Molte considerazioni di ANGELICO APROSIO derivano da autori, spesso satirici, che in volgare o latino scrissero sulle tante stranezze degli uomini del '600. A ben pochi è noto ma varie esternazioni di quella che è l'opera moralistica per eccellenza di Aprosio cioè La Grillaia... (qui integralmente digitalizzata e multimedializzata) hanno verosimilmente contatti con una possibile lettura d' un autore satirico oggi quasi misconosciuto qual fu ANTONIO ABATI il quale
nella pubblicazione Delle Frascherie (attivando questo collegamento vedi le referenze bibliografiche dell'opera qui proposta) opera della quale si vede qui la digitalizzazione completa -che resta comunque la sua opera più importante- trattò estesamente la questione dei vizi umani
= la trattazione stesa nei "TRE FASCI" QUI DIGITALIZZATI" (CON LA PRECISAZIONE CHE IL TESTO DELL'ABATI, CUI SI ACCEDE DA QUI ATTIVANDO I LINK OVE SI CITANO I "FASCI", SI LEGGE CLICCANDO SUI COLLEGAMENTI SCRITTI IN COLOR ROSSO ESSENDO CON ALTRI COLORI TRASCRITTE LE NECESSARIE INTEGRAZIONI CRITICHE DA PARTE DI CULTURA BAROCCA) è assai estesa e non priva di considerazioni pure di politica, di vita pubblica, cortigiana ecc. in cui spicca per crudezza l'analisi politica del tempo in cui l'autore non risparmia critiche agli Italiani pur nel contesto di vari appunti mossi ad altre nazioni europee con la feroce chiosa che Europa è una bagascia / Tutti vi fan l'amore; / Ogn'un n'è predatore / e per donarsi altrui, posta non lascia, /
Mà sapete perché mai non si stracca? / Perché à un Toro fu moglie, Europa è Vacca. Si tratta comunque di considerazioni strutturate specialmente attraverso la proposizione della SATIRA CON VARIE SPECIFICAZIONI SULLE SUE CARATTERISTICHE E FUNZIONI e seppure nell'opera si leggano notazioni di misogenia e di critiche avverso le donne specie se spregiudicate o fedifraghe non vi mancano però appunti altrettanto mordaci a riguardo degli uomini. CLICCA QUI PER RITORNARE ALLA "HOME PAGE" DI "CULTURABAROCCA"
Aprosio per le sue riflessioni moralistiche si avvalse di parecchie postulazioni delle "Frascherie" che non citò espressamente ma che, quasi a compensare una dimenticanza, elogiò apertamente con l'autore, riproducendo un passo delle "Poesie Postume" dell'Abati nella sua "Biblioteca Aprosiana" del 1673 in merito all'abuso epocale delle "lettere orbe o ciece" cioè della pericolosa costumanza delle "lettere anonime e di denunzia" introdotte da Chiesa e Stati.
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Tra tante altre osservazioni moralistiche, peraltro destinate ad intrecciarsi variamente, come si vedrà, con quelle del "Fascio" I e del "Fascio" III, l'ABATI organizza sostanzialmente il suo lavoro su molteplici aspetti che rimandano a LA PAZZIA UMANA entro il particolarmente ampio "FASCIO SECONDO" ( QUI INTEGRALMENTE DIGITALIZZATO ) reso più facilmente leggibile dalla presenza di questo MODERNO INDICE ARRICCHITO DA UNA LETTURA CRITICA).
Attesa l'epoca intrisa di antifeminismo ci si aspetterebbe dall'Abati (forse anche perché voglioso d'evitare censure di Chiesa e/o Stati) una maggiore convergenza con Aprosio sul tema della misoginia eppure proprio in questo "Fascio Secondo" leggendo bene si evidenzia come Antonio Abati non trascuri questo argomento antidonnesco evitando però espressioni forti come "puttana, meretrice, bagascia ecc." ed avvalendosi di termini più controllati quali "pubblica femmina" o "donna di sospetta fama" nel caso di mercenarie del sesso e giammai amplificando la tematica antifemminista a dismisura ma con indubbie, ed anche pungenti, connessioni alle postulazioni specie in merito al tema dell'adulterio e delle espressioni Vacca e Bekko.
