cultura barocca
FOSCOLO/ORTIS<BR> <A HREF="CORNI.HTM"><FONT COLOR="GREEN">UN VIAGGIO DA BORDIGHERA A VENTIMIGLIA</A></FONT>

UGO FOSCOLO\JACOPO ORTIS
UN VIAGGIO DA BORDIGHERA A VENTIMIGLIA

Ugo Foscolo Ultimo Viandante Antico del "Nervia".

La lettera da Ventimiglia che Ugo Foscolo attribuì a Jacopo Ortis, infelice protagonista del suo omonimo romanzo, non è fatto solo letterario ma nasce da un'esperienza autobiografica: tante guerre avevano tormentato Ventimiglia dal XVIII secolo e la città aveva patito danni irreparabili, quasi a testimoniare le perplessità nutrite molto tempo prima da uno dei suoi figli più grandi, cioè ANGELICO APROSIO la cui "Libraria" giaceva in grave declino.
Ma eran questi i ritmi di una storia che sa essere implacabile...ed ora il protagonista era UGO FOSCOLO o se vogliamo il suo alter ego letterario JACOPO ORTIS!!!
La romanzesca lettera, del 19-20/II/1799 venne in effetti ideata sulla base di 2 viaggi foscoliani per le contrade liguri.
Uno avvenne nel giugno 1800 (Genova-Pietra Ligure-Nizza Monferrato-Alessandria) mentre quello che gli fece conoscere Ventimiglia si era svolto nel dicembre 1799 (Genova-Ventimiglia-Nizza).
Questo fu causato da un grave evento politico, essendo GENOVA provvisoriamente caduta nelle mani delle forze antirivoluzionarie ostili alla Francia: ne derivò una fuga di tutti i filofrancesi e filonapoleonici alla difesa di Genova tra cui, assieme allo sfinito fratello Giovanni Dioniso, anche UGO FOSCOLO, che pure aveva avuto "tempo" di intrecciare una relazione amorosa e poetica con la nobile genovese LUIGIA PALLAVICINI [ed a proposito delle "relazioni foscolane" con la LIGURIA giova qui rammentare che su di esse, attraverso il controverso rapporto Vincenzo Monti - Ugo Foscolo, un influsso significativo anche culturale esercitò GIUSEPPE BIAMONTI DI SAN BIAGIO DELLA CIMA (maestro di greco classico di Vincenzo Monti e per tal via entrato tra le conoscenze foscoliane) nei cui riguardi proprio il Foscolo sarebbe diventato debitore di una non banale intuizione protormantica per il suo celebre carme Dei Sepolcri].
Gli eventi del 1799 influenzarono quindi decisamente la stesura delle "Ultime Lettere di Jacopo Ortis, che essendo romanzo del 1802 risultò altresì contaminato dall' esperienza del soggiorno foscoliano del 1800 a Pietra Ligure.
Rispetto ai tempi di Angelico Aprosio alcune cose non eran comunque mutate: in primis l'assenza di una strada litoranea dignitosa ed in secondo luogo il fatto che il misero percorso che conduceva da Bordighera a Ventimiglia era spesso interrotto da alluvioni e tracimazioni conseguenza di quelle scarse previdenze epocali nei riguardi di arginature, ripascimento delle spiagge ed igiene pubblica su cui Aprosio, descrivendo Ventimiglia nel suo repertorio biblioteconomico del 1673, si era già soffermato sia in questo passo che in questo successivo.
Nella lettera il Foscolo descrive un ambiente invernale: le piogge di fine '99 e dei primi mesi del nuovo secolo, con fenomeni alluvionali, sono fotografati nel quadro ambientale di Ventimiglia e terre circonvicine. Dall'altura delle Maure egli contemplò le acque in piena del Roia, quindi raggiunse il ponte rinascimentale e da una rotonda all'inizio di questo, che tuttora esiste a fianco Sud dell' attuale ponte stradale e pedonale, egli contemplò, come oggi stesso risulta possibile, "i due argini di altissime rupi e burroni cavernosi" che rimandano alle "Gole di Saorgio".
