INDICE (31 voci "attive"/"brevemente spiegate">in ordine alfabetico)
1-ABIURA
2-ATTI DI FEDE/ CACCIA ALLE STREGHE
3-CACCIA ALLE "STREGHE DI TRIORA NEL '500"
4-CACCIA ALLO "STIGMA" O SEGNO SULLA CARNE DEGLI ADEPTI DEL PATTO COL DIAVOLO
5-CONFESSIONE (RIFORMA DELLA CONFESSIONE SPIRITUALE SU SANZIONE DI INQUISIZIONE E S.UFFICIO)
6-DIFFICOLTA' DI DATAZIONE DELLA GENESI DEI TRIBUNALI ECCLESIASTICI E/O DELLA PRIMA INQUISIZIONE
7-INQUISIZIONE (I PRESUPPOSTI STORICI PALEOCRISTIANI: L'INFLUENZA DI S. AGOSTINO)
8-INQUISIZIONE (I PRESUPPOSTI STORICI MEDIEVALI: "TRIBUNALI ECCLESIASTICI MEDIEVALI")
9-INQUISIZIONE (L'INQUISIZIONE PRIMARIA: QUELLA AFFIDATA AI "VESCOVI")
10-INQUISIZIONE (NOMINA DI UN INQUISITOR GENERALIS: LE PRIME MANIFESTAZIONI DELL'INQUISIZIONE)
11-INQUISIZIONE (POTENZIAMENTO DELL'INQUISIZIONE COI "CAPITOLI" DEL SENATORE ROMANO "ANNIBALDO DEGLI ANNIBALDI")
12-INQUISIZIONE (SUA EVOLUZIONE SOTTO GREGORIO IX E INNOCENZO IV)
13 -INQUISIZIONE AFFIDATA AI DOMENICANI E POI ANCHE AI FRANCESCANI)
14-INQUISIZIONE (SVILUPPI ULTERIORI):"TORTURA E PENE MORTIFICANTI" (L'INQUISITORE BERNARDO GUY)
15-INQUISIZIONE (TRASFORMAZIONE ULTERIORE SOTTO GIOVANNI XXII: LA "CACCIA ALLE STREGHE")
16-INQUISIZIONE (UNA SVOLTA STORICA: IL "CONCILIO DI TRENTO" E LA LOTTA ALL'"ERESIA PROTESTANTE"> ACCENTUATO RIGORE DELL'INQUISIZIONE)
17-INQUISIZIONE (VEDI "INQUISITORE": PER UN RICONOSCIMENTO DI ALCUNI "CELEBRI" INQUISITORI)
18-INQUISIZIONE (UN ULTERIORE POTENZIAMENTO: LA "CONGREGAZIONE DEL SANTO UFFIZIO")
19-INQUISIZIONE AFFIDATA AI GESUITI
20-INQUISIZIONE E SUOI COLLEGAMENTI CON LA GIUSTIZIA DELLO STATO
21-INQUISIZIONE SPAGNOLA: I SUOI PARTICOLARI ASPETTI E LA SPECIFICA INTRANSIGENZA
22-INQUISIZIONE SPAGNOLA: LA TRAGICA E CONTROVERSA VICENDA DELL'INQUISITORE PIETRO ARBUES, IL MAESTRO D'EPILA
23-SANTO UFFICIO E INDICE DEI "LIBRI PROIBITI"
24-TRATTATI INQUISITORIALI CONTRO LE STREGHE.
25-TRATTATI INQUISITORIALI CONTRO LE STREGHE: DAL "MAGLIO DELLE STREGHE" ALLE "DISSERTAZIONI SULLA MAGIA"
26-TRATTATO-PRIMO (PRIMO TRATTATO A NOMINARE E DEFINIRE IL SABBA)
27-TRATTATO-PRONTUARIO DI SUCCESSO: IL "COMPENDIO DEL GUACCIO" E TENTATA MA DIFFICILE CONCILIAZIONE TRA LEGGE DI STATO E DELL'INQUISIZIONE
28-TRATTATO-PRONTUARIO DI SUCCESSO: IL "COMPENDIO DEL GUACCIO": SAGGIO DI CONVERGENZA DI PROVVEDIMENTI PENALI DI STATO ED INQUISIZIONE CONTRO LA MAGIA
29-PROPOSTA INQUISITORIALE DI CLASSIFICAZIONE DEI DEMONI
30-PROCEDURE INQUISITORIALI: INTERROGATORI E VALUTAZIONE DEGLI "INDIZI DI MAGIA"
31-RIMEDI CONTRO LA MAGIA RICONOSCIUTI LECITI DA STATO E S.UFFIZIO: RIMEDI ILLEGITTIMI
32-TORMENTI E PENE COMMINABILI DALL'INQUISIZIONE.
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Come traspare da molte considerazioni è quasi impossibile interpretare la portata concreta del diritto penale nell'età intermedia senza tenere conto di quanto abbia interferito sulla sua codificazione quell'antica e potente istituzione ecclesiastica che, sotto il nome generico di Inquisizione, ma con forme assai diverse nell'arco di tempi tra loro lontani, era stata istituita allo scopo di ricercare, scoprire, esaminare e condannare quanti deviavano dalla fede a livello teologico e comportamentale: già soltanto per fornire uno schema di base occorre preavvertire la sostanziale differenza tra l'Inquisizione medievale (del XIII secolo), l'Inquisizione Spagnola (creata da Sisto IV su petizione di Ferdinando il Cattolico ed Isabella di Castiglia, Sovrani di quella Spagna ormai del tutto sottratta all'Islam e quindi ferocemente persecutoria avverso i rigurgiti di paganesimo) ed infine l'Inquisizione Romana, istituita nel XVI secolo e di conseguenza in piena opera controriformistica per volontà di Paolo III.
Trascurando, per ragioni di spazio e per l'assenza di prove esaustive, le complesse vicende delle antichissime forme di persecuzioni incentivate dai cristianizzati, fin dal III secolo, contro le più svariate manifestazioni di presunta idolatria, per le vicende antichissime dell'intransigenza cristiano-cattolica è sufficiente far cenno all'evoluzione (od involuzione?) del pensiero di S.Agostino che, anche in rapporto alle esigenze storiche, finì con l'abbandonare la sostanziale tolleranza intrattenuta in occasione della sua polemica antimanichea per attingere a forme di lotta abbastanza intransigente (in particolare negli ultimi tempi di vita del Vescovo di Ippona) contro i donatisti, sì da formulare quell'inquietante principio del compelle intrare (cioè "costringere le persone ad entrare nelle chiese") che avrebbe inevitabilmente esercitato una pesante influenza sugli atteggiamenti dei tribunali ecclesiastici avverso le future forme di eresia o dissenso dal pensiero romano-cattolico.
Per tutto il Medioevo barbarico e l'Alto Medioevo la Chiesa non assurse, come troppo spesso si crede ed anche si scrive, a intolleranza totale nei riguardi delle forme di eresia che pur non mancavano di sorgere con frequenza nel contesto della cristianità; le esecusioni capitali costituivano ancora una rarità, le morti sul rogo furono spesso più dovute alla rabbia popolare che ad un sistematico apparato giudiziale ecclesiastico: nonostante interrogatori e processi intentati a fazioni accusate di eresia, in quest'epoca mancava ancora l'aspetto basilare del diritto ecclesiastico inquisitoriale, quello che appunto dà nome all'Inquisizione che, derivando dal latino giuridico inquisitio, allude ad una "ricerca sistematica ed investigativa su scala codificata da canoni".
In linea sostanziale, seppur non formale, si può parlare di "inquisizione ecclesiastica" a partire dalla reazione della Chiesa all'eresia Catara, massicciamente arginata da una vasta serie di decreti conciliari (Tours, 1163 - Terzo Lateranense 1179 - Verona, 1184 - Montpellier, 1195 ecc.) attraverso ordinamenti di ricerca, teoricamente scientifica, dei presunti eretici tramite specifiche commissioni parrocchiali o di testimoni sinodali.