[l'Abati è più prudente di Aprosio, per timore come detto sopra della censura, usa apertamente lo scrivere in maschera e si cautela spargendo -senza evidenziarle con titoli allusivi come Angelico- le postulazioni antifemministe con attenzione guardinga -cosa che giustifica anche allegando questa pagina giustificativa rivolta al "Lettore"- come quando per es. nel "Fascio III", per bocca di Teledapo, nega che le donne possano "peregrinare" cioè viaggiare sia per terra che ancor più per mare tanto da doversi prendere provvedimenti cui non fu estranea la "cintura di castità o freno della lascivia" usato sulle navi = tutte cose che preludono ad alcune delle accezioni di più feroce misiginia che cioè
Pudica esser non può Donna vagante..." come ancora scrisse nel '700 Ludovico/Lodovico Adimari e che le Donne siano lunatiche nell'accezione più estensiva del termine
in qualche modo ripresa anche da Aprosio].
Questo meccanismo espositivo (espresso sotto forma di dialogo fra vari gentiluomini i quali sostenendo o demotivando le ipotesi danno mediamente l'impressione di vedute contrastanti ma connesse più alle opinioni correnti che all'autore) in forza del
"FASCIO SECONDO",
PRINCIPALMENTE DI TIPO LETTERARIO E CONCENTRATO SULLA "SATIRA" (COMPRESE RIFLESSIONI SU SUA STORIA E DISTINZIONE DA "CARTELLO" E "LIBELLO FAMOSO", CON IL SUPPORTO DI VARI ESEMPI),
rientra qual centro motore di un sistema concettuale che vuol analizzare in particolare tutte le
PAZZIE, MASCHILI E FEMMINILI, DELL'ESISTENZA UMANA
connesse sia a
PROBLEMATICHE SOCIALI E POLITICHE COME NEL
"FASCIO PRIMO"
(QUI DIGITALIZZATO CON INDICE)
non esclusa però la VITA DEI POTENTI, I LORO DILETTI, I GIOCHI STORICI, D'AZZARDO E NON, I TRIONFI FEMMINILI FREQUENTI NEI GIUOCHI CONCERNENTI IL GUADAGNO
e senza trascurare, in prosa e in poesia,
CONSIDERAZIONI IN MERITO AI DRAMMI DELLA GUERRA E AI DANNI CHE ESSA GENERA QUALI CARESTIA E FAME .
Procedendo poi ad approfondimenti più peculiari ancora entro il
"FASCIO TERZO"
(QUI DIGITALIZZATO CON INDICI) SU ASPETTI
ITALIANI, PUR CON RIFERIMENTI AGLI STATI ESTERI FACENDO PURE CENNO AI CONTATTI CON GENTI DEL "NUOVO MONDO" OD "AMERICHE"
SENZA ESCLUDERE GIUDIZI SU POPOLI NOMADI COME "USSI" O "ZINGANI",
RIFLESSIONI TUTTE CONCERNENTI VARI ARGOMENTI: POLITICA, CORTI, COSTUMI, MODA, PASSIONE O MENO PER I VIAGGI, ECC.
risultando interessante che
IL "FASCIO" I ED IL "FASCIO" III RISULTANO COLLEGATI, PER PROSA E VERSI (SATIRA), IN VIRTU' DI CONSIDERAZIONI, NEPPURE ESTRANEE AD APROSIO, SULLA "CORTE" E SULLA "VITA CHE IN ESSA SI CONDUCE"
E non a caso entro il vasto
"FASCIO SECONDO"
dell'opera letteraria e poetica di ANTONIO ABATI la Satira
LA PAZZIA
può reputarsi un
TRACCIANTE DEI CONTENUTI DI TUTTA L'OPERA.
