cultura barocca
Prima ancora della sua erezione e quindi alle origini del Convento Agostiniano di Ventimiglia dalle origini al '600 nella descrizione aprosiana (dalla piccola chiesa di S. Simeone alla Chiesa e Convento di N. S. della Consolazione poi semplicemente detto di S. Agostino) Provvedimenti aprosiani contro spoliazione, devastazione, alterazioni del suo Museo a Ventimiglia: analizza = Breve Papale e Scomunica Latae Sententiae = il giudizio di Aprosio su Ventimiglia, ambiente e cultura e poi quello del suo successore Domenico Antonio Gandolfo

Nella stampa sopra proposta il riquadro in rosso non è attivo ma destinato ad avvolgere la struttura della Chiesa e del Convento degli Agostiniani in Ventimiglia = però cliccando qui se ne può vedere una pianta cartografica vinzoniana del '700 (con approfondimento sugli eventi bellici che la coinvolsero del '700) ed invece cliccando qui si può visualizzare la struttura in una plausibile ricostruzione con l'avvenuta realizzazione della Biblioteca .
Nella propria postazione intellettuale onde far intendere che il ritorno a Ventimiglia non era stata una "sconfitta", come per alcuni, ma un ritorno alla quiete operosa nella mai obliata patria Angelico Aprosio cerca di attribuire a Ventimiglia i connotati potenziali del luogo ameno e riparato, ottimale per lo studio pur dovendosi destreggiare coi suoi labirintismi linguistici in merito ad un' area storicamente reputata insalubre e ancora per molto tempo dopo la morte del frate in alcuni documenti ritenuta apportatrice di malaria.
Aprosio sommo bibliofilo qui effigiato entro la fino ad ora sconosciuta bozza di un'icona emblema della Biblioteca Aprosiana (dopo le recenti migliori strutturata in queste due distinte sedi) in varie riflessioni propone, contro l'opinione corrente (cioè l' esser Ventimiglia malsana) una sua anche appassionata valorizzazione ambientale della città ma da "poeta" nel senso di spirito bizzarro" come all'epoca da tempo di lui si diceva, nemmeno manca talora di esplicitare un suo lato umorale e polemico. Questo aspetto caratteriale bene si evidenzia laddove l'erudito frate viste le contestazioni sorte in Ventimiglia e mosse da alcuni Ventimigliesi, sulla scia del suo personale nemico frate Tragopogono, in merito alla realizzazione della Biblioteca Aprosiana sorprendentemente mutatis mutandis e rovesciando il suo giudizio definisce Ventimiglia città con "Cielo di aria grossa" (pag. 259, riga III dall'alto de La Biblioteca Aprosiana) ove"...li Poeti non fanno numero..." (pag. 258, riga XIII dal basso) parlando di Paolo Agostino Orengo (pag. 258, riga IV dal basso de La Biblioteca Aprosiana) cui dopo aver elencato per suo giudizio la pochezza di poeti in Ventimiglia consiglia di recarsi altrove se intende aver successo nella "Repubblica delle Lettere" atteso che a suo dire, esprimendo un parere decisamente acido, = "... [a Ventimiglia] molti disprezzano la Poesia: Ma chi sono costoro? Persone appunto di nissun talento / gente a cui si fà notte innanzi sera'( giudizio non a caso elaborato sulla base del verso 39 del Triumphus Mortis ("Trionfo della Morte") di Francesco Petrarca] affermazione acida cui ne allega anche una decisamente cruda per cui sempre a Ventimiglia, terra di buon vino moscatellino, non ci si curerebbe di bere il vino per trarne ispirazione poetica come da alcuni sostenuto ma addirittura "lo si tracannerebbe"
" Non è però da dimenticare che queste considerazioni critiche avverso il bagaglio culturale dei cittadini di Ventimiglia per certi aspetti è un concentrato di altre e più generali esperienze attestate dall'aristocratico Aprosio su un piano assai più esteso = egli infatti entro il Capitolo o "Grillo XIII" della Grillaia del 1668 sviluppò un discorso su livello panitaliano e addirittura paneuropeo redigendo in pratica un trattatello intitolato Della poca stima, ce si fà delle buone lettere, e de' Letterati, e della cagione in cui affrontò
IL TEMA, SU SCALA MOLTO PIU' ESTESA RISPETTO A QUELLA RISERVATA ALLA SOLA CITTA' NATALE,