E' da condividere il pensiero di Raoul Manselli (Grande Dizionario Enciclopedico - U.T.E.T., Torino, volume X, s. v. Inquisizione) nel non accreditare a tale epoca l'istituzione giuridica vera e propria dell'Inquisizione.
In effetti, senza che fossero state organizzate specifiche codificazioni giuridiche, i vari Concili avevano soltanto mirato ad affidare ai vescovi ed ai loro subalterni la persecuzione degli eretici, sì che i vari prelati, dopo aver denunziati, condannati e puniti secondo i distinti costumi locali quanti avessero confessato la loro appartenenza a sette ereticali, avrebbero sempre dovuto consegnare gli intransigenti e reprobi al Braccio Secolare (potere laico) nel caso di esecuzioni capitali e pene mortali.
Poiché l'operato dei vescovi risultò mediamente episodico, anche per mancanza di autentici strumenti di intervento, senza calcolare la scarsa collaborazione del clero locale, la vera e propria Inquisizione, volendo alludere ad una sua reale efficienza e competenza, si può datare dalla creazione, per intervento papale, d'un giudice straordinario od Inquisitor, con giurisdizione universale, che prese ad affiancare il prelato locale, con giurisdizione invece limitata alla sua diocesi, il quale doveva riconoscere l'universitatem causarum a differenza dell'Inquisitor cui spettava la persecuzione dell' heretica pravitas.
Sarà poi nei Capitoli del senatore romano Annibaldo degli Annibaldi (febbraio 1231) che il termine di INQUISITORE, troverà la sua codificazione.
Tali Capitoli (propriamente Capitula Anibaldo Senatoris pubblicati a Roma nel febbraio del 1231 non furono però altro che la trasposizione giuridica di una serie di Regole formulate da Papa Gregorio IX, che con Innocenzo IV, fu uno dei Pontefici romani che maggiormente si preoccuparono di dar vigore all'INQUSIZIONE: in forza dei suoi comandamenti la normativa pubblicata era finalmente esaustiva ed avrebbe presto avuto valore universale per la sua diffusione presso tutti gli arcivescovi e principi d'Europa.
Leggendo i Capitoli redatti dal senatore Annibaldo degli Annibaldi vi si riconoscono finalmente i dettati di un vero sistema procedurale e giudiziario, che comportava, tra l'altro, l'obbligo per il senatore, ma anche per ogni buon cattolico, di imprigionare gli eretici, di far eseguire le condanne ad otto giorni dalla sentenza, di comminare la multa di venti lire per chi non denunciasse un eretico e di duemila marchi (oltre l'interdizione dai pubblici uffizi) per il senatore inadempiente, il diritto di confiscare i beni di siffatti rei come pure l'obbligo di radere al suolo, trasformando il sito in un letamaio, la casa che avesse fornito ospitalità a qualsiasi "blasfemo" (teorema di condanna distruttiva copiosamente ripreso dal diritto penale, come iva l'andamento del processo onde evitare possibili errori procedurali).
Papa Gregorio IX nel 1235 concesse l'INQUISIZIONE ai frati domenicani e tale privilegio fu poi esteso pure ai francescani verso il 1245.
Tra le ragioni che avrebbero indotto a siffatto potenziamento dell'istituto inquisitoriale sarebbe da ascrivere lo scontro esistente tra il Papa e l'imperatore Federico II.
In definitiva la figura dell'INQUISITORE DELEGATO PONTIFICIO sarebbe stata creata al fine di contrapporla ai giudici laici che andavano vieppiù sancendo la supremazia di Federico II a scapito delle antiche prerogative ecclesiastiche.
Stupisce tuttavia gli storici la contraddizione storica per cui soprattutto in territorio francese, estraneo quindi all'influenza di Federico II, l'INQUISIZIONE abbia esercitato al massimo grado la sua pressione: ma l'argomento, per quanto dibattuto, non è ancora stato compiutamente risolto dagli storici.
E' da questi tempi che alle condanne presero a seguire pene mortificanti affidate al potere secolare e tra le quali prese sempre più a comparire la combustione del condannato sul rogo (che come dettano gli stessi Statuti di Genova era considerata "pena nuova e purificatrice di fronte all'idra eretica e sacrilega"): fu da quest'epoca, vista la dilatazione del fenomeno inquisitoriale, che presero a scriversi trattati ad uso degli inquisitori, in cui si registravano e si discutevano i più svariati casi di eresia e di persecuzione (ed al riguardo non può sottacersi l'opera dell'Inquisitore domenicano Bernardo Guy o Gui o di Guido che, particolarmente e ferocemente attivo contro la setta ereticale dell'Ordine degli Apostoli) svolse la sua attività agli inizi del Trecento nella Francia meridionale ponendo le fondamenta della procedure investigative e dell'interrogatorio dei rei).
Una trasformazione dell'Inquisizione ecclesiastica si data da papa Giovanni XXII (1316-34), dopo il Concilio di Vienne (1311-'12) quando l'ufficio inquisitoriale divenne competente di stregoneria, assimilata all'eresia, dicendosi che tanto eretici quanto fattucchiere intrattenessero relazioni demoniache.
Per circa 200 anni l'impegno inquisitoriale in Europa, e in Spagna, si restrinse alla caccia alle streghe pur se il Potere non mancò di servirsene contro arabi ed ebrei, confusi con maghi, fattucchiere e sacrilegi.
Non si può far a meno di menzionare il ruolo degli Inquisitori nel Nuovo Mondo, laddove in Centro America un errato approccio colle antiche culture indigene si trasformò in un bagno di sangue per disintegrare i ceti dominanti delle civiltà autoctone sostituendo ad esse il sistema socio-economico dei conquistadores contro cui tuonarono voci importanti come quella di Bartolomeo de las Casas.
Una rivisitazione dell'Inquisizione si ebbe nel '500, colla ventennale serie di sessioni del CONCILIO DI TRENTO per la necessità papale di arginare l'avanzata protestante: le sanzioni finali (1563-1564) del Concilio, che oltre a condannare come ERESIA le dottrine riformate si impegnò soprattuttutto a riaffermare la compattezza dell'ortodossia cattolico-romana con la sanzione dei precedenti dettami conciliari e la riproposizione integrale della dottrina sui SACRAMENTI, sulle INDULGENZE ed in campo strettamente teologico del dogma della TRANSUSTANZIAZIONE, condannando come blasfema ed eretica la dottrina alternativa luterana della CONSUSTANZIAZIONE.
Nonostante il programma di moralizzazione del clero, con le indicazioni per una sua più sincera formazione nel contesto dei SEMINARI ECCLESIASTICI ed altri provvedimenti moralizzatori (tra cui la creazione del MODERNO CONFESSIONALE) il CONCILIO TRIDENTINO non ottenne gli scopi per cui era stato ideato e non portò ad alcuna riconciliazione fra cattolici e riformati: globalmente la sostanza delle Deliberazioni finali si basò piuttosto su una serie di norme di irrigidimento del clero romano al cui interno stavano i capisaldi dell' INQUISIZIONE e quindi dell'INDICE DEI LIBRI PROIBITI sin al limite delle persecuzioni fisiche contro l'"eresia protestante e/o calvinista ed ancora alle scenografie degli ATTI DI FEDE entro la cui coreografia terrificante e grandiosa si pronunciavano le SENTENZE, si condannavano gli apostati [fra cui si iscrissero i BESTEMMIATORI PROFANATORI (e persino -specie in Spagna- gli EBEREI non convertiti, prima sostanzialmente tollerati) oppure erano pronunciate le ABIURE o ritrattazioni del proprio pensiero se discordante da quello cattolico-romano".
