Pubblicando quella sua sorta di monumentale seppur particolare storia di abbigliamento, moda, scarpe e calzature, oggettistica varia entro il mai abbastanza letto Scudo di Rinaldo I qui digitalizzato l'erudito agostiniano ventimigliese Angelico Aprosio si documentò al massimo e tra le curiosità in merito a FORZE ARMATE, DIVISE, ATTREZZATURE volle riesumare -come si vede nella stampa sopra- quelle che anche definì SCARPE PER LA CACCIA E IL COMBATTIMENTO NEI LUOGHI NEVOSI E GELATI e che in pratica erano gli antenati dei moderni "SCI".
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Data l'immensità dell' Impero di Roma marciare nella neve non era inusuale per quanto mediamente sgradito come scrisse Celio Rufo dovendo intervenire a sedare ad Albintimilium gli scontri tra fazioni di cesariani e pompeiani.
Aprosio però volendo specificatamente parlare di eserciti attrezzati a procedere su terreni innevati con "scarpe specifiche" si valse per ciò di un volume in cui eran proposti in stampa CACCIATORI E MILITI DEL NORD EUROPA CALZANTI ANTICHI "SCI" con la variabile tipologia specifica degli stessi distinti come qui si vede tra CALOPODIA (CHE SEMBRANO PIU' PROSSIMI A SCARPE DA NEVE = RACCHETTE DA NEVE) E NARLA (I VERI PROTOTIPI DEGLI "SCI" ATTUALI).
Le notizie e soprattutto le immagini furono da lui recuperate entro DUE VOLUMI
(praticamente sempre accorpati) con tavole incise in rame fuori testo (anche ripiegate), raffiguranti diverse tipologie di antiche calzature (sandali semplici, curiosi oggetti da caccia, calzature ginniche, scarpe da passeggio e da festa, calzature papali, sandali chiodati ecc. = la concia delle pelli e la confezione delle scarpe come indicano qui gli antichi Statuti di Apricale e San Romolo in Liguria erano protetti da norme severissime) ma anche trattanti argomenti diversi che interessavano il frate come tanti altri costumi antichi dalla
caccia ai grandi banchetti come alle feste e danze senza certo trascurare la gloriosa testimonianza di giochi, giostre, tornei, "singolar tenzone": insomma le arti tipiche della cavalleria.
QUESTI DUE VOLUMI furono quelli redatti BENOIT BAUDOIN (15??-1632), storico francese, che raggiunse notorietà proprio grazie a questo saggio, e
GIULIO NEGRONE filosofo, teologo e retore che, nato a Genova nel 1553, entra nella Compagnia di Gesù nel 1571 morendo a Milano nel 1625 dopo esser stato anche membro dell'Accademia dei Parteni di Roma, utilizzandovi lo pseudonimo di Panfilo Landi - Nome su edizioni: Julius Nigronus; Iulius Nigronus; Panfilo Landi = vedi: Ferrari, Luigi, Onomasticon. Repertorio biobibliografico degli scrittori italiani dal 1501 al 1850
BALDUINUS, Benedictus, De Calceo antiquo (Leg. con:) NIGRONUS, Jul., De caliga veterum. Accesserunt ex Q. Tertulliani, Cl. Salmasi et Alb. Rubeni scriptis plurima eiusdem argumenti… aeneis figuris illustrantur, Amstelodami, sumpt. Seb. Combi et Jo.Lanou, 1667, 2 parti in un vol. in-12, pp. (12, compresi antip. e tit.), 345, (29); 213
BALDUINUS, Benedictus, De Calceo Antiquo …, comprende: NIGRONUS, Julius. De Caliga Veterum …, Amsterdam, Andreas Frisius, 1667. 12m°.
Vedi ancora BALDUINUS BENEDICTUS, Calceus antiquus et mysticus Accesserunt ex Cl. Salmasii notis Lugduni Batavorum, apud Theodorum Haak, 1711. Segue (con autonomo frontespizio): NIGRONIS JULIUS, De caliga veterum Stessi dati tip. Due opere in un volume di cm. 16, pp. (48) 292 (32); 156 (12).
Ad ogni autore, ad ogni fonte (oltre che all'osservazione diretta) si rifaceva Aprosio per ricostruire i tratti più variegati di costumi ed abbigliamento e non solo si avvaleva di autori rari per commettare gli SCI o se vogliamo i loro ARCHETIPI COME NELL'IMMAGINE ANTIQUARIA SOPRA PROPOSTA: egli era interessato da ogni stravaganza, spesso per farne un oggetto di critica moralistica e di satira, pur magari sapendo che anche ragioni pratiche consigliavano e spesso imponevano certe stravaganze.
La sua produzione moralistico/satirica [la quale risentì l'influenza sia del libertinismo degli Accademici Incogniti (e persino della loro letteratura estrema in campo erotico come quella di P. Rocco e del Venier): un'influenza che corposamente seppur con una certa moderazione si riversò nei suoi scritti antifemministi)].