A Siestro ed alle Maure egli era giunto per sentieri di altura perché al suo Ortis fa parlare di un viaggio verso Ventimiglia "fra aspre montagne": dice anche che su quei monti sono "molte croci che segnano il sito dei viandanti assassinati": tale preromantica espressione non corriponde al vero sia perché non era consuetudine epocale di SEPPELLIRE (PROCEDERE ALLE INUMAZIONI) in tal modo sia per il fatto che nessun notaio ha mai registrato nulla di simile neppure in circostanze eccezionali [per inciso occorre ricordare come il tema protoromantico dei cimiteri che portò alla -dal Foscolo contestata nel Dei Sepolcri seppur sulla base di istanze sentimentali- normativa di Saint Cloud era la dilatazione letteraria di un problema reale, connesso ad una crescente necessità sia di igiene pubblica quanto alla lotta contro perduranti forme di pratiche superstiziose alimentate tanto da mancata custodia dei cimiteri oltre che dal lugubre formalismo delle inumazioni ed ancora all'esigenza di porre un limite, per carenza di rilevazioni diagnostiche, al non raro seppellimento di persone ancora vive, le così dette vittime, per varie casualità e patologie, di quelle
*******MORTI APPARENTI*******
(su cui è utile leggere quanto ne scrisse l'autore ligure del manoscritto detto "Wenzel") che avrebbero influenzato tanta letteratura orrorifica ottocentesca ma che altresì sarebbero state alle radici emotive di quel tormento epocale -appunto l' esser sepolti ancora vivi- che alterò l'esistenza di molti, non esclusi personaggi di superiore intelligenza, tra cui ad esempio ALFREDO NOBEL praticamente barricatosi contro tale orrore nel suo ligure ritiro di San Remo
].
Quelle che vide erano le CROCI disposte verso gli ultimi anni del '600 onde dirimere le CONTROVERSIE DI CONFINE tra Ventimiglia ed i borghi rurali o marinari di Camporosso, Vallecrosia, Bordighera, S. Biagio, Sasso, Soldano, Vallebona, Borghetto S.Nicolò : siffatti cippi a pseudotumulo correvano a fianco delle vie di altura che erano state contestate nel contenzioso, data la loro importanza (vedi Storia della Magnifica Comunità degli Otto Luoghi, Sezione II, 2).
Inteso che nel dicembre 1799 il Nervia in piena aveva tracimato e che il ponte non esisteva più o più non serviva, il Foscolo, giunto a Bordighera, deve aver intrapreso la direttrice interna di sublitorale per accedere da tal paese alla valle del Crosa e quindi giungere da Dolceacqua alla deviazione dal Convento della Mota.
Poiché nella lettera Ortis menziona un percorso su terra brulla, fra ruderi e macigni, si potrebbe oggi ritenere lampante che il tragitto seguito si inerpicasse fra i crinali fino a S.Giacomo e poi Siestro, che probabilmente era noto al poeta, ufficiale del genio, in virtù delle carte militari del GUIBERT, ideate nella Guerra di Successione al Trono imperiale, contro le truppe Franco-Ispane di Ventimiglia ma ancora indispensabili per viaggiare in queste contrade tormentate dalle conseguenze dei conflitti e dei saccheggi.
