cultura barocca
Dal caso "Farinelli" (Carlo Broschi, qui in un ritratto) all'ultimo dei castrati "Carlo Moreschi" la fortuna di alcuni evirati cantori = ma anche la sventura di molti che, contro la legge fatti castrare dai genitori o da altri se senza famiglia, finirono per essere "schiavizzati" nelle così dette "Corti dei Miracoli" ad opera di crudeli "Mercanti di Meraviglie Il dibattito sulla "castratura" dal cristianesimo originario al XIII sec. all'Ottonelli e all'Azzolini ad Aprosio sin al Parini onde aggirare "il seducente e peccaminoso canto femminile": in dettaglio la fortuna del Farinelli/Farinello e la sua voce cui da alcuni fu attribuito il potere della fascinazione proprio delle Sirene - la grande amicizia con il celebre Pietro Metastasio e l' ammirazione per il Farinelli del poeta genovese Carlo Innocenzo Frugoni = si veda poi qui vietata l'opera di Evirati Cantori in Teatri Profani con l'avvento del Regno d'Italia (i procedimenti per la castrazione erano svariati ma mai veramente chiariti con certezza: quando fu proibita la Castrazione per fini musicali la si continuò a praticare con circospezione in luoghi segreti attraverso un sistema di "passa parola" come ci fa capire l'ottocentesco musicografo Charles Burney

Quando si parla di CASTRATI generalmente ci si riferisce ai cantanti che nel XVII-XVIII sec., durante la loro infanzia, venivano sottoposti nel CORSO DI UN'OPERAZIONE ILLEGALE LA CUI SEDE ERA TENUTA GELOSAMENTE SEGRETA PER EVITARE IRRUZIONI POLIZIESCHE E INTERVENTI DELLA GIUSTIZIA ad una mutilazione di tipo permanente detta evirazione (asportazione dei testicoli), di modo che il testosterone non avesse il tempo di entrare in circolo nell'organismo, bloccando così il trasformarsi della voce che avviene in tutti durante la pubertà.
Infatti questa "operazione" doveva essere effettuata tra i 9 e i 12 anni al massimo = in effetti la CASTRAZIONE HA ORIGINE REMOTE E PAGANE POI PASSATE NELL'IMPERO DI BISANZIO e solo dopo secoli di oblio si affermò in Europa, principalmente in ITALIA, DOVE LA MODA DEI CASTRATI COMPARVE PRIMA IN AMBITO PROFANO E POI ECCLESIASTICO
[Una chiosa che oggi può stupire ma che deve esser rapportata ad un'epoca in cui le feste e i divertimenti erano privilegio di pochi è che i ceti meno abbienti vedevano nelle Festività religiose anche occasioni di divertimento a cui facevano da corollario le musiche, sia profane ma molto censurate che sacre, sì che la frequentazione delle chiese era spesso legata alla qualità dei Cori che potevano vantare, ove la presenza anche occasionale di un Castrato poteva far inarcare qualità ed attenzione, quanto l'opera di Predicatori prezzolati -raramente in queste occasioni si cimentavano i Rettori locali- capaci di eccitare l'attenzione con orazioni che potevano diventare quelle pantomime da saltimbanchi contro cui scrisse spesso e non a torto A. Aprosio timoroso che potessero occorrere incidenti già in bilico per le tensioni intestine che quasi ovunque esistevano]
Prescindendo da queste postulazioni la crescente ricerca di evasione e la trasformazione sia del Teatro che della Musica Sacra non fu certo arrestata da queste voci isolate.
In merito alla musica per esempio in questo modo si ottennero cantanti dalle voci sublimi e nello stesso tempo sensuali (così ce le descrivono i cronisti di allora) che non avranno mai più vita, in quanto la castrazione venne proibita nella seconda metà del secolo XIX dopo che dal XVII secolo si era andato sviluppando un ACCESO DIBATTITO CUI COME QUI SI VEDE PARTECIPO' ANCHE L'ERUDITO DI VENTIMIGLIA ANGELICO APROSIO sulla moralità o meno di realizzare siffatte voci innaturali soprattutto per le CANTORIE ECCLESIASTICHE ma altresì per il TEATRO E LE RAPPRESENTAZIONI PROFANE.