L' istituzione acquisì struttura unitaria e gerarchica, alle dipendenze della CONGREGAZIONE DEL SANTO UFFIZIO, preposta alla difesa del cattolicesimo, alla persecuzione dei riformati e al controllo dei volumi editi ("INDICE DEI LIBRI PROIBITI") coll'imprimatur ("si pubblichi") se leggibili da tutti, oppure in censurati di I o II classe se leggibili da persona preparata (come certi testi erotici) o proibiti come la Bibbia riformata di Lutero: la sanzione di LIBRI PROIBITI compare comunque tra i deliberati del CONCILIO DI TRENTO
Dal '500 al '600 l'Inquisizione venne potenziata e saldamente regolata anche con l'istituzione dell'ordine dei GESUITI teorici, in base ai dettami del loro fondatore, dell'uso ed abuso sin paranoico, dell'ESAME DI COSCIENZA: nel suo EMBLEMA, non a caso, mentre il ramo d'ulivo simboleggiava la clemenza incombeva minacciosa la spada ad indicare una giustizia che spesso fu intransigente e frequentemente temibile: essa così condusse una campagna contro i diversi che "infestavano" città e contadi, tra cui eretici, stranieri, ebrei ma anche donne, magari già emarginate dal consorzio sociale (ad es. ragazze madri cacciate di casa) che conducevano vita dura vendendo filtri terapeutici o ritenuti capaci di far innamorare chi li bevesse (pocula amatoria) od anche di uccidere.
Mentre l'Inquisizione perseguiva costoro come sicari del Demonio, in un'atmosfera socio-storica che sotto l'incubo della PESTE si tingeva di IMMAGINI APOCALITTICHE DA FINE DEL MONDO, il diritto penale seguiva pari criteri per combattere il proliferare di maghi e fattucchiere (tal mestiere visto il perpetuo abbondare dei gonzi, era diventato fruttuoso: specie per le promesse di pozioni "salvavita" contro CARESTIE, PESTILENZE E/O ALTRE SVENTURE e FATTURE) che per frenare il diffuso acquisto di VELENI presso streghe, alchimisti ed erboristi spregiudicati e criminosi onde commettere delitti avverso parenti o nemici vari
I secc. XV e XVI son stati definiti "secoli della caccia alle streghe".
Qualche autore si opponeva ai teoremi delle streghhe e della stregoneria diabolica come Johann Wier (Wierus), autore (1563) del De praestigiis daemonum et incantationibus ac veneficiis e (1577) del De Lamiis liber unus, pseudo monarchia daemonum [autore che subì attacchi incredibili dai canonisti teorici dell'intransigenza inquisitoriale che lo accusarono ora semplicemente di superficialità ora addirittura lo trascinarono nel pericoloso terreno dell'apostasia] o Giovanni Francesco Ponzinibio (negatore del volo delle streghe nel De lamiis et excellentia utriusque iuris del 1519) od ancora Andrea Alciato (nel cui Parergon del 1538 v'era autentica pietà nei riguardi di tante "povere donne")-
Nel contempo però una vasta letteratura offriva agli Inquisitores le informazioni per interpretare i segni del Demonio e combattere i suoi sicari come streghe, maghi ed untori.
Alcuni trattati di stregoneria descrissero incredibili sabba stregoneschi e sulle loro pagine si formularono processi e condanne.
Si ricorda, al primo posto della letteratura sulla Caccia alle Streghe (benché dal '600 variamente sostituito: specie dall'opera di MARTIN DEL RIO) il temutissimo MAGLIO DELLE STREGHE (nei secoli comunque soggetto ad ampliamenti e revisioni varie) dei domenicani Jakob Sprenger (Sprengerius) e Heinrich Institoris (che oprarono per gli effetti della Bolla pontificia di Innocenzo VIII del 5-XII-1484) e che costituì un autentico, quasi paranoico, e vastissimo prontuario di tutta la casistica, le procedure, le prove e le condanne da comminare a scapito delle eventuali Streghe: col tempo questo ponderoso volume, per quanto non privo di critiche ad opera di giudici e teologi, finì col diventare un ulteriore simbolo della potente intransigenza degli Inquisitori ed un autentico spauracchio per chiunque rischiasse un'accusa di stregoneria viste le temibili prove di indagine, basate su indicibili tormenti ed alla fine quasi sempre concluse, specie nei paesi nordici, con condanne capitali al rogo: per alcuni studiosi e psichiatri in esso si riscontra una sorta di "enciclopedia" del terrore e soprattutto delle paure dell'inconscio sia individuale che collettivo sviluppatesi nell'autunno dell'età di mezzo.
Comunque altri fondamentali testi contro la magia [da cui peraltro si apprendono nomi ed opere di alcuni fra i più celebri, colti, temuti o crudeli INQUISITORI] furono, sulla scia del Malleus Maleficarum il "Flagello delle Malefiche" (o streghe) di P. Marmoris (ove per la prima volta la congrega stregonesca è definita SABBA), il "Delle streghe" di Bernardo Rategno da Como del 1566 (al n.13 del libro si legge che per i delitti di stregoneria si debbono ammettere, mai a favore ma sempre contro, ogni sorta di testimoni, anche nel caso si tratti di infami, scomunicati e complici), il feroce De strigibus (1523) di Bartolomeo Spina, gli scritti dello spietato Inquisitore Nicolas Remy (che fece giustiziarie centinaia di sospette streghe, dopo inenarrabili torture fisiche), soprattutto il "miracolo del secolo" (enciclopedia di demonologia, tecniche esorcistiche e caccia a streghe e maghi) cioè le Disquisizioni Magiche di Martin Antonio Delrio senza dimenticare il sintetico Compendium Maleficarum di F. Maria Guaccio (I edizione per gli eredi di A.Tradati, Milano, 1608).
L'elencazione dell'indice della II edizione del Compendium ( ex Collegii Ambrosiani Typpographia, Milano 1626) risulta al lettore odierno una rassegna di quel paranormale su cui gli Inquisitori investigavano e torturavano: si ricordino a guisa d'esempi i titoli, nel terzo libro dell'opera, dei capitoli terzo (Indizi per chi è vittima di un maleficio), quarto (Le tempeste in genere), sesto (Rimedi contro grandine e tempesta), settimo (Benedizione contro vermi, cavallette, topi e altri animali, e contro ogni danno ai raccolti, alla terra, all'acqua), ottavo (Rimedio contro i demoni Incubi e Succubi), nono (Rimedi contro i sortilegi che spingono ad amare o odiare), decimo (Rimedi per una casa infestata dai fantasmi), undicesimo (Rimedi contro i malefici al bestiame), dodicesimo (Rimedi contro il malefizio del legamento), tredicesimo (Rimedi naturali contro i malefici).
Per le relazioni fra legge criminale e procedure inquisitoriali non si può far a meno di menzionare il tomo III delle "Disquisizioni Magiche" intitolato Methodus Iudicum et Confessariorum dove da p.1 a p.109 corrono 19 sezioni e un'appendice "Sui compiti dei giudici contro gli autori di malefici, in occasione d'un processo per crimini connessi alla pratica della magia". La lettura di tali sezioni evidenzia quanto ed in qual modo il Braccio secolare interagisse colla letteratura dei canoni inquisitoriali ecclesiastici:
-Sezione I: se a riguardo d'un crimine di magia sia da rispettarsi il diritto comune e la procedura ordinaria.
-Sezione II: Come debba sviluppasi un'inchiesta in occasione di qualsiasi causa intentata per magia.
-Sezione III: Sui principalissimi indizi, pei quali si può procedere con gran sicurezza.
-Sezione IV: Sugli indizi meno certi e pregni di valenza.
-Sezione V: Sulla denuncia dei reati connessi a pratiche magiche e sui testi da sentire.
-Sezione VI: Sulle accuse di magia.
-Sezione VII: Sulla cattura di maghi o fattucchiere e la loro detenzione.
-Sezione VIII: Sulle tecniche di tortura utili per indurre alla confessione.
-Sezione IX: Su accuse di magia avverso persone già incarcerate.
-Sezione X: Altri mezzi per ricostruire la verità.
-Sezione XI: Sulle confessioni.
-Sezione XII:Sull'abiura delle colpe di magia perpetrate (in questa dissertazione il Delrio analizza uno dei punti controversi nei rappori fra giustizia ordinaria e magistratura ecclesiastica, cercando onestamente di distribuire le competenze e proponendosi di limitare i rischi di prevaricazione, lamentati soprattutto dalla magistratura dello Stato in relazione agli Inquisitori troppo zelanti ed intransigentemente legati alla visione del Maglio delle Streghe in cui, soprattutto per opera dello Sprengerus, si anteponeva sempre il processo ecclesiastico d'eresia a quello laico per malefici).
