"SANTI PELLEGRINI"
CAVALIERI DI RANGO ED ANONIMI VIAGGIATORI
"MESSAGGERI DI FEDE A PAGAMENTO"
CROCIATE E LORO CARTOGRAFIA
(CARTOGRAFIA DEI PELLEGRINAGGI DI FEDE)

I PELLEGRINI duecenteschi, tra cui molti aderenti ad ORDINI CAVALLERESCHI, che (mossi da ragioni varie -non escluso il commercio- ma spesso sinceramente indotti da PROFONDE ESIGENZE DI FEDE a compiere STRAORDINARI QUANTO FATICOSISSIMI VIAGGI verso i LUOGHI SANTI DEL MONDO CONOSCIUTO) scendevano dal PIEMONTE nella val Nervia (e lungo la VIA ROMEA DEL NERVIA), per raggiungere il mare od i tragitti costieri, in definitiva avevano a disposizione TRE VARIANTI DEL PERCORSO, appena raggiunta (procedendo dall'ALTA VALLE cui potevano esser entrati per la DIRETTRICE PRIMARIA o una sua utile UTILE VARIANTE) la località detta "PORTUS/ PORTU in DOLCEACQUA (dove peraltro fu ipotizzata l'esistenza di un Ospizio annesso alla chiesa romanica di S. Giorgio).
La scelta dei diversi percorsi per accedere al mare poteva peraltro essere condizionata dal fatto che le METE SANTE erano varie, trattandosi a volte di celebri abbazie, (MONTECASSINO per es.) oltre ai TRE LUOGHI SANTI PER ECCELLENZA A QUEL TEMPO e cioè la città di ROMA, il santuario spagnolo di SANTIAGO DI COMPOSTELA e i siti di TERRASANTA pur con tanta difficoltà e alterne vicende strappati agli ARABI dalle IMPRESE MILITARI di CAVALIERI e CROCIATI.

Essi erano in grado di procedere sul TRAGITTO DI FONDOVALLE, raggiungendo celermente la BASSA VALLE e quindi la LINEA DI COSTA dove stavano gli approdi marittimi e gli OSPIZI DEL NERVIA.

Tracciando la via Airolis (già dalla MEDIA VALLE DEL NERVIA), potevano altresì pervenire allo scalo nuovo del Roia ed agli ospedali di Cardona e Cornia o diversamente accedere, oltre che sulla disagevole linea costiera, al tragitto antico di sublitorale che portava ad Occidente (un cui "cardine" si riconosce tuttora nel "Passo dello Strafforco"); anche se, come si evidenzia da una Relazione genovese del 1624, questa diramazione si innestava in una strada piemontese del Sale che giungeva nell'area monegasco-francese per continuare verso Ovest:"....da Mentone per strada del traffico del Sale commoda per carri si và à Sospello, luogo e borgo grosso dove si potria far massa di gente e tutte le ville e castelli circonvicini del Contado di Nizza, Valle di S. Martino e Lantosca dominio di Savoia, e per detta strada del sale si può venire nel Dominio della Repubblica vicino alla Penna due miglia o poco meno per il passo dell' Oliveta, passo facile a guardarsi per esser strada e paesi da se stessi facili per esser precipitosi a non potersi cavalcare, e all'istesso modo segue sino a Bagliorà passo similmente facile a guardarsi per le ragioni suddette e continuando con strade cattive si arriva allo Straforco, passo buono e facile a trincerarsi e da guardarsi, e superato , che Dio non voglia, si viene alla volta della Città passando per il passo della Fontana di Peglia...").

Come TERZA soluzione, Onde far cammino sul porto di Genova, scendendo lungo il corso del Nervia, i viandanti potevano servirsi della citata diramazione VERSO BAIARDO E LA VALLE ARGENTINA: tuttavia da DOLCEACQUA esisteva una deviazione naturale, utile per sfuggire agli impaludamenti sempre possibili alla foce del Nervia, lungo la via loci Junci.
Entrati nella valle del Crosa non era proibitivo proseguire, attraverso i campi dell'Armantica, tra Vallecrosia-S. Biagio e le alture di Bordighera, sin agli scali artificiali a manca della Rota, nell'area costiera di Bordighera ed Ospedaletti, presso l'Ospizio canonicale della chiesa intitolata a Nostra Signora della Rota al CONFINE ORIENTALE della DIOCESI INTEMELIA [naturalmente in quest'area. per via di mare soprattutto e spesso ospiti dei tanti OSPEDALI-RICOVERO dell'agro intemelio si andavano concentrando anche i pellegrini che per altre vie erano giunti dall'area lombarda procedendo per la deviazione su SAVONA e soprattutto i tanti VIANDANTI che da ogni parte d'ITALIA eran qui giunti avendo come BASE DI RIFERIMENTO il grande porto di GENOVA.

L' opzione pei diversi tragitti, da Dolceacqua, non era sempre legata a scelte prioritarie ma dipendeva pure dalle condizioni logistico-ambientali, particolarmente difficili in autunno ed inverno : su queste vie brulicava comunque in ogni stagione una variegata umanità di pellegrini e cavalieri, viandanti di commercio, religiosi di diversi Ordini, studenti, chierici ed avventurieri.