Per quanto si parli spesso di CANTORIE ECCLESIASTICHE è tuttavia da rammentare come l'uso di "evirati cantori" non sia sempre stato unanimemente
CONDIVISO COI LEGISTI STATALI DAGLI INTERPRETI ECCLESIASTICI E COME,
SOTTOLINEANDO LA DISTINZIONE FRA CASTRATI, EVIRATI, SPADONI, EUNUCHI ECC.,
SIA SEMPRE STATA CONDANNATA LA COATTA O VOLONTARIA CASTRAZIONE

che al modo che si evince da questo basilare
**** TESTO DI DIRITTO CANONICO LA "CASTRAZIONE", COATTA E/O VOLONTARIA, COSTITUISCE PECCATO GRAVE COMPORTANTE LA SCOMUNICA ****.
eppure bisogna leggere con attenzione in quanto la posizione degli interpreti ecclesiastici fu spesso ondivaga e, motivo di certe prese di posizone avverso la castratura fatte da Aprosio, trovano la loro conferma nel fatto che non tutti i giuristi ed esegeti ecclesiastici son al suo tempo fautori di una condanna dell'evirazione o più frequentemente ne danno una
INTERPRETAZIONE ORA CONTRARIA, SPECIE IN MERITO A CASTRAZIONE COATTA DAI GENITORI
O AD AUTOCASTRAZIONE PER RAGIONI MISTICHE

ed ora, meno di consueto e tra più contestazioni, soprendentemente, non da tutti ma da comunque diversi interpreti e giuristi anche citati da Aprosio ma non solo parlandosi di
CASTRAZIONE ONDE OTTENERE VOCI ANGELICHE A FAVORE DELLE
" CANTORIE ECCLESIASTICHE "
:
in maniera di aggirare
i "pericoli morali" reputati di origine pagana ma conservati dagli islamici con "generale scandalo" sulla scia del cristianesimo delle origini
spesso ripreso attraveso i secoli da autori diversi come qui si può leggere:
IL CANTO FEMMINILE ERA SEDUCENTE E DANNOSO PER GLI UOMINI SCRISSE PER ES. NEL XIII SEC. STEFANO DI BORBONE
ED ANCORA
GILBERTO DI TOURNAY SOSTENNE "MA TU VERGINE..., CHE CANTI LE CANTILENE DEL SECOLO...ATTRAI E INGANNI L'INCAUTA GIOVENTU' =
ED IL CONCETTO SI CONSERVO' TRA GLI SPIRITI PIU' ANTIFEMMINISTI SI' CHE VENNE RIPRESO NEL '600
DAL MISOGINO VESCOVO LORENZO AZZOLINI CHE NELLA SUA SATIRA SULLA LUSSURIA
SCRISSE
"...L'ALME AVVELENA/ FEMMINEA VOCE..."
ED ANCORA
"MEGLIO SAREBBE A L'UOM DIVENTAR SORDO / CHE DAMIGELLA UDIR QUNADO CANTILLA / BARZELLETTE D'AMOR..."