E altrettanto subì -come forse tutto l'ambiente veneziano- l'influsso di altri autori quali gli eruditi napoletani Ernando Tivega e pure Clemente Barrera che parimenti scrissero contro la "vanità femminile" pagine di cui si sente l'eco specialmente nell'aprosiano Scudo di Rinaldo I = e, non casualmente per restare in tema, l'eco di quanto scrissero questi ultimi autori citati si sente quando Aprosio affronta con sarcasmo il dibattito sulla moda di femminili "SCARPE ALTISSIME"; anche se onestamente occorre dire che tal MODA (per quanto non esente da eccessi) aveva, come prima accennato, pure una valenza pratica data, nel caso in questione, la necessità di superare gli IMPALUDAMENTI CHE SPESSO BLOCCAVANO IL TRAFFICO DELLE CITTA' PER UNA SCARSA CURA DELL'IGIENE PUBBLICA di modo che anche le gran dame quando, giunte alla loro destinazione, lasciavano la CARROZZA [od in città più di frequente la SEGGETTA (PORTANTINA COME SI VEDE NELL'IMMAGINE ANTIQUARIA)] dovevano faticare non poco per evitare senza sporcarsi i liquami dovuti ad un sistema fognario primitivo con relativo accumulo di fanghiglia: camminare su scarpe tanto alte era un modo per non sporcarsi ma effettivamente era del pari un'impresa sì che i servitori le prime forme di "cicisbei" od accompagnatori ufficiali dovevano farsi aiutare da amici o loro servitori onde offrire alle dame in sì precario equilibrio il saldo appoggio delle loro spalle
Il citato Clemente Barrera citato da Aprosio nel suo Capitolo dello Scudo di Rinaldo "Sull'altezza degli Zoccoli" onestamente è mordace ma anche lascivo lasciando palesemente intendere che cosa potrebbe egli fare facilmente anche in pubblico nascostosi -certo con la loro complicità- sotto donne così alte e riparato dal loro enorme guardinfante (basta qui leggere i primi 3 versi di p. 235).
Più garbato risulta "Ernando Tivega" anche se fa salaci riferimenti a queste femminili vanità ma per una bizzarra scelta di Aprosio che sembra voler costruire un centone antidonnesco quasi indecifrabile in merito alle fonti si avvale in modo quasi criptico di un altro autore per
la nuova lasciva allusione alle scarpe altissime ed al guardinfante che, nella loro ambigua sinergia, permetterebbero di cogliere, di nascosto, "illeciti amori" specie in occasione di banchetti ma ancorpiù di feste e danze epure profittando dell'evenienza di qualche caccia come di giochi e giostre pur se ormai, ben più di tutto, era oramai temuta con le Veglie l'occasione dal molti ritenuta naturalmente tentatrice del Teatro profano.
In effetti, data la sequenza e la disposizione delle pati così ben giustapposte, ad una prima lettura sembrerebbe davvero opera di "Ernando Tivega" ma invece lo è, in effetti, di altri, dell'amicissimo d'Aprosio il genovese Anton Giulio Brignole Sale.
Iridescenze e pruriti del giovane Aprosio "il Poeta" più che "il Ventimiglia" come passerà alla storia, peccati di gioventù che presto si stemperaranno, specie lontani dalla "tentatrice Venezia".
In effetti
il BATTAGLIA (che fa derivare l'origine della parola "cicisbeo" per indicare il "cavalier servente" da una "voce foggiata onomatopeicamente per esprimere il chiacchiericcio frivolo ed insistente senza però escludere una possibile derivazione del termine "dal basso piemontese cicibeu beccafico, fringuello") data soprattutto al XVIII secolo la costumanza ma nel contesto di tutte quete narrazioni capita appunto di veder citato il rischio di cadere della donna e la sua necesità di appoggiarsi a qualcuno che le sia vicino = e comunque il cicisbeismo esplose davvero nel '700 e, ad onta del suo principio casto del "cavalier serviente" o semmai custode della virtù donnesca, diede luogo a molti ambigui intrecci.
Non a caso il geloso Ludovico Adimari antifemminista ben più feroce di Aprosio -forse anche perché direttamente interessato- nel pieno fenomeno del cicisbeismo nelle sue SATIRE a partire dalla SATIRA II inizia una sequela assai mordace e caustica delle sue osservazioni pure contro i "cicisbei" che apertamente ritiene conniventi delle donne oramai diventate troppo libere e furbe a parer suo
Resta fur di dubbio che tra il '600 ed il '700 la morale pubbica subì delle trasformazioni evidenti sin a sancire una
LIBERTA' COMPORTAMENTALE SIA DI DONNE CHE DI UOMINI CHE POTEVA EFFETTIVAMENTE CONOSCERE DEGLI ECCESSI
con grande scandalo di moralisti e "bacchettoni" dell'epoca: il momento più conclamato di licenze, divenne come è comprensibile, del
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Ma con il tempo tutte le
FESTE, SPECIE QUELLE PUBBLICHE CON TANTO DI DANZE, PRANZI E GRANDI BEVUTE FINIRONO PER DIVENTARE COME QUI SI VEDE MOMENTI ANCHE PERICOLOSI CON TANTO DI VIOLENZE E RICORSO ALLE ARMI E SFIDE A DUELLO
e nel contesto di questo
MONDO DELL'"ANTICO REGIME" LA CUI "VITA" NON SAREBBE STATA ANCORA LUNGA E LA CUI FINE SAREBBE STATA SEGNATA DA UNA "RIVOLUZIONE" EPOCALE
spesso si provvedeva all'interno delle famiglie stesse a dare
SUGGERIMENTI DI COMPORTAMENTO ALLE FUTURE DAME, SEGNALANDO I VARI PERICOLI: PUR OSCILLANDOSI TRA POSTAZIONI MODERATE E UN RITORNO ALL'IRRIGIDIMENTO DELLA MORALE FEMMINILE: COME SI VEDE IN QUESTE ANTICHE OPERE "DIDATTICHE A PRO DELLE GIOVANI DONNE"
pur nel contesto di una generale, lenta ma irreversibile
RIVALUTAZIONE DELLA CONDIZIONE FEMMINILE, SEGNALE IMPORTANTE DELLA CADUTA DI UN VECCHIO MONDO E DELL'AVVENTO DI NUOVE SCELTE DI VITA