UNO SGUARDO ALLA VALLE DEL TORRENTE ARGENTINA
RELAZIONI STORICO-CULTURALI E GEOPOLITICHE TRA BASSA, MEDIA ED ALTA VALLE ARGENTINA

Un'area molto importante della valle Argentina è costituita dal suo terminale, laddove l'omonimo torrente va a spegnersi nelle acque del Tirreno. Il suo bacino interessa, più o meno direttamente, siti ad alta importanza storica ed archeologica su cui forse, per quanto riguarda il presente lavoro, è più utile esaminare il passato remotissimo, fino al VII sec. d.C. (su cui in fondo non sono state scritte molte pagine, specie in un contesto generale) che soffermarsi troppo sulle vicende successive al cui proposito esistono studi documentati.
In questa area assieme a TAGGIA, che ebbe una sua storia romana e che certamente fu inquadrata nel complesso bizantino della Liguria costiera come base militare (e poi ancora ad ARMA DI TAGGIA il grande comune costiero sorto su un crocevia di civiltà e traffici antichi, marinari e terrestri, non lungi dal sito di Costa Balena/ Beleni) sono fiorite (o decadute) località dall'importante destino tanto nell'epoca medievale che nei secoli successivi, quando l'intiera zona entrò saldamente sotto il lungo controllo della Repubblica di Genova.
Si potrebbero citare diversi borghi e paesi ma, vista la particolarità dell'indagine, basta ricordare qui che per siti della bassa valle Argentina, in senso lato, oltre a Taggia (importante capoluogo dell'omonima PODESTERIA GENOVESE (così detta in quanto retta da un Podestà nominato dalla Serenissima, dopo una breve ma gloriosa esperienza comunale) sono da menzionare i centri della villa POMPEIANA e di Terzorio, Castellaro, Riva Ligure e S. Stefano al Mare che conobbero alterne e straordinarie vicende sin dall'epoca preromana per giungere quindi a quella conformazione giurisdizionale genovese che ne caratterizzò la storia sino alla rivoluzionaria "Repubblica Ligure del 1797", quando le varie località furono rivisitate dal lato amministrativo e trasformate in autonomi Comuni (quei Comuni che si sono poi evoluti dapprima sotto il Regno di Sardegna, quindi nel contesto della Monarchia unitaria e finalmente nell'ambito della moderna Repubblica).
Prima di analizzare epoche remote (il cui studio è essenziale per intendere certe evoluzioni geopolitiche, religiose e culturali della zona) è opportuno ricordare che, dopo le lunghe controversie medievali, le contrapposizioni tra Genova vittoriosa e decadenti feudatari locali, in seguito alla lenta crisi di ordini monastici di varia origine che qui conobbero una storia non senza gloria, dal XIII sec. in poi la bassa valle dell'Argentina acquisì una strutturazione abbastanza organica e soprattutto continuativa nel tempo.

Da un lato, poco arretrato rispetto al mare, si stagliava il complesso fortificato di TAGGIA (di storia antichissima, quindi libero comune, poi ancora eretta da Genova a capitale di una più vasta PODESTERIA, una sorta di "microprovincia" , con centri minori dispersi per un contado che si spegneva fin sulle rive della spiaggia).
Sulla storia di TAGGIA [qui in un ottocentesco dipinto già nell'aula consiliare del Comune] estremamente importante, a parte le nozioni qui sparse in vari settori, non si può far a meno di analizzare studi vari come quelli di Nilo Calvini, Biagio Boeri (LA PODESTERIA DI TAGGIA, I e II anni diversi) e Fulvio Cervini.

Per inquadrare la realtà topografica di TAGGIA può essere molto utile consultare la TAVOLA che ne redasse il cartografo M. Vinzoni a metà del '700, dovendo lavorare agli Atlanti del Dominio di Genova e a quello di Sanità: CARTA dove, per una più agevole lettura, si sono solo sostituiti i poco chiari numeri scritti dal Vinzoni con numeri moderni e di chiara lettura:

:

-NOSTRA SIGNORA DELLA MISERICORDIA - CONVENTO DEI PADRI DOMENICANI

-S. CATTARINA - CASELLA

-MOLINO

-PORTA DELL'ORZO

-PORTA CALLEGARIA

-SANTI GIACOMO E FILIPPO - PARROCCHIA COLLEGIATA

-OSPITALE

-ORATORIO DI S. SEBASTIANO

-PORTA DE BACINI

-PORTA DEL BEDALE

-MOLO DETTO IL "PARAMURO"

-MONACHE DOMENICANE DI S. CATERINA

-ORATORIO DELLA SANTISSIMA TRINITA'

-"S. BENEDETTO RIVELLO -PATRONO DI TAGGIA"

-S. ANNA - CHIESA DISTRUTTA DEI PADRI BENEDETTINI

-"SANTA MARIA DI CANETO (DEL CANNETO)"

-PORTA DEL COLLETTO

-SANTISSIMA CONCEZIONE - PADRI CAPPUCCINI

-RASTRELLO DEI CAPPUCCINI

-PORTA BARBARASA

-S. TERESA DELLE MONACHE CARMELITANE

-CASTELLO

-PORTA SOPRANA

-S. LUCIA

-PORTA SOPRANA

-PORTA DEL PALAZZO

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-PONTE

-CAPPELLA DI S. FRANCESCO D'ASSISI

-CAPPELLA DI S. MICHELE

-CAPPELLA DI S. MARTINO

-BEDALE

-STRADA ALL'ARMA

-STRADA AL CASTELLARO

-STRADA ALLA RIVA

-FIUME ARGENTINA

-PALAZZO PUBBLICO.