facendo ruotare il senso delle riflessioni intorno alla rarissima Satira Nos canimus surdis verosimilmente opera del "Persio pistoiese" Nicola Villani]
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Formulata questa dovuta, ultima precisazione, pare comunque essenziale, come sopra detto, che all'Agostiniano risultasse essenziale, soprattutto, che tra gli amici lontani non si spargesse
la voce che si fosse alla fine rifugiato nella provinciale e reputata insalubre città patria per sfuggire ad una personale nomea, vetusta, in parte dimensionata ma in qualche caso ancora riproposta dagli estri del suo carattere: per questo mirava a precisare che a lui non interessavano tanto i Ventimigliesi -come del resto ad altri letterati ancora i loro reciproci concittadini, specie se dovuti ritornare essi in luoghi natii poco illustri- ma l'ambiente di Ventimiglia anzi, alla resa dei conti, mirando, per aumentare di credibilità e volendo attestare la propria onestà intellettuale contro le dicerie, a identificare e segnalare quelle oasi benefiche che effettivamente esistevano nell'agro ventimigliese: una nell'area conventuale ed una seconda nella "Villeggiatura di Latte" ove, oltre a veri e propri riposi "turistici" di cittadini agiati e di non ventimigliesi, nei periodi di contagio, come accadeva a Genova a riguardo delle ville circondariali, riparavano i nobili e i ricchi locali che colà avevano eretto belle dimore. Il discorso, così elaborato era anche attaccabile, ma nelle parole aprosiane, cui ancora da molti si dava credito, e tenuto conto che in altri luoghi non dissimile era lo stato delle cose, risultava quantomeno importante che ad alcune contrade del ventimigliese, quelle da lui dichiarate come eminentemente frequentate, spettasse il carisma del sopra citato luogo ameno e riparato idoneo per modernamente replicare l' aristocratico
otium litterarium = cioè l' "ozio lontano dagli affanni ed affari del vivere quotidiano" dei letterati classici, da lui tanto ammirati, poi detto specie ai suoi tempi "ozio negozioso" od "ozio faticoso" inteso come "vivere nella quieta d'un ambiente ottimo, dedicandosi principalmente al lavoro intellettuale, pur connesso ai piaceri del ben mangiare e bere ma sempre e solo con amici selezionati, colti e pronti al dibattito erudito
come in certe ville di Genova.
Invece, pur nel contesto di una estrema ammirazione per il Maestro, differisce sul tema la postazione del successore di Aprosio, D. A. Gandolfo (purtroppo poco e mal studiato, anche da Girolamo Rossi che pure deteneva documenti rilevanti sul personaggio) meno interessato all'habitat e più interessato, a riguardo della Biblioteca Pubblica, quale un polo di attrazione e concentrazione degli autori locali (poco considerati, come sopra ben si vede, da Aprosio): non abbandonando, prima dell'abbandono, per doveri religiosi, di Ventimiglia per l'area romana, il potenziamento sia strutturale che libresco della biblioteca intemelia sì da meritarsi l'aperto e pubblico elogio di amici, fautori e corrispondenti di Aprosio ma neppura trascurando le novità culturali paneuropee in fieri, specie in dipendenza di una distinta formazione culturale connessa in particolare ai rapporti del II Bibliotecario con le scuole di Maurini, Trappisti, Mechitaristi
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Di Cosimo Bartoli (vedi col ritratto vita e opere) l'erudito Aprosio detto "Il Ventimiglia" si interessò, come di altri, soprattutto qual linguista, volgarizzatore e traduttore (pag. 259 dell'aprosiano repertorio biblioteconomico): "Il Ventimiglia" trattando della sua Biblioteca Aprosiana e volendo dare, contro un'opposizione e una polemica non da poco in merito alla sua realizzazione,
una sorta di
arguta giustificazione, nemmeno estranea alle tecniche della "dissimulazione onesta " di Torquato Accetto, scrisse come qui si legge
di averla eretta qual
Biblioteca Pubblica
anche, pur se certo non esclusivamente, ad utile e vantaggio dei
meno abbienti non acculturati e indotti di latino sì da doversi impegnare in spese notevoli per avvocati non sapendo ma soprattutto non potendo valersi di testi giuridici, in ispecie volgarizzati.
