ALLACCI LEONE: Figlio di Nicola nacque a Chio (Grecia) nel 1586 e si trasferì giovanissimo a Roma ove studiò nel Collegio di S. Anastasio per discepoli greci cattolici: conseguì quindi i titoli di doctor e magister sia in filosofia che in teologia.
Rimpatriò per un breve periodo ma subito tornò in Italia per laurearsi nel 1616. Si impiegò quindi come SCRITTORE DI GRECO alla BIBLIOTECA VATICANA.
Ricevette quindi l'incarico di trasferire in questa BIBLIOTECA la BIBLIOTECA PALATINA DI HEIDELBERG che Massimiliano I duca di baviera aveva donato alla Santa Sede.
Successivamente svolse il ruolo di BIBLIOTECARIO per Francesco Barberini e finalmente successe a Luca Holstenio nella prestigiosa carica di Bibliotecario della VATICANA.
Coltissimo e dal talento multiforme intrattenne fruttuosi contatti con eruditi del calibro di Antonio Magliabechi ed Angelico Aprosio o con politici quali il Cardinale Mazzarino e Colbert.
Pubblicò oltre 60 opere a stampa e moltissime ne lasciò manoscritte: si occupò di teologia come si vede da questo volume della Biblioteca Durante di Ventimiglia, scrisse di antichità classica, di bizantinistica, patristica e architettura sacra: nel campo delle sue numerose opere di italianistica si ricorda la celebre Drammaturgia divisa in sette indici (Roma, per il Mascardi, 1666) bibliografia delle opere italiane edite e non dal 1654 al 1666 successivamente ristampata con le aggiunte di G. Cendoni, Apostolo Zeno ed altri ancora (Venezia, per il Pasquali, 1755).
Il CONTE BERNARDO MORANDO (anche scritto MORANDI) è effigiato in un RITRATTO tuttora custodito alla ventimigliese Biblioteca Aprosiana:
l'autore è nel suo secolo, una figura letteraria e sociale di un certo
rilievo. Di origini mercantili(Sestri Ponente 1589 - Piacenza 1656) si trasferisce a Piacenza nel 1612 per
sbrigare alcuni oneri commerciali
della famiglia; il soggiorno diviene
col tempo stabile residenza nella
città che, con Parma, costituisce il
ducato dei Farnese.
l meriti mercantili, politici e soprattutto letterari lo
rendono gradito ai duchi Odoardo
(1622-1646) e Ranuccio II (1646-1694)
che lo gratificano nel '49 dell'ascrizione alla nobiltà locale, investendolo nel 1652 del feudo di Montechiaro [D. BIANCHI, B. Morando prosatore. B. Morando verseggiatore, in Atti dell' Accademia Ligure di Scienze e Lettere, 1959, pp. 110-22 -
E. CREMONA, Bernardo Morando, poeta lirico
drammatico e romanziere del Seicento, Piacenza, 1960 - D. CONRIERI, Il romanzo ligure dell' età barocca, in Annali di Sc. Norm. Sup. di Pisa, IV, 3, 1974, pp. 1074-88
- Romanzieri del Seicento, a. c. di M. CAPUCCI
Torino, 1974, pp. 44-48, 529-572].
Il RITRATTO DEL CONTE BERNARDO MORANDO non risultava comunque ingressato nella PINACOTECA dell'APROSIANA all'anno 1673: altrimenti ciò sarebbe stato menzionato da Angelico Aprosio, come fatto in tutti gli altri casi, nelle glosse a stampa riportate nell'Indice de' Fautori dell'Aprosiana che va da p.XXIX a p.L del repertorio a stampa del 1673 (Bologna, per li Manolessi) intitolato La Biblioteca Aprosiana.
Il QUADRO in questione fu fatto pervenire all'Aprosio dagli EREDI DI BERNARDO MORANDO coi quali egli tenne una certa corrispondenza (vedi alla B.U.G. le "lettere dei corrispondeti di A. Aprosio" in "fondo Aprosio"): nello Scudo di Rinaldo - parte II Aprosio rammenta i figli di Bernardo cioè il CONTE GIOVANNI FRANCESCO MORANDO ed il CONTE GIOVANNI CARLO precisando però che essi ricevettero notevole collaborazione per salvaguardare la memoria del padre dai nipoti di BERNARDO MORANDO e precisamente OTTAVIO, GIOVANNI MARIA e GIOVANNI BERNARDO (non a caso dalle sinergie intercorse tra fratelli e cugini ebbe origine la stampa dell'OPERA OMNIA del romanziere: i 4 volumi delle sue Opere edite a Piacenza per i tipi del Bazachi nel 1662).
Stando alle informazioni reperibili Angelico Aprosio ebbe in particolare eccellenti rapporti col figlio del romanziere GIOVANNI CARLO e con OTTAVIO MORANDO figlio del fratello di Bernardo di nome G. BATTISTA MORANDO: proprio ad OTTAVIO il frate ventimigliese dedicò il capitolo XVIII dello Scudo di Rinaldo - parte II (per tutte queste notizie vedi di B. Durante il numero monografico Angelico Aprosio il "Ventimiglia": le "carte parlanti d'erudite librarie" in "Quaderno dell'Aprosiana", Nuova Serie, I, 1993, pp.11-12 e p.83).
Aprosio non potè fruire a lungo dell'amicizia, comunque sincera di Bernardo Morando (che tra l'altro lo inserì come coprotagonista in un suo romanzo La Rosalinda) vista la morte nel 1662 del romanziere: egli peraltro conobbe Bernardo in modo relativamente fortuito nell'ottobre del 1643 grazie all'intermediazione del pittore LUCIANO BORZONE amico di entrambi.
Ad elogio di LUCIANO BORZONE, che gli aveva fatto un RITRATTO, il Morando pubblicò nelle sue Fantasie varie il seguente sonetto (ripubblicato da Aprosio nel suo Catalogo del 1673): "Al Sig. Luciano Borzone Pittore, e Poeta/ Borzon, che con la Penna, e col Pennello/ Agguagli la Natura, e vinci l'Arte,/ Poca lode in te sia, mentre in lodar te;/ Sol gran Poeta, e gran Pittor t'appello.// L'uno i color di questo volto, o quello/ Ritrar non può con vivi inchiostri in carte,/ L'altro non sà dell'incorporea parte/ Co' i color morti, effigiar il bello.// Mà tu, con doppio honor che pingi, e scrivi,/ L'Alma, e il sembiante altrui li manifesti,/ Ch'il Volto in tele, il Nome in carte avvivi.// D'Alessandro, e d'Achille in un potresti/ Ritrar con tinte morte, e inchiostri vivi,/ Più d'Apelle, e d'Omero, il volto, e i gesti".
LUCIANO BORZONE (nato a Genova nel 1590) potè ancor meno partecipare della triplice amicizia che aveva instaurata visto che scomparve nel 1645 mentre realizzava la sua ultima opera ovvero l'Adorazione dei pastori dell' Annziata del Vastato (morì infatti per una devastante caduta dal palco su cui lavorava alla tela, che fu condotta a termine dei figli): autore dal talento discontinuo a volte il Borzone dovette accontentarsi di "sopravvivere" realizzando ritratti come quello dedicato al MORANDO che si ritiene poi trasmesso dagli EREDI DEL ROMANZIERE alla PINACOTECA eretta da Angelico Aprosio ad ornamento della sua grande BIBLIOTECA = sul BORZONE vedi AA.VV., La Pittura in Italia, Il Seicento, tomo II, Electa, Milano, 1989, pp. 648 sgg.