La questione di SAN SECONDO (PATRONO DI VENTIMIGLIA del quale, con altri martiri, la RICORRENZA CADE IL 26 AGOSTO) la cui chiesa (vedi l'immagine sopra ed ancora la moderna chiesa che ha sostituito questo edificio sacro) sorse nel 1602 su una diruta cappella a S. Martino (vedi qui dal Leggendario delle vite de' santi. Composto dal R.P.F. Giacobo di Voragine, ... tradotto già per il R.D. Nicolo Manerbio. Nuouamente ridotto a miglior lingua, riformato, purgato da molte cose souerchie, arricchito de' sommarij, di vaghe figure ornato, e ristampato. Con l'aggiunta di calendario, lunario, & feste mobili ..., In Venetia : appresso Alessandro Griffio, 1584) più volte indicata nei rogiti notarili dal XIII secolo, è da connettersi ad un culto antico proveniente dal Piemonte e a lungo alimentato dalla tradizione spirituale ventimigliese sino al punto di fare del Santo il patrono della città ligure. Una certa confusione storico-agiografica (Paganetti, Della Istoria ecclesiastica della Liguria..., Genova, presso Bernardo Tarigo, 1765, p. 22) indusse a credere che il martirio di S. Secondo sia avvenuto a Ventimiglia e precisamente nel "Vallone" che da questo prese il nome. In realtà il Santo venne martirizzato nel territorio del Municipio romano di Vercellae, nel luogo ove ora sorge la frazione S. Secondo di Salussola. Le benemerenze apostoliche di Eusebio Vescovo di Vercelli portarono a una diffusione su area padana e ligure della venerazione per tale Martire, anche se a Ventimiglia fu prioritario il culto per S. Martino, poi venuto meno, che valse in antico per la conversione degli ariani (S.V., p. 412). Il monachesimo pedemontano infiuenzò notevolmente la religiosità ligure in un periodo di lunghi scambi culturali e spirituali secondo il tragitto Ventimiglia - Pedo (Borgo San Dalmazzo) - Certosa di Pesio - NOVALESA: all'abbazia della Novalesa secondo il Meyranesio (Pedemontium sacrum, in M.H.P., Script., IV, 1282), in un messale membranaceo, poi passato in proprietà di E. De Levis, si sarebbero conservate le Orazioni riguardanti S. Secondo di cui Carlo Cipolla (Monumenta Novalicensia vetustiora, I, Roma, 1898, p. 374, nota 3) riporta la prima: "Da, quesumus omnipotens Deus, ut qui beati Secunti martyris tui sollemnia colimus, eius precibus gloriosis a cunctis erroribus, seu periculis absoluti, aeternae vitae participes effici mereamur ". L'abbazia di Breme che, per donazione di Adalberto padre di Berengario II di Ivrea, giunse ai monaci novaliciensi forse agli inizi del 929, con una bolla di Eugenio III, datata Segni 9-2-1151 (1152), ebbe la confermazione di svariati possessi per il Piemonte e la Liguria ed "... in episcopatu Vigintimiliensi (Vintimiliensi) ecclesiam sancte Marie Dulcisaque, ecclesiam sancte Lucie...": a Ventimiglia e Dolceacqua su antiche chiese avevano quindi diritti i monaci di Breme e della Novalesa a testimonianza di una loro storica influenza sulla zona intemelia (orig. perduto, copia permag. nell'Archivio Arcivescovile di Torino, categ. 41, mazzo I, n. 1; trascr. consunta nella busta II dell'Abb. Noual., in Arch. Stato di Torino; copia tarda cartacea nell'Abbazia di Breme = D. PROMIS, Mon. Hist. Patr., Chart., I, 797-800, n. 493; v. Cipolla cit., Acta, p. 253 e glosse). L'analisi della bolla papale permette di riconoscere una variegata serie di possessi del monastero di Breme (Novalesa) già concessi da Innocenzo II (1130-1143): nelle diocesi di Pavia, Vercelli, Asti, Ventimiglia, Torino, di St. Jean de Maurienne, di Ginevra, di Vienne, di Embrun, di Milano, di Gap solo per citare i luoghi più importanti. Tale antichità di diritti prova una storica influenza del monastero ed in particolare della sua influenza spirituale: del resto un antica realtà di scambi tra la costa ligure e questo grande polmone spirituale o comunque con l'area torinese e confermata dall'analisi di una costituzione del IX secolo con cui si stabilì che in pubbliche scuole di Torino (e Ivrea) dovessero intervenire studenti da Ventimiglia, Albenga, Vado, Alba (Antichi Vescovi di Torino, Torino, 1858, p. 32).
