[tra '700 e '800 come si vede dal Manoscritto Wenzel la medicina conosce una celere evoluzione in rapporto a varie scoperte, igieniche, profilattiche ed anestetiche oltre che diagnostiche e strumentali: molto sarà il cammino da percorrere nella conoscenza in rapporto ai morbi ma rispetto a tempi non passati da molto (specie a riguardo dell'eziologia esatta di malattie tra loro spesso confuse) ma a fronte di un
volume, dalla "vita secolare" ed ancora in auge nel '700 come il Lexicon medicum Bartholomaei Castelli nei tempi variamente rivisitato e con altrui contributi e con una indubbia persistenza tra postulazioni anche piuttosto lontane come, solo per esempio, la medicina fisica, quella paracelsiana e l'alchimia stessa) risulta fuor di dubbio un'evoluzione destinata a conseguire attraverso i decenni e sino alla contemporaneità risultati impensabili. Gli effetti benefici delle argille, specie a livello sintomatico ed empirico, erano indubbi a pro delle malattie di cui si è scritto. Dei giovamenti prodotti da siffatte sostanze a pro di esantemi, risipole, piaghe si legge per tutta la celeberrima cinquecentesca Ars Medica del grande clinico napoletano Donato Antonio d'Altomare benché qui proposto specificatamente in rapporto al tema della "follia lupina" o "licantropia": ritornando a dissertare in merito al Lexicon Medicum si nota comunque che per tutto questo abisso di anni le terapie erano applicate in merito ai sintomi ma non alle eziologie stante il fatto che nulla, dati anche gli strumenti diagnostici a disposizione, non solo nulla si conosceva ma si conviveva in una quasi assordante confusione ora reputandole diverse ed ora più spesso considerandole identiche seppur con possibili, evidenti distinioni. Se si scorre integralmente l'appena menzionato Lexicon medicum Bartholomaei Castelli, come detto ancora di elevata credibilità nel XVIII secolo, si possono notare bene queste valutazioni di cui qui si propone una sequela con digitalizzazione dell'opera stessa laddove sostanzialmente non si riusciva a distinguere tra ergotismo ed herpes zoster : la parte iniziale delle considerazioni si deve fare data la tipologia del volume partendo dalla voce erisipela = qui connessa come si vede con il Fuoco di S. Antonio ma senza una specificazione chiara sulla tipologia del male, quasi che contestualmente ci si riferisca all'ergotismo (peraltro semanticamente ignoto come lessema) e/o all'"erpete" ; a tale voce segue l'analisi del lessema Herpes - Erpete (leggi nel testo antico digitalizzato) donde si viene rimandati alle due voci basilari di erpete od almeno alle forme più significative vale a dire la Cenchrias (voce greca per la latina miliaris = caratterizzata da puntini a guisa di grani di miglio = la meno nociva) e quindi quella detta Esthiomenos (greco corrispondente al latino exedens cioè "erpete che divora la carne in maniera inarrestabile determinando danni irreparabili nelle parti intime: genitali, vaginali, anali": chiaramente la forma più grave che fa pensare all'ergotismo come la prima all'herpes zozter) di cui si legge ancora nel '700 come qui si vede nell' Aforisma XXII, del Libro V de Medicina Hippocratica exponens Aphorismos Hippocratis opera dell'autore e medico sei-settecentesco Joanne de Gorter].
Nel Duecento i monaci Antoniani ebbero il merito di tentare nuove strade diagnostiche e curative contro queste malattie epidermiche ed oltre ad acque termali ed argille curative si valsero delle proprietà salutari attribuite al grasso della carne di maiale: durante il Medioevo, la tradizione e le discipline mediche del passato vennero riscoperte (vedi testi digitalizzati) specie ad opera degli ordini monastici ed al loro recupero dei testi classici. Sulla direttrice dei movimenti monastici, all’inizio del X secolo, la scuola salernitana, la più antica istituzione medievale dell’Occidente europeo per l’esercizio e l’insegnamento della medicina, recuperò parte di quegli antichi e rivisitati insegnamenti per esempio
nel capitolo IX del Regimen sanitatis o Flos medicinae Salerni si fa cenno alle proprietà nutrienti della carne di maiale attribuendole, nel capitolo XXV, una valenza terapeutica.
In effetti in parecchie chiesuole della vallata esistevano un tempo affreschi impressionanti (fatti poi ricoprire dai Parroci) di uomini disperati dal volto suino (quelle immagini eran correlate per alcuni alla tradizionale equivalenza simbologica maiale-demone mentre a giudizio non trascurabile di altri costituirebbero un ricordo delle grandi affezioni dermatologiche contro cui quei monaci combatterono, acquisendo il diritto di immunità di pedaggio sui pascoli pubblici, pei maiali che allevavano, caratterizzati dal marchio "Tau" tipico del loro Ordine.
Informatizzazione a cura di Bartolomeo Ezio Durante
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