Stando alla consultazione del poco materiale d'archivio ancora superstite si potrebbe addirittura supporre senza tema di smentite che, FOSCOLO al pari di altri soldati francesi fuggiaschi da Genova destinata a cadere nelle mani del generale austriaco Melas, si sia valso per i suoi spostamenti di carte meno sofisticate della CARTA GUIBERT, per la precisione di MAPPE in cui, piuttosto che alla precisione dei dettagli, si dava credito all'indicazione precisa dei rifugi, delle rovine, dei ponti utilizzabili e non, delle isole fluviali, dei possibili guadi come si può ricavare analizzando, in un Archivio Privato,una CARTA DELL'AGRO INTEMELIO stesa nella II metà del '700 e sicuramente utilizzata da uomini d'arme di tempi e vicende diverse.
Ad una semplice verifica topografica la CARTA per quanto semplicistica rivela alcune utilità di fondo; in particolare essa avrebbe facilmente mostrato a viandanti, che come il Foscolo o comunque la maggior parte dei fuggiaschi filofrancesi fossero sopraggiunti da est e quind dall'area di Bordighera, una prima postazione fruibile, per quanto semiabbandonata sulla riva orientale del torrente Nervia (la "RIDOTTA ORENGO") con l'indicazione di un duplice possibile percorso: il SUPERAMENTO DIRETTO DEL TORRENTE NERVIA TRAMITE IL PONTE MILITARE IN LEGNO od in utile alternativa la DIRAMAZIONE VERSO LA MEDIA VALLE DEL NERVIA ALLA RICERCA DI UN GUADO PER SUPERARE IL TORRENTE EVENTUALMENTE IN PIENA E CHE PROPRIO IN MEDIA E ALTA VALLE RISULTAVA PIU' GUADABILE DATA ANCHE LA MINORE ESTENSIONE DELL'ALVEO.
Onde però non dare nulla di scontato -come oggi è un poco di moda- vale comunque riprendere il discorso in qualche modo dall'origine stessa, sviluppando una analisi semantica del brano che permetta tanto di suffragare l'ipotesi suesposta quanto di svilupparne altre, eventualmente segnalandone la minore probabilità
Una volta superate le difficoltà logistiche di cui sopra si è appena discusso, "Foscolo-Ortis" giunge in prossimità o comunque in vista di Ventimiglia.
Ne maturano due osservazioni cronologicamente e spazialmente distinte.
Precede, nella stesura del testo e nella realtà, quella dal colle di Siestro che lo obbliga ad abbassare lo sguardo verso la città nel fondovalle ,(" laggiù " è il testimone linguistico guida).
Successivamente mentre dal ponte vecchio Foscolo guarda in linea retta, sia al "sentiero" (malamente sopravvissuto sui resti d'un ramo della Giulia Augusta) che Napoleone avrebbe poi trasformato nella STRADA DELLA CORNICE od Aurelia sia alle "Gole".
La cosa è peraltro logica in rapporto al complesso viario per cui da Siestro sarebbe dovuto scendere alla frazione rurale della BASTIA-BASTITA, prossima al Convento di S.Agostino donde avrebbe imboccato quel sentiero verso il ponte, che ci descrive come ormai lasciato alle spalle.
Foscolo, seppur indirettamente ed in maniera poetica, ci informa che, dopo gli eventi bellici di metà '700, la via Ventimiglia-Bordighera era pessima.
Inoltre in tempi di piena come questi a Bordighera Bassa v'eran paludi, il torrente Crosa non si poteva guadare, ai Piani di Vallecrosia non funzionava più la RIDOTTA GUIBERT (i cui soldati avevano bonificata mezzo secolo prima la contrada, scavando un canale che prosciugasse i laghi salmastri del luogo), dalla cappella di S.Rocco a Camporosso mare il Nervia aveva inondato tutte le terre.