Queste riflessioni confortano nel sostenere non solo una continuità di spostamenti, costa ligure-Piemonte, dall'antichità all'Alto Medioevo sulla direttrice di vecchi tragitti liguri-romani, ma permettono di riconoscere la formazione culturale e spirituale dei gruppi colti intemeli in area piemontese così da alimentare e continuare nella città natale espressioni di fede maturate nelle località sede di studi.
Il "piemontese" S. Secondo, di tradizione eusebiana e vercellese, potè benissimo essere stato introdotto in Ventimiglia anche in dipendenza di questi scambi culturali e per certe convergenze di onomastica.
[N. d. R = approfondimento critico : l'invasione dei Saraceni quindi
la fuga dei monaci da Novalesa e la traslazione delle reliquie di S. Secondo a Torino
ed ancora la Crociata Cristiana contro il Frassineto, la sconfitta dei Saraceni: un Vescovo di Ventimiglia riconsacra il liberato territorio dal mar ligure sin all'agro susino]
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MONS. ERCOLE CROVELLA CON DUE SUOI INTERVENTI DI SEGUITO RIPRODOTTO NELLA PARTE COMUNE,
ha comunque il merito di aver data una svolta storicamente oggettiva alla questione di S. Secondo (Ist. Gior. XXIII della Pont Univ. Lat., 1968, XI, Bibl. Sanctorum e La Chiesa Eusebiana, in Quaderni dell'lstituto di Belle Arti di Vercelli, 1969) pur se sui destini della Legione Tebea (e sull'esecuzione di S. Secondo avvenuta precedentemente) gli interrogativi sono tanti che qui si può proporre solo un sunto invitando gli appassionati a collazionare la vasta bibliografia di studiosi a favore e contro la veridicità degli episodi:
"Due passiones trattano di SAN SECONDO, ma una sola contiene notizie e riferimenti, mentre l'altra, conservata in un codice del monastero di San Maurizio in Magdeburgo, è piuttosto un'omelia parenetica.
La prima "passio", scritta probabilmente nel sec. VI, contiene notizie di diverso valore storico. Alcune si salvano dalla severità della critica e si limitano ad affermare che S. fu decapitato per avere confessato la fede quando l'Impero era retto da Diocleziano e Massimiano; altre appartengono al folklore agiografico, e si riferiscono all'origine egiziana del martire e alla sua professione di milite della legione tebea; le rimanenti notizie indicano il luogo dove S. fu decapitato ed accennano ad una traslazione delle sue reliquie. Queste ultime notizie richiedono un attento esame, essendo molto discusse e contestate, mentre invece meritano fiducia, come ci proponiamo di dimostrare.
Si hanno indicazioni di una terza "passio" conservata nell'archivio del capitolo cattedrale di Vercelli, alla quale fecero riferimento il Mombrizio nel sec. XV e il Ferrero, vescovo di tale città al principio del sec. XVII, ma finora non è stata rintracciata.
La presenza di questo documento a Vercelli, di cui non si può dubitare, ha probabilmente un rapporto con la tradizione locale, che colloca il martirio di S. nel villaggio dei Vittumuli o Vittimuli, compreso nella giurisdizione del Municipio romano di Vercellae.
