cultura barocca
L incisore STRIGLIONI collaboratore di APROSIO per cui realizzò l'antiporta del volume La Biblioteca Aprosiana E IL SUO MAI SVELATO OMICIDIO NEL 1685 = (l'accusa d'esser OMOSESSUALE, sancita nei Libri Criminali della Repubblica di Genova e , 1556 -1557: con i BLASFEMI e le STREGHE con casi di STREGONERIA NEL PONENTE LIGURE E (VEDI INDICE) TRA DIOCESI INTEMELIA E AREA FRANCO PROVENZALE come scrisse M. A. Del RIO nei suoi DISQUISITIONUM MAGICARUM LIBRI SEX tutti ritenuti conniventi di FORZE DEMONIACHE. = Vedi quindi l'arresto dello Striglioni, la prigionia e la torture e poi la liberazione, con il ritorno nel natio paese di Badalucco e il suo assassinio Geniale incisore di Badalucco lo STRIGLIONI su disegno di Domenico Piola realizzò questa eterea antiporta per il volume La Biblioteca Aprosiana ad ornamento della più significativa opera di Angelico Aprosio

Tra le celebrità di BADALUCCO borgo del Dominio della Serenissima Repubblica di Genova , oggi ingiustamente misconosciute ricordiamo GIOVANNI MATTIA STRIGLIONI che nacque a Badalucco (nell’attuale provincia di Imperia) il 25-II-1628 da Giovanni Bartolomeo e da Bianchinetta Jiugales e, dopo una fanciullezza qualsiasi, nè bella nè brutta, prese i voti religiosi, divenendo prete quasi soltanto per un voto fatto dalla madre, quando egli venne alla luce con qualche tribolamento di troppo.
Finiti gli studi religiosi si diede, fra la sorpresa di tutti, a quelli della pittura e dell’incisione in Genova avendo quale maestro Giulio Benso di Pieve di Teco.
Scoperta questa sua vocazione autentica, lo Striglioni si lasciò coinvolgere presto nel mondo degli artisti, spesso ai limiti della provocazione e dei sospetti inquisitoriali specie in merito ad opere tacciabili di oscenità e/o sensualità oggetto di una formidabile disputa culturale e giuridica qui proposta anche nella Genova apparentemente quieta del suo tempo!
Prese così a frequentare le botteghe ed i cenacoli d’arte, divenne amico del Fiasella e di Domenico Piola, pittori di vaglia, apprese le tecniche rare dell’incisione da artigiani eccellenti come Cesare Bassano, Luciano Borzone, Giuseppe Testana. Presto riuscì ad ottenere ottimi successi e gran reputazione in un ambiente difficile e per un lavoro tanto complesso quanto poco retribuito come quello dell’incisore, cui si dedicò per pubblicazioni di gran pregio: amico dell’Aprosio e del Piola realizzò, per esempio, su disegno di quest’ultimo la bella incisione per il frontespizio della tragedia Belisa al cui testo Aprosio fece allegare, in accordo con l’autore Antonio Muscettola, un suo elogio critico intitolato Le Bellezze della Belisa.
parecchio dopo sarebbe ritornato proprio per Aprosio all'arte dell'incisione realizzando l'eterea antiporta del volume La Biblioteca Aprosiana (ove a fine immagine leggesi : “Dom.co Piola inu[enit]. e GMattia Striglioni inc[isit] ) ad ornamento della più significativa opera di Angelico Aprosio che , forse per gratificarlo dell'impegno profuso ne parlò con espliciti elogi in un brano del suo repertorio bibliografico, riportandovi anche un saggio poetico non disprezzabile dell'incisore di Badalucco [ pur volendo apparire un sostenitore dell'arte destinata a non turbare le coscienze Aprosio era comunque un assertore dell'arte nuova che s'andava affermando e pur dissertando con moderazione su vari aspetti del dilettare o giovare dell'arte proprio in questa antiporta (contro la feroce opposizione dei numerosi e potenti ecclesiastici conservatori estremi dell'arte antica ed intransigenti partigiani dell' assoluta intangibilità degli edifici ecclesiali) per certi versi il frate bibliofilo riassunse alcuni concetti della sua opinione sulle iridescenti interazioni fra prodotti artistici e luoghi di loro conservazione quasi un segnale della sua volontà di creare una sorta di Camera delle Meraviglie in cui il Contenuto (cioè Libri, Quadri, Raccolte antiquarie ecc.) operasse in inscindibile sinergia con il Contenente (cioè l'Edificio Murario della Biblioteca) producendo messaggi crittati ma decifrabili ad una ricerca stretta di iniziati o "Fautori" : e non pare un caso la realizzazione, senza finalizzazione a stampa, di un'enigmatica icona o chiave di decrittazione della Biblioteca Aprosiana da noi scoperta e qui proposta verosimilmente lasciata a livello di manoscritto grafico e testuale proprio in forza delle problematiche esistenziali che resero impossibile finalizzare per lo Striglioni un progetto proprio a lui proposto.