La storia di questo importante centro non può mai essere scissa da un fondamentale confronto: quello con le INVASIONI DEI TURCHI che a metà del XVI secolo, signori ormai di un immenso IMPERO si spinsero a far saccheggi sin in Liguria Occidentale dando seguito ad una RICHIESTA D'AIUTO CONTRO GLI SPAGNOLI DI FRANCESCO I RE DI FRANCIA.
I Turchi in tempi diversi assalirono l'estremo ponente ligure e quindi il vasto complesso di insediamenti tra Taggia e S. Stefano - dove la Repubblica di Genova non aveva ancora portato a compimento la realizzazione di un sistema difensivo di torri.
In tempi relativamente vicini vennero così assaliti diversi borghi di questa zona: si conservano relazioni a proposito degli assalti turcheschi a CASTELLARO e CIPRESSA, POMPEIANA E TERZORIO.
Uno schiavo cristiano, prigioniero in Algeri riuscì invece ad AVVERTIRE LE AUTORITA' DI TAGGIA di un imponente assalto preparato contro la forte cittadina.
Il pericolo fu evitato con la VITTORIOSA DIFESA CONTRO I TURCHESCHI DEL 1564 (puntigliosamente descritta nella CRONACA DEL CALVI) ma a TAGGIA si continuò a mantenere in perfetta efficienza la solida CINTA MURARIA costruita tra il 1400 ed il 1600: uno dei caposaldi era costituito da OTTO BASTIONI fra cui si segnala al moderno visitatore il robusto complesso del BASTIONE DI BORGORATTO o DELL'ORSO (anche detto BASTIONE GROSSO.
Il coraggio degli abitanti da Taggia divenne famoso e un loro concittadino tal STEFANO ROSSI (sotto lo pseudonimo NOFASTE SORSI, anagramma del suo nome: di cui Aprosio parla nella Visiera Alzata) pubblicò nel 1639 , per i tipi dello stampatore G.A:Magri di Pavia, il poema in dialetto di Taggia dal titolo L'ANTICO VALORE DE GLI HUOMINI DI TAGGIA di cui una copia si conserva presso il fondo antico della BIBLIOTECA APROSIANA DI VENTIMIGLIA.
Di quest'operetta val le pena di riportare il passo che prepara lo scontro coi Turchi che si rivelò poi vittorioso per i combattivi abitanti di Taggia:
" Fen donca presto i Taggia parlamento
...Ma tutti con ra mente, e con ro cuo'
comenz'in zenoglion a pregà Dio
che ghe voglie mandà quella giornò
vittoria contra gente si arragià
e mentre i cercan de spartì ra gente,
permetterà a' ri posti a' guardià,
torna raspia, dighendo, i son chi rente,
o n'è chiù tempo, de sta chi a ciancià,
tutti corren a cà subitamente,
chi piglia ra labarda, e chi ra spà,
e chi ra frondorina, e cazzafrusto,
chi l'archebuixo, per tirà chiù giusto.
...A quella gente tanto indiavorà,
l'è ben ra veritae ancora e sì.
che chiù de cento ghe lascian ra pelle,
...No se pensavan mai che Taggia havesse
ne re muraglie, ne ri bastion,
ma i creva seguro, ch'ane stesse
sempre a dormì com'un gatto maimon,
ma quando i ven da poi ch'on'un se messe
a re muraglie con buoi moschetton,
se spaventan, e se cagh'in tre braghe,
quando ra terra comenz'a di, daghe.

Non si può dimenticare il prestigioso CONVENTO DEI DOMENICANI, provvisto di una sontuosa biblioteca con fondo antico nè la figura del letterato seicentesco Stefano Rossi che scrisse -opera conservata all'Aprosiana di Ventimiglia "l'antico valore degli huomini di Taggia descritto in ottava rima nella propria lingua da Nofaste Sorsi [suo pseudonimo anagramma], Pavia, appresso Gio. Andrea Magri, 1639: testimonianza prioritaria della valenza culturale della località fu comunque attestata soprattutto dal 19 Agosto 1668 quando, nell'abitazione del facoltoso Giovanni Stefano Asdente si inaugurò l'Accademia dei Vagabondi (l'impresa o stemma era un sole raggiante): Angelico Aprosio ne fu il membro più illustre e vi prese il nome di Aggirato; la vita dell'Accademia dipese soprattutto però dall'incessante promozione culturale del poligrafo e suo Principe avvocato Giovanni Lombardi che si limitò tuttavia a produzioni d'interesse locale o lasciate manoscritte, come vari sonetti che nel XIX sec. individuò l'erudito Canonico Lotti.

A prescindere dall'ipotesi del Lamboglia di una villa Tabiana, che non è stata individuata archeologicamente e di cui non rimangono reperti toponomastici, non si può dimenticare che Taggia (peraltro in seguito castello delle fortificazioni bizantine di Costanzo e già base storica della contrapposizione fra la filobizantina diocesi genovese e la diocesi di Milano, guida spirituale italica ai tempi dello SCISMA TRICAPITOLINO) non solo a detta d'un'antica tradizione e degli antiquari, avrebbe goduto in epoca romano imperiale di una certa rinomanza come se di un'opificio, una "piccola industria" o meglio ancora una "fornace di laterizi" (A.A.V.V., Atlante di Archeologia, UTET, Torino, 1995, p.96) che è stata da alcuni identificata logisticamente nel Quadrivio Rossat (Albintimilium antico muncipio romano cit. p.341): al proposito nel Digesto Romano (legge 38, de auro et argento...etc. Titia si citano gli opertoria tabiana che alcuni interpreti (come Accursio, Brisson, Cujaccio e vari antiquari tra cui il canonico Lotti l'esploratore archeologico dei primi reperti archeologici venuti alla luce in questi siti) collegavano, per valenze di significato e per collegamenti toponomastici, ad una fabbrica imperiale di tegole e laterizi esistente nel sito di Taggia (non si può comunque non citare la proficua attività nel sito, dal 1887 al 1948, della Fornace della Società Arnaldi Rossat-Arnaldi di Taggia che commerciava con la Francia, in particolare e che era inserita in un antico contesto di opifici locali connessi alle ceramiche ed in particolare alla fabbricazione di laterizi, anche in relazione allo sfruttamento della qualità cretosa del terreno (v. B. BOERI, Taggia e la sua Podesteria, Pinerolo, 1986, pp.227-228)
A Taggia è da ricordare la MADONNA MIRACOLOSA che non si venera in un proprio Santuario ma nella chiesa parrocchiale ove appunto ne è conservata la STATUA.
L'immagine venne donata alla chiesa dallo scultore di Taggia Salvatore Revelli.
L'11-marzo-1865 dopo un ciclo di preghiere in chiese stabilito dal vescoco di Ventimiglia per onorare la sanzione del dogma dell'"Immacolata Concezione" ad opera di Pio IX l'effigie fu vista muovere gli occhi.
La cattedra intemelia aprì un procedimento di indagine e ne inoltrò gli atti al Pontefice chiedendo l'incoronazione della statua: il Papa rispose favorevolmente (11 giugno) e concesse un'indulgenza plenaria.
Il riconoscimento del miracoloso fatto fece subito accorrere tanti fedeli: alla "Vergine" venne anche dato l'appellativo di MADONNA DEL SACRO CUORE visto che l'effigie scultorea si presenta con un cuore in mano (grande è a Taggia il culto per questa Madonna cui si attribuisce la protezione contro i tragici eventi del II conflitto mondiale)
La statua è collocata nella IV cappella a sinistra al centro di un grande altare barocco, opera di Daniele Solaro (1683), in origine dedicato al "Santissimo Sacramento" e poi ristrutturato tra '800 e primi '900.


