DECIME, TAGLIA e GABELLE, SEQUELLA e AVARIA ED ALTRE FORME DI TASSAZIONE NEL GENOVESATO.
I PRIVILEGI FEUDALI)

DECIMA:

(1)=Prestazione dovuta dai possessori dei fondi in base ad antiche convenzioni, come riserva dell'antico dominio del precedente; consisteva in origine nella decima parte (in seguito in una qualsiasi parte, maggiore o minore) dei prodotti del fondo o degli animali o del rddito di altre attività

(2)=Tributo dovuto dai fedeli a enti ecclesiastici come corrispettivo dell'amministrazione dei Sacramenti e delle funzioni di culto o come onere a carattere reale per le concessioni su terre di proprietà ecclesiastica.

(3)=Tassa imposta sui beni ecclesiastici dal Papa o, con suo beneplacito, dai Principi laici per provvedere ai bisogni della Chiesa o dello Stato o per far guerra ad infedeli o eretici

GABELLA: imposta su vari tipi di prodotti e di prestazioni il cui ricavato, spesso diviso per "parti" (spettanti a diverse autorità od uffici), doveva contribuire alla realizzazione di "opere pubbliche": ad es. per Gabella della Marina si intendeva l'esborso di una somma per ancoraggio o sfruttamento degli approdi nelle acque territoriali o nelle darsene e nei porti delle varie comunità (gli esattori delle gabelle erano vincitori di gara d'appalto secondo la pubblica procedura detta all'incanto ["a quanto?" chiedeva il pubblico banditore ed assegnava il "compito di riscossione" -fissate le condizioni- al miglior offerente] ed eran detti Gabellotti o Gabellieri

Nel genovese PALAZZO DI S.GIORGIO si può tuttora annirare la GRANDE LAPIDE col tariffario delle gabelle relative alle merci che passavano in dogana: a fondo della lapide si notano 5 CASSETTE in cui venivano imbucate le lettere anonime indirizzate sotto forma di consigli ma più spesso di protesta in materia di GABELLE ai magistrati preposti alle 5 più importanti GABELLE.

(1) = tassa, imposta di consumo.

(2) = dazio.

SEQUELLA (prestazione gratuita d'ore lavoro per pubbliche opere).
Il principio della SEQUELLA (che peraltro ha vari punti in comune col sistema fiscale tardo-romano della CAPITATIO-IUGATIO) per cui una prestazione di ore lavoro sostituiva nelle opere pubbliche e comunitarie una tassazione in denaro liquido, servì a lungo in queste contrade ad obbligare i proletari contro ogni frode fiscale ma nel contempo sclerotizzerà le capacità interventistiche dello Stato, che si svilirà sin ai tempi moderni nell'abitudine di appaltare ad altri le sue funzioni sin al punto finendo poi con l' alienarsene a ragion dei debiti accumulati (come accadrà nei riguardi del potente Banco di S.Giorgio).
La consuetudine di pagare le decime in natura si trasformò coi secoli in una consuetudine storica e talora folkloristica (ancora nel '700 i borghi del Ponente ligure pagavano in quantità convenute di "uova", alle Chiese locali, i servizi di normale consuetudine, come battesimi e comunioni): tuttavia per questo conservatorismo fiscale la Repubblica di Genova, i suoi protettorati e gli Stati satelliti giungeranno a trovarsi in grande difficoltà per esigere liquidità onde pagare le sempre maggiori spese di guerra e di manutenzione delle strutture pubbliche (in effetti dal '600 si deve parlare perlopiù di manutenzione di edifici antichi, ad eccezione di opere nuove a gestione straordinaria delle comunità locali come nel caso del ponte murario sul Roia a Ventimiglia, realizzato dal pubblico Parlamento con gravosi prestiti al Banco di S.Giorgio per il materiale ed utilizzando la forza lavoro dei residenti, computata appunto secondo il vecchio sistema della Sequella).

Un significativo rudere architettonico di siffatta amministrazione signorile che traeva cespiti da un rivolo di microtassazioni e gabelle dirette rimane tuttora il Rastrello o barriera doganale sito fra Dolceacqua e Camporosso ove le guardie del "Marchesato" riscuotevano il pedaggio ("tassa di passaggio sui prodotti") da pastori e mercanti, di cui un terzo andava alla famiglia regnante.
Proprio la Signoria di Dolceacqua, comunque, ebbe a lottare duramente coi pesanti dazi imposti da Ventimiglia per la commercializzazione dei suoi prodotti al porto di Nervia . I Doria per aggirare il territorio intemelio e non pagar dazio al porto nervino per un breve periodo escogitarono un'aspra variante di percorso onde raggiungere, attraversando territori "neutrali" o di loro pertinenza, l'approdo su cui avevano autorità presso la Rota non lungi da Ospedaletti.