Nei primi mesi del 1260 Manuele, fratello del Re di Castiglia Alfonso X detto "il Saggio" e quindi figlio di Ferdinando III "il Santo" (colui che aveva edificato S. GIACOMO DI COMPOSTELA), era giunto al "Porto sul Roia" e s'era poi volto ad una destinazione mai dichiarata (esaminando i lavori storici del Muletti sulle vicende feudali ed ecclesiastiche del saluzzese si può tuttavia ipotizzare che questo viaggio fosse connesso ai contatti intavolati da Manuele, per Alfonso X, con Guglielmo VII, Marchese del Monferrato dal 1253 al 1292, nel periodo in cui questo andava cercando presso la Corona di Castiglia un'alleanza contro i suoi nemici storici, gli Angioini).

GIOVANNI DE PORTA DA PIACENZA che prestava servizio al seguito di Manuele e conduceva con sé due CAVALLI, uno BAIUS ed uno FERRANDUS, si riposò in un OSPIZIO PRIVATO di Ventimiglia donde ripartì presto per raggiungere Manuele dopo aver lasciato in custodia nella stalla dell'ospizio i due animali ormai sfiniti; questo ricovero era sito nella città di Ventimiglia ed apparteneva ad una certa Beatrice, vedova di Filippone di Gavi: tal struttura privata è prova di quanto stesse ridivenendo lucroso per singoli cittadini trar cespiti dalla riscoperta attività di ristorazione atteso che i personaggi di rango od i ricchi mercanti cominciavano a disdegnare la calda ma ruvida ospitalità dei ricoveri religiosi (di Amandolesio, doc.232).

I personaggi in questione e la figura del CAVALLO rimandano alle vicende dei Cavalieri e delle Crociate (per i VIANDANTI DI ESTRAZIONE NON ELEVATA e comunque per i mercanti l'animale per elezione compagno di viaggi interminabili era invece il robusto MULO): tuttavia, come si può notare con la vicenda narrata da FRANCESCO PETRARCA in occasione del suo passaggio per l'area di Porto Maurizio, nel Medioevo l'interazione fra CAVALLO e IMBARCAZIONE DA CABOTAGGIO era frequente per i ceti abbienti, sia che l'animale venisse direttamente imbarcato sulla nave sia che lo si acquistasse presso qualche approdo per intraprendere un percorso alternativo o necessariamente terrestre.
I CAVALLI erano costosi e furono sempre giudicati inadatti a queste contrade, ripide e selvagge: però, come si legge in un rogito del di Amandolesio (28 dicembre 1258) a Ventimiglia la barca o BUCIO DI S.ANTONIO andava trasportando un buon numero di cavalli, da trasferire in un pubblico ricovero per essere rifocillati.

Gli animali non eran destinati alla commercializzazione in Ventimiglia ma dovevano invece raggiungere dei cavalieri che vi facevano tappa per altri viaggi e lì intendevano cambiare i loro stanchi destrieri.
Data la peculiarità del periodo storico si intende che erano CROCIATI o quantomeno "VIAGGIATORI PROFESSIONISTI DELLA FEDE": in tal epoca pressoché tutti aspiravano a recarsi in Spagna od in Terrasanta, alle chiese sante od ai santuari eretti contro i Mori.

Coloro, ed eran molti, che avevano soldi ma non abbastanza audacia da affrontare viaggi ancora pericolosi in terre lontane, presero l'abitudine, con l' autorizzazione ecclesiastica, di pagare profumatamente qualche uomo esperto che portasse i loro doni nei Luoghi Santi: può oggi parere limitante ed ipocrita questa PAURA DELL'IGNOTO in uomini alla ricerca del Paradiso ma ad onor del vero questi timori non erano ingiustificati. I mari e le terre da attraversare per i PELLEGRINI DELLA FEDE erano perlopiù sconosciute, senza riferimenti cartografici importanti e, specialmente per i viaggi in TERRASANTA con riferimenti cartografici principalmente simbolici in cui la GERUSALEMME TERRESTRE si identificava sempre con la GERUSALEMME CELESTE venendo elevata a EMBLEMA privo di autentici connotati geografici ma religiosamente trasformato in CENTRO DEL MONDO come nella famosa MAPPA MUNDI DEL SALTERIO del XIII secolo (conservata a Londra, British Library, ms. Add.28681, fol1). Ovunque peraltro era facile perdersi od essere vittima di predoni e briganti (le vie per le Spagne per esempio erano ancora infestate da disertori musulmani o da miliziani arabi che, impossibilitati a ricongiungersi colla loro gente, si abbandonavano ad una vita di saccheggi): e recarsi in Oriente, ben si capisce era ancora più pericoloso e pieno di incognite, dal momento che si penetrava in un "mare islamico" nonostante le effimere conquiste dei Crociati [ed in funzione di ciò grande importanza assunse sia la sicura FLOTTA DEI CAVALIERI TEMPLARI sia il loro retribuito loro di CUSTODI E PROTETTORI DIETRO COMPENSO DEI VIANDANTI DELLA FEDE].
La fantasia inoltre correva, portata a far voli strani anche da certe bizzarre narrazioni orali o scritte: il timore dell'ignoto induceva così ad ingigantire i pericoli e a far intuire la possibilità di imbattersi in terre quasi sconosciute (come lo stesso nordafrica) in creature incredibili, spesso elevate da superstiziose descrizioni a livello di ENTITA' DEMONIACHE se non di quei servi del maligno che si ritenevano STREGHE E PRATICANTI DI MAGIA NERA (e peraltro in non pochi casi ci si recava nei LUOGHI SANTI alla ricerca di qualche espediente o di qualche santo uomo capace di"guarire" le presunte vittime di qualche MALEFICIO STREGONESCO od ancor più di ESORCIZZARE dal demonio qualche povero cristiano se non, talora, LIBERARE DAI DEMONI INTERE COMUNITA' terribile impresa che, tra gli altri, l'agiografia attribuiva a S.Francesco): inoltre [suffragato dalla delirante descrizione di qualche commerciante o viaggiatore che di fronte ad una scimmia di media o gran taglia (ignota nell'Europa cristiana) aveva pensato di trovarsi innanzi a qualche diavoleria genetica] fervere tra questi avventuraosi viandanti di terre indubbiamente in gran parte ignote e spesso misteriose la convinzione di poter essere aggrediti da qualche MOSTRUOSITA' che -in parecchi casi- semplicemente era costituita dall'apparizione di qualche isolato individuo appartenente (soprattutto in