Se Foscolo si fosse fatto condurre per mare dai barcaioli di Bordighera, a prescindere dalla difficoltà estrema in quella stagione per una simile impresa, avrebbe data una diversa prospettiva letteraria alla narrazione ed essendo un fuggiasco da Genova, quasi di sicuro con altri sbandati francesi, non avrebbe avuto ragione di scalare il ripido colle che porta a Siestro.
Se avesse invece superato l'improbabile ponte sul Nervia -affrontando però, cosa di non poco conto, gli impaludamenti - sarebbe giunto a Ventimiglia ma ancora senza vedere croci o cime brulle.
Essendo impaludata la strada Ventimiglia-Bordighera, egli avrebbe in qualche modo potuto dirigersi sul duro percorso militare del FORTE ORENGO di NERVIA e, attraversando le ridotte Stella e Delle Rovine, giungere al Convento Agostiniano di Ventimiglia, rasentando le alture di S. Secondo (percorso usuale pei soldati una cinquantina di anni prima ): ma anche in siffatta evenienza -se mai praticabile, atteso che dalla storia pregressa sembra evincersi che nella maggior parte dei casi giammai era risultato possibile, per giorni e giorni e nonostante svariati espedienti, raggiungere Ventimiglia procedendo per qualsiasi parte di costa dalle Ville orientali- difficilmente avrebbe visto e quindi segnalato in maniera così efficace lo spettacolo protoromantico di una natura brulla e desolata.
L'IMPRESSIONE FINALE, quella che soppesate le variabili, induce ad abbandonare il condizionale ed a valersi delle certezze del condizionale è che UGO FOSCOLO in qualche modo emulo dei viandanti antichi (cosa peraltro che lo accomunerebbe ad antichi ed illustri viaggiatori come Giovanni de Porta da Piacenza e Francesco Petrarca) dovette marciare da Bordighera o da prima ancora, valendosi di indicazioni cartografiche militari su questi luoghi allora comunissime come la sopra citata carta di Anonimo, coeva di quella del Guibert ed edita nel volume citato, di Capaccio e Durante, Marciando per le Alpi..., in cui è ben registrato il tragitto di sublitorale che da tempi immemorabili aveva costituito un' alternativa alla via costiera.
Per mezzo di questo percorso egli era quasi certamente giunto in Dolceacqua dalla valle del Crosa, seguendo la deviazione già descritta in una pubblica relazione genovese del 1629.
Poi, superato facilmente per il robusto ponte il Nervia, era passato dal Borgonuovo di Dolceacqua al Convento della Muta donde, inerpicandosi per una mulattiera (peraltro indicata nella cartina), si quasi obbligatoriamente dovette immettersi sulla strada d'altura lungo la quale fu realizzato nel XVIII sec., durante la Guerra di Successione -integrando antichi fortilizi medievali- un sistema di fortificazioni procedenti, a forma di strumento d'offesa contro Ventimiglia, da Cima Tramontina, Arcagna (area del Convento), Forte Aurino (Cima d' Aurin), Forte Leutrum (quartiere generale, sede di concentramento di truppe), Testa de Magaudi, Forte Monte Patino, Fortificazioni di Siestro, S.Secondo sin al punto limite del Convento di S.Agostino.
Precisamente, prima di giungere all'area di tale complesso ecclesiale, il poeta di Zante dovette iniziare a discendere dall'altura donde aveva contemplata con tanta efficacia protoromantica sia la natura che Ventimiglia, attraversando grossomodo siti come questo.
Finalmente, avvicinandosi per tappe mai agevoli raggiunse "Li prati delli Frati" da dove facilmente potè accedere al Convento di S. Agostino il cui fronte guardava la "strada romana".
Da lì gli giunse oltremodo semplice raggiungere il corso del fiume Roia e finalmente il complesso demico principale della città di Ventimiglia donde non dovette certo creargli problemi una prosecuzione del viaggio alla volta del sicuro territorio di Francia.
Il POETA non seguiva però una moderna strada militare tracciata dagli ingegneri di guerra del Barone di Leutrum comandante in capo delle forze austro-piemontesi a metà del '700 nel corso di quella Guerra di Successione al Trono Imperiale che insanguinò il territorio Ventimigliese.
In effetti le fortificazioni austro-sarde erano state realizzate su un tragitto molto antico che portava al territorio di Ventimiglia seguendo le dorsali dei monti.
Tale percorso era verosimilmente una DIRAMAZIONE STORICA della via romana di fondovalle e altresì delimitava i territori delle comunità di Ventimiglia e Camporosso: ancor più, in un passato ormai remoto, aveva costituito il TRAGITTO DEI MONACI BENEDETTINI cioè il percorso d'altura di cui si servivano per congiungere i loro possedimenti, per accedere all'area delle MAURE/MAULE e del S.CRISTOFORO/ S.GIACOMO o magari anche al fine di intraprendere uno dei grandi percorsi di fede nei Luoghi Santi della Cristianità.
La delineazione di questa DIRAMAZIONE VENTIMIGLIA - VIA DEL NERVIA non è peraltro così misconosciuta dal lato storico e topografico come si è creduto a lungo: dal lato storico infatti ci confortano varie osservazioni, tra cui in particolare gli SPOSTAMENTI BELLICI SETTECENTESCHI DI CARLO EMANUELE III DI SAVOIA mentre sotto il profilo di agrimensori, geografi, geologi e topografi la ricognizione più esauriente -come già scritto- è data dalla trascrizione notarile (e quindi legalmente ineccepibile) della RICOGNIZIONE AVVENUTA PROPRIO SU QUESTI SITI nel XVII secolo, allorché dopo lunga controversia, e l'approvazione genovese della MAGNIFICA COMUNITA' DEGLI OTTO LUOGHI in siffatte contrade, con concorso di ufficiali, pubblico di Ventimiglia e delle Ville e soprattutto di esperti agrimensori ed attendibili testiimoni si procedette ad una scientifica visualizzazione dei luoghi per l'applicazione dei CIPPI CONFINARI che garantissero stabilmente e senza più controversie le competenze amministrative (di Ventimiglia o delle Ville) sul complesso sistema di siffatta DIRAMAZIONE TRA VAL ROIA E VAL NERVIA.





