[ Nella citata partecipazione al dibattito della castratura entro 3 Grilli in nome di quella prudenza comportamentale cui si è dedicato un "anche" a titolo della prudenza comportamentale da Aprosio imparata a sue spese e -all'interno di questo antico saggio - è forse stati abbastanza ingiusti nel demotivarne il messaggio a fronte di quello del Parini, che pur vivendo in "tempi nuovi" mutò il provocatorio titolo originale della sua Ode "L'Evirazione" con quello più morbido e generalizzante di "La Musica". E' vero che Aprosio dovette ricorrere, dopo essersi lanciato in un'accusa contro siffatta barbarie, stemperare i toni per non subire altre accuse quale Poeta nel senso periglioso di "Stravagante" sin al punto di mitigare dapprima il discorso entro parametri moralistici epocali, almeno in apparenza e poi di dimensionare il tutto nei due ultimi Grilli entro un contesto prevalentemente erudito ed iridescente quanto istituzionalmente innocuo: ma questa visione che si propose a suo tempo non è corretta e rende torto ad un personaggio che, per quanto non sempre lineare, qui la sua posizione vera la ha espressa, eccome, cercando poi di strappare qualche sorriso per evitare che il tutto sembrasse davvero uno schiaffo verso i sostenitori della Castratura con la conseguenza di farsi altri nemici tra i conservatori ad oltranza.
Il pensiero vero di Aprosio risiedeva e risiede infatti nell'iniziale Grillo XXIV dedicato a Girolamo Ghilini e dal titolo emblematico Della barbarie di Castrar gli huomini = in esso son numerose e contrastanti le citazioni di ordine medico e teologico ma dopo tante disquisizioni l'autore ha concluso il discorso (pag. 334) , sintomaticamente nel pieno rispetto della retorica ribadendola nella chiusa, la sua pubblica e ufficiale posizione di assertore convinto dell'assoluta validità della condanna della "castratura" redatta dal Ghilini -nella sua "Somma"- ove leggesi = "Non licet parentibus filios suos voce, cantu Ecclesiae inservituros, quamvis in id libere consentientes, intuito boni publici, Castrare (traduzione = " Non è lecito per i genitori, anche a scopo di pubblico vantaggio, far castrare anche se consenzienti i loro figlio onde in futuro servano con la loro voce la Chiesa nel contesto delle Cantorie ") = sanzione che non è affatto di poco rilievo anche se messa a fronte della generale ma sempre inficiata da qualche interpretazione, peculiare come di seguito sotto si legge, "condanna ecclesiastica della Castrazione" in quanto a differenza di queste altre forme di condanna: come nel caso qui proposto (pag. 217, col. II, par. I dall'alto) e ripreso da altri Testi Canonici la condanna del Ghilini -che come scritto Aprosio fa propria- non ammette alcuna opinione contraria né possibili scappatoie formali e tantomeno il principio del "pubblico vantaggio"; mentre traducendo quanto registrato dal menzionato testo di diritto canonico opera di F. Potestà si legge più estesamente " Ed ancora peccano mortalmente tutti coloro che, per quanto possano esser consenzienti, fanno castrare i propri figli onde siano atti al Canto. Caramuel, in theolog. fund. a num. 1063 (Juan Caramuel Lobkowitz spagnolo ma Vescovo di Vigevano corrispondente di Aprosio uno dei tanti autori spagnoli celebri e non con cui "il Ventimiglia" fu in rapporto e sui quali molto si deve agli studi di Mario Damonte e Anna Mignone). Giustificano e scusano però costoro diversi Dottori come il Tamb., lib 6. § 1, ed il Mastrius disp.11, n. 16: poichè nella castrazione di costoro esiste qualcosa di utile; da quel momento infatti essi diventano sonori cantori al servizio sia dello Stato che, onde celebrare le divine lodi, della Chiesa: di maniera quindi che siffatta utilità pubblica compensa quel danno arrecato al loro corpo equivalendo alla risoluzione di una necessità comunitaria; cosa che eguagli il fatto che, come per qualche necessità di un corpo da salvare si procede ad una qualsivoglia necessaria amputazione, così avviene nel caso di questa menzionata utilità per tutti del castrare: tenendo del pari conto che nell'intiero ecumene della Cristianità la prassi della castrazione è consentita" (principio su cui il Potestà ritorna in altro luogo della sua opera evidenziando ulteriormente la postazione assai più tollerante o se si vuole sofistica della Chiesa - seppur destinata a contrapporre interpreti dalle idee divergenti- a fronte dello Stato nel caso di castrazione volontaria od autocastrazione per accedere al massimo onore delle Cantorie Ecclesiastiche) ].