Le ragioni a favore di questa tradizione hanno acquistato maggior valore in seguito a uno studio recente sull'antichità di alcune pievi della diocesi fra le quali è compresa quella dedicata al nostro martire, che si trova precisamente nel territorio dei Vittumuli o Vittimuli.
La "passio" che esaminiamo afferma che S. fu decapitato in tale territorio ed a evitare possibili incertezze o confusioni rievoca la presenza di Annibale in esso: "Uno milliari prope castellum caesarium, quod ab Annibale nomen Victimolis accepit". Si suole invece assegnare il luogo del martirio a Ventimiglia, e questa deviazione trova la sua origine nella contaminazione dei due toponimi, risalente ad epoca nella quale si era perduta la conoscenza del Vittimulo vercellese. Di tale contaminazione si trovano indizi nei martirologi, i più antichi dei quali, come il Vetus Romanum di Adone, quello grande dello stesso autore e quello di Usuardo, hanno Victimilium, mentre in quello Romano odierno il toponimo antico è sostituito con Albintimilium. Non sfugge ad alcuno che il Victimilium degli antichi martirologi è ben diverso dall'Albintimilium più recente e che il primo nome è più affine a quello di Victimulum o Victumulum della tradizione vercellese.
E' anche notevole 1'accenno ad Annibale che si legge nel brano citato della "passio". Il condottiero africano, infatti, disceso dal valico delle Alpi trattenne le sue truppe proprio presso Victumulum, e si scontrò in quei dintorni con gli avamposti dell'esercito romano nell'autunno del 218 a.C., prima della battaglia della Trebbia.
Il Pareti, nel secondo volume della sua Storia di Roma e del mondo romano, colloca nel territorio dei Vittimuli il detto scontro, spiega l'etimologia del nome dal fiume Victium, ora Elvo, che scorre in quella zona, donde Victimuli erano chiamati gli abitanti, e determina con esattezza il luogo nella frazione S. Secondo dell'attuale comune di Salussola.
Dell'antichissimo villaggio scrissero Strabone e Plinio a proposito delle miniere d'oro colà sfruttate dagli abitanti. Il primo lo designa con la forma "Ictumulon" e il secondo con "Ichtimulorum". Livio narra lo scontro tra Romani e Cartaginesi e non ignora che i nativi del luogo si chiamavano Ictumuli; i codici recano anche la forma Victumuli e altre, ma non è certo che queste ultime si riferiscano al territorio vercellese.
I Romani designavano la città ligure di Ventimiglia con Albium Intimilium o Albium Intemelium, forma corrispondente a quella greca "Albion Intimilion" come si legge in Strabone, che usa anche "Albintominion" oppure con "Albintimilium" e "Intimilium", come usa Tacito. La contaminazione di quest'ultima forma con Victimilium degli antichi martirologi appare quindi possibile, e di conseguenza si comprende il passaggio ad Albintimilium dell'odierno Marrirologio Romano, che volle correggere la lezione antica, ritenuta errata.
Nel Medioevo il nome preromano, alquanto alterato, continuava ad indicare la località antica dell'ager vercellensis, sui colli della Bessa, nome antichissimo e preromano indicante tutta la vasta zona, nella valle di S. Secondo, come sempre fu designata dal nome del martire locale, non lungi dall'attuale comune rurale di Salussola.
In un diploma dell'anno 826 (Muratori, Annali d'ltalia, V, 553) si legge: "in pago Ichtimolum quod pertinet ad comitatum vercellensem id est in villa quae dicitur Budella".
II villaggio dei Vittimoli o Ittimoli si trovava dunque nel contado di Vercelli e nel territorio del borgo di Biella. Con diploma del 999 Ottone III donò il castellum Victimuli alla chiesa di Vercelli, e i diplomi di Enrico II del 1007, di Corrado del 1039, e di Enrico III del 1054, menzionano il montem Victimuli. Come si vede, il toponimo incominciava non sempre con la V, ma anche con la I, e questa è altra causa della contaminazione con la forma romana di Intimilium usata da Tacito per indicare Ventimiglia.