Nel 1686, avendo ottenuto il borgo di Camporosso, colle altre ville intemelie, una divisione economica dal capoluogo per l' amministrativo, si dovettero tracciare dei VERI CONFINI cui provvidero il giudice genovese Bartolomeo De Rustici ed il magistrato Geronimo Invrea, che faticosamente risolsero la questione apponendo dei CIPPI CRUCIFORMI O STRUTTURE A FORMA DI CROCE secondo uso abbastanza consueto in Liguria.

Onde stabilire un esatto confine tra Ventimiglia e questo borgo nervino si scelse quell'antico tragitto su cui avrebbe marciato il Leutrum dopo più di sessanta anni e dove Ugo Foscolo avrebbe inventata una Natura tanto cruda.
Il Giovedì 2-V-1686 i rappresentanti di Ventimiglia e Camporosso al seguito del notaio Cancelliere Baldi intrapresero dal Colle della Croce un'ispezione (che sarebbe durata ben 4 giorni) su quei luoghi (analizzando il Testamento del defunto nobile ventimigliese Giovanni Battista Giudice, il Baldi si rese altresì conto che lungo tutta la VIA NERVINA diverse casate patrizie intemelie avevan tenute proprietà, quasi senza soluzione di continuità (utilizzando pure una fondamentale, antichissima DIRAMAZIONE tra val Roia e val Nervia) dalle terre di Bevera ed AIROLE, ai campi alla FOCE DEL NERVIA, ai campi di CIAIXE, ai poderi di PIGNA).
In questa colossale visitazione sui siti per distinguere i reciproci diritti economici, originarimente UN SOLO PRINCIPIO risultava davvero INTANGIBILE e cioè la FUNZIONE "CONFINARIA" O COMUNQUE STRATEGICA attribuita al TORRENTE NERVIA impetuoso CORSO D'ACQUA che, come nel lontano '200, rappresentava, anche con le sue ISOLE, un DISCRIMINANTE di grande importanza logistica -per quanto soggetto sempre a rischi di INONDAZIONI ed a ripetute CORREZIONI E RIPARAZIONI DEI MEDIOCRI ARGINI, intorno al quale si potevano "disegnare" le competenze sia di ordine ecclesiastico che laico e civile.
Le segnature effettive dei termini confinari amministrativo-economici tra Ventimiglia e Comunità delle Ville ripresero quindi Lunedì 20 maggio e Venerdì 24 maggio 1686: il 20 si cominciarono a sistemare 11 CROCI o (Termini) seguendo questa successione: "Capo d'Orino, Case Bonsignore, luogo le Rollande, Collina delli Alessandrei, in altro sito delli Alessandrei, in Collina, li abrighi (leggi dal dialetto = alberi) di Magauda, Bauso dove si dice il Terrogliato, Collina alta chiamata li Balzi, altra parte delli Bausi, proprietà Padri di S. Agostino, Collina contigua tra proprietà Agostino Sperone, Eredi Giulio Gibelli di Camporosso, da Siestro o Silvestro per la costa in confine del bosco del Magnifico Giovanni Francesco Orengo alla scoperta del Vallone di S.Martino" (il termine 11 fatto con tre pietre alte da terra mezzo palmo, guarda la collina delli Chiotti, tutti i termini sono provvisori e dovranno essere sostituiti con idoneo pilastro segnato e numerato, indicante su un lato l'area pertinente Ventimiglia e sull'altro quella delle Ville. Ore 23 sospese per la notte le operazioni).

