cultura barocca
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Dalla lettura attenta del Quaresimale, fermo restando l'impegno apostolico e spirituale di quel sommo seicentesco Predicatore che fu Paolo Segneri, si nota come, valutando l'uditorio, il Segneri rigetti per quanto fattibile fantasticherie ed esasperazioni mirando oltre che all'anima dei fedeli anche al "corpo" degli stessi ed argomentando di casistiche concrete trattando al modo che risulta significativo quanto ne ha scritto Mario Scotti sotto voce Segneri nel Volume III del Dizionario Critico della Letteratura Italiana, della UTET di Torino del 1974 =
"...Lo sguardo acuto del S. mette a nudo ipocrisie, viltà e sofismi; si insinua negli ambienti più diversi della società contemporanea e ne denuncia i mali: la violenza, lo spirito di sopraffazione, la mancanza di giustizia. Le sue prediche si rivolgono a un pubblico cittadino e altolocato, accecato da mille pregiudizi, quali l'orgoglio di casta, il decoro familiare, il punto d'onore, e in genere gaudente e scettico. Di qui la necessità dei toni violenti e accesi, fino all'invettiva e al sarcasmo, che predominano sui momenti più suasivi e pacati... (leggi).
Sempre secondo lo Scotti è da notare "Come nel XX secolo l'attenzione si sia spostata ad opera dei critici dal quaresimalista al grande autore di trattati mistici e ascetici" [come le letter a suuor Umilia Garzoni e l'analisi dei falsi mistici e delle ipocrisie della Vita interiore di G. Palafox]. "Ma accanto a queste opere" [però, come detto, scrive ancora Mario Scotti a p. 368 colonna II] "vanno collocate molte pagine della Manna dell'anima, per tutti i giorni dell'anno, de Il cristiano istruito nella sua legge, de l'Incredulo senza scuse, de Il Parroco Istruito, che sono significative non solo dal punto di vista della storia religiosa ma anche da quello della letteratura e segnano l'evoluzione della prosa segneriana verso uno stile più misurato e nitido, che punta non più sugli effetti terrificanti e solenni, ma sui mezzi toni, sull'ironia garbata, sulla forza della penetrazione amabile e sorridente".
= e fra altre considerazioni, nell'ambito di un tema, purtroppo, di indubbia importanza, nemmeno si dimentichi quanto da Paolo Segneri redatto ne Il Parroco Istruito ( Capitolo XXIII ) contro ogni
"forma di violenza domestica (tema allora -come purtroppo ancora oggi- attuale) e contro i mariti violenti a scapito delle loro spose = argomento su cui il Parroco a suo giudizio ha l'obbligo di ammonire prima del matrimonio e poi di vigilare al fine di una eventuale denunzia in caso di reità"
.
Purtroppo non tutti gli ecclesiastici (citiamo come esempio letterario il manzoniano Dn Abbondio?) nel '600 hanno la forza comportamentale del Segneri: si tratta di un'epoca dominta dal maschilismo in cui le donne risultano intimorite dall'autorità paterna e maritale e restie persino -ferme antiche consuetudini come questo capo dei "Libri Criminali" di Genova del 1556/'57 -a recarsi a denunziare in curia se non in casi peculiari e a rilasciare testimonianza (addirittura nel caso di un crimine odioso e terribile come lo stupro - ferme restando le scappatoie per molti uomini di buona condizione- molte donne preferiscono celare la violenza patita che optare per una denuzia ed esporsi all'odiosa investigazione corredata da una vergognosa visita "medico-ginecologica") = con il tempo e l'acculturazione di molte donne dei ceti più elevati le loro iniziative cresce un poco e qualche caso di denunzia femminile di violenza domestica vien fatta, magari rivolendosi ad un ecclesiastico per farne un tramite, speci verso fine XVII e con i nuovi costumi sociali gradualmente affermantisi nel '700.
Sotto si propone un caso in merito, uasi coevo della predicazione del Segneri che dati i protagonisti suscitò scalpore.
Donna Maria Cerbini Bonaccorsi trova infatti -forse ma non esclusivamente data la famiglia di appartenenza- il coraggio di denunziare le violenze domestiche sin all'ipotesi di un possibile tentativo di avvelenamento da parte del nobile letterato e uomo politico suo sposo Alessandro Adimari non solo dichiarato antifemminista ma in particolare nemico implacabile di tutte le donne di spettacolo, tanto che scrisse in una sua Satira
Pudica esser non può donna vagante/ la Cantatrice è tal, dunque è puttana.
Come si evince dall'analisi dei fatti la cosa agli inquirenti si rivela fondata e seria con al punto che si giunge all' arresto e processo e quindi, dopo la condanna, all' esilio dell'Adimari di modo che solo nel 1692 il poeta può rientrare a Firenze, capitale del granducato di Toscana, avendo ottenuto la Grazia dal Granduca in forza di vari appoggi su cui, dato il suo stato, fa leva. Come ancora scrive il Provensal "...tornato l' Adimari in Firenze, non vediamo nulla che ci dimostri vivo il ricordo della sua vita passata e dei delitti attribuitigli. Forse verso l'uomo che aveva ricuperato la grazia del suo Principe si dimostrò a poco a poco favorevole anche l'opinione pubblica: forse anche il timore di dispiacere al Granduca tenne a dovere più di una lingua maledica" (molto sarebbe stato -come ancora lo è- da fare per le donne ma un primo passo di fatto risulta compiuto e l'umiliazione di un nobile "celebre" cacciato in esilio, per quanto poi graziato deve aver avuto il suo peso sull'opinione pubblica, specie su quanti sposi di donne di elevata condizione si vanno rendendo consapevoli di poter rischiare ad essere violenti verso le stesse e spietatamente misogeni).

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