Contestualmente, ed invero
poco patriotticamente, per ragioni connesse sia a sue scelte culturali che a deteriorate relazioni con l'ambiente locale dopo l'entusiasmo per il ritorno in patria caldeggiato da Basilio Bernardi,
di seguito Aprosio sostiene, con qualche ritorno della sua non immotivata ma qui, come nel caso della polemica con Arcangela Tarabotti, inopportuna e poco diplomatica presunzione intellettuale, che (a Ventimiglia) Li Poeti non fanno numero [concetto espresso a p. 258 (riga XIII dal fondo) del Repertorio Biblioteconomico non troppo originalmente intitolato Biblioteca Aprosiana, sì da riprendere il nome della "Libraria" ma in maniera più estesa ed aspra già sviluppato a p. 35 della stessa opera (VIII riga dal fondo) facendo interagire con quelle del letterato e poeta tedesco Paul Schede le sue personali considerazioni già editate nella Grillaja in merito all' antico e classico interrogativo "se il bere del buon vino sia un incitamento a produrre poesie di ottimo livello" e tutto ciò pur nel contesto di un'interessata idealizzazione letteraria di Ventimiglia qual "potenziale sede" dell'otium negotiosum, dalla classicità, ricercato da poeti, letterati ed eruditi].
La
valorizzazione -contro una cattiva reputazione climatica- dell'ambiente intemelio, da Aprosio descritto invece come "potenzialmente idoneo alla fruizione della cultura" (pur in un contesto demico da far evolvere, magari con strutture sapienziali come la "Libraria")
si pone per l'erudito agostiniano, quale irrinunciabile, atteso lo scopo, essenziale nel contesto epocale dell'aristocratica cultura seicentesca, di
stornare l'idea, già nascente in alcuni "amici", di risiedere oramai al pari d'un esule ai "confini dell'Italia colta" (e per questo, si veda sotto una valenza critica, per l'importanza più esplicita di quanto oggi si creda del personaggio, questa considerazione di J. Lapi sull'areale di Ventimiglia, non sappiamo se direttamente esperita o suggerita - come pare - da un'astuta mossa epistolare di Aprosio).
Mediamente, infatti, sfugge l'importanza della sanzione epistolare di Jacopo Lapi che può dare l'idea di un ritiro aprosiano in un areale adatto all'
Otium Negotiosum, degno dei "Deipnosofisti" di Ateneo od ancor meglio di Orazio quasi al pari, per non citare altri siti, di Albaro, Sampierdarena od altre amene e celebratissime ville del seicentesco genovesato
vivendo egli, lontano dal frastuono del rumoroso quotidiano esistere della gente comune, nel pacato riparo del suo Convento e della sua "Libraria" spesso definita
Museo, quasi alla stregua di una "Wunderkammer" o "Camera delle Meraviglie", circondato dai suoi libri e quadri ma anche dai reperti di romanità e dalle raccolte numismatiche
vanamente difesi e quindi saccheggiati nel corso dei secoli da tante troppe guerre e troppa umana ingordigia
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Come appena scritto non si coglie e mai, veramente, si è colta, nemmeno dagli studiosi, la citata sanzione perchè da sempre è sfuggita la rilevanza epocale di
Jacopo Lapi che non è nel '600 una persona qualunque ma che, sotto i nomi di Jacopo Lapi o Jacopo Del Lapo, costituisce, come qui si legge, un basilare tratto d'unione tra Aprosio e quell'ambiente culturale assai gratificante che all'epoca è quello fiorentino percorso dai ferementi della Scienza Nuova:
di maniera invece che all'epoca la frase scritta ad Aprosio assume, proprio in quanto redatta da tal personaggio, una sorta di lasciapassare a favore della nuova scelta residenziale del frate erudito, non qual area periferica ma realmente luogo in cui con quelli della mente si possono godere i benefici di un contesto ambientale proficuo alla ricerca intellettuale.
Tuttavia, assodata la qualità dell'ambiente intemelio idonea al lavorio intellettuale, resta fuor di dubbio che per il frate agostiniano (portato a citare piuttosto i soggiorni in Ventimiglia, presso di lui, di letterati non locali [ come il cremonese Lorenzo Legati (corrispondente di Aprosio ma altresì curatore della stampa del suo basilare repertorio economico) - allora illustre ma tuttora ricordato soprattutto come curatore della pubblicazione del "Repertorio del Museo di Ferdinando Cospi annesso a quello di Ulisse Aldrovandi" - che nelle sue lettere oltre a tenerlo informato dei progressi della stampa del repertorio Biblioteconomico della Biblioteca Aprosiana lo ragguagliava di molteplici letterati del passato e del presente ma del pari ad Angelico chiedeva informazioni libresche (con possibilmente ritratti di autori) per le sue opere in merito ad autori vari (relative comunque eran quelle su autori ligustici e non inganni dal cognome "Silvia Ventimiglia" autrice di "Versi stampati in honor della Vergine del Rosario" anche se poi scrisse di tal "Vincenzo Rinieri Olivetano" di Genova in realtà "Renieri" anche astronomo in corrispondenza con Galileo e "Fautore" dell'Aprosiana) ] la cultura per Angelico Aprosio non doveva