cultura barocca
VEDI QUI NELLA SUA COMPIUTEZZA UN'ICONA DELLA BIBLIOTECA APROSIANA ALLESTITA ENTRO UN VOLUME DEL MUSCETTOLA CUSTODITO ALLA "LIBRARIA" DI VENTIMIGLIA = Nonostante quanto nel suo qui citato saggio scrive Gino Benzoni della specificità prestigio culturale di Roma e ricusando pur garbatamente la lusinghiera offerta di ospitare i libri d'Aprosio alla Romana biblioteca Angelica, con tanti altri vantaggi, come proposto da Gabriello Foschi celeberrimo Custode della stessa alla fine "il Ventimiglia" optò per una sistemazione ligure e proprio a Ventimiglia - Contro tante proposte alternative l'erezione della Biblioteca Aprosiana a Ventimiglia seguendo il consiglio di Monsignor Bonifacio per cui Nusquam bene, nisi in Patria ("Giammai sarebbe vissuto bene, con la propria Libraria come nel luogo natio") = l'ambiente di Ventimiglia, contro la reputazione epocale di insalubrità contraddetta da A. Aprosio, fu giudicato invece idoneo alla pratica dell'ozio letterario Il lato negativo della medaglia = per Aprosio a Ventimiglia "Li poeti non fanno numero" cioè a suo giudizio la cultura non vi è valorizzata sì che a suo giudizio la contestata erezione della Libraria sarebbe, tra tante altre ragioni, giustificata dalla sua voglia di sovvenire sia agli umili che ai "supposti" colti: ma pure vedi l'illuminante interpretazione di Gino Benzoni in questo saggio dal titolo emblematico Un'ancora di Salvezza per l'intellettuale del seicento: l'accademia = all'Aprosiana di Ventimiglia i processi cui si riferisce il Benzoni si replicarono in una tipologia pressoché simile a quella menzionata dall'autore moderno ma -occorre precisarlo- l'arco evolutivo completo dell'esperienza accademica non fu propriamente colto da Angelico Aprosio (legato ad una generazione precedente e che, dopo essersi visto costretto alle finte riunioni pseudoaccademiche alla Biblioteca Aprosiana trovò verosimilmente i più significativi rifugi nell'Icona dell' Aprosiana, in teoria sede figurativa -con altre espressioni metalinguistiche non esenti però da ardue difficoltà di decrittazione come il Canzoniere del Minozzi- dell'agognato Ozio letterario, negozioso, faticoso e soprattutto del corrispondere la "Libraria intemelia all'aprosiana espressione "Scrivendo io di tromba per far conoscere molti, che non so se in altre carte vengan citati che nelle mie" (leggi Biblioteca Aprosiana p. 219, riga IV dall'alto) venendo semmai più estesamente recepito dal suo diletto discepolo Domenico Antonio Gandolfo "il Concionator" il rapporto Biblioteca - pubblico erudito e non. .

NELL'IMMAGINE PROPOSTA SOPRA E' LA BANDA INSCRITTA CHE, INTERAGENDO CON L'IMMAGINE GRAFICA NELL'ICONA, NE RIASSUME LA COMPLETA FIGURAZIONE OTTENUTA DECRITTABILE DAL PUNTO DIVISTA CONTENUTISTICO PUR SE STRUTTURATA IN UNA SORTA DI ISCRIZIONE EPIGRAFICA ANTICA OVE BENE SPICCA LA FORMA LATINA ICONEM DA ICON -ICONIS COME SOTTO SI LEGGE DERIVATA DA UN GRECISMO LA CUI REFERENZIALITA' SI SVILUPPA ENTRO UN DUPLICE CONCETTO (5 RIGA DAL BASSO) COSI' CODIFICABILE = APROSIO E' IL FRATE PIO CHE RICHIAMA ALLE PREGHIERE COL SANTO "CAMPANELLO" DEL SUO ORDINE I FEDELI DELLA CHIESA MA E' ANCHE IL FRATE DOTTO CHE VUOL RISVEGLIARE ALLA CULTURA, COL PUNGENTE "CAMPANELLO DELL'ERUDIZIONE" I FEDELI DEL SAPERE: L'UOMO CHE NEL SUO "LIBRO-BIBLIOTECA" HA POI FUSO E DIFFUSO LE POTENZIALITA' DELLA SUA "BIBLIOTECA SUPREMA DEI LIBRI". QUESTA "ICONA" DELLA BIBLIOTECA APROSIANA DI VENTIMIGLIA CHE NELLA RISCOSTRUZIONE (DALLA VIGNETTA PROPOSITIVA ANTIQUARIA)
INTERAGISCE,
PUR IN LINEA CON ALCUNE LIEVI QUANTO SOSTANZIALI DISEGUAGLIANZE,
CON
........UN'"IMPRESA" OD UN "EMBLEMA"........,
AVVALORANDO IL FATTO DELLE COMPLICATE RAGIONI CHE FRA OPPOSIZIONI VARIE INDUSSERO APROSIO A MUTARE PIU' VOLTE LA TIPOLOGIA DI UNO
"STEMMA ARALDICO" ALLUDENTE A SE STESSO, AL SUO CASATO E ALLA SUA "LIBRARIA" O MEGLIO SIA DELLA "I LIBRARIA" CHE DELLA "II LIBRARIA"
