. Fino agli anni Cinquanta era in uso nelle campagne, per chi possedeva un granaio, coltivare i “cavalieri” termine regionalistico per indicare i bachi da seta. La coltura dei bachi da seta, insetti dell’ordine dei lepidotteri, se riusciva bene significava buoni guadagni ancora nel XX secolo per la famiglia come leggesi in questo volume del 1941 proprietà di Cultura-Barocca ove si parla della bachicoltura in Italia attraverso una lunga tradizione giunta al XX secolo con l'importazione in Europa dall'Oriente e quindi con la lavorazione della seta citando il ruolo sostenuto dalla Serenissima Repubblica di Genova nel contesto di una lunghissima vicenda -come scrive l'Affaitati- affidata nei suoi tempi a quelle donne che nel '700 erano dette maestre, vedi a fine pag. 336 Delle Maestre, che cavano la seta
Varie sono le nootizie di un COMMERCIO DELLE SPEZIE ="VIE DELLE SPEZIE, DELL'INCENSO E DELLA SETA (destinata ad avere notevole importanza nella PRODUZIONE di GENOVA)"= PAOLO GIOVIO ad una impresa commerciale di PAOLO CENTURIONE dedicò queste pagine nella sua Lettera di Paolo Iovio sulla Moscovia su un tragitto alternativo aquello delle altre potenze in merito ai percorsi commerciali con l'ORIENTE.
Non molti anni fa al Palazzo Ducale di Genova, è stata allestita la mostra Arte e lusso della seta a Genova dal '500 al '700 un affresco del lusso e della gloria della Repubblica prima e della città dei grandi commerci poi, che esalta l'arte della SETA un comparto manifatturiero in cui a lungo primeggiò la stessa INDUSTRIA DI GENOVA TANTO DA ISTITUIRE LA CARICA DI UN MAGISTRATO DELLA SETA
dopo che i GENOVESI in avevano iniziato come già scritto ad esercitare un ruolo basilare su quell'antichissima VIA DELLA SETA
che già i mercanti dell'IMPERO DI ROMA avevano frequentato con assiduità.
Si è trattato della prima mostra genovese dedicata ai tessuti, curata da Marzia Cataldi Gallo, storica dell'arte presso la Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici della Liguria, e ha fatto parte delle manifestazioni de El Siglo de los Genoveses.
Centocinquanta i pezzi esposti (tessuti d'arredamento, abiti, paramenti sacri, accessori, oggetti preziosi, stipi e portiere dei più famosi casati) in 2 sedi, a Palazzo Ducale e nella Galleria Nazionale di Palazzo Spinola dove si è ricostruita la giornata di una nobile aristocratica, fra le ritualtà dell'eleganza.
Le caratteristiche delle manifatture genovesi preposte alla realizzazione di vari prodotti in merito al comparto tessile è stata caratterizzata dal cinquecentesco PIVIALE di velluto cremisi (dal latino pluvialis = "mantello da pioggia": nella liturgia cattolica "ampia veste a forma di mantello, aperta sul davanti e fermata sul petto da un fermaglio") per estendersi quindi agli abiti di nobildonne come Caterina Balbi Durazzo effigiata nel 1624 da Van Dyck (vesti ricamate a filo d'oro che costavano 2000 lire dell'epoca, quanto un veliero di 60 tonnellate), ai ricchissimi baldacchini di damasco ed ancora alle portiere con gli stemmi dei Doria e dei Pallavicino: prove tangibili dello splendore e della potenza di Genova come capitale mondiale della produzione tessile della seta.
Nell'ultimo quarto del '500, su circa 60.000 abitanti, erano attivi 15mila tessitori e 38mila erano le persone impegnate parzialmente nel settore, che portò enormi guadagni a famiglie come i Balbi e i Brignole-Sale ricchezze : noa a caso l'abbigliamento sfarzoso di Francesco I di Francia e Enrico VIII d'Inghilterra era caratterizzato da tessuti e velluti neri genovesi.



CLICCA QUI PER RITORNARE ALLA HOME PAGE DI "CULTURA-BAROCCA" (SETTORE "VOCI IN ORDINE ALFABETICO"