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L'unica testimonianza che è giunta di queste voci sono alcune registrazioni effettuate nei primi anni del secolo scorso da ALESSANDRO MORESCHI (CD "Alessandro Moreschi l'ultimo castrato " edito dalla Bongiovanni) che fu comunemente definito l'ultimo dei Castrati o meglio l' "ULTIMO CASTRATO" CANTANTE PER LA CHIESA: COMPRESA LA CANTORIA DELLA "CAPPELLA SISTINA" essendo già stata vietata l'opera di CASTRATI IN TEATRO PROFANO CON L'AVVENTO DEL REGNO D'ITALIA.
I procedimenti per la castrazione erano svariati ma mai veramente chiariti con certezza: la CASTRAZIONE PER FINI MUSICALI ERA INFATTI PROIBITA e veniva praticata con molta circospezione IN LUOGHI SEGRETI SPESSO ATTRAVERSO UN SISTEMA DI "PASSA PAROLA" COME CI FA CAPIRE L'OTTOCENTESCO MUSICOGRAFO CHARLES BURNEY : voci non accertate affermavano che si immergevano i bambini nel latte, o nell'acqua, bollente, dopo essere stati storditi con dell'oppio, eseguendo quindi un piccolo taglio nella parte posteriore dell'inguine, dal quale venivano sfilate le ghiandole, anche se a dir di altri questa operazione oltre ad essere molto dolorosa non garantiva i risultati.
Le ragioni che spingevano le famiglie a "vendere" i loro figli allo scopo di OTTENERE VOCI BIANCHE PER IL TEATRO E/O LE CANTORIE ricorrendo, tra molti rischi, a quella che era anche detta MEDICINA/CHIRUGIA DEL DOLORE (VEDI) erano spessi suggerite dalla MISERIA DI UN'EPOCA SOSPESA TRA SPLENDORE E MISERIA.
A parte quei bambini che continuavano a vivere nelle loro umili famiglie convinte dalla speranza di trovar sollievo economico dalle sperate fortune di un "EVIRATO CANTORE" non mancavano certo coloro che materialmente cedevano in cambio di denaro, sì che ricevevano una certa somma di denaro e contestualmente si trovavano con un figlio in meno da mantenere, ad ISTITUZIONI ECCLESIASTICHE oppure a MAESTRI DI CANTO se non nei casi limiti a quei criminosi personaggi che nelle squallide
"CORTI DEI MIRACOLI" che andavano sotto nome di "MERCANTI DI MERAVIGLIE".
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Invero non pochi di questi "castrati" si assicuravano peraltro un futuro economicamente tranquillo, ferma restando l'eccezione rappresentata da FARINELLI, di cui si può qui vedere, con ulteriori notazioni, un RITRATTO, destinato a costituire un autentico caso nella tradizione melodica.