Anche se tale SATIRA rimanda a voci reperibili nella produzione di Aprosio come di altri autori colpise il fatto che nella citata Grillaia il bibliotecario intemelio affronti temi vari sulle eccentricità umane non escluso, espressamente, un capitolo o "Grillo" II intitolato Della moltitudine de' Pazzi: e se vi sia rimedio per la Pazzia. Tanto per citare due ulteriori convergenze Abati-Aprosio da tale satira si può citare un passo sull'abuso del tabacco (pagina 175, IX riga dal basso), che costiuisce
un tema più ampiamente ripreso dall'Aprosio ed ancora dalla riga XIII di pagina 179 dello scritto dell'Abati si legge della "follia degli uomini espressa nelle passioni amorose" questione ampiamente dibattuta dal Ventimiglia che recupera in più luoghi della sua produzione non esente da considerazioni misogine e in effetti da lui già esplicitate nel vecchio Scudo di Rinaldo seppur col tempo e la maturità poi
ridimensionate rispetto all'asprezza giovanile ed originale.
Si ritornerà ancora sulle coimplicazioni fra Aprosio ed Abati anche se occorre precisare che "il Ventimiglia" non nomina mai questo autore prima di una citazione esplicita quanto importante nella sua Biblioteca Aprosiana del 1673, cosa che induce a pensare che possa anche averlo conosciuto indirettamente attraverso gli scritti dei disinibiti autori veneziani e di altri interlocutori d'altre regioni attratti dall'ambiente intellettuale frizzante e spesso debordante oltre i limiti imposti in altri Stati. In questo contesto pare interessante affrontare due temi epocali che indubbiamente Aprosio fece suoi e che hanno indubbie convergenze con la produzione dell'Abati: a conclusione del tema dedicato alla LA PAZZIA colpisce infatti questa giunta poetica dell'Abati sulla "Pazzia della Castrazione dei Fanciulli per farne degli evirati cantori secondo i costumi teatrali dell'epoca" che rimanda ad un vasto dibattito in essere (destinato a risalire sin al Parini) e cui l'Aprosio non solo partecipò ma al cui riguardo dei tre Grilli che scrisse sul tema il Grillo XXIV ("Della barbarie di Castrar gli huomini") denota per vari aspetti una posizione prossima a quella dell'Abati.
Dell'ABATI Aprosio invece parlò espressamente
(vedi qui cosa ne scrive a pagina 307 nella sua Biblioteca Aprosiana "il Ventimiglia": dopo un personale elogio di tale autore che Angelico chiama Abbate delle Vivezze, e delle Argutezze compare la registrazione qui enfatizzata di un elogio poetico allo stesso dell'imperatore Ferdinando III] di ANTONIO ABATI in merito alla costumanza nel tempo CONTRO CUI L' ABATI SCRISSE QUESTO SONETTO (recuperato da Angelico dalla I edizione del 1671 delle Poesie Postume dell'Abati) delle LETTERE ANONIME DETTE PROPRIAMENTE ORBE O CIECHE con cui restando nell'anonimato si poteva suscitare odio fra persone e famiglie ma, cosa ancor più grave
si poteva denunziare senza rischiare ritorsioni [inoltrando una denunzia in un' URNA LIGNEA (sistemata nelle Chiese) o in QUELLA CHE VARIAMENTE SI CHIAMAVA BOCCA DELLA VERITA' O CON ETIMI SIMILI (in più esemplari disposta in luoghi specifici delle città)] , a Stato e Chiesa, sia criminali che eretici, che ancora supposti maghi e streghe ( tenendo conto che erano segretamete denunziabili, e indubitamente inquisiti con rischi anche estremi, tanto i bestemmiatori quanto gli omosessuali come si legge qui nei cinquecenteschi Statuti Criminali di Genova, peraltro sostanzialmente convergenti con le altre forme di leggi criminali).