-Sezione XIII: Sulla canonica purificazione.
-Sezione XIV: Sulla possibilità di essere assolti da crimini di magia.
-Sezione XV: Sulla classificazione dei reati connessi con pratiche magiche: quelli cioè che siano da ritenersi anche pregni di eresia e quelli che non lo siano.
-Sezione XVI: Sulle pene ed i supplizi per reati di magia.
-Sezione XVII: Sui libri di contenuto magico.
-Sezione XVIII:Se si debbano dare o no eucarestia ed estrema unzione ai dannati per magia.
-Sezione XIX: Sulla necessità di seppellire i corpi di maghi o streghe morti suicidi in carcere.
Giunge interessante tradurre, dal COMPENDIO del Guaccio in modo parziale ma esaustivo i contenuti della sedicesima sezione per intendere alcune convergenze colla procedura inquisitoriale degli Statuti Criminali delle Potenze cattoliche: cosa invero non semplice per la reciproca gelosa autonomia e per la volontà di interferire nelle altrui competenze> Un caso eclatante di quanto fosse arduo, a volte, far correre in armonia l'Inquisitore ed i Giudici dello Stato si ricava dallo studio del PROCEDIMENTO CONTRO LE STREGHE DI TRIORA drammatico e tristemente celebre evento del Ponente ligure ove molte sventure toccate a quelle sciagurate che furon accusate di stregoneria a TRIORA dipese da RILEVANTI CONTRASTI, risolti solo dopo vari incontri ed intermediazioni, tra INQUISITORI DI GENOVA E MAGISTRATI DELLA CURIA REPUBBLICANA.
Molti lettori moderni leggendo Ordinamenti penali dell'età intermedia rimangono stupiti dalla pesantezza di pene contro bestemmiatori, omosessuali e sodomiti, profanatori e ladri d'apparati sacri, fabbricatori di filtri amorosi, violatori di tombe, ebrei ed eretici ma, interpretando le parole diM. Delrio si comprende che tutti questi reati erano perseguiti con ferocia oltre che per una anche necessaria lotta a pericolosi impostori, per tradizioni culturali addotte sin all'illuminismo (tra cui son da riconoscere l'ignoranza e la paura delle novità) soprattutto al fine di tutelare il rapporto Stato-Chiesa e l'ordine universale garantito dalla stabilizzazione di un codice di comportamento immutabile entro cui non avessero spazio i "diversi", poco importa se fossero mostruosità genetiche od intellettuali.
Il Delrio, già nel sunto della Sezione XVI, associa alla magia: "Lamie, avvelenatori, maghi e streghe": Egli segnala l'opportunità di far distinzione fra reati commessi da religiosi o da laici: di seguito fra i più tipici reati di stregoneria da perseguire il gesuita elenca tutta una serie di azioni indubbiamente criminose che, secondo gli Statuti di Genova ( ma come ormai si è appurato, di qualsiasi altra potenza cattolica) potevano essere ora perseguiti dal potere secolare ora dall'Inquisizione (in "corsivo" il testo di M. Delrio: tra "parentesi", in "neretto" ed in "numeri arabi", i corrispettivi capi criminali sempre dal libro II degli Statuti genovesi):
"...1-Qualora spoglino gli altari, spengano lumi o candele od altro di simile facciano per nuocere ecc.(capo 1); 2-Celebrano per viventi le messe proprie dei defunti; 3-Su coloro che distruggono o rovinano le immagini dei Santi (capo 1); 4- Quanti fanno messe oscene su are profane(capo 1); 5-Su quanti, per riti profani, si valgono di sacri paramenti; 6 - Messe nel corso delle quali si pronunciano preghiere non ammesse dai Canoni e dall'Ufficio Messale; Pene comuni per tutti, chierici e laici. Su chi insegna la magia e chi l'apprende o vi fornisce sopra consigli (capo 10). Su quanti forniscono filtri amorosi (capo 10). Sugli incantatori di serpenti, sugli astrologi, chiromanti e tutte le altre sorti di indovini. Su chi procura bevande atte a procurare aborti(capo 8). Se i Vescovi debbano consegnare al Braccio secolare tutti i rei degni di morte.
Maghi e streghe che in verità si debbano consegnare alla punizione dell'autorità civile. (capo 25 e capo 89). Sulle pene per magia che non comportano la morte. Sull'obbligo di punire colla morte i creatori di malefici mortali. Se anche le lamie o streghe che non abbiano ucciso alcuno debbano essere arse sul rogo.....".(Statuti Criminali Genovesi - pene di morte> voce ROGO).
STIGMA (di Maghi e Streghe)>(lat. per "segno", "marchio": vedi anche INTRANSIGENZA INQUISITORIALE NELLA CACCIA ALLO STIGMA): è da ricordare che per STIGMA si intende pure una variante grafica del digamma greco, lettera poi caduta in disuso e rimasta come simbolo numerico per indicare il numero 6, se con apice in alto a destra, ed il numero 6000 se con apice in basso a sinistra; nel codice di comunicazione numerico-simbolico il 6, rovesciamento del 9 multiplo del 3 in teologia numero perfetto in quanto figura della Trinità, risulta simbolo del Maligno: alla stessa maniera in cui ai 12 apostoli del Cristo, ad ulteriore prova della valenza satanica dei "rovesciamenti", corrispondono i 21 dell'Anticristo, non a caso figurato numericamente nel 666, poi attribuito dalla Controriforma come numero malefico indicante Lutero, lo Scismatico).
M. DELRIO, lib. II, quest. IV, p.98 [ma sull'argomento, dando consigli ai magistrati e/o serventi della SANTA INQUISIZIONE per discernere il segno vero del patto diabolico da un innocuo nevo della pelle torna ancora nel libro III del suo volume trattando degli INDIZI DI STREGHERIA e specificatamente, al comma in questione, degli INDIZI DELLO STIGMA] scrive:
"Il Maligno suole imprimere il suo marchio o come si dice STIGMA nelle parti meno visibili del corpo dei suoi adepti, alla maniera che si usa contro gli schiavi fuggiachi: questo S. non è affatto sensibile e si rivela indolore anche se viene trafitto con uno stilo acuminato. Nen v'è quindi da meravigliarsi se trattando tale argomento viene in mente la figura dell'Anticristo, quando negli ultimi tempi del suo imperio dovrebbe prendere la costumanza di segnare la carne dei propri seguaci, sulle mani od in fronte, con la figura simbolica della Bestia, cioè del Diavolo: su questo ha scritto S.Giovanni nell'Apocalisse (13, v.16) precisando che siffatto osceno marchio deve venire interpretato alla lettera, come disegno od arcana parola . In conformità al suo giudizio scrivono tanto Primasio che Ansberto che ancora il Domino Ippolito, precisando che, sin dall'inizio dei tempi, il Maligno si è adoperato ad emulare Dio. Quest'ultimo, come si legge nell'Antico Testamento, ordinò che i suoi fedeli venissero segnati colla pratica della circoncisione che, secondo gli ordinamenti del Vangelo, venne poi sostituita dal battesimo come peraltro sostengono Gregorio di Nazianzio e Ieronimo: Satana parimenti, ispirandosi al contenuto dei libri sacri, volle allora che anche gli eretici suoi seguaci, fra cui quanti praticano la magia, portassero impresso nella carne un segno del suo dominio. Autori serissimi e credibili sostengono questa ipotesi ed oltre ad Ireneo (per cui ai discepoli del Maligno il marchio è apposto dietro l'orecchia destra) è da ricordare Tertulliano il quale dice che Satana "per emulare e rovesciare in negativo il contenuto dei Sacramenti suol ungere i suoi fidi, promettendo l'espiazione dei crimini perpetrati col bagno votivo nelle acque infernali: inoltre egli li marchia per sempre, come suoi soldati, proprio sulla fronte, iniziandoli al culto del dio MITRA.