[AL SUO CANTO ALCUNI ATTRIBUIVANO IL DONO MAGICO DELLA "FASCINAZIONE" PROPRIO DELLE MITOLOGICHE "SIRENE" = anche se dati i tempi non era un fenomeno da ragazzine in crisi di fanatismo isterico, amplificato da suggestionamenti mediatici, per le esibizioni di qualche gruppo canoro moderno o contemporaneo, dai Beatles ai Rolling Stones e via dicendo, effettivamente alcuni di questi cantori, e il Farinello/-i in particolare, suscitavano spesso reazioni di adorazione parossistica, capace di indurre allo svenimento paraerotico, in molte donne, giovani e non: alcuni ritenevano che ciò fosse in rapporto alla facoltà del canto, indubbiamento sublime di costoro, di penetrare nella più ricettiva e sensibile "zona cava", quella poi detta "zona morta" femminile: cioè uno spazio encefalico ed emozionale reputato da alcuni fisici maggiormente condizionabile nella donna che nell'uomo: e su cui in definitiva poggiava in senso meno scientifico quanto più esplicitamente misogino il tema della "Lunaticità delle Donne" per questo anche " giustamente " da sottoporsi al controllo maschile, paterno o maritale ( anche se tutto poi rientrava nell'atavico terrore di Pizie, Profetesse, Streghe in forza di fenomeno registrato dai repertori storici quanto dai testi canonici come già proprio dell'antichità, seppur in relazione a finalità diverse: come nel caso di alcune donne che avrebbero recepito e/o magari proiettato, forse anche sotto l'effetto psicotropo di perticolari sostanze , messaggi subliminali a loro volta sublimati in preveggenza e profezie; vedi qui = "antro della Sibilla"); questa serie di elocubrazioni, comunque interagenti con indubbi interessi di rivalità anche tra teorie mediche, indusse dal tardo '700 a sospetti e investigazioni, anche della legge oltre che della medicina ufficiale, dapprima avverso ipnotizzatori e presunti "cantori ammaliatori" e quindi soprattutto contro il Magnetismo Animale di Mesmer ritenuto forma per investigare sui segreti delle famiglie sottoponendo a pseudoterapie soprattutto le donne (sì da giungere del "mesmerismo" a questa condanna ufficiale anche ad opera del Sant'Ufficio; e qui integralmente trascritta). MA AL DI FUORI DI QUESTE ESTERNAZIONI SUL PARANORMALE LA SUA FAMA DIVENNE REALMENTE ECCELSA = A PRECINDERE DA PIETRO METASTASIO (CHE NON SOLO FU CELEBRE AUTORE TEATRALE MA CURO' SPESSO ANCHE RAPPRESENTAZIONI PRIVATE, PER FESTE E SPECIALMENTE PER NOZZE) EBBE CON LUI UNA INTENSA CORRISPONDENZA EPISTOLARE (BASTA QUI LEGGERE DA UN'OTTOCENTESCA SILLOGE DELL'OPERA DEL METASTASIO UNA SERIE DI LETTERE CHE EGLI SCRISSE AL FARINELLO/ -I USANDO CON AFFETTO L'APPELLATIVO DI PROPRIO "GEMELLO AMATISSIMO" = NELL' OPERA OMNIA OTTOCENTESCA DEL METASTASIO DONDE SON TRATTE LE LETTERE L'AUTORE DELLA BIOGRAFIA DEL POETA E DRAMMATURGO, CIOE' G. B. CORNIANI RIPORTO' UNA NOTA A CORREDO DI UN SONETTO AL "FARINELLO" DONDE SI EVINCONO LE RAGIONI DELL'APPELLATIVO TRA I DUE DI "GEMELLI" (LEGGI NOTA 1, FINE PAG. XV) = A TITOLO DOCUMENTARIO NON SI PUO COMUNQUE' NON RAMMENTARE -PUR TRASCURANDO TANTI ALTRI SUOI COLTI ESTIMATORI- L'ELOGIO POETICO CHE DEL FARINELLO COMPOSE -COME QUI SI LEGGE- DEFINENDOLO PORTENTO DE LE AUSONIE SCENE IL CELEBRE POETA GENOVESE CARLO INNOCENZO FRUGONI NEL LIBRO QUI DIGITALIZZATO DELLE SUE RIME (CON INDICI MODERNI)]














Il suo nome autentico era CARLO BROSCHI, nato ad Andria (Bari) nel 1705 (sarebbe morto a Bologna nel 1782).
Prese il nome d'arte dall'appellativo con cui era stato sempre chiamato, FARINELLI o FARINELLO in quanto protetto della potente famiglia Farina.
Allievo a Napoli di Porpora, Porporino e Caffarelli iniziò a 15 anni (esibendosi sempre a Napoli nella serenata Angelico e Medoro scritta dal Metastasio e musicata dal Porpora) una carriera di SOPRANISTA che l'avrebbe portato ai vertici della fama.