A levante di questa sorgeva la PODESTERIA (poi CONSOLATO) di SANTO STEFANO (i cui centri principali erano, oltre il capoluogo S. STEFANO e la vicina attuale RIVA LIGURE, la località di CIPRESSA ed il borgo interno di TERZORIO): si trattava di un complesso amministrativo passato attraverso tante vicissitudini ed alla fine pervenuto a GENOVA (e quindi eretto a PODESTERIA CON PROPRI STATUTI) anche per l'inarrestabile crisi della signoria feudale benedettina di "Villaregia" che ne aveva risollevato le sorti dopo le devastazioni dei Saraceni.

In linea più arretrata rispetto al mare, ai tempi del Dominio genovese, sorgeva poi la COMUNITA' DEI FEUDI, parimenti di antica e complessa tradizione storica.

Sunteggiando le riflessioni di vari volumi scritti sui FEODI si può dire che questo complesso giurisdizionale di Genova (che ne ottenne i diritti prima dai Clavesana antichi feudatari e poi dai Linguiglia vassalli della Repubblica), comprendeva le località di CASTELLARO (borgo fortificato e capoluogo), di Pompiana o Pumpiana (etimi antichi di POMPEIANA) e del CONIO.
La storia di CASTELLARO affonda cero nel passato remoto della CIVILTA' LIGURE PAGENSE ma la posteriore DOMINAZIONE ROMANA non ha lasciato tracce significative nonostante il territorio del borgo graviti su una zona ad ALTA ROMANIZZAZIONE, nelle prossimità della VIA GIULIA AUGUSTA, di una DIRETTRICE MARE-MONTI, cioè la VIA DEL TORRENTE ARGENTINA intorno alla quale fiorirono insediamenti rustici romani e verisimilmente una stazione stradale romana probabilmente dotata anche di un approdo marittimo.
Il nome del luogo CASTELLARO non allude al castello feudale che pure vi fu edificato ma la forma medio-latina CASTELLARIUM che compare per la I volta in un documento del 1192 (forma peraltro confermata dalla parlata locale che suona *kastelà) riflette l'esistenza di un LOCUS o BURGUS CASTELLARIUS vale a dire un complesso insediativo "dipendente dal castello" e forse esistente anche in tempi anteriori all'erezione del VALLE DEL CROSA per quanto concerne la località del GIUNCHEO).
Per quanto concerne i pochi documenti superstiti, integrati da opportune e motivate congetture, si può rimandare l'insediamento feudale al 1162 quando l'imperatore Federico I Barbarossa organizzò il Contado di Linguilia (cui apparteneva anche Castellaro) e che fu assegnato al vassallo dei nobili Clavesana tal Anselmo dei Quaranta.

Dal 1192 il CASTELLO FEUDALE del borgo di CASTELLARO (che sorgeva su un poggio dominante il borgo ed era a pianta circolare con quattro torri: ne rimane soprattutto una torre merlata discretamente conservata), assieme al BURGUS, passò direttamente sotto i Clavesana che tuttavia dovettero presto fare i conti con l'espansionismo di GENOVA.
Ne derivò un foedus stipulato tra Bonifacio di Clavesana e i Consoli genovesi (H.P.M., Liber Jurium, I, 404; I, 514 ad anno 1204).
Le gravi difficoltà riscontrate nel controllo di questi territori indussero poi i Clavesana a vendere a Genova il I/VI/1228 molti loro beni tra cui appunto il CASTRUM ET LOCUM ET VILLAM CASTELLARII (vendita fatta da Oddone e Bonifacio di Clavesana a Goffredo de Pirovano, Podestà di Genova: H.P.M., Liber Jurium, I, 827 e 931 a).
Ma i LINGUILIA, rimasti a lungo nell'ombra ma per nulla rassegnati, presero a tramare contro Genova.
La Repubblica dovette allora intervenire militarmente e per sconfiggere i Linguilia dovette anche devastare il centro fortificato di Castellaro.
Negli ANNALI GENOVESI DI CAFFARO E CONTINUATORI (editi a cura del Municipio di Genova in 10 volumi: 1923-1941) all'anno 1431 si legge:"...e del mese di ottobre il duce (il Doge Simon Boccanegra) fece ruinare insino ai fondamenti la fortezza di Castellaro vicino a Tabia...".
I Linguilia rientrarono poi nelle grazie di Genova ma solo dopo un formale giuramento del 27 gennaio 1402.
Non controllarono però a lungo Castellaro e suo territorio perchè nel 1472 ne cedettero i diritti a Luca Tommaso e Anfreone figli del Marchese Battista Spinola di Genova.
I nuovi Signori di Castellaro furono infeudati dalla Repubblica in data 23 novembre 1473.
Gli Spinola ebbero il possesso di Castellaro fino al 1673 quando la località pervenne come dote nuziale nelle mani del Conte Giacomo Maria Gentile che il 18 dicembre di quello stesso anno sposò Maria Brigida unica figlia ed erede di Giacomo Maria Gentile.
Castellaro assieme a Pompiana Major ed al Conio costituì dunque la JURISDITIONE DE' FEODI che sopravvisse, come componente seppur minima del DOMINIO DI GENOVA, sino al 1797 quando venne istituita la REPUBBLICA LIGURE FIGLIA DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE E DEI SUCCESSI MILITARI DI NAPOLEONE.
Sotto l'aspetto morfologico CASTELLARO è un borgo medievale ad andamento lineare.

Sul poggio ove si ergeva il Castello sta ora la CHIESA PARROCCHIALE DI S.PIETRO IN VINCOLI costruita proprio con materiale tolto al castello feudale.
La sua costruzione fu resa necessaria dall'aumento della popolazione e quindi dal fatto che la vecchia parrocchiale non poteva più ospitare tutti i fedeli.
Nel Vago Giardinello redatto dal Canonico Paneri per volontà d Mons. Costa vescovo di Albenga si legge:"Vi fu data l'ultima mano li 9 luglio 1634 e benedetta li 30 con licenza nostra (appunto del vescovo Costa) dal Reverendo Vincenzo Soleri, Preposto di Bussana...e celebrata la prima messa dal Reverendo Vivaldi bernardo, Rettore, nella festa di S.Pietro in Vinculis...Aveva, come ha tuttora, quattro cappelle laterali, uno splendido altar maggiore in marmo...la popolazione della parrocchia era di anime di comunione 750, in tutto 950, focaggi 190. Il Rettore raccoglieva le decime di grano, vino, fichi, lino e agnelli di quaranta uno".
All'interno della chiesa si conserva il gruppo ligneo della scuola dell'Olivieri raffigurante S.Pietro legato alla colonna del carcere, vigilato da 2 soldati romani e liberato dall'Angelo.
La pesante scultura durante la festa del patrono, che cade il I agosto, vien portata in processione per il paese.
Sul sagrato della Parrocchiale si affaccia poi l'attuale Oratorio consacrato all'Assunta ed in cui si custodisce una grande statua del Maragliano.
La chiesa più antica (cioè la vecchia parrocchiale) quella di S.Pietro e S.Michele, risalente forse al XII secolo, ed ora circondata dal cimitero.
Durante le visite apostoliche del 1585-6 alla DIOCESI DI ALBENGA cui apparteneva Dal prelato -impegnato in una serrata opera apostolica per frenare le infiltrazioni dei riformati in Altri edifici di culto sono oggi l'Oratorio di S.Bernardo, il cui campanile è stato però costruito parecchio tempo dopo la fabbrica vera e propria) e quindi la Chiesa della Madonna del carmine che sorge fuori del paese e la cui festa cade il 16 luglio.