Ma chi sono questi seguaci cui allude Tertulliano? A mio avviso si tratta dei Basilidiani, quelli che veneravano Abraxas, che poi, stando al parere del citato Ieronimo, altri non è che il possente Mitra: tanto antica è dunque la consuetudine diabolica di marchiare i seguaci del male...coloro che hanno ricevuto nella carne questo marchio, che è simbolo d'obbedienza agli ordini demoniaci, promettono di pervertire le Sante Costituzioni, di dedicarsi ad orgie e manifestazioni di delirio, di non venerare nè rispettare l'Eucarestia, di oprare ingiuriosamente, con bestemmie ed offese, sia contro la Beata Vergine che gli altri Santi ed ancora di devastare, per quanto possibile, ogni addobbo sacro e qualsiasi simbolo della cristianità come le sacre immagini devozionali, il segno stesso della croce, l'acqua che purifica, il sale benedetto, le ceree torce devozionali già benedette dai sacerdoti. Queste medesime creature vendutesi al Maligno promettono altresì di tenere ben nascosto questo loro patto infernale, di servire al meglio il loro padrone e, in giorni ben stabiliti, di raggiungere, possibilmente volando, i luoghi in cui si radunano le armate di Satana. In compenso di tanta remissione e fedeltà il Demonio offre loro la promessa di soddisfarne i desideri terreni ed una volta defunti di ascriverli tra i suoi favoriti nel regno delle tenebre: da questi accordi, per me, non deriva tuttavia un rapporto di equilibri ed un patto giusto, comportante reciproci diritti ed obblighi: una volta che siano defunti, infatti, questi uomini vendutisi al male resteranno schiavi del Maligno, sottomessi alla più tormentante fra le prigionie". [Il tema di "rovesciamenti" ed "inversioni" fu a base di parecchie considerazioni inquisitoriali ecclesiastiche su indizi connessi al dominio di Satana su persone che abbiano stipulato con lui un contratto, vendendogli l'anima: una rigida interpretazione di tali segni, senza la capacità di critica che spesso caratterizza le pagine dell'opera di M.Delrio ed ancor più del Masini autore del S.A.I., a differenza di quelle del "Maglio delle Streghe", governò l'integralismo di molti Inquisitori che, convinti d'agire in buona fede, da Santi che aspiravano ad essere diventarono veri e propri carnefici, travolti non tanto da una personale ferocia ma da un'ottusa e tragica schiavitù a quella superstizione storica che E.Kant, nel '700, avrebbe giudicato come uno dei mali sostanziali dell'età intermedia: questa intransigenza nella caccia allo STIGMA non comune invero a tutti gli Inquisitori si trasformò qualche volta purtroppo in forme di coinvolgimento paranoico ed investigativo, evocate dal coinvolgimento che si potesse individuare, fra tanti segni confusi di patti diabolici, uno STIGMA peculiare che fosse il segno della venuta dell'ANTICRISTO sì che non solo alcuni giudici ma molti indagati e diversi genitori furono presi da una folle smania ora di indagare ora di cancellare tutte le macchie della pelle che fossero "sospette", anche sugli inermi ed inconsapevoli bambini sì da tormentare per vedere o far confessare ma anche al contrario, con mezzi rudimentali, dolorosamente estirpare ad ogni costo con la conseguenza di mutilazioni e spesso con l'insorgenza di gravissime malattie del sistema epidermico e cutaneo: senza tener conto che in certe esasperazioni della superstizione non mancarono genitori stessi che denunciarono il figlioletto macchiato da un nevo o da una macchia dalla sospetta decifrazione o che, addirittura e specie nei paesi più arretrati, onde non venir a lor volta sospettati di connivenze col Diavolo commisero il vergognoso delitto di sopprimere i loro stessi figli col concorso di qualche prezzolata "strega"].
AUTODAFE' (dal portoghese auto da fé)> sentenze pubbliche dell'INQUISIZIONE contro chi infrangeva le leggi religiose; erano caratterizzate, soprattutto in Spagna ma anche in Italia da un complesso cerimoniale nel corso del quale si ascoltavano le SENTENZE del TRIBUNALE ECCLESIASTICO: in un tempo successivo, dopo una PROCESSIONE INFAMANTE DEI "COLPEVOLI PER LE VIE PUBBLICHE, si comminavano le SANZIONI che potevano andare, in un crescendo di pene dall'ABIURA (col conseguente PERDONO) agli ESTREMI SUPPLIZI (costitituiti da ROGO DOPO STRANGOLAMENTO o, meno frequentemente, dal temuto ROGO "IN VITA" che costituiva "spettacolo", di CATARSI, davvero spaventoso e tragico: pene ultime queste riservate soprattutto a STREGHE, MAGHI ed ERETICI intesi in vasto modo come ADERENTI A RELIGIONI RIFORMATE E/O PROTESTANTI O CALVINISTI/LUTERANI sia come LIBERI PENSATORI CHE CONTRADDICEVANO PER MODO DI VITA E/O PENSIERO FILOSOFICO L'ORTODOSSIA DELLA CHIESA).
Il primo A. si ebbe a Siviglia (1481): l'istituzione inquisitoriale in Spagna, giunse a grande potenza e ne diede terribili prove spettacolari nelle condanne collettive> durò fino al 1808 quando fu abolita da Napoleone.
ABIURA> solenne ritrattazione di una dottrina eretica (le fanciulle non sono obbligate ad abiurare prima dei 12 anni ed i maschi prima dei 14: S.A.I., 31, 274).
M. DELRIO (lib. V, Sez. XII) la inserisce fra le forme di pentimento nei procedimenti avverso la stregoneria:"Come in tutte le altre manifestazioni di eresia è possibile ricorrere, pur nel caso di Lamie e Streghe, all'abiura delle colpe presunte, specialmente quando v'è soltanto un sospetto, anche forte, di pratiche illecite di magia collegate a qualche violazione delle leggi divine. Questo genere particolare di abiura deve essere caratterizzato da una pubblica esecrazione e dal pronunciamento di una condanna o di un anatema, il tutto redatto secondo la forma di legge e sottoscritto in forma di giuramento...V'è comunque da tener conto che il sospetto di eresia può essere di varia intensità, procedendosi in genere, vista la varietà dei casi, da forme lievi ad espressioni pesantemente gravate da serissime prove. Il "sospetto", che ha poca sostanza e poggia su fatti minimi e quasi mai documentabili, diventa "opinione" quando gli indizi hanno sì bastante vigore per far inclinare i giudici verso l'accusa di stregoneria macchiata d'eresia ma al contempo non possiedono ancora l'estrema forza d'aprire la via che dal semplce dubbio porta alla sicurezza. Sussiste però anche un genere di "sospetto potentissimo o violento, come dicono i giudici" che nasce da indizi assai concreti e tanto efficaci da dissipare ogni incertezza dal cuore dei magistrati e, in pratica, da indurli ad assentire sia sulla colpevolezza dell'accusata quanto sulla compresenza, entro il suo crimine, di arti stregonesche e grave eresia : in questa particolare situazione è allora più opportuno parlare di "presunzione", "giudizio", "sentenza".....Si concede comunque all'arbitrio dei giudici di fissare la dovuta misura della quantità del sospetto in essere....nel "Maglio delle Streghe" lo Sprengerus ci propone alcuni modelli interpretativi a riguardo proprio di siffatte forme di sospetto più o meno serio. Se per esempio qualcuno abbandona di colpo le sue consuetudini di vita, se si fa partecipe di strane riunioni nel complice buio della notte od anche quando intrattiene una certa confidenza con persone già sospettate o comunque indagate dalla giustizia si può dire che il sospetto di colpa, per quanto concreto, resti ancora lieve. Se poi qualcuno conosce dei maghi, se li frequenta in modo assiduo, se li copre di doni, se addirittura offre loro ospitalità e nascondiglio o comunque li favorisce in vari modi, il sospetto è da ritenere "veemente". Di più ancora,nel caso che qualche individuo si sia messo a praticare quanto concerne i rituali dell'arte stregonesca, compiendo riti e sacrifici di varia natura od adorando energie malefiche e sfruttandole nei tanti modi che son propri dei maghi o se addirittura son stati trovati sulla sua persona, od in nascondigli della di lui abitazione, apparecchi usuali nell' arte proibita, bisogna senza dubbio affermare che ci si trova difronte a quel tipo di "sospetto violento" che merita gli appellativi di "presunzione, giudizio o sentenza". Dovendosi abiurare da un sospetto formidabile di colpa, quello che si è chiamato "violento", è inevitabile che sia necessario far ciò seguendo il rituale stabilito dai canoni per tutti quegli autori di malefici che la giustizia abbia fortunatamente posto in catene. Questo genere di criminali, una volta che si siano decisi a confessare il proprio reato e allorché abbiano data prova chiara