Maria Cristina di Svezia non solo partecipò attivamente con mezzi, pressione ed influenza nell'impresa di trasformare (1669) il complesso romano di Tordinona in un teatro ma anche qui non perse l'occasione di dimostrare originalità e più che stravaganza capacità di andare contro una "corrente" o meglio una tradizione che in definitiva sotto una spinta controriformista e moralizzatrice aveva impoverito le scene = dove tra l'altro le Donne dovevano a suo giudizio calcare senza remore e che doveano da spettatrici partecipare alle rappresentazioni che vi si tenevano senza sciocchi condizionamenti (interfase resa possibile in Roma proprio da Maria Cristina e dai suoi fautori anche
perché la misoginia avverso le teatranti fu ripresa di maniera che alla Satira seicentesca dell'Azzolini avverso la "lussuria" e i grossomodo coevi scritti dell'Ottonelli sulla "Moralizzazione del Teatro" specie previo la non utilizzazione di Attrici e Cantanti segue parecchio dopo la feroce presettecentesca Satira contro le Donne e massime le Cantatrici di L. Adimari).
Cristina era quindi ideologicamente contraria alle postulazioni di costoro ma altresì anche ad un'opera abbastanza menzionata come sorta di "Galateo Femminile" cioè la
Ginipedia Overo Avvertimenti Civili per Donna Nobile
del citato Vincenzo Nolfi che prima di concludere la sua opera con un Ultimo avvertimento alla Dame in merito all'esser conformiste e sempre comportarsi in maniera impeccabile
ed altresì poco innanzi d' aver steso un suo abbastanza banale elenco di "Donne Illustri" si era fatto carico di analizzare e suggerire diversi possibili comportamenti delle Dame, sempre ispirati a moderazione e buon senso tra cui (qui digitalizzati per un confronto con le idee progressiste dell'ex Regina di Svezia) con vari capitoli dedicati alla Donna Nobile Sposata quale punto essenziale ma sempre subordinato al Marito entro l'elemento nucleare quanto basilare della società: vale a dire la Famiglia = e in merito a questo si leggano qui i digitalizzati capitoli:
Capitolo 22 - Delle Nozze [ con a fondo pagina un'importante aggiunta critica sulla letteratura antidonnesca e in dettaglio sui problemi connessi al "Matrimonio" e "A qual Donna sposare"]
- Capitolo 23 - Della favola d'Himeneo
- Capitolo 24 - Seconda Parte della favola d'Himeneo
- Capitolo 25 - Terza Parte della favola d'Himeneo
- Capitolo 26 - Quarta Parte della favola d'Himeneo
- Capitolo 27 - Quinta Parte della favola d'Himeneo
- Capitolo 28 - Del visitare, e corteggiar spose (nello scrivere seicentesco del Nolfi si può fraintendere: egli qui allude -a prolusione dei capitoli che seguiranno (concernenti il modo di partecipare ai diletti consentiti)- a ciò che una Sposa e specialmente una Sposa Nobile può e/o deve fare sempre attenta a non diventare oggetto di sospetti sin a perdere la dignità
- Capitolo 29 - Della Bellezza
- Capitolo 30 - Degli Occhi ("Della Bellezza degli Occhi")
- Capitolo 31 - Del colore di altre parti del corpo concernenti alla bellezza
- Capitolo 32 - Di alcuni Privilegi della bellezza
- Capitolo 33 - Diverse considerazioni sopra la bellezza
- Capitolo 34 - Del ritrovarsi a' Banchetti - 35 - Del ritrovarsi a' festini di ballo - 36 - Del ricusare l'invito su le feste di Ballo
- Capitolo 37 - Del ritrovarsi alle Vegghie
- Capitolo 38 - De i Giuochi più praticabili nelle Vegghie
- Capitolo 39 - Del dar i pegni, e de' quesiti tratti dal Giuoco per renderli
- Capitolo 40 - De quesiti particolari dedotti dalla qualità de Pegni
- Capitolo 41 - Di alcuni quesiti generali nel rendere i Pegni
cui segue -basilare in merito al "teatro"- il Capitolo 42 "La Dama in Teatro e comunque partecipe alle rappresentazioni sceniche" e quindi: Capitolo 43 - "Dama in Accademia" - Capitolo 44 - "Del Mascherarsi" [su cui è parimenti utile fermarsi per indicare quanto fosse generalmente giudicato disdicevole se non criminale a tutti e specie alle "Spose Nobili" mascherarsi nel tempo di Carnevale in maniera impropria, oscena o magari indossando abiti propri dell'altrui sesso] e per finire Capitolo 45 - Il comportamento della Dama al tempo "Del Villeggiare".