[A questo punto è doverosa una giustifiazione delle scelte aprosiane, peraltro quasi obbligate. "Il Ventimiglia" contro le sue aspettative non era stato ben visto a Ventimiglia, dato anche il carattere, allorquando aveva realizzato, pur tra varie difficoltà, nel Convento Agostiniano la sua "Libraria" e la cosa si era vieppiù inasprita allorquando aveva progettato, con tanto di pubblica esternazione, di "ornarla" con uno Stemma onorifico della sua Casata e poi ancora, pur ridimensionado a suo personale vantaggio l'opzione, con un Motto, Impresa od Emblema che lo onorasse come cittadino benemerito. Molteplici erano le ragioni di questa avversione nei suoi riguardi ma qui esse si possono riassumere in una esaustiva spiegazione susseguente ad una affermazione con parole di fuoco espressa a scapito dei suoi detrattori e di quanti andavano opponendosi alle sue iniziative culturali. Per aggirare il problema della "Libraria", attese le contingenze espresse nel precedente collegamento, Aprosio ricorse ad un espediente abbastanza efficace cioè quello di motivare l'erezione della Biblioteca a pro di tutti in Ventimiglia, popolani sorattutto ma anche colti, di fatto o per reputazione.
Aggirato questo ostacolo restava da valicare quello più greve in quanto tacciabile di presunzione, inidonea per un religioso, che egli intendesse ostentare ai visitatori i meriti non tanto della sua Casata (cosa di cui si era reso consapevole) quanto i suoi propri con l'affissione di un emblema, di un'impresa o di uno stemma che collegassero la grande "Libraria" ai suoi sforzi intellettuali attesi i giudizi invero assai critici che aveva mosso sia avverso il ceto egemonico e magnatizio locale quanto, e cosa forse ancor maggiormente recepita con acredine, contro quei dotti locali che mediamente si identificavano in uomini di Chiesa e religiosi di varia formazione.
Pare evidente che, a quanti in modo diretto o sottinteso aveva egli espresso il suo sostanziale dispregio in merito a vari fattori ed in primis alla valenza culturale, giammai sarebbe giunto gradito che la "Libraria", attraverso i secoli, portasse uno qualsiasi fra i "segnali usi nell'epoca", che al poco diplomatico Aprosio spettasse di fatto (occorre dirlo, seppur poi in cooperazione con il discepolo D. A. Gandolfo) l'nserimento della periferica Ventimiglia in una rinomanza culturale di portata non solo nazionale ma addirittura internazionale.
"Il Ventimiglia" non aveva altra strada, in questo campo, che aggirare i problemi affidandosi a quella sua esperienza per le forme criptiche di comunicazione dove i messaggi si formulavano in maniera ermetica celando spesso le critiche a pro soltanto dei possibili elogi. Per quanto possibile se non probabile l'ipotesi sopra formulata verte tuttavia su una costruzione metaletteraria, pur suffragata da vari segnali di rilievo (in primis l'Aprosio simbolico e metalinguistico -oltre che studioso di Emblemi oltre che prossimo all'iconologia in forza del sorprendente e coevo Cesare Ripa), non essendo mai stata realizzata, sulla base delle conoscenze recepite, l'icona sotto forma di timbro o lastra, non essendo noto l'autore della vignetta e nemmeno il tempo della sua realizzazione per quanto tracciabile secondo alcuni segnali.
Pur negando -a livello di criptoletteratura- anche per l'incredibile astrusità e complessità dell'operazione una qualche motivata correlazione tra la "vignetta" dell'icona, comunque da elaborare e finalizzare e da intendersi quindi come un suggerimento e quindi i contenuti anche sofisticati dell' antiporta realizzata da Domenico Piola e Gio. Battista Striglioni non pare del tutto da escludere ai fini della realizzazione di una vignetta che travalicasse ogni opposizione l'analisi di quel periodo in cui fu alquanto intensa la
RELAZIONE INTELLETTUALE FRA ANTONIO MUSCETTOLA, ANGELICO APROSIO, DOMENICO PIOLA E GIOVANNI BATTISTA STRIGLIONI.