Dopo l'anno 1054, non consta che il Victimulum sia indicato in documenti o diplomi, e l'eventuale silenzio può derivare dalla distruzione del castello o dal cambiamento del nome. Nei documenti citati si vede che la località, prima designata come pagus, divenne castellum, poi mons; e queste variazioni sembrano indicare l'effetto delle incursioni barbariche e saracene e dell'emigrazione degli abitanti.
L'accenno alla presenza di Annibale nella zona dove fu decapitato S., che leggiamo nella nostra "passio", ci fa persuasi, dopo questo richiamo sui toponimi, che l'agiografo non escogitò una falsa etimologia, come affermò il Lanzoni, ma riferì esatte notizie di avvenimenti antichi, il cui ricordo non doveva essersi spento negli abitanti, come il passaggio del generale africano e il suo scontro con i Romani.
Gli antichi Vittimuli dovevano custodire le spoglie del martire, altrimenti non si comprenderebbe perché la loro pieve portasse il nome di S. Secondo; né si può accettare l'ipotesi che essi dedicassero un oratorio o memoria in onore di un cristiano ucciso nella lontana città di Ventimiglia, senza possederne le reliquie.
La stessa "passio", oltre ad essere precisa quanto al luogo del martirio, informa pure che il suo corpo "perductum est usque ad urbem Taurinensem... iuxta fluvium qui Duria nuncupatur". Questa traslazione(dei resti mortali del Santo) non avvenne in tempo vicino alla esecuzione capitale, ma molto più tardi, come si può dedurre da memorie documentate, e la notizia che la riferisce dovette essere aggiunta al testo primitivo. La regione dei Vittimuli subì gravi incursioni durante le invasioni barbariche a partire dal sec. V, in modo più grave e persistente a causa delle scorrerie dei saraceni, i quali, dal castello di Frassineto in Provenza, di cui si erano impossessati, comparivamo improvvisamente al di qua delle Alpi a saccheggiare, uccidere e devastare le popolazioni indifese.
Una Vita medievale del b. Pietro Levita, del quale erano state trasferite le reliquie da Roma a Vittimulo probabilmente nel sec. VII, lamenta che questo luogo fu devastato da ripetute incursioni, quantunque esso si trovasse in posizione naturalmente forte, ed afferma che le difese ("moenia") disposte dagli abitanti furono smantellate e le chiese devastate e abbattute. In queste tragiche circostanze è facile pensare che la popolazione, nel fuggire in cerca di luoghi sicuri, abbia portato con sé il sacro presidio del proprio martire, per collocarlo presso la Dora Riparia, non lungi da Torino, come dice la "passio". E' documentata infatti l'esistenza di una chiesa dedicata al nostro San Secondo in tale località, appartenente al monastero della Novalesa. Avendo anch'essa subito devastazioni dai saraceni, i monaci non abbandonarono colà le reliquie del martire, ma le portarono con loro durante i primi anni del sec. X quando fuggirono dalla valle di Susa, dove sorgeva il loro famoso monastero, e si raccolsero in un altro presso le mura di Torino, in posizione meno esposta alle incursioni.