di voler riacquistare la loro completa saviezza ed onestà, deve essere indotto dai giudici ecclesiastici a pagare la necessaria penitenza. Nel caso però che uno fra costoro abbia interposto qualsiasi diniego a far ciò, sarà allora da affidare al braccio secolare in qualità di impenitente. Verrà quindi obbligato all'abiura generale di ogni forma d'eresia, abiura da pronunciarsi pubblicamente ad alta voce ed in modo chiaro a tutti, recitando la sequela dei propri errori, affermando di voler seguire per sempre la santa verità e giurando in modo solenne di non nutrire alcuna recondita intenzione a ricadere nelle colpe che generarono le accuse: a questo fine il suo giuramento verrà trascritto nel libro delle abiure e dovrà essere ratificato con firma autografa. Sono cose queste che, sin dall'epoca degli Apostoli, hanno fatto parte delle formule usuali nelle procedure necessarie per abiurare da colpe di magica eresia, come sostiene l'interprete profano Simanca nella sua disanima sulla "Storia dei vari Concili" in merito al punto ottavo. Tale genere d'abiura deve rispettare i criteri del fenomeno pubblico, da non potersi in alcun modo fare privatamente o al riparo di qualche santo luogo o dentro la propria casa: ogni cosa si deve invece svolgere alla luce del sole, davanti agli occhi del clero e dello stesso popolo. Però che cosa è mai necessario fare imbattendosi in qualcuno che, sospettato in modo "violento" o "veemente" di eretici sortilegi, si astenga con pervicacia dall'abiurare ed anche riesca a far perdere le tracce di sè. Allo stesso Simanca, per quanto si legge al tredicesimo punto della sua opera, pare inevitabile ricorrere anche in siffatto caso all'ausilio del braccio secolare, cioè alla magistratura dello Stato, affidando ai giudici laici il reo in questione quale colpevole di contumacia ed impenitenza. Nel "Maglio delle Streghe" lo Sprengerius analizza però un evento ancora diverso, quello in cui non ci si imbatta in individui soltanto sospetti, per quanto in maniera variamente seria e grave, ma addirittura in soggetti arrestati per indubitabile colpevolezza, magari sorpresi nell'atto di perpetrare siffatto tipo di crimini. E' soprattutto in questa circostanza che si dovrà procedere dall'Inquisizione nella maniera più rigida possibile, affrettandosi il Vescovo competente a comminare contro questi delinquenti l'estremo provvedimento ecclesiastico della scomunica: se poi la persona in causa non abiurerà e pervicacemente, per un anno ancora, persevererà nel suo stato di colpevolezza, si dovrà procedere ad una sua esemplare condanna in qualità di eretico. A questo punto si pone però il quesito, sempre difficile per le diverse competenze dei magistrati, sul comportamento che dovranno tenere tanto il giudice religioso che quello secolare. A mio avviso, anche quando la Santa Chiesa avrà redento e liberato un eretico riportandolo con la penitenza sulla retta via, il magistrato laico avrà la piena autorità di farlo arrestare, procedendo contro di lui sulla base dei danni temporali, cioè di quei danni che avrà causato, nel corpo come nelle sostanze, a scapito d'altro o di altri individui. Al giudice dello Stato sarà quindi assolutamente lecito comminare al colpevole il giusto supplizio, ai termini della legge civile o penale ed in base al crimine perpetrato; il magistrato ecclesiastico non potrà quindi impedire, in alcuna circostanza, che avvenga ciò, sebbene non gli competa l'obbligo di consegnare alla giustizia laica un eretico pentitosi per quanto ancora reo di colpe temporali: l'Inquisitore dovrà semplicemente accontentarsi di lasciare che quello venga punito per le colpe materialmente commesse contro cose e persone e quindi giudicato secondo i retti parametri del diritto civile e penale...".
-ESAME DI COSCIENZA: non costituisce naturalmente una pena nel senso stretto del termine ma una via fondamentale al pentimento: l'immagine qui proposta deriva dagli Exercitia spiritualia (Roma, 1663) di S. Ignazio di Loyola.
-INTERDETTO (ECCLESIASTICO):
Dir. canonico> Fu una delle armi storiche contro l'istituzione laica per la tutela di antichi previlegi ecclesiastici come i diritti di decima, di manomorta e foro ecclesiastico> Sanzione di dir. canonico (con natura di censura o pena medicinale, od anche di pena vendicativa a seconda che sia volta a promuovere il ravvedimento del colpevole od a punirlo) che senza escluderla (come fa la Scomunica) dalla comunione ecclesiale, interdice alla persona o alle persone colpite il godimento di determinati beni spirituali, privandoli di determinati sacramenti e riti e dei diritti che ne derivano; si distingue in I. personale e I. locale, a seconda che esso colpisca direttamente certe persone ovunque vengano a trovarsi o colpisca certi luoghi (ove è proibito a chiunque partecipare o celebrare determinati sacramenti e riti); sia l'uno che l'altro si distinguono poi in I. generale e I. particolare a seconda che riguardi una comunità (parrocchiale, diocesana, statale = I. generale personale) o il territorio di tale comunità (I. generale locale) od una determinata persona (Interdetto particolare personale), un particolare luogo sacro (I. particolare locale).
Per I. papale si intende quello riservato al Papa (cioé l' I. generale) mentre quello particolare o generale parrocchiale può essere pronuziato o decretato dal vescovo.
ANTICRISTO, rovesciamento malefico del Cristo cui, nelle profezie oscure dell’Apocalisse giovannea che conclude la Bibbia, si attribuiscono orribili, demoniaci poteri e l’identificazione ora con La Bestia ora con il Drago.
BESTIA> (La)>ancor prima che dalla biblica Apocalisse, in cui comunque trova la sua identificazione con l’Anticristo ed il Drago infernale, rappresenta in varie culture il Male.
DRAGO> una delle definizioni consuete (specialmente, ma non solo, nella giovannea Apocalisse) dell’Anticristo o Bestia: l’orripilante definizione rientrava negli schemi dei processi di rovesciamento cui dai tempi di Gregorio Magno si rifece assiduamente la Chiesa romana per sconsacrare basi religiose pagane che ancora godevano di un certo ascendente tra le popolazioni. Un caso si individua nell’alta valle del Nervia a riguardo della fonte Dragurigna (*fonte draconina) originata da una sorgente che sgorga sotto la cima del monte Toraggio in un anfratto della roccia. Il Toraggio, cima rocciosa che chiude e domina la vallata a Nord di Pigna, rimanda al latino *in turrabulis che ha alla base un nome di divinità preromana del tipo Torevaius: le sorgenti di vette d’alpeggio tanto suggestive, in epoca celto-ligure del resto erano di frequente collegate a santuari delle Matres benevole. La Chiesa mentre trovò frequenti difficoltà nello sradicare questo culto dalle sorgenti più frequentate in quanto più prestigiose e soprattutto agibili con una certa comodità (si ricorse mediamente all’inquadramento della pratica religiosa pagana nel sistema cristiano del culto delle Marie del Calvario secondo una tecnica di sovrapposizione dei culti, sfruttandone in genere certe convergenze ed affinità ideologico-formali: vedi DOLCEACQUA, in fine) fu quasi sempre in grado di privarlo d’ogni energia nel caso di fonti, come la Dragurigna (-na), logisticamente scomode e lontane dal consorzio civile. In Piemonte ed in Liguria parecchie manifestazioni carsiche (grotte, sorgenti ecc.), ove era alimentato qualche culto naturalistico preromano, furono esorcizzate dal Cristianesimo (innestandovi la favola di presenze maligne, in particolare identificate in qualche demone celato sotto le vesti di un DRAGO nascosto magari nell’ombra di un antro o d’una caverna) in modo da trasformarle in tabù religiosi,: vedi ad Isoverde (Genova) la grotta del drago e, presso Testa di Alpe (Carta I.G.M.,f. 102,IV NO), una Fontana dei Draghi. Il culto delle Matres (fra gli ultimi ad essere disperso per la ramificazione popolare) era tanto diffuso in area celto-ligure da vantare famosi santuari: tracce archeologiche esistono fin a Susa, nell’emblematica chiesa di Bardonecchia di Sancta Maria ad Lacum, in Francia, per esempio a St.Remy de Provence: secondo quanto Natalino Bartolomasi (in Valsusa Antica ) il culto si sarebbe espanso nel tardo Impero con l’opera di mantidi druidiche o sacerdotesse celtiche che, soppiantando la Pithia o le Sibille greco-romane, resero potente la religione delle Madri, che era poi una variante di antichissimi culti della fertilità.