Idolatrato e pagatissimo FARINELLI trionfò nei principali teatri d'Italia e d'Europa, ricoprendo un ruolo di primo piano (assieme alla Cuzzoni ed al contraltista Senesino) nella disputa tra Porpora e Haendel.
Difronte alla crisi dell'operistica italiana FARINELLI si trasferì quindi a Madrid dove risiedette per nove anni da 1737, divenendo l'idolo incontrastato del re Filippo V a servizio del quale svolse molteplici ruoli da quello di cantante a quelli di impresario, direttore teatrale e persino segretario particolare.
Essendo personaggio di garbo, per nulla altezzoso e capace di farsi amare, FARINELLI godette anche della stima del successore di Filippo V cioè del nuovo re di Spagna Ferdinando IV.
FARINELLI non giunse invece gradito al nuovo sovrano del 1759 Carlo III ed allora decise di lasciare Madrid: raggiunse subito Napoli ma presto si trasferì a Bologna (1761) e nella villa splendida che si fece costruire intrattenne amichevoli contatti coi più prestigiosi personaggi della sua epoca.
Stando a quanto scrive Burney "la voce di FARINELLI non era soltanto di prodigiosa agilità, tanto da poter competere con un clarino, forte e di grande estensione, ma si piegava all'espressione degli effetti con toccante tenerezza (vedi: R. Bouvier, Farinelli chanteur des rois, Parigi, 1943).













Non deve stupire l'accostamento del frate agostiniano Angelico Aprosio colla querelle dell' EVIRAZIONE, che sarà tuttavia di moda solo verso la fine del settecento = mentore di questo DIBATTITO FU CERTAMENTE IL PARINI DELL'ODE LA MUSICA -NOME FINALE E MENO PROVOCATORIO DI QUELLO ORIGINALE: L'EVIRAZIONE- MA COME DETTO PARECCHIO TEMPO PRIMA ANCHE APROSIO E NON SENZA SPUNTI ACUTI ANTICIPO' ALCUNE RIFLESSIONI SUL TEMA COME QUI SI VEDE
Il ventimigliese vi si impegnò in alcune sezioni di una sua operetta, La Grillaia curiosità erudite di Scipio Glareano (suo pseudonimo), ed. De Bonis, Napoli, 1668, e specialmente nel Grillo (o capitolo) XXIV intitolato Della barbarie di castrar gli uomini.
Non ci si può attendere da queste pagine la satira pungente e moralmente impegnata del Parini (si ricordi l 'ode La Musica, già intitolata l'Evirazione, probabilmente recitata, prima della pubblicazione, nel 1762, in una seduta dell 'Accademia dei Trasformati).
Il poeta di Bosisio oltre che un'ispirazione ed un talcnto ignoti all 'Aprosio aveva infatti alle sue spalle una tradizione di discussioni, di matrice illuministica, contro l'EVIRAZIONE, la cui pratica era passata dall'Oriente allo Stato Pontificio ed era giustificata dallo scopo di ottenere delle VOCI DI SOPRANO da attori di sesso maschile (Cfr.: B. MARCELLO, Il Teatro alla Moda, 43).
Al tempo di Aprosio vi furono alcune prese di posizione contro questa usanza, ma lc uniche autentiche, appassionate invettive comparvero solo nella seconda metà del secolo con le Satire del napoletano Ludovico Adimati (II, 204) per giunta pubblicate postume nel 1716 e di Salvator Rosa (La Musica, vv. 93-99), che furono 1etterati per vari aspetti estranei al mondo culturale del frate ventimigliese.
L'EVIRAZIONE era inoltre un istituto tollerato dalla Chiesa postridentina, tantopiù che la funzione, per così dire strumentale dei castrati, non equivaleva ad una loro qualificazione morale per cui essi erano relegati dalla religiosità spicciola in un limbo morale senza possibilità né dignità di riscatto (Cfr. Bibbia volgar., II, 316: l'eunuco ch'ha mozzo ogni cosa, o vogli tu dire castrato e quelli ch'hae tagliato i testicoli... non entreranno nella gesia di Dio tuo Signore .