Il Signore di Dolceacqua godeva ancora ai primi del XVI sec. di previlegi feudali e gran parte delle tassazioni gli eran versate in natura come nel passato, in genere sotto forma di un terzo dei prodotti ricavati. Il coinvolgimento del Signore nella vita economica dei paesi era altresì correlato alla possibilità di trarre vantaggio soprattutto dall'erbatico o tassa delle bandite per il pascolo del bestiame. Segnale importante di una cultura agreste che ha inciso sulla topografia dei luoghi è l'attenzione data alla transumanza, ai suoi percorsi storici e quindi alla regolazione di pubblici pascoli e COMUNAGLIE, sì che la figura giuridica dei Bandioti e dei Campari finì col rivestire un importante ruolo socio-economico: si evidenzia al proposito l'uso signorile di "vendere annualmente" per appalto al miglior offerente le grandi proprietà onde poterne ricavare un utile senza impiegare manodopera servile stipendiata. Si tratta della testimonianza di una consuetudine che rivelerà col passar del tempo molti aspetti negativi, fino al punto che la grande nobiltà, in assenza di pubblici appaltatori, qui come altrove lascerà cadere in degrado molti beni comunitari di indubbia qualità. Questo genere di governo si mantenne fin a tempi relativamente recenti, quando le nuove Potenze avevano già elaborato sistemi diversi di imposizioni: nel "Marchesato" di Dolceacqua come in tutto il Dominio di Genova le tassazioni dirette si esplicheranno invece ancora sotto un rivolo di forme sempre agganciate alla superata tradizione feudale.





Nell' età medievale la PROPRIETA' PRIVATA si accrebbe lentamente fra il VII e il X secolo.
Date le infiltrazioni germaniche, con la conseguente introduzione delle loro leggi anche in campo civilistico, comportò alcune nuove interpretazioni sull'idea di proprietà fra genti sostanzialmente avvezze ai principi normativi del diritto romano: queste sovrapposizioni in usi e costumanze ha finito per lasciare tracce anche a livello toponomastico.
In origine la PROPRIETA' PRIVATA riguardò i possedimenti agricoli più vicini all'insediamento demico principale.
Con l'incremento dei nuclei insediativi e lo sviluppo di nuovi complessi rurali sempre la PROPRIETA' PRIVATA si sviluppò a scapito dell'area dei possessi collettivi che era storicamente adibita a pascolo o a tradizione colturale boschiva [un'analisi interessante sull'argomento può esser suggerita dagli studi comparati sugli insediamenti di ALTA VALLE DEL NERVIA

La PROPRIETA' COLLETTIVA nell'ambiente rurale ligure si identificava prioritariamente nel sistema delle COMUNAGLIE (ricordiamo il caso storico del MONTE NERO nell'entroterra di Bordighera) e delle BANDITE con particolare attenzione in ALTA VAL NERVIA alla così detta AREA STORICA DELLE BANDITE E DELLE TERRE COMUNI.
Il territorio di CARPASIO IN VALLE ARGENTINA, stando anche allo studio attento di Giampiero Lajolo ("Il territorio dei carpasini" in "Riviera dei Fiori" 1991, n. 5 che riprende varie acquisizioni generali di Edoardo Grendi, permette di analizzare il fenomeno di PROPRIETA' COLLETTIVE E DELLA LORO EVOLUZIONE GIURISDIZIONALE nel PONENTE LIGURE.

Il primo ad analizzare gli antichi STATUTI DI CARPASIO (editi da VITTORIO POGGI e risalenti 23 LUGLIO 1432) fu Giacomo Carretto che si soffermò ad analizzare alcuni aspetti civici a riguardo della TERRA "CUMSORCIA" (rubrice II e LXII), per cuir risultava interdetto ai forestieri "boscare, paschare, vegare".
Lo stesso autore si occupò quindi della rubrica LXXI ("de bandimento terrarum/ su quis terensis vel habitator Carpaxij se levaret de terra et iret ad standume extra territorium Carpaxij, possat tenere omnia que habebit in Carpaxio").
Lo stesso storico si soffermò quindi sulla rubrica XCII ("de laborerio") che registra una normativa molto prossima all'aoriginaria usanza ligure. Poiché la BANDITA non risultava suddivisa in "sortes", secondo le norme del diritto germanico e non essendovi alcuna normain proposito in quello romano, si procedette ad una particolare definizione di siffatta forma atipica di possesso sancendo che: "Se alcuno di Carpasio voleva lavorare una dterra del comune doveva segnarla e starvi una giornata a lavorare. Non poteva però occuparne più di tre staia e se entro certe epoche non l'avesse seminata altri ciò poteva fare in vece sua. L'occupazione non poteva durare più di sei anni" (principio che sostanzialmente corrispondeva all'idea della ROTAZIONE DELLA PROPRIETA').