[Con il tempo la limitatezza dell'ambiente culturale di Ventimiglia aveva deluso Aprosio anche in relazione alla pratica dell'ozio negozioso, fatiscoso o letterario, un raffinato pregio che "il Ventimiglia" aveva però, in effetti, conosciuto solo nelle grandi città da lui frequentate ed abitate = del resto non fu lui certo l'unico a recepire questa realtà e tanti altri - come qui si legge - trattarono questo argomento in merito ad altre località e situazioni intellettualmente non centralistiche: Gino Benzoni in
questo saggio davvero mirabile dal titolo peraltro emblematico Un'ancora di Salvezza per l'intellettuale del seicento: l'accademia.
All'Aprosiana di Ventimiglia i processi cui si riferisce il Benzoni
si replicarono in una tipologia pressoché simile a quella menzionata dall'autore moderno ma -occorre precisarlo- l'arco evolutivo completo dell'esperienza accademica non fu propriamente colto da Angelico Aprosio bensì dal suo diletto discepoli Domenico Antonio Gandolfo]. .
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L'iconologia trae la sua origine di lessema risultando composta da due termini greci, precisamente eikon nel senso di immagine e logía in quello di discorso: sì da intendersi con un solo termine il concetto di "descrizione approfondita" di un'immagine. Si tratta in definitiva di quel settore della Storia dell'Arte volto ad organizzare una esplicazione delle immagini, dei simboli e delle figure allegoriche dell'arte. In essa si riscontra altresì lo sforzo di motivare razionalmente la simbologia degli studi esoterici e degli animali del bestiario, in gran parte di genesi medievale e genericamente derivati dal Physiologus testo presumibile del II secolo nemmeno esclusi i "Bestiari di Cristo" vale a dire la simbologia zoomorfica collegata all'incarnazione di Cristo e all'iconologia cristiana = un contesto sapienziale entro cui primeggia l'enciclopedia detta Il Bestiario del Cristo opera di Louis Charbonneau-Lassay (1871-1946) con 1.100 incisioni, tradotta dal francese anche in italiano. Le simbologie degli animali umanizzati restano i protagonisti indiscussi non solo delle favole antiche e delle fiabe più recenti ma specialmente dei cartoni animati. L'iconologia si differenzia dall'iconografia, perché questa si occupa della descrizione dei temi presenti nell'opera d'arte, mentre l'iconologia ha lo scopo di interpretare gli stessi temi. Tra i padri di questa disciplina è da ascrivere Aby Warburg (1866-1929): consequenzialmente è una disciplina d'origine relativamente moderna pur se non si deve mai disconoscere la valenza di un libro, molto apprezzato dall' Angelico Aprosio più criptico e simbologico, vale a dire l'opera di Cesare Ripa, l' Iconologia overo Descrittione Dell'imagini Universali cavate dall'Antichità et da altri luoghi, nel 1593 editata in Roma per i torchi degli eredi di Giovanni Gigliotti (a titolo esempliicativo della produzione del Ripa si sistemano qui, con adeguati collegamenti ipertestuali due figurazioni effigianti rispettivamente l'ERESIA e quindi la FRODE)
A livello bibliografico si possono riconoscere vari contributi tra cui:
J. Bialostocki, Iconografia e iconologia, ad vocem, Enciclopedia Universale dell'arte, VII, Roma-Venezia, Istituto per la collaborazione culturale, 1958.
Erwin Panofsky, Studi di iconologia. I temi umanistici nell'arte del Rinascimento, Torino, Einaudi, 1975.
Praz, La tradizione iconologica in C. Ripa, Iconologia, Milano, Tea, 1992.
Cesare Ripa, Iconologia, a cura di Piero Buscaroli, due voll., Fogola Editore (collana La Torre d'Avorio), Torino, 1986
E. Wind, Misteri pagani nel rinascimento, Milano, Adelphi, 1986.
B. Guthmüller, Il mito e la tradizione medievale, in Immagini degli dei. Mitologia e collezionismo tra '500 e '600, catalogo della mostra di Lecce a cura di C. Cieri Via, Milano, Leonardo, 1996.
Louis Charbonneau-Lassay, Il bestiario del Cristo (2 voll. tradotti da Silvestra Palamidessi e Pietro Lunghi per il I vol. e da Maria Rita Paluzzi e Luciana Marinese per il II vol.), Edizioni Arkeios, Roma, 1994 ISBN 88-86495-02-1
Alessandro Grossato, Il libro dei simboli. Metamorfosi dell'umano tra Oriente ed Occidente, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, ottobre 1999. ISBN 88-04-47239-1 ]

Testo con relativa informatizzazione a cura di Bartolomeo Ezio Durante

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