In genere si trattava di tali individui per suscitare riso e non pena e a questo proposito si legga, uno per tutti, il Berni (II-199, 22-37): Gridava il vecchio, che parea castrato .
Aprosio si accosta all'argomento per curiosità erudita e soprattutto perché il Grillo in questione è dedicato all'abate Gerolamo Ghilini che, nel suo Teatro degli uomini letterati o più precisamente in una parte rimasta manoscritta e letta dall'Aprosio, aveva riprovato l'usanza di far castrare i figli, anche consenzienti, onde rendere loro possibile l'ingresso nelle CANTORIE ECCLESIASTICHE.
A una prima lettura pare evidente la posizione di Aprosio contro i fautori dell'evirazione tra cui l'agostiniano Michele Salon ed il teatino Zaccaria Pasqualigo; soprattutto quest'ultimo si coinvolse in un dibattito acceso con il padre teatino Antonio Diana ed il medico forentino Giovanni Nardi, che ritenevano illecita la CASTRATURA.
Aprosio la definisce barbara usanza e, cosa stupefacente per uno come lui che preferiva farsi più amici che nemici, ne definisce ultrabarbari , i sostenitori (p. 321).
e' curioso notare come le sue argomentazioni, pur con maggior moderazione, siano talora in sintonia con quelle dell'ode pariniana.
Egli però non esprime sempre in prima persona il suo pensiero ma, alla stregua di molti altri eruditi barocchi, lo propone citando brani di autori con cui si dichiara in accordo.
Il Parini ai vv. 6-10 della Musica dice Ah pera lo spietato / genitor che primiero / tentò di ferro armato / l'esecrabile e fiero / misfatto onde si duole / la mutilata prole .
Angelico riporta le più moderate parole del Ghilini, che sanno certo di imperativo categorico, ma non possiedono l'indignata energia dei versi precedenti: Non sia concesso ai padri, per il pubblico bene, di castrare i propri figli allo scopo di servire nella Chiesa colla voce e col canto, anche se questi si dichiarano consenzienti (traduzione dal latino).
Dice ancora il Parini, vv. 19-20: Oh misero mortale / ove cerchi il diletto? / Ei tra le placid'ale / di natura ha ricetto / là con avida brama / sussurrando ti chiama... e soprattutto, vv. 31-36: Tul non però contento / dei suoi doni, prorompi / contro a lei (la natura) violento / e le sue leggi rompi, / cangi gli uomini in mostri / e lor dignità prostri.
Anche per Aprosio si tratta di una violenza, specie contro la natura e di conseguenza contro Dio di cui questa è creatura; dopo una pluralità invero eccessiva di citazioni, che vanno dalla Genesi, a S. Agostino, a Galeno, con cui vuole ribadire come i castrati siano un fenomeno estraneo alla creazione e cioè dei mostri, Angelico, alla stregua del poeta di Bosisio, si oppone ai teorici dell'EVIRAZIONE dicendo: Ci sono stati però ingegni così temerari, che si stimarono d'aver potuto insegnare a Dio, se si fossero trovati presenti dell'Universo alla Creazione: e tali furono il Momo Lucianico ed Alfonso X re di Spagna, se crediamo a Giovanni Mariana, che ne scrisse l'Historia (pp. 311 e sgg).
E così via in un crescendo sufficientemente sostenuto di rimproveri in volgare ed in latino.
Il suo discorso sembra quasi acquistare i toni dell'invettiva quando esclama (p. 328): Ed a questo fine (di strumenti musicali) devono essere mutilati i giovinetti, acciocché con le loro melate voci si facciano correre appresso le genti...? ed il climax iperbolico ascendente raggiunge l'acme del pathos nell'esclamazione o insanam vanitatem!, o vanam insaniam! (cioè oh insana vanità! oh vana follia! ).