Nel bel Teatro di Tordinona contro un'usanza che datava ormai da molto Cristina non ebbe di conseguenza alcun timore né alcuna remora nel farvi debuttare le sue "belle canterine" Angelina Quadrelli, Antonia Coresi, Maria Landini e Giorgina, in pratica obbligando papa Clemente X ad abrogare l'ordinanza del 1588 che [nel nome di una controriformista moralizzazione, supposta quanto criticabile di quella grande espressione culturale che stava divenendo di nuovo il Teatro (ritenuto però dalle frange più conservatrici del clero causa di paganeggiante induzione al peccato)]
vietava severamente alle
"vere" donne (sostituite con i castrati) di calcare le scene.
Le rappresentazioni erano però permesse unicamente nel periodo di carnevale ma Filippo Acciaiuoli, frequentatore del salotto di Cristina di Svezia, aveva ottenuto il permesso da Clemente X di rappresentare spettacoli al di fuori del periodo deputato: e, per rendere possibili gli allestimenti, il teatro passò nelle mani dell'Acciaiuoli stesso che lo acquisì in affitto per milleduecentocinquanta scudi l'anno.
E fu proprio sotto la "direzione artistica" dell'Acciaiuoli che il palcoscenico fu calcato da donne per un tempo limitato purtroppo, dal 1671 al 1674 =
infatti dopo che la direzione era passata a Marcello De Rosis nel 1675 il teatro venne chiuso per i festeggiamenti del Giubileo (sulla cui valenza si propone qui una carta tematica digitalizzata per settori), e rimase in disuso per sedici anni fin ad esser riaperto nel 1690 e completamente rinnovato negli interni, con la costruzione della sala a ferro di cavallo prima di esser demolito nel 1697 per ordine di Innocenzo XII (1691-1700), al secolo Antonio Pignatelli ispirato ad un rigore religioso che egli impose alla città e giungendo, giustamente, alla condanna del nepotismo con un’apposita bolla (cosa che coimplicava nessuna concessione di favori ai parenti e abolizione di qualsiasi forma di fasto; il papa arrivò addirittura a far appunto demolire il Teatro di Tor di Nona.
l’unica sua, peraltro lodevole, preoccupazione fu l’assistenza ai poveri e agli orfani, che provvide a far ricoverare presso l’edificio di San Michele a Ripa).
A prescindere da questa prima sua fine (il "Tordinona" ebbe due altre ristrutturazioni nei secoli) per il "Teatro non eran state comunque sempre rose e fiori" già prima, anche e nonostante l'importanza socio-politica di Cristina = infatti l'alternarsi dei Papi e il latente ma sempre rinascente conservatorismo era troppo forte. E così approfittando della presunta moralizzazione indotta dall'"evento giubilare" la proibizione di esibirsi in Teatro per le donne venne riportata in vigore già da Innocenzo XI, che detestava la regina per i suoi costumi irriverenti e scandalosi oltre che per i suoi enigmatici interessi per le Scienze anche proibite come l'Alchimia e per altri
motivi ancora per il pontefice tra cui le posizioni avanzate della "svedese" in materia di libertà di culto, culminate nella sua dichiarazione del 15 agosto 1686 in cui si proclamò "protettrice degli ebrei di questa città di Roma", promettendo di punire severamente chiunque li avesse insultati o malmenati come anche il di Lei rapporto di intimità e di complicità con il "libertino" cardinale Decio Azzolini, che designò suo erede ed esecutore testamentario
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Ma verosimilmente Innocenzo XI "odiava" -nel senso reale della parola- l' indocile regina soprattutto perché lo aveva apostrofato ironicamente e pubblicamente quale
******************"Minchion"******************
sì da render questo appellativo un nome che gli restò incollato [Dalla parola "Minchia" si son prodotti anche altri termini derivati come minchiata (per indicare sciocchezza) o minchione, per indicare una persona sciocca (cioè quella che, nei dialetti più settentrionali, viene chiamata coglione) =
La derivazione più probabile è dal latino mencla, formula volgare di mentula, che indicava appunto l'organo sessuale maschile = tra le cose che urtavano ancor più il Pontefice era il fatto che l'epiteto stava avendo proprio ai suoi tempi una
fortunata e comica visitazione letteraria dato l'uso ripetutamente fattone da
Lorenzo Lippi nel suo poema eroicomico Il Malmantile Racquistato: opera edita postuma nel 1676 e di cui A. Aprosio come qui si legge nella sua Biblioteca Aprosiana aveva avuto già prima del 1673 degli stralci da lui pubblicati (pag. 527, da metà a pag. 530)].
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