= sul ritrovamento di questa chiesa giudicata dispersa qui si riproduce un saggio sotto titolo de "La basilica nella "nuvola"(pubblicazione qui integralmente riportata)
pubblicato sul "Berriun"(rivista annuale de "La Voce Intemelia" Dicembre anno 2018 ed. Alzani Pinerolo) del dott. SERGIO PALLANCA comprendente riflessioni sulle tormentate
vicende della traslazione delle reliquie ma soprattutto con importantissime note sul MODERNO RINVENIMENTO DI QUESTA CHIESA DATA PER DISPERSA non lungi dalla Dora Riparia =
"La Storia, molto spesso, è vista dagli studenti come una materia arida, un susseguirsi di date e di nomi da
imparare a memoria per poter superare l’interrogazione, i ragazzi pensano che nella loro vita non avranno
mai necessità di ricordare date e nomi di persone a volte vissute centinaia di anni orsono. Confesso che
anch’io ero in tale schiera: ovviamente mi sbagliavo. Nonostante i miei studi scientifici mi sono pian piano
avvicinato alla Storia, mi sono appassionato a date e nomi ed eventi che non sono nozioni aride ma vive e
rigogliose, strettamente legate a noi, al passato, al presente e al nostro futuro: senza passato non esiste il
futuro. La storia è poi strettamente legata all’archeologia, a volte scoperte archeologiche, anche casuali,
sovvertono totalmente antiche concezioni o le confermano scientificamente. Della storia di San Secondo
noi credevamo di sapere tutto: nato a Tebe nell’Alto Egitto (odierna Alessandria d’Egitto) fu un
luogotenente della Legione Tebea, legione romana composta da soldati nativi della regione dell’Alto Egitto;
ne era comandante, primicerio, Maurizio, imperatori Diocleziano e Massimiano. La legione, in quel periodo,
si stava recando verso le Gallie lungo la Via Francisca che da Pavia e Vercelli portava ad Ivrea, per sedare la
rivolta dei Bigaudi. Prima della battaglia era consuetudine giurare fedeltà all’imperatore, sì capo supremo
militare ma anche religioso, data la sua natura ritenuta divina. Essendo noto che Secondo si fosse
convertito al cristianesimo e facesse proselitismo fra i suoi compagni d’arme fu invitato dai suoi superiori ad
abiurare, infatti si era rifiutato di partecipare ai riti pagani prima della battaglia, proprio perché cristiano.
Secondo durante la “Passio” non abiurò e fu quindi condannato a morte per decapitazione (circa 286-306).
Da lì a poco tutti i suoi compagni, spronati dal suo esempio, subirono la stessa sorte a Agauno, attuale
Svizzera. Il luogo ove fu decapitato Secondo era denominato Victimulum (oggi Frazione San Secondo di
Salussola in provincia di Biella a sud ovest della città, presso il Lago di Viverone). Subito alcuni cristiani del
luogo raccolsero il suo corpo e lo nascosero, sul luogo del martirio sorse poi una Pieve (Vescovo S. Eusebio
dal 345 al 371), Plebis S. Secundi. Poi, distrutta la Pieve per guerre locali, (VIII-IX sec.) le sacre spoglie furono
portate all’abbazia benedettina della Novalesa, donate o vendute ai monaci.
Nel 906, per sfuggire alle
invasioni e depredazioni dei saraceni i monaci con l’abate Danniverto traslarono il corpo a Torino in un loro
monastero, di Sant’Andrea e San Clemente che si trovava fuori dalle mura nei pressi della porta Segusina
(Porta Susa) e poi, all’epoca dell’abate Belegrino, in quella di S. Andrea, oggi santuario della Consolata,
chiesa che andò distrutta da un incendio provocato dal tentativo di fuga di due musulmani custoditi nel
monastero.