L'espressione latina è certo piu efficace dell'equivalente italiana, sia perché riproduce le drammatiche iperboli di Cicerone (o tempora! o mores! = o tempi! o costumi!) sia perché le allitterazioni, le paronomasie, e le assonanze, che si inseguono nel piccolo chiasmo, generano grande impressione nel lettore che comprende come l'esclamazione latina, proprio per la funzione emotiva della lingua e del linguaggio scelti, abbia la precisa funzione di sottolineare il giudizio etico dell'Aprosio sull'EVIRAZIONE.
Mentre però il Parini ritiene che la soluzione più semplice e logica consista nel sostituire ai CANTORI EVIRATI dei SOPRANI DI SESSO FEMMINILE (ode cit., vv. 25-30: Ella - la natura - feminea gola / ti diede onde soave / l'aere se ne vola / or acuto ora grave; / e donò forza ad esso / di rapirti a te stesso ), Aprosio si dichiara contrarissimo a tale espediente e muove rimproveri al padre gesuita Incofero che aveva proposto una simile soluzione (La Grillaia, p. 328).
Il frate ventimigliese si dimostra seguace un pò banale di una corrente letteraria postridentina che riprende, dopo averli ideologicamente elaborati, temi antifemministi costantemente vivi nella precedente tradizione cristiano-cattolica (anche se smussati nelle asprezze tra la fine del '300 ed il '500) ma particolarmente evidenti nelle prediche tenute (secolo XIII) da Stefano di Borbone, Umberto da Romans e Gilberto da Tournay (Cfr.: C. Casagrande (a cura di), Prediche alle donne del XIII secolo, Bompiani, 1979).
Come Gilberto da Tournay (op. cit.: Ma tu vergine..., che canti le cantilene del secolo... attrai e inganni l'incauta gioventù) egli reputa pericolosissimo per lo spirito degli uomini, specie dei giovani, il canto femmineo.
Aprosio esprime quanto pensa con alcuni versi di una Satira sulla lussuria del misogino Vescovo Lorenzo Azzolini dove si dice (vv. 364-365): ... l'alme avvelena / femminea voce... ed ancora (vv. 370-372): Meglio sarebbe a l'uom diventar sordo / che damigella udir quando cantilla / barzellette d'amor... .
Per Angelico la soluzione migliore (del resto poi adottata nclle CANTORIE ECCLESIASTICHE) è quella proposta dal Nardi (An. 2, Hoc. gen. 6, c. 1, p. 342): ...che cosa vieta di sostituire a coloro che cessano di essere efebi nuovi impuberi ed ammetterli nel coro? Infatti tolto uno, non manca chi lo possa sostituire (traduzione dal latino).
Sia Aprosio che Parini sono convinti che l'EVIRAZIONE abbia avuto origine in oriente; Parini dice (vv. 37-42): Barbara gelosia / nel superbo oriente / so che pietade oblia / ver la misera gente / che da lascivo inganno / assecura il tiranno ed insiste sulla funzione di guardiano dell' harem riservata all'Eunuco.
L'Aprosio non parla solo degli Arabi ma pure di Semiramide, dei castrati dclla greca dea Cibele e dell'Attis catulliano (La Grillaia, pp. 335-338).
Non è, come il Parini, troppo severo cogli Arabi e se riporta la testimonianza di Avenzoar a proposito delle funzioni degli evirati dell'harem (citata dal Cabotio, Epod., p. 415) cita una incontrollabile frase del chirurgo Albucasi: Sappi che la castrazione (intesa come pena però!) nella nostra legge è stata soppressa (traduzione dal latino).
Fin qui le consonanze tra i brani di Parini ed Aprosio, anche se al discorso conciso ed efficace del poeta della Musica si contrappone il periodare prolisso e zeppo di citazioni del ventimigliese.