Lo Striglioni infatti, che fu anche poeta e che a giudizio di molti aveva ben più talento d’altri incisori in auge, dovette abbandonare presto Genova, riducendo di parecchio la sua attività artistica, mai però abbandonata, quasi fosse un’esigenza profonda del suo spirito. Comunemente si dice che il ritorno dello Striglioni nel Ponente ligure sia dipeso da sopraggiunte difficoltà economiche e dalle pressioni dei parenti che lo volevano vicino: si sa che vinse per concorso la parrocchia di Riva Ligure ove si trasferì vivendo meglio col soccorso dei redditi o prebende della chiesetta. Poi nel 1666 ottenne un’altra parrocchia, quella della natia Badalucco ove si recò a visionare la bella chiesa che si stava ampliando ed abbellendo: egli stesso dispiegò il suo talento in qualche intervento pittorico all’interno dell’edificio sacro. Così narra una certa prudente riscostruzione storica: ma la fuga da Genova, un pò troppo repentina, fa pensare che le cose siano andate diversamente nella forma e nella sostanza.
Certo lo Striglioni tornò a casa ma cosa v’era nel profondo delle cose? Non lo si potrà mai affermare con certezza ma è probabile che, alla base di tutto, vi fosse l’insofferenza della sua vita, una serie di incomprensioni inusuali per un religioso controriformista, soprattutto un tenore di vita stridente, nella voce corrente, coi dettami della “condotta normale”.
Aveva 52 anni il raffinato artista quando fu accusato di Sodomia reato terribile, per Chiesa e Stato [per intendere questa avversione istituzionale vedi ancora il Libri Criminali della Repubblica di Genova del 1556 (1557) e le normative seguenti in rapporto all'articolo II "Delle Pene dettante" "Di quanti copulano o comunque hanno rapporti sessuali contro natura] nel crepuscolo della Controriforma , quando si cercava di reprimere i costumi, per celare la crisi di un'epoca caratterizzata da splendori ma anche da bassezze e colpevoli emarginazioni sotto il velame degli “Atti di Fede”, dei “Libri Proibiti, del terrore di Malie e perversioni diaboliche esorcizzate spesso attraverso una caccia intransigente non solo alle "streghe" ma al variegato ed incolpevole mondo dei "Diversi".
Ma Striglioni era pure un religioso e secondo le norme intercorrenti tra Stato e Chiesa doveva esser giudicato dal foro ecclesiastico, al limite dal foro misto, non dalla sola legge dello Stato genovese = e per quanto debba rimanere solo un'ipotesi nella totale mancanza di rigurado per il prete-artista potrebbero risiedere anche delle aggravanti quali il suo comportamento notoriamente irrequieto non solo in ambito della sfera sessuale ma pure delle opinioni espresse e delle scelte artistiche non escluso il fatto d'aver partecipato a favore d'Aprosio ad una querelle sull'erezione della Biblioteca Aprosiana che doveva aver lasciato degli strascichi e fatte sopravvivere antipatie ed odi attesa la stessa cautela usata da Aprosio nel congedare la fine degli scontri con gli oppositori delle sue iniziative progettuali ed artistiche.
Lo Striglioni dope l'arresto per le colpe attribuitegli di cui sopra si legge venne interrogato, torturato senza riguardo, tenuto prigioniero in carceri oscure e maleodoranti: il suo stesso nome non si pronunciava più con sicurezza, quasi fosse un segreto da non svelare il fatto d’averlo conosciuto e d’esserne stato amico.
Finché tutto finì, o così parve, nel 1682: l’accusa cadde quasi di colpo, anche se il prete artista, sfinito ed innocente per Stato e Chiesa,non venne mai giustificato dall’opinione popolare, solo poco prima accesa contro di lui per via d’ una certa propaganda giudiziale alimentata soprattutto da “fama e dicerie”, i “Media” primordiali che anticipavano, di molto ma con una certa elementare efficacia, i gazzettini scandalistici.
Era grigia, quasi cupa la sera del primo settembre del 1685 quando Gio. Mattia Striglioni se ne stava solo in Badalucco entro la sua Chiesa, forse a meditare sul suo destino di solitudine: chissà se aveva presagito la propria morte, quell’archibugiata di “nessuno” che l’avrebbe fulminato nel silenzio del paese, dove forse molti erano al corrente ma in cui nessuno mai parlò né denunciò l'omicida o l’assassino (allora i due termini non indicavano lo stesso tipo di criminale) che a parere di qualcuno sarebbe stato personaggio noto a tutti.
Ma questa era la legge del tempo: la legge feroce della violenza contadina o popolana o della violenza locale.
E sul sangue versato, come avvenne da sempre e sarebbe avvenuto, anche in questo caso alla fine cadde il silenzio.
[Nilo Calvini recuperò la troppo trascurata figura di tale controverso artista in questo saggio dei "Quaderni dell'Aprosiana" - Vecchia Serie (1984) ed in merito alla realizzazione dell'"Antiporta" del repertorio aprosiano del 1673 scrisse (p. 93) " Lo Striglioni era sicuramente apprezzato dall'Aprosio che possedette vero senso artistico e disprezzò i tipografi scadenti che, come Gian Domenico Peri rincrescendo la spesa per gli intagli delle figure si servono dell'opera di coloro che appena sanno ruotare i bulini. E potè essere soddisfatto della fine incisione, difficile nella sua esecuzione per l'ardita prospettiva: la sala della Libreria è rappresentata su tre lati, uno dei quali in ardito scorcio ": il compianto e illustre studioso riprese poi l'argomento in = N. Calvini, Un incisore ligure dimenticato: G. M. Striglioni di Badalucco in Un cinquantenio di attività per la storia del Ponente Ligure, Imperia, Dominici, 1996]



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