Nell'area di CARPASIO per COMUNAGLIA era identificato il territorio o meglio l'ampia fascia boschiva e prativa identificabile sulla DISPLUVIALE OCCIDENTALE DEL CRINALE TRA LA ROCCA DI CASTE' E MONTE GRANDE (in definitiva si trattava di un'area che interessava le comunità di CARPASIO e di TRIORA).
Al riguardo il primo documento significativo risale al 15 maggio 1365, data che è forse da posticipare al 1475 a causa di un errore di trascrizione): si trattava di una convenzione tra CARPASIO e TRIORA secondo cui veniva sanzionata la reciproca PROMESSA "di non lavorare nè recidere alberi di castagne nelle terre comuni divise da CROCI INTAGLIATE nelle rocce ivi esistenti".


Per CARATATA si intende il REGISTRO su cui si elencavano le proprietà fondiarie tanto dei privati che delle comunità.
Il nome deriva da CARATO che corrispondeva ad una PARCELLA: vedi Gorrini.


L' AVARIA era la tassa immobiliare che si fondeva sull' estimo registrato nella CARATATA; vedi Grendi: tale contributo fiscale alla manutenzione ed al potenziamento della flotta genovese.


La TAGLIA era il termine che si dava ad un'imposizione fiscale sulle persone fisiche.


SCRIVANIA: si trattava di una tassa dovuta al governo genovese da parte di chi eseguiva atti giuridici e notarili. Era uso di concederla da parte del governo centrale alle comunità per realizzare, con la sua vendita in appalto, determinate opere pubbliche. Per esempio dalla CRONACA DEL CALVI apprendiamo che coi proventi di questa tassa gli abitanti di Taggia poterono realizzare in gran parte la FABBRICA DEL LOCALE CONVENTO DOMENICANO.



Il CENSIMENTO non deve ovviamente confondersi nel genovesato con la CARATATA anche se, sostanzialmente, entrambi i provvedimenti dipendevano da una sempre più corretta serie di imposizioni fiscali.
Per dare, come è solita, una rigorosa motivazione del provvedimento di censimento e dlla susseguente pregnanza fiscale Beatrice Palmero nel suo saggio Proprietà catastale e struttura familiare edito nella monumentale miscellanea del Catasto di ventimiglia di metà '500, rammenta al lettore che, dopo la Caratata del 1531 da cui Ventimiglia venne esclusa, al pari di tutte le comunità convenzionate od esenti da retribuzioni, fu invece soggetta, come tutte le altre località dal Dominio di Genova al CENSIMENTO del 1561.
In base ad esso il cancelliere del Banco di San Giorgio tal Giovanni Agostino De Franchi obbligò, con suo rescritto, la registrazione di tutti gli individui, di entrambi i sessi, residenti nelle ville, procedendosi "casa per casa" o come al tempo si diceva fuogo per fuogo.
Nell'operazione si sarebbe dovuto procedere sempre alla segnalazione dell'età, prestando particolare indicazione a segnalare gli individui di età compresa tra i 20 ed i 60 anni, cioè i soggetti appunto obbligati al pagamento della Taglia.







°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°








Gli allodiali nel contesto delle istituzioni medievali erano quanti possedevano un fondo libero, un allodio sì che, con una certa modernistica forzatura o seguendo un'interpretazione romanistica del caso, si potrebbe parlare anche di piccoli "proprietari terrieri".
Il solo fatto che la terra risultasse sgravata da diritti del Signore in via diretta, non voleva dire però che costui non potesse rivendicare diritti sulle persone proprietarie o nei confronti di quelle.

Nella signoria bannale il Signore medievale non vantava diritti su queste terre, ma aveva assoluta facoltà di far valere le sue prerogative nei confronti dei relativi proprietario.
Legittimamente poteva ad esempio esigere i tributi per l'uso di beni comuni, era in grado di imporgli angarie o di ospitare soldati in guerra.







°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°