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STREGONERIA-ARTIFICIO DI MAGIA - ERESIA> MEDICINA POPOLARE/ MEDICINA MAGICA ("rapporti, complessità di chiarificazione canonica")> I rapporti fra Stregoneria ed Eresia furono sanciti dal giudizio ecclesiastico prima abbastanza tollerante dopo alcuni PROCESSI CONTRO LE STREGHE istruiti in quelle regioni ove, tra XII e XIII secolo, l'influenza dell'eresia catara era stata forte: come nei due processi del 1335 a Tolosa e Carcassonne.
L' INDICE DEI LIBRI PROIBITI, passando attraverso la Rivoluzione francese e le ideologie illuministiche che misero in discussione molti principi teologici, subì alcune fondamentali trasformazioni, proprio mentre la CENSURA LAICA SULLE PUBBLICAZIONI in molti paesi si andava allentando e nel medesimo tempo in cui il PENSIERO ILLUMINISTA metteva in discussione il DIRITTO DIVINO DEI PRINCIPI, SIA LAICI CHE ECCLESIASTICI.
Tra gli altri argomenti che affrontò nella sua LETTERA ENCICLICA AI PATRIARCHI, PRIMATI, ARCIVESCOVI E VESCOVI DELLA CRISTIANITA' DEL 15 AGOSTO 1832 (si legge dalla stampa di "Torino 1832, per Giuseppe Vaccarino Librajo") PAPA GREGORIO XVI in merito all'argomento scrisse:
"A questo fine è diretta quella pessima, nè mai esecrata abbastanza libertà di stampa nel divulgare scritti di qualunque sia genere, libertà, che taluni usano d'invocare, e promuovere con tanto clamore. Inorridiamo Venerabili Fratelli, nel rimirare, qual ci opprima stravaganza di dottrine, o più veramente portentosa mostruosità di errori, che si spargono e disseminano per ogni dove con quella sterminata moltitudine di libri, di opuscoli e di scritti, piccoli certamente di mole, ma per malizia grandissima da' quali veggiamo colle lacrime agli occhi uscire la maledizione, ed inondare tutta la faccia della terra. Eppure (ahi doloroso riflesso!) vi ha di quelli, che giungono alla sfrontatezza di asserire con insultante prtervia, che questo inondamento di errori è più che abbondevolmente compensato da qualche opera, che in mezzo a tanta tempesta di pravità si mette in luce per difesa della Religione e della verità. Nefanda cosa ella è certamente, e da ogni legge riprovata il commettere a bello studio un male certo e più grave, perché vi è lusinga di trarne un qualche bene. Ma potrà mai dirsi da chi sia sano di mente, che debbasi liberamente e in pubblico spargere, vendere, trasportare, anzi tracannare il veleno, perché avvi un cotal rimedio, di cui usando, avvenga talcolta che alcuno campi da morte?
Ma assai ben diverso fu il sistema adoperato dalla Chiesa per esterminare la peste de' cattivi libri fin dall'età degli Apostoli, i quali leggiamo aver consegnato alle fiamme pubblicamente quantità ben grande di libri siffatti (Act. Apost. 19). Basta leggere le provvidenze date su tal proposito dal Concilio Lateranense V e la Costituzione che ne pubblicò Leone X di felice memoria nostro Predecessore, appunto perché quella stampa, che fu salutevolmente ritrovata per aumento della Fede, e per la propagazione delle buone arti, non venisse a contrarii fini rivolta, e danno recasse e pregiudizio alla salute de' Fedeli di Cristo [vedi Act. Conc. Lateran. V sess. 10].
Fu ciò parimenti a cuore dei Padri Tridentini per tal maniera, che per applicare opportuno rimedio ad inconveniente sì dannoso, emisero quell'utilissimo decreto sulla formazione dell'Indice de' libri entro i quali malsane ed impure dottrine si contenessero (Conc. Trid. Sess. 19 et 25).
Conviene, dice Clemente XIII Nostro Predecessore di felice rimembranza nella sua enciclica sulla proscrizione de' libri nocivi [vedi Lit. Clem. XIII, Christianae, 25 Nov. 1766] conviene combattere valorosamente, per quanto sì grande affare il richiede, ed esterminare per ogni modo il pernicioso mortifero ammasso di tanti libri guasti e nocivi; perché mai si toglierà via la materia dell'errore, finché arsi non periscano tra le fiamme gl'impuri elementi della malvagità.
Per tale adunque e così costante sollecitudine, con cui i tutti i tempi questa Santa Sede Apostolica studiò sempre di condannare i libri pravi e sospetti e di strapparli di mano ai fedeli, rendesi assai palese, quanto falsa, temeraria, ed oltraggiosa alla stessa Apostolica Sede, nonché ferace di sommi mali pel Cristiano Popolo sia la dottrina di coloro i quali non solo rigettano come grave ed onerosa eccessivamente la Censura de' libri, ma a tanto altresì si avanzano di audace malignità che la dichiarano perfino aborrente dai principi del retto diritto e negano arditamente alla Chiesa l'autorità di ordinarla e di eseguirla.
Avendo poi rilevato da parecchi scritti, che circolano fra le mani di tutti, propagarsi certe dottrine tendenti a far crollare la fedeltà e sommessione dovuta ai Principi e ad accendere ovunque le faci della fellonia, vi esortiamo ad essere sommamente guardinghi, affinchè i Popoli per tale seducimento non si lascino miseramente rimuovere dal diritto sentiero.
Riflettano tutti che secondo l'avviso dell'apostolo non vi ha Potestà, se non da Dio, e che le cose, che sono, furono ordinate da Dio. Chi perciò resiste alla Potestà resiste alla ordinazione di Dio, e quelli che resistono, si procurano da se stessi la condanna [vedi ad Rom. 13, 2].
Il perché e il divino e l'umano diritto gridano contro coloro, i quali con infamissime trame e con macchinamenti di fellonia e di sedizioni impiegano i loro sforzi nel mancare di fede ai Principi ed in balzarli per anche dal trono.
E fu appunto per non macchiarsi di tanto obbrobrioso delitto che gli antichi cristiani nel bollore eziandio delle persecuzioni, si videro sempre ben meritare degli Imperatori e della salvezza dell'Impero, nè ciò solo a confermare colla fedeltà più verace nell'adempiere esattamente e con pronta alacrità quanto veniva loro ingiunto non contrario alla Religione, ma colla inalterabil loro costanza e col sangue eziandio sparso per essi ne' più rischiosi cimenti.
I soldati cristiani, dice S. Agostino (S. Aug. in Psalt. 134, n. 7) servirono all'Imperatore infedele: quando toccavasi la causa di Gesù cristo non conoscevano altri che Quello che regna ne' Cieli. Distinguevano il Signore Eterno dal Signore Terreno e ciò non ostante pel Signore Eterno si tenevano abbedienti anche al Signore Terreno.