Accanto a questi pericoli evocati dai deliri sul paranormale gli avventurosi pellegrini potevano però urtare contro pericoli reali in parte dovuti al rischio di essere aggrediti da CRIMINALI DI VARIO GENERE (e contro questi la protezione dei CAVALIERI era senza dubbio il miglior deterrente) o dal pericolo di cadere vittime di alcuni tra gli animali storicamente PREDATORI DELL'UOMO e, con maggior frequenza, di alcune fra le CALAMITA' o le MALATTIE che falcidiavano l'umanità in questi secoli.

Probabilmente temendo qualcuno di siffatti rischi (e voci terribili su temibili pericoli accompagnavano ogni viandante per i santuari spagnoli) un certo ANFOSSO RAINERIO di Camporosso, come detta un rogito del notaio di Amandolesio, il 3-XII-1260, stabilì che dalla chiesa camporossina di S.PIETRO uno di questi VIAGGIATORI SU COMMITTENZA si recasse per la sua anima a San Giacomo di Compostela nelle Spagne : alla stessa stregua si eran già comportanti alcuni ricchi fedeli borghesi pedemontani affidando i propri attestati di fede ora a semplici pellegrini ora a viandanti di commercio ed a cavalieri prezzolati che andavano giungendo in posse maritima attraverso la direttrice di val Nervia.
Due erano le fondamentali facoltà viarie: la prima, tipica per cavalieri ben armati era costituita da un intreccio di percorsi che, attraverso le Gallie (avendo un nodo importante nella città di ARELATE) portavano quindi verso PAMPLONA e, superati i PIRENEI ad un unico percorso spagnolo costellato di celebri abbazie e di basi religioso-militari di Cavalieri del Tempio: il sistema portuale di Ventimiglia (come di località vicine) ed il complesso ricettivo degli OSPEDALI RICOVERO specie nel '200 offrivano un'altra via, quella marittima, di navigazione verso i porti spagnoli, sempre sotto la scorta di Cavalieri armati che accompagnavano i pellegrini o più spesso ancora portavano per questi i voti alle terre sante della Spagna ricondotta alla cristianità.
Sulla riva marina dell'agro intemelio, nel XIII sec., esisteva ancora funzionante il porto canale del torrente Nervia: il 15-X-1242 guardava l'approdo, contro i briganti , il castello di Portiloria dove i Conti intemeli e poi il Comune intemelio tenevano da secoli una scorta armata, anche per la sicurezza della via di fondovalle, del tragitto di costa e del ponte in legno sul torrente.
Il Comune intemelio custodiva tal sito come una sentinella del dazio sulle vie di Nord ed Est: durante la guerra con Genova verso i primi del XIII sec. il porto canale sul Roia, per quanto antico (fu il II attracco romano ed era già importante subito dopo il mille, come attesta il titolo di una fontana pubblica oggi scomparsa dalla sponda ovest della foce = G. ROSSI, Storia della città..., appendice epigr. II, 4 : ad commoditatem navigantium MC... ) aveva peraltro subito parecchi danni sì da rendere attivissimo per un certo tempo lo scalo nervino, previlegiato, come si disse, dagli uomini e dalla Signoria di Dolceacqua.



IPOTESI DI PERCORSO


1 - VIA PRIMARIA DI FONDOVALLE

2 - VARIANTE OCCIDENTALE: "STRADA DI AIROLE"

3 - VARIANTE ORIENTALE: "STRADA DEL GIUNCHEO"


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