Il giorno 24 Geronimo Invrea, la sua scorta , il Cancelliere Cesare Baldi ed i rappresentanti delle Comunità apposero le ultime due croci, la n. 12 a le Maore e la 13 nel riano o torrentello (probabilmente il Seborrino che un tempo alimentava l'acquedotto romano) affluente del Nervia dividente le proprietà di Sebastiano Lanfredo di Camporosso ed Ottavio Rosso di Ventimiglia (Manoscritto notaio Lanfredi, pubblicato in Storia della Magnifica Comunità...,cit.,pp.II,2, numeri 17,18,19,20,48).
Confrontando questa rassegna secentesca di luoghi poco occorre a identificarli con quelli della cartografia austro-sabauda del '700: come i magistrati genovesi, Foscolo per arrivare a Siestro, donde avrebbe osservata Ventimiglia ed il Roia, passò davanti alle fortezze abbandonate, presso cui stavano i limiti a croce (mai sostituiti ed individuabili fin a non molto tempo fa) e, forse stupefatto da quella successione (nulla fa sospettare che dovesse riconoscerli per cippi confinari: bisogna semmai rammentare che procedendo per Dolceacqua partendo da Bordighera doveva aver visto numerosi limiti consimili tra questa, Vallecrosia, S.Biagio e Camporosso) li interpretò come tombe di viandanti assassinati ( ma giunge altresì sintomatico che , con poetica intuizione, abbia parlato istintivamente di viandanti e non di soldati o masnadieri, sentendo o da altri intuendo che quella era soprattutto una via pacifica, a parte le recenti drammatiche situazioni). Foscolo si può definire viandante antico, di quel tragitto antico, perché con lui si chiuse in pratica la storia plurisecolare dei tanti marciatori della storia vecchia: lo eran stati infatti i pastori guerrieri ed i mercanti greci della civiltà ligure dei castellari, i Romani poi, soldati e commercianti dapprima ed in seguito studenti, preti od avventurieri, ed ancora i Barbari e quindi gli innumerevoli monaci d'antica tradizione o meno, gli amatissimi frati mendicanti, i religiosi impegnati nella lotta contro le malattie, i temuti monaci guerrieri, i cavalieri che di lì sarebbero direttamente giunti a Ventimiglia, al I e poi al II porto, alle vie delle Gallie, senza lottare nei tempi infami dei secoli più scuri colle paludi del Nervia, ove la corrente aveva magari spazzato qualche fragile ponte ed i guadi fra isole capricciose eran sempre a rischio nei momenti di piena.












Senza dubbio si tratta di un antrotoponimo per cui il luogo ha preso nome da quello di una famiglia Alessandri (Alessandrei) qui residente o proprietaria del fondo.

Sta per sasso e deriva dalla forma dialettale bauso che rimanda all'italiano balzo: è quindi un geonimo (il sito ha preso nome da una caratteristica geomorfologica del terreno).

Potrebbe trattarsi di un antrotoponimo (Magauda = (tramite magalda) meretrice).

Potrebbe connettersi con un'alterazione dell'antrotoponimo Aurin da Cima d'Aurin.

L' impressione è che il toponimo o nome di luogo LE ROLLANDE sia costituito da un antrotoponimo derivato dal nome di un proprietario locale.

L' uso di apporre CIPPI CONFINARI CRUCIFORMI [ che peraltro ha derivato parzialmente la tecnica dall'uso romano: come sancito nel X LIBRO del giustinianeo DIGESTO] ha finito per influenzare la toponomastica: per esempio un atto del 1655 a riguardo del territorio di Bordighera riporta la dicitura una terra alli Termi, Villa Bordighetta [Catasto (Renzo Villa, p.293, col.I)]: leggi "il sito che ha preso nome dal termine (dialetto u terme) che vi si scorge".
Se si vuole approfondire l'indagine su questi CIPPI molto spesso caratterizzati da una CROCE (anche se variamente elaborati e più o meno sofisticati) ha finito per porre allo storico una serie di interrogativi di non poco conto.
Per esempio se ne sono rinvenuti nel territorio tra VENTIMIGLIA - CAMPOROSSO, nell'AREA DI SEBORGA, nel territorio di TAGGIA, nell'AGRO CONTROVERSO TRA LE COMUNITA' DI CARPASIO E TRIORA.
Esistono forti differenze tipologiche ma dal punto di vista giurisdizionale non sussistono dubbi sulla funzione di questi segni cruciformi.
Un discorso a parte spetta invece su altre forme di incisione di DISEGNI CRUCIFORMI, specie su aree ad alta valenza religiosa e cultuale (sia per la civiltà pagana sia per le successive SCONSACRAZIONI/ RICONSACRAZIONI CRISTIANE, con relativi processi di SOVRAPPOSIZIONE CULTUALI PATROCINATE DA GREGORIO MAGNO): un caso di discussione può essere iniziato dal SEGNO CRUCIFORME individuato a Dolceacqua in un'AREA PROSSIMA ALLA BASE CONVENTUALE DI SANTA MARIA DELLA MOTA.







Renzo Villa nel suo contributo allo studio del cinquecentesco Catasto intemelio )p.293, col. I) cita il toponimo Terugliai, che definisce vitale alla Mortola. Lo stesso autore ad un atto del 1655 rimanda poi la forma Terrogliai (leggesi:Paolo Abbo q. Bernardo possede una terra detta li Terrogliai campile, quartiere Olivetto).