E tai motivi appunto aveasi posto innanzi l'invitto Martire S. Maurizio Capo della Legione Tebana allorché come riferisce S. Eucherio così rispose all'Imperatore (A. Euch. apud Ruinart. Act. SS. MM. de SS. Maurit. et Soc.. n. 4): Siamo tuoi soldati o Imperatore ma però siamo al tempo istesso servi di Dio e il confessiamo liberamente...E pure nè anche questa dura necessità di serbare la vita ci spinge alla ribellione: ecco abbiamo le armi, eppur non facciamo resistenza, perchè riputiamo sorte migliore il morire che l'uccidere.
La qual fedeltà degli antichi Cristiani verso dei loro Principi anche più illustre risplende se si riflette con Tertulliano (Tertul. in Apologet. Cap. 37) che a quel tempo non mancava a' Cristiani gran numero di armi, e di armati, se avessero voluto farla da nemici dichiarati. Siamo sbucciati ieri appena egli dice agl'Imperatori Pagani, e già abbiamo riempito ogni vostro luogo, le Città, le Isole, la Castella, i Municipii, le Adunanze, gli Accampamenti istessi, le Tribù, le Curie, il Palazzo, il Senato, il Foro...A qual guerra non saremmo stati idonei e pronti, quando pure fussimo inferiori di numero, noi che ci lasciamo trucidare tanto volenterosamente se non dalla nostra disciplina non fosse permesso più il lasciarsi uccidere che l'uccidere? Se tanta moltitudine di persone, qual noi siamo, allontanandosi da voi rifugiata si fosse in qualche remotissima piaggia dell'Orbe, avrebbe certamente recata vergogna alla vostra potenza la perdita di tanti, quai ch'essi fossero, cittadini, anzi l'avrebbe pur anche punita collo stesso abbandono. Senza dubbio vi sareste sbigottiti a tal solitudine...e cercato avreste a chi comandare: vi sarebbero rimasti più nemici che cittadini, mentre ora avete minor numero di nemici in vista della moltitudine de' Cristiani.
Esempii sì luminosi d'inalterabile sommessione ai Principi, che necessariamente derivano dai santissimi precetti della Religione Cristiana, condannò altamente la detestabile insolenza e improbità di coloro, che accesi dall'insana e sfrenata brama di una libertà senza ritegno, sono totalmente rivolti a manomettere, anzi a svellere qualunque duritto del Principato, onde poscia recare ai Popoli sotto colore di libertà il più duro servaggio. A questo scopo per verità cospirarono gli scellerati delirii e i disegni dei Waldesi, dei Beguardi, dei Wiclefisti e di altrettanti figli di Belial che furono l'ignominia e la feccia dell'uman genere, meritatamente perciò tante volte colpiti dagli anatemi di questa Sede Apostolica.
Nè certamente per altro motivo cotesti pensatori moderni tutti sviluppano le loro forze, se non perchè possano menar festa e trionfo con Lutero e compiacersi con esso di esser liberi da tutti, disposti perciò decisamente ad accingersi a qualunque più riprovevole impresa, per giungere con più facilità e speditezza a conseguire l'intento.
Nè più lieti successi potremmo presagire per la Religione ed il Principato dai coti di coloro, che vorrebbero vedere separata la Chiesa dal Regno e troncata la mutua concordia dell'Impero col Sacerdozio.
Poichè troppo è chiaro che dagli amatori d'una impudentissima libertà si teme quella concordia, che fu sempre al sacro ed al civile governo fausta e vantaggiosa.
Ma a tante e così amare cagioni, che ci tengono solleciti e nel comune pericolo con dolor singolare ci crucciano, unironsi certe associazioni e alcune determinate adunanze, nelle quali fatta lega con gente d'ogni religione anche falsa, e di estraneo culto, si predica libertà d'ogni genere, si suscitano turbolenze contro l'uno e l'altro potere e si conculca ogni più veneranda autorità, sotto lo specioso pretesto di oietà e di attaccamento alla religione, ma con mira in fatto di promuovere ovunque novità e sedizioni.
Queste cose, Venerabili fratelli, con animo dolentissimo, ma pieni di fiducia in Quello che comanda ai venti e porta la tranquillità, abbiamo a Voi esposte, affinchè impugnato lo scudo della fede seguitiate animosi a combattere pel Signore. A voi sopra ogni altro appartiene stare qual muro saldo a fronte d'ogni superba altura, che levar si voglia contro la scienza di Dio. Da voi si imbrandisca la spada dello Spirito, che è la parola di Dio, e siano per voi provveduti di pane quelli che sono famelici della giustizia. Chiamati ad esser coltivatori industriosi nella vigna del Signore, occupatevi di questo solo, e a questo solo volgete le comuni vostre fatiche, che cioè ogni radice di amarezza sia svelta dal campo a voiassegnato, e spento ogni seme vizioso, rigogliosa in esso biondeggi ed abbondante vi cresca la messe della virtù.
Quelli singolarmente con paterno affetto abbracciando, i quali si applicano ai Filosofici studii, e più ancora alle sacre discipline, inculcate loro premurosamente, che si guardino del fidarsi alle sole forze del proprio ingegno per non lasciare il sentiero della verità e quello prendere nal accorti che dagli empii si calca. Rammentisi che Iddio è il vero duce della sapienza e l'emendatore dei sapienti (Sap. 7, 15) e che mai può avvenire che senza Dio conosciamo Dio, il quale per mezzo del verbo ammaestra gli uomini della conoscenza di Dio (S. Ireneus, Lib. 14, Cap. 10).
proprio è del superbo o piuttosto dello stolto il volere pesare sulle umane bilancie i misterii della Fede, che avanzano ogni umano concepimento e fidare sulla ragione della nostra mente che per la condizione della umana natura troppo è fiacca e malsana.
Del resto secondino questi comuni voti pel bene della Chiesa e dello Stato, i Figli nostri Carissimi in Cristo i Principi col loro ajuto, e con quella autorità, la quale debbono considerare a sè conferita non pel governo soltanto delle cose terrene, ma in modo speciale per sostenere la Chiesa.
Riflettano seriamente, farsi pel lro impero e per la loro quiete, quanto si adopera per la salvezza della religione: si persuadano anzi, dover esser loro assai più a cuore la causa della Fede che quella del regno, e a grande onore si rechino, il ripetiamo col Pontefice S. Leone, che al loro diadema per man del Signore la corona si aggiunga altresì della Fede.
Posti quasi per Padri e Tutori DE' Popoli procureranno a questi quiete e tranquillità vera, costante e doviziosa, se attendano particolarmente a far fiorire tra essi la Religione e la pietà verso Dio, il quale porta scritto nel femore: Re dei Re e Signor dei Signori.
Ma per impetrare successi sì prosperi e sì felici, solleviamo supplichevoli gli sguardi e le mani verso la Santissima Vergine Maria, la quale sola conquise le eresie tutte ed è la Massima Nostra Fiducia, anzi la ragion tutta della Nostra Speranza (ex S. Bernardo, Serm. de Nat. B.M.V. § 7).
Ella, la grande avvocata, col suo patrocinio, in mezzo a tanta necessità del Cristiano Gregge, implori benigna ai Nostri consigli, sforzi ed azioni un esito fortunatissimo. Tanto con umil preghera addomandiamo ancora al principe degli Apostoli S. Pietro e al suo co-Apostolo S. Paolo, affinchè saldi tutti rimanghiate a guisa di stabil muro, onde altro fondamento non pongasi diverso da quello, che fu già posto. Da sì gioconda speranza animati confidiamo, che l'Autore e Consumatore della fede Gesù Cristo consolerà finalmente noi tutti dele Tribolazioni che troppo tempo ci tengono bersagliati, ed intanto quasi foriera ed auspice del celestiale soccorso a voi, Venerabili Fratelli, e a tutto il gregge alla vostra cura commesso affettuosamente impartiamo l'Apostolica Benedizione.
datum Romae apud S. Mariam Majorem XVIII Kalendas Septembris die solemni Assumptionis ejusdem B. V. Mariae Anno Dominicae Incarnationis MDCCCXXXII, Pontificatus Nostri anno II.