cultura barocca
Composizione a cura di Bartolomeo Ezio Durante

"L'inganno del Dio vivente"

Il Dio vivente uscì solo dalla Reggia, quasi custodisse un inviolabile segreto e non come al solito "portato in un palanchino e sulle spalle di quattro grandi dell'impero" alla maniera che scrisse nella sua "Storia antica del Messico" Hernando Alvarado Tezozómoc. Agognava, qual impenetrabile complice, l'oscurità della notte e soprattutto nessun testimone di rango, che potesse parlare "scampando alla sua punizione" e, in qualche maniera, evitando la morte. Raggiunse la cuspide del Palazzo dei Serragli, non voleva disturbare il riposo dei Numi del Tempio Maggiore: pochi fra i trecento uomini che controllavano l'enorme edificio (medici, veterinari, serventi) s'aggiravano nei corridoi né vegliavano. Solo le guardie lo videro, e l'improvviso stupore non impedì che, all'uso inviolabile, prontamente abbassassero lo sguardo, prosternandosi: ché ad alcun mortale era concesso vedere, anche alla luce incerta delle torce, lo sguardo di un Dio. Scese le scale, coperto da un mantello e senza, al modo che scrisse Cortés a Carlo V, ostentare come solitamente avveniva allorquando usciva in gran pompa di Palazzo le insegne del potere, tenendo invece in mano -fatto assolutamente inconsueto- un micidiale Macuahuitl. Attraversò il piano delle vasche dei pesci, discese alle gabbie molteplici degli uccelli, poi ai recinti diversi degli animali, feroci e non, raggiungendo attraverso le scale risplendenti la lunga camerata dei "diversi": fissò, tra la penombra interrotta da poche fiamme morenti su usurate torce, se qualche fannciullo dalla bianca pelle e dai capelli diversi se non chiari gli comprovasse, in qualche modo, i temuti presagi sul ritorno in terra del Dio Ce Acatl Topiltzin di cui lo angosciava una vaticinata punizione. Sospirò di sollievo nulla vedendo di sorprendente se non strano: da fanciullo una strega gli narrò che, oltre al diuturno colore diverso, il possente Topilzin, pur nella notte, sarebbe stato sempre luminoso, quasi che il sole lo seguisse! Scese ancora, nella cappella d'oro per i cui segreti e le smisurate ricchezze il suo successore, il valoroso Quauhtemoc, sarebbe stato invano torturato dagli Spagnoli. Alla fine si fermò innanzi al suo nuovo Dio, quello che il Bustamante avrebbe chiamato "il suo Demone". E lo pregò e poi osò interrogarlo ancora, come e più di altre volte, ma in questo caso, mascherando malamente l'ansia, cosa non da Dio ma da uomo qual era. Chiese, anche, se mai i presagi, le parole di sua sorella come quello dei sacerdoti che ora spregiava avessero un senso, confortato, con suo rammarico, dal saggio re di Texcuco: se presto, ormai, l'Impero si sarebbe sgretolato sotto i suoi piedi. Si illuse quando il benigno silenzio rimbalzò potente dall'Idolo di pietra riccamente ornata e s'allontanò procedendo, pressoché inchinato, all'indietro, come altri dovevano fare a Corte nei suoi riguardi, senza mai distogliere lo sguardo dal suo Dio. I battiti del cuore, nel petto ancora ansante, s'andarono quietando: ancora una volta giudicò quel silenzio alla stregua d'un segnale proficuo. Ma si sbagliava: Cortés e le armate congiunte dei Totonachi e del Senato di Tlaxala già stavano per muoversi mentre, con loro, l'avido ed ambizioso Ixtlilxochitil era in procinto di congiungersi e tradirlo, tradendo la sua stessa schiatta, e finalmente balzare dall'ombra col proprio esercito, alla stregua d'un immane giaguaro. Un Dio che vive può anche morire....ma a questo, da stolto, non riusciva proprio a pensare.......nemmeno avrebbe creduto che in Europa la dissoluzione del suo potere sarebbe giunta tardi, quale eco di notizie lontane e prive d'importanza...un'Europa in cui pochi, prima che giungesse il Boturini, s'occuparono delle sue grandezze, e tra questi due ignoti frati agostiniani di Ventimiglia in Italia, tali Aprosio e Gandolfo!!!!! Risalì le scalinate, pensando che alla fine il suo smisurato esercito avrebbe vinto ogni nemico interno ed esterno, pur con le forze unite, Moctezuma Sciocoyotzin Imperatore dei Mexica che gli invasori bianchi meglio avrebbero detto Astechi o Aztechi. Sul tetto del palazzo dei Serragli contemplò il cielo, ove le stelle brillavano e più non correva alcuna blasfema cometa: poi fece correre lo sguardo sull'immensa città, già paragonata ad un fiore generoso d'una pianta invadente e mirabile quanto soprattutto, metafora botanica della metropoli, in continua espansione ch' altri, quanti poi distrussero sì grande capitale, avrebbero invece risparmiata chiamandola Granadiglia o definita, spinti dalle loro superstizioni, Passiflora vale a dire Fiore della Passione, ed infine sulla Reggia e sul Palazzo, meraviglia fra tante! Nessun Dio lo soccorse narrandogli che un giorno non lontano tanto splendore sarebbe diventato oscure macerie!....niente e nessuno gli preannunziò -come scrisse molto dopo il Bustamante- che per ironia dei destini il suo mirabile "palazzo era costrutto sul luogo poi occupato dalla chiesa di San Francesco" [molti edifici cristiani furono eretti dagli Spagnoli sui resti di antiche strutture cultuali azteche, cosa che, tra i nativi come tra i cristiani, alimentò varie superstizioni: come nel caso della "Cattedrale di Città del Messico" costrutta sulle fondamenta del Tempio Maggiore e con le sue sacre pietre che, per alcuni, in forza d'antiche magie si sarebbero animate causando crolli e vittime]. "...Stava nel giardino di quel convento un albero che secondo il padre Batancourt era nel mezzo del giardino di Motehzoma: una specie di lauro o di olivo selvatico che i Messicani chiamano acevuche. Il padre provinciale Meneses ordinò si tagliasse nel 1821; ma i religiosi si opposero dicendo che la regola dell'ordine proibiva di tagliare un albero senza una decisione del Discretorio. Questa opposizione non ebbe alcun effetto, perché già erasi cominciato a tagliar le cime; ma i frati ebbero cura di innestarvi uno Olivo, che riuscì perfettamente" [ così ancora scrisse il Bustamante che vide l'albero rigoglioso, con una "bellissima ramificazione", nel cui splendore, tra le pieghe delle fantasia ma anche della gioia per la raggiunta emancipazione dei Paesi americani dalla Spagna dalla quale il Messico era reputato il fiore più prezioso, non potè certo ravvisare la finale apatia del vanitoso Moctezuma Sciocoyotzin quanto, piuttosto, la luce sfavillante del glorioso Quauhtemoc!].

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