Infine nel 990 i monaci tornarono alla Novalesa ma i sacri resti furono lasciati “in una chiesa che
gli era stata dedicata presso la Dora” in seguito distrutta dai saraceni nell’XI secolo. Probabilmente la
distruzione di questa chiesa determinò il trasporto del Santo nella cattedrale, San Secondo divenne un
Santo Torinese. I monaci riportarono alla Novalesa, alla fine del 900 solo la reliquia del teschio, reliquia
che, nel 990, donarono, in segno di riconoscenza, al Vescovo di Ventimiglia Panteio, poichè si era recato a
Susa in qualità di legato pontificio per questioni legate alla chiesa di S. Maria, e per aver egli riconsacrato gli
altari delle quattro cappelle, ancor oggi esistenti, sul colle attorno al monastero, profanate dai Saraceni. Il
conte di Ventimiglia, Guidone Guerra, si recò personalmente al Colle di Tenda ad accogliere i monaci con la
sacra reliquia. La devozione al santo è rimasta nelle sedi ove le sue reliquie sono transitate: Vittimulo
(diocesi di Vercelli), Novalesa, Torino e Ventimiglia. Torniamo all’antica chiesa dedicata a San Secondo a
Torino “ Ecclesia Sancti martyris Secundi, sita non procul a Taurinate urbe super flumen Doriae, quae a
paganis corrupta non dum fuerat usquequaque reparata” . Una chiesa funeraria a navata unica e abside
semicircolare edificata per custodire il sacro corpo, dopo l’incendio di s. Andrea...si sapeva che sorgeva
presso un’ansa della Dora fuori le mura taurinensi, sino a che...nel 2010 iniziarono i lavori di scavo per la
costruzione della nuova sede della Lavazza e, ben si sapeva e temeva, che sarebbero stati trovati antichi
resti archeologici, nel 2011 apparve una stele funeraria del II secolo, la stele di Afrodisia,poi affiorò una
vasta necropoli romana e allora l’architetto della “Nuvola Lavazza” Cino Zucchi modificò il suo progetto, per
preservare e rendere visibili a tutti, i resti, non solo romani, ma, anche, un complesso funerario
paleocristiano sviluppatosi nel IV secolo a partire da un gruppo di mausolei. In seguito qui fu ritrovata una
chiesa funeraria a navata unica e abside semicircolare in cui vennero inserite numerose tombe di adulti e
bambini. La chiesa ospitava presumibilmente le reliquie di San Secondo martire, è la stessa chiesa che fu
distrutta e di cui si persero le tracce, dalla quale le reliquie furono portate, tranne il cranio, come abbiamo
visto, in cattedrale nel 906 per metterle al riparo dalle invasioni dei saraceni. Ora il tutto, oltre 1600 mq, è
visibile nella “nuvola” in Via Ancona, sulla strada per Vercelli, percorrendo passerelle sotto la volta
progettata da Zucchi.
Per concludere: San Secondo è Santo Compatrono di Torino dal 1630 dopo che una pestilenza colpì la città
e furono fatti voti perché egli la salvasse, da allora, nella cattedrale di San Giovanni Battista, una cappella
marmorea nella navata laterale destra, opera tardo seicentesca del Casella, artista luganese, ne conserva il
corpo, alla sommità lo stemma di Torino, foto 1.
Nel 1579 a causa di una grave pestilenza i ventimigliesi, durante una solenne processione, si votarono al
Santo che salvò la città e ne divenne ufficialmente Santo Patrono nel 1602, al Santo è dedicata una cappella
in marmo in cattedrale, nella navata sinistra, fatta edificare dal Comune nel 1709, il sacro capo è custodito
in un reliquario d’argento datato 1623, la cappella è sormontata dallo stemma cittadino, foto 2.
San Secondo Martire è Santo Patrono di Biella, Ventimiglia, Salussola (BI) e Torino, compatrono con San
Giovanni Battista, e viene festeggiato il 26 Agosto, gli sono dedicati un quartiere a Torino ed uno a
Ventimiglia. Anticamente si raccontava che il santo martire fosse stato decapitato proprio a San Secondo di
Ventimiglia per una confusione dovuta all’assonanza Victimulum-Vintimilium, località in cui fu edificata, nel
1602 una rustica cappella in suo onore e che conservava una tela con dipinta la decapitazione del santo e
una veduta della Ventimiglia seicentesca sullo sfondo, ora la tela è custodita nella nuova chiesa di San
Secondo nell’omonimo quartiere".