POMPEIANA ebbe una particolare strutturazione: una sua parte o POMPEIANA INFERIORE o minor (da identificare con la frazione di COSTA PANERA ) spettava alla Podesteria di Taggia mentre il borgo principale ( POMPEIANA MAGGIORE o Superiore , con la principale porzione di coltivi e terre rurali) rientrava nel GOVERNO DELLI FEODI ( retti, dopo che i Lingueglia caddero in disgrazia presso Genova a fine XV sec., dagli Spinola - poi anche Spinola Gentile - fino al XVIII sec., quando la Marchesa Teodora Spinola, in vari documenti, si firmava Consignora delli Feodi del Castellaro, Pompiana e Cuneo : quest'ultima località da identificare con la borgata Conio del Comune di Pompeiana).

Se è però importante tracciare le linee generali dello sviluppo geopolitico dei centri di bassa valle, non si può certo evitare di ricostruire, entro il possibile, l'evoluzione delle contrade di media ed alta valle, un'evoluzione che sin dall'epoca preistorica (e soprattutto per il periodo che va dalla Romanità alle invasioni barbariche) ha segnato profondamente tali zone (sia sotto l'aspetto culturale che religioso, demografico, strategico-militare e civile, commerciale e viario).
Sulla base dei ritrovamenti, è quindi importante ricucire tutte le riflessioni migliori per comprendere da un lato le vicende del progresso civile di media e bassa valle (ove certamente si svilupparono fondi romani e dove - vista anche l'onomastica degli abitanti - si stanziarono gruppi di invasori greci o germanici) e, d'altro lato, per riunificare alla trama sottile di questo passato arcaico quella civiltà agropastorale d'alta valle (con l'implicita riscoperta della sua "straordinaria" arte popolare e "rusticana") che, in sintonia coi pregi di una natura tanto selvaggia quanto bella, dovrebbe contribuire alla riscoperta turistica dell'intera valle Argentina, pur nel riconoscimento di quelle distinzioni che si sono sviluppate sul ceppo, comunque solido e comune, di una identica, antica costumanza socio-culturale. Solo così si potrà offrire a turisti e visitatori, oltre che i pregi del mare di Riva, Santo Stefano ed Arma di Taggia, il fascino, degno d'esotiche contrade, che si scopre risalendo d'alcuni chilometri il percorso di questa valle tanto ricca d'una storia in cui, contro molte convinzioni, mare e monti hanno costituito da sempre un'unità economica e spirituale, un'espressione di tenaci convergenze esistenziali, durevoli oltre contingenti distinzioni geopolitiche (sì che i "montanari" di Triora non potevano far a meno di "scendere" al lido di Taggia per spedir di lì verso i cantieri genovesi il legname delle loro aspre alture, mentre i "pescatori" di Pompeiana e Terzorio spesso ritornavano "contadini", quando sul mare s'affacciavano briganti e pirati, ed anche si portavano l'armatura dei loro pescherecci, i remi stessi, entro le lor case in altura, per non lasciare quelle prede ambite ai "saccheggiatori" delle spiagge: ed in fondo, di tutto questo millenario interscambio tra "mare e monti" si può erigere a simbolo, sulle alture di Castellaro, tra il verde secolare, il mistico Santuario di Lampedusa eretto lontano dal mare, di cui sembra spiarne fin l'orizzonte col perenne sospetto di scoprir vascelli predoni turcheschi, ma il cui selciato fu realizzato dai popolani e da tanti fedeli trascinando dalla lontana spiaggia, per sentieri ripidissimi, i "ciottoli" di quella "marina" colla quale ogni borgo ligure, anche il più interno, in qualche maniera ha sempre avuto a che fare durante la sua storia secolare).

Anche se l'onomastica può dare informazioni molto più antiche, il I documento ufficiale su TRIORA, in VALLE ARGENTINA, è del 1157 con la sottomissione del Conte di Ventimiglia Guidone Guerra a Genova: il feudatario vinto, assoggettatosi al Comune ligure , veniva poi "infeudato" (per ragioni diplomatiche e pacificatorie) del "dono", che per via d'"omaggio", era stato obbligato a fare ai Genovesi. Non è facile documentare come i Conti di Ventimiglia fossero entrati in possesso di Triora e circondario.

Si può pensare alla crisi dei Carolingi, quando decaddero le MARCHE CONFINARIE in cui era stata divisa la Liguria: la valle Argentina spettava all'Arduinica: verso la fine del I millennio il marchese Ardoino d'Ivrea, approfittando della crisi dell' Impero di Ottone III e di Enrico III, formò un Regno d'Italia in cui gli Arduinici prevalsero fino al 1091.

Adelaide di Susa poi scelse una nuova linea, da un lato cedendo autonomia alle nobiltà locali, dall'altro controllandone l'espansione (e quella delle "Compagne", fulcro dei "Comuni") cedendo terre marchionali a fidi ordini monastici .
Tra XII e XIII sec. da un lato Genova premeva sulla vallata e su Triora (per vie diplomatiche -nel 1202- e militari -nel 1204-), d'altro canto i Conti di Ventimiglia vantavano diritti contro il locale Comune che s'era dato, ai primi del '200, un "Parlamento" retto da 6 consoli.
Rapporti significativi con Triora regolò Briga nel 1162: nell'atto invece di "Triora" si legge Tridoria sulla base del suffisso -orio, dal part. pass. tritum dal lat. terere = "macinare"> dapprima un aggettivo, attibuto del plurale latino loca ["luoghi, ville"], poi sostantivo [dal doc. pare che il significato antico di "Triora" sia da collegare all' attività molitoria della zona = quella che avrebbe contribuito a far sviluppare il toponimo della frazione di "Molini di Triora"]).
Il passaggio di Triora a Genova avvenne il 21-II-1260 quando Bonifacio dei Ventimiglia, figlio del Conte Oberto e Signore di Badalucco, per intercessione del cognato Ianella Avvocato , vendette borgo e "diritti" alla potenza marinara.
Il I doc. sulla nuova situazione è un atto dell'11-III-1261 con cui diverse famiglie di Triora chiedevano a Genova esenzione dalle decime: pur se l'argomento merita approfondimenti è supponibile che le "decime" fossero quelle già dovute ai Conti di Badalucco, i Ventimiglia.
Genova approvò subito la richiesta -anche per accattivarsi i nuovi sudditi- e nello stesso marzo i capifamiglia di Triora in adunanza giurarono sudditanza e fedeltà alla Repubblica.

Non è forse per ciò solo che Triora -a scapito di Badalucco e Montalto più legati ai Conti- sia stata eretta in "Podesteria" (unità a capo di più luoghi, amministrata da un Podestà di Genova).
Si può ritenere che a base della scelta sia stato pure il fatto che Triora aveva acquisita, nel nuovo contesto, un valore strategico ( per il controllo del traffico in alta valle) e militare (verso Oltregiogo e Basso Piemonte) superiore a quella di Badalucco e di Montalto.

In questo contesto non si può trascurare l'analisi della dotazione militare del borgo, caratterizzata dalla realizzazione di una serie di opere difensive e per il quartiere delle truppe genovese al cui centro stava il CASTELLO: come scrisse F. FERRAIRONI (in Triora, borgo medievale presso Sanremo, senza i. e. e l.) il fortilizio (di cui questa è una rara immagine) fu eretto da Genova in un sito strategico donde dominare il sistema vallivo.
Sui resti della costruzione, agli inizi del secolo, si individuava ancora una bertesca, torretta con beccatelli e feritoie.
Si riconoscono nell'immagine le sporgenze della merlatura: l'edificio militare, governato da un castellano genovese che vi risiedeva con la famiglia, teneva una guarnigione genovese (in antico provvista degli esperti BALESTRIERI LIGURI successivamente sostituiti da archibugieri (fucilieri) e quindi da truppe sempre più moderne fin ai REGOLARI DEL '700 di cui si riproduce qui una immagine non consueta: in casi di necessità il contingente poteva essere rinforzato coi FORTI MILITI VILLANI, cioè soldati reclutati direttamente tra la popolazione maschile di Triora idonea alle armi.

Tutto il complesso di Triora offre comunque l'idea di un forte avamposto militare e, a prescindere dal FORTE eretto ad integrazione del CASTELLO bisogna menzionare l'intiera compattezza del borgo che, non si avvaleva solo della fortunata e forte posizione strategica, ma anche di strutture difensive man mano costruite come le CASE TORRI a 7 piani che servivano di riparo e difesa contro possibili assedi.

Nel ben munito borgo di TRIORA si accedeva attraverso un sistema di PORTE ben custodite e disposte con perizia di architettura militare in rapporto al sistema delle mura difensive.
Il Ferraironi, che ha dedicato grandi studi all'argomento ed a cui sono debitrici tutte queste osservazioni, esaminò tutte le PORTE del complesso demici.
Egli menziona anche la distrutta e dimenticata
PORTA ANFOSSA ed oltre a ciò contribuisce con osservazioni documentate e introvabile materiale documentario a fissare meglio l'idea della PORTA ANTICA da cui per l'attuale Via Antiche Fortezze si poteva raggiungere il centro abitato del borgo.
Anche per la sovrabbondanza delle documentazioni le sue più vaste analisi le dedica comunque alle PORTE più importanti o di cui restano monumentali testimonianze: parla di conseguenza della PORTA DELLA FONTANA SOPRANA (già provvista di feritoie, dotata di un portale che veniva sbarrato alla notte e presso la quale esisteva il locale, con sportello sull'esterno, destinato alla riscossione delle gabelle), della PORTA DELLA CARRIERA già menzionata negli Statuti di Triora del 1300 (dotata di arco ogivale, di cui si conserva qualche riproduzione) andata distrutta nel corso del II conflitto mondiale, il 5 luglio 1944 ed ancora della PORTA A VIA S. AGOSTINO.

Sempre il Ferraironi cita poi il Forte Colombéira o delle Grazie sito alla svolta della chiesa della Madonna delle Grazie di cui individuò 4 arcate del muro di ronda e su cui egli fece porre la lapide commemorativa della vittoria di Genova (e dei forti militi di Triora) maturata nel 1625 sui piemontesi in guerra con la Repubblica.

Di non minor rilievo rispetto alle altre strutture difensive fu poi l'erezione di un FORTE: la rara immagine, tratta da Triora cit. di F. FERRAIRONI, rappresenta il FORTE, che ebbe notevole ruolo strategico-militare data la posizione dominante su Triora, come era nel 1895 allorché fu ingrandito e intonacato con la chiusura delle feritoie.
In seguito divenne area cimiteriale ed intorno alla struttura furono erette le cappelle mortuarie private.
La costruzione tonda centrale del cimitero risale al 1927 ed ebbe la funzione di "cappella comune": la struttura venne rifatta nel 1965 con un moderno ossario: sotto il pavimento del complesso esiste tuttora la vecchia cisterna per l'approvvigionamento idrico del forte.
Per comprendere la varietà del sistema militare genovese di Triora giova comunque proporre quanto Matteo Vinzoni scrisse sulla pianta topografica della Podesteria: "La Podesteria di Triora confina da mezzogiorno con la Podesteria di Taggia; parte col Governo di S.Remo, e parte con la Podesteria di Ceriana; da levante con il Contado e Podesteria della Lengueglia, col Capitanato del Porto Maurizio, col Contado di Prelata, col Marchesato del Maro ambi della Valle d'Oneglia, col Marchesato di Rezzo e parte con le Castellanie di Pornassio, Cosio e Mendatica; da Tramontana mediante i Monti Apennini con la Castellania di Mendatica, e con la Briga del Contado di Tenda; e da Ponente con la detta Briga, con Buggio e Pigna del detto Contado di Tenda, e con Apricale del Marchesato di Dolceacqua". Anche i trioresi ebbero dissapori con Genova: non tanto nell'insurrezione del 1356 (quando si ribellarono alla pressione fiscale del Signore di Milano Giovanni Galeazzo Visconti che dall'Impero era stato investito di Genova e sue terre) ma nel 1383 e nel 1405 quando presero le armi contro la Repubblica -tornata autonoma- non accettando le sequelle e l' avaria.
Nel 1405 le cose presero brutta piega: i trioresi erano sfibrati da tasse e necessità di fornire balestrieri e buonavoglia (rematori da loro stipendiati per galee da guerra genovesi) oltre che dall'obbligo di spedire a Genova legname per la costruzione di navi nell'arsenale di Porto Vecchio. Presero le armi per i loro diritti e contro la situazione economica : gli abitanti dei borghi erano spesso impossibilitati a pagare le tasse (specie dopo qualche carestia) perché se parte del danaro giungeva al "Fisco" genovese una porzione non minore, per convenzioni colla Chiesa, spettava (tramite esattori investiti dai Vescovi) alla Diocesi di Albenga donde dipendeva il borgo. Nonostante queste tensioni Triora fu sempre ghibellina (laica ed antipapale: termini certo da soppesare in funzione di quei tempi particolari, in cui la fede mai era discussa) e quindi in sintonia con Genova, restia a intromissioni del potere spirituale nella vita statale (nel XIII e XIV sec. a Triora si rifugiarono esuli ghibellini ma vi tornarono pure dei fuoriusciti originari del paese, incapaci di resistere in località guelfe: la postazione politica del paese creò qualche contrasto con ambienti guelfi, ma senza clamori prescindendo, nel '300, da attriti con borghi di val Nervia e colla fazione guelfa dei paesi di valle Arroscia). Triora conobbe un incremento tra '400 e '600 senza dover pagare "dazi" gravi a guerre, calamità ed epidemie. L'episodio più drammatico fu costituito da un fenomeno di delinquenza organizzata (che Genova avrebbe poi punito nei capi del libro II o "delle pene" degli Statuti Criminali del 1556) che portavano varie bande a far quartiere nell'entroterra in siti a cavallo tra Basso Piemonte e Dominio genovese. Questi briganti ( che taglieggiavano i sudditi con tecnica di stampo "mafioso" : non a caso la giustizia usava il termine di "parentelle", trattandosi di bande vincolate da legami di famiglia), aggredivano anche grossi paesi. Così nel 1498, agli ordini di tal Serranono, fuorilegge provvisti d'armi e pistole "a miechia" (miccia), misero sacco a Triora e prima di fuggire col bottino, incendiarono il paese. Triora si riprese dalla sventura, sfruttando il favorevole momento storico ed economico: su questo si innestò in modo un notevole attivismo religioso stimolato da predicazioni in zona di S. Vincenzo Ferreri e S. Bernardino da Siena. Così mentre da un lato a Triora (come in tanti centri di valle Argentina) si prese ad erigere nuove chiese o a restaurare antichi edifici di culto, cominciarono a fiorire parecchie Confraternite (famosa quella dei "Flagellanti") che, oltre i fini spirituali connessi al culto di qualche Santo, affrontavano vari problemi sociali, dall'educazione dei giovani, alla tutela dei malati e dei poveri, alla cura delle sepolture per i loro adepti. Nello stesso tempo pure in questo centro d'alta valle Argentina prese ad esercitare una certa influenza il Rinascimento italiano: a livello storico-letterario si può rammentare l'opera dei fratelli Giorgio, Giovanni e Battista Stella che continuarono l'opera del Caffaro ricoprendo la carica di "annalisti della Repubblica di Genova" ("storici ufficiali dello Stato"). Fra i trioresi si distinsero poi come pittori (fra '500 e '600), alcuni esponenti delle famiglie Gastaldi e Rebaudi o Raibaldi (tra cui merita d'esser ricordato Bernardo -pittore e cartografo- che, sui primi del XVII sec., descrisse pittoricamente la "Diocesi di Albenga" su committenza del Vescovo Costa: suo figlio Agostino ne ricalcò le tracce e giunse a fama anche superiore per i lavori pittorici di cui diede testimonianza durante l'attività artistica nell'ingaunia). Migliorando le comunicazioni e le condizioni di vita, vivendo la "Podesteria di Triora" in un ambiente abbastanza avulso dalle problematiche politico-economiche in cui Genova era sempre più coinvolta, si potè procedere nel suo contesto ad una serie di opere pubbliche, in gran parte di ordine sacro. Poichè la popolazione era aumentata un pò in tutti i borghi, le antiche chiese non risultarono più sufficienti : così per tutta la "Podesteria" fiorirono, col concorso economico di ogni capofamiglia, molte opere edili sacre che eran pure garanzia di lavoro e relativo benessere per parte della popolazione. Il XVII sec. rappresentò un momento importante nella vita civile e culturale di questi borghi dove l'arte barocca ha lasciato tracce significative. A livello di architettura civile non possono trascurarsi i portali che andarono ad ornare la facciata delle case di molti cittadini di prestigio: rammentiamo alcuni bellissimi sovrapporta di Triora, espressioni d'architettura popolare, recanti simboli religiosi, decorazioni floreali e pure indicazioni sui proprietari dell'edificio (V.: sovrapporta in via S.Agostino; portale di casa Velli col "Trigramma" -detto "Monogramma" o con più correttezza Chrismon che rappresenta le prime 3 lettere del nome di Cristo- incoronato fra ghirlande; il portale barocco di casa Tamagni nel Largo che porta lo stesso nome ma fu già "via del Pantano"; la porta di casa Gastaldi nella Piazza della Collegiata; l'architrave di finestra unghiata, con l'arma di casata Capponi in via S.Agostino; i sovrapporta con l'Annunciazione in via Cava). Ma a Triora il '600 lasciò tracce importanti pure nell'edilizia religiosa: l'Oratorio di S.Giovanni Battista, sulla Piazza della Collegiata, e, nella Parrocchiale, arredi come acquasantiere a candelabro, stalli lignei nel coro, confessionali e un tabernacolo ligneo. L'influenza del barocco ligure si estese nelle frazioni e nei borghi vicini: ad ANDAGNA la parrocchiale denota un'architettura barocca ed il portale è strutturato a semicolonne classiche con trabeazione in cui campeggia un putto alato: il coronamento del portale è prova di tecnica artigianale diffusa in zone come queste, ricche di ardesia refrattaria a lavorazione in altorilievo ma adatta a sfaldatura in lastre piane.

Dal XVI sec. anche nel borgo di CORTE comparvero sui portali delle case più ricche lastre incise: è il caso di una pietra con "Trigramma" in scrittura gotica che interrompe alla base, dove sta una croce greca, il cerchio duplice in cui è iscritto (nel campo sopra il "Trigramma" son due fiori ed una stella in atto di ruotare, mentre fra i cerchi si legge la data MCCCCC * A DIE XXVI MADII: esternamente, a base della pietra è l'incisione di 2 coppie di lettere "I - D" e "F - B"): fervore, ancora maggiore, caratterizzò poi Molini di Triora. Nell'ambito della "Podesteria" di cui era capoluogo, Triora godeva una posizione di prestigio ma non si ebbero qui gravi antagonismi tra capoluogo, ville e dipendenze. I consoli a capo delle altre località della Podesteria emettevano, nel sito di loro giurisdizione, una sentenza di primo grado, mentre il successivo giudizio era demandato al Podestà di Triora: secondo le norme genovesi per gravi reati penali ci si appellava poi al Vicario di Porto Maurizio e poi al Senato. Nel '600 alcuni centri della Podesteria (che avevano risentito di incremento socio-economico e demografico) conquistarono maggior autonomia rispetto al capoluogo: non sembra un caso che proprio CORTE, ANDAGNA e MOLINI, le ville che avevano ottenuto una parrocchia autonoma, il 2-V-1654 abbiano conseguito (in campo civile e per sveltire le pratiche della giustizia e del governo locale) una distinta amministrazione.

Dal '600 si fecero più insistenti sulla valle Argentina le PRESSIONI dello Stato Sabaudo che dalla sua strategica base di Realdo guardava Verdeggia, frazione di Triora. Nel XVI sec. i Savoia invasero le valli Impero e del Maro mirando anche a quella d'Arroscia.
Un I conflitto fra Piemonte e Repubblica si ebbe nel 1625 quando ai Savoia venne offerto un casus belli da Zuccarello per controversie di confine. Il 20 agosto di tale anno le truppe sabaude si spinsero in valle Argentina, assediando Triora. Preso tale baluardo genovese i piemontesi avrebbero potuto organizzare le forze in una zona di strategica da cui penetrare in bassa e media valle, sin ad investire Taggia: la guarnigione genovese e la popolazione, organizzata militarmente (militi villani), resistettero all'attacco piemontese e i nemici furono respinti con l'arrivo di rinforzi dai paesi vicini.
La vittoria procurò rinomanza a Triora, con feste in questo e altri paesi della Podesteria, non esclusa Taggia che, libera dal timore di un'occupazione, celebrò la vittoria con una festa (nella ricorrenza di S.Bernardo di Chiaravalle) che è giunta ad oggi (G. LAJOLO, Triora, in "Riviera dei Fiori",1992, n.4, p.22)> da qui derivò forse il nome della frazione di "Glori" in cui parrebbe celarsi un ricordo della "gloriosa" giornata antisabauda!: è comunque da far notare che la complessità degli eventi, spesso frammentati in minimi episodi, e la vastità lineare dello scacchiere bellico (anche per quanto concerne gli eventi bellici del conflitto del 1672) comporta l'esigenza di approfondimenti sempre ulteriori anche in base al vasto materiale ancora inedito e mal sondato come, nell'immagine, il manoscritto inedito di autore anonimo Successi tra la Repubblica di Genova et il Duca di Savoia. Dall'anno 1625 sino al 1634. Et altri seguiti nel 1672 (Questa Relazione legata all'operetta Descrizione dell'origine della libertà di Genova, suoi diversi Stati e successi fin'alla guerra col Duca di Savoia seguita l'anno 1629, di fine '600, di p.255, era inserita nel catalogo milanese di antiquariato Gutenberg, del I semestre 1998, al n.484 e, stando alle notizie contenute nel sommario, comportava molti dati pressoché ignoti sui conflitti liguri-piemontesi per l'arco di tempo 1625-1672)

Nel 1672 i piemontesi ripresero le operazioni contro Genova e le ragioni d'un intervento furono connesse a pretese su Rezzo e Cenova nell'areale dell'alta valle Argentina.
Le truppe sabaude furono sconfitte al Castelvecchio di Rocca Barbena: perduta ONEGLIA, loro importantissima base sul mare, i generali piemontesi proposero con superiori forze l'impegno bellico. Il marchese di San Giorgio, con 4.000 soldati, marciò da Briga verso Piano di Latte mirando al sito del Pizzo, dove erano, sotto il colonnello genovese A. Spinola, circa 1700 uomini ( ben armati solo 400 soldati corsi e 500 militi del presidio di Triora: la popolazione in armi all'uso genovese - 800 "terrazzani" - era invece mal armata).
Per il Reggimento Croce Bianca fu semplice dividere le forze genovesi: prima furono dispersi i "terrazzani", poi il fuoco piemontese fu concentrato sui "regolari genovesi" che si ritirarono ed il Piemonte rioccupò, con le valli del Maro e dell'Impero, l'ambitissima stazione marittima di ONEGLIA (Nella carta, verisimilmente dell'Accinelli si evidenziano vari dettagli di rilievo a cominciare dal borgo interno di CENOVA, ora purtroppo poco noto e con scarsa popolazione, ma all'epoca fiorente "patria" di una rinomata scuola di lapicidi e scalpellini, di ispirazione provinciale ma di indubbie capacità, che espressero il loro lavoro lasciandone traccia nei portali e nell'ardesia lavorata in molti luoghi, tra cui meritano un cenno i tanti manufatti di Triora e dell'intera valle Argentina).

E' importante notare, a riprova degli antichi percorsi romani secondari tra costa ed area pedemontana, l'indicazione sulla carta di una strada efficiente che metteva in comunicazione con CEVA, l'antica COEBA.

A metà '700 la Guerra di Successione al trono imperiale, investì la Liguria: il cuore degli scontri si ebbe tra val Roia e Nervia ma le operazioni si estesero ad Oneglia e oltre: al "Pizzo" ed in altri siti strategici si crearono difese, dove si scontrarono le forze avverse, alternandosi nel controllo dei luoghi.

Per un pò dopo la pace di Aquisgrana (1748) relativa tranquillità governò l'alta valle Argentina e la Podesteria di Triora rifiorì: ma dalla Francia sarebbero arrivati tempi di guerra. Le idee illuministiche entrarono in Liguria dalla "porta" di Ventimiglia: poi a capo dell'"Armata d'Italia" il generale Massena (8-IV-1794) pose quartiere in queste terre, sistemando il comando a Triora, in casa Borelli. Dopo Massena si affermò Napoleone che occupò la Liguria abolendo la Repubblica di Genova e sostituendovi, dal 1797, la democratica "Repubblica Ligure". Le riforme del territorio regionale eliminarono tante amministrazioni locali: le vecchie istituzioni, si eressero i Comuni (retti da un Sindaco o "Maire"), si piantarono gli alberi della libertà. Non tutti compresero il significato di tante novità, non a tutti l'antica nobiltà genovese era risultata sgradita, anche a Triora qualcuno si adontò per i troppi cambiamenti: a parecchi fu sgradito l'anticlericalismo dei transalpini e di malavoglia i trioresi scalpellinarono le insegne patrizie che ornavano portali, altari e pietre tombali del borgo. Due elementi concorsero poi contro l'alta valle e le sue località: l' impresa napoleonica di erigere la via costiera "della Cornice" danneggiò Triora e i borghi vicini: da un lato la sua popolazione fu soggetta, per gli alti costi dell'operazione, a pagare tasse elevate e d'altro canto, nel corso di pochi anni, si intese che il traffico, centrato sulla costa, portava vantaggio ai centri costieri mentre le località dell'interno (come Triora) restarono isolate. La seconda ragione di crisi a riguardo di Triora e circondario può ravvisarsi, sia in epoca napoleonica che dopo il Congresso di Vienna e la Restaurazione del 1815, nella trasformazione politica che, ingrandendo il Regno di Sardegna coi territori della soppressa Repubblica di Genova, tolse alla Podesteria d'alta valle Argentina e soprattutto a Triora la condizione di sentinella, sempre ben compensata da Genova, verso l'Oltregiogo ed a guardia dell'espansionismo sabaudo (il repentino decremento demografico dipese dalla scomparsa della guarnigione genovese di Triora anche se, come accadeva nei momenti di crisi internazionali, non stazionavano ogni volta nel borgo 500 soldati, disposti a spendere per vivere il loro servizio in modo migliore, a Triora v'eran sempre stati dei contingenti bellici genovesi con impliciti vantaggi: affitti per gli ufficiali residenti fuori quartiere, soldi spesi nelle taverne, acquisti di vario genere a pro di commercianti locali . Il degrado (dal XIX secolo) si fece sentire col correre degli anni e presto si assistette ad un decremento demografico del borgo, visto che molti residenti, per lavorare e vivere, si trovarono nella necessità di trasferirsi nei grossi centri costieri. L'arma di cui non deve oggi rinunciare l'alta valle, per riscoprirsi nella sua genuinità, è offerta dal turismo, un turismo ligure che non può far a meno di utili alternative al mare e valorizzare il suo entroterra, fin ai giorni odierni sfruttato, quasi ovunque, solo in minima parte rispetto alle enormi potenzialità. Quell'entroterra tanto caratteristico nell'alta valle Argentina, dove si alternano paesaggi alpini, dove fra gli antri e le grotte, in abissi da sogno che si perdono "oltre la luce", si legge la vicenda dell'uomo ligure in lotta con una natura tanto bella quanto selvaggia e imprevedibile!

-SAN LORENZO AL MARE: il PAESE è nominato per la prima volta nel XV secolo come "VILLA SANCTI LAURENTII" quando con tale nome si indicò l'abitato che sorgeva alla foce del torrente omonimo, con cui si chiudeva il vasto complesso costiero dell'agro di Taggia.
La storia del paese, come si intende dal toponimo, fu sempre legata al suo corso d'acqua: il S. Lorenzo nasce dal Monte Follia (m 1010) e prima di sfociare in mare riceve diversi affluenti sì che le sue acque erano un tempo così abbondanti da bastare tanto per il rifornimento di acqua potabile che per l'irrigazione.
Tra l'altro la popolazione antica del piccolo nucleo, diventato feudo nel XII secolo, usava infatti la foce dell'"Aqua Sancti Laurentii" come approdo per le proprie navi.
Proprio da questa base partì la galea con i 62 marinai inviati a sostegno di Genova, che contribuirono alla vittoria sulla flotta di Pisa alla Meloria nell'anno 1284.
Nell'ambito del Dominio di Genova il borgo di S.LORENZO visse una storia quasi parallela, anche per quanto concerne i rischi dovuti alle invasioni dei Turcheschi con il vicino paese di S.Stefano.
In epoche remote il paese, su cui mancano dati di rilievo, fu influenzato dalla presenza nell'area limitrofa di S.Stefano e Riva Ligure dei Benedettini del Principato ecclesiastico di Villaregia che non solo vi eserciatarono influenza spirituale e temporale, per quanto contestati da altre forze secolari e non, ma che vi diffusero le migliori tecniche colturali dell'olivo.
In effetti la carenza di notizie specifiche su S.Lorenzo al Mare, specie per quanto riguarda i medioevo, dipende dal fatto che il borgo gravitò a lungo nell'orbita del comune di Porto Maurizio costuendone il confine occidentale.
Quando i Linguilia cedettero la zona di Pietrabruna a Porto Maurizio, questa importante comunità stabilì di costruire un paese fortificato sulla riva sinistra del S.Lorenzo mentre sulla riva destra vrebbero diversamente esercitato i loro diritti i feudatari Linguegia e i Benedettini di Villaregia.
L'attuale paese di S.LORENZO finì quindi per essere costituito da due complessi demici, strutturalmente diversi che unificati, religiosamente nel 1749 e sotto il profilo giurisdizionale nel 1798, mantennero a lungo caratteristiche diverse sì che ancora oggi la cittadina si presenta come distinta in due nuclei storici, il primo del tutto marittimo ed il secondo al contrario, con gli edifici quasi raggruppati a "pigna" intorno alla chiesa di S. Maria Maddalena), con la tipologia storica del borgo rurale.
Solo la realizzazione del ponte in cotto sul rio San Lorenzo (1831) e poi della stazione ferroviaria (1872), contribuirono ad avvicinare i due centri, altresì rendendo più facile lo scambio commerciale con gli altri centri litoranei.

La chiesa di TAGGIA della MADONNA DEL CANNETO come scrisse N.Lamboglia nella sua opera "I monumenti medievali della Liguria di Ponente" (Torino, 1970, p.44) è ol "...monumento principale della vecchia Taggia...chiesa romanica di provata origine altomedievale (i resti della chiesa preromanica sono tuttora visibili all'interno) che, fuori della cinta muraria e all'estremo nord del paese, indica il sito del primo nucleo abitato, CANNETO, a lato del quale sorsero in epoca imprecisata il castello e il borgo di Taggia.
Essa è legata alle più antiche tradizioni del monachesimo benedettino in Riviera, perchè secondo una tradizione (finora non provata da documenti scritti) si attribuisce ai monaci trasmontani di S.Dalmazzo di PEDONA, presso Cuneo, la sua fondazione e l'organizzazione e la diffusione della cultura degli ulivi...Il suo campanile romanico, già imbarocchito è un recupero dell'anno 1935 ed è un esempio tipico dell'architettura del XII secolo, mentre l'abside è stata ricostruita sulle fondamenta dell'antica, e il portale, del secolo XV, non appartiene alla chiesa ma ad un'altra vicina dedicata a S.Anna, che era semidistrutta.
Tutti autentici invece all'interno i resti della cripta romanica, con la relativa scaletta laterale in pietra.
Si vuole che la chiesa romanica, come quella preromanica, si prolugasse assai più in facciata verso la montagna e sia stata investita da una frana che ne ha determinato la riduzione al vano attuale, con l'altare barocco e una serie di affreschi attribuiti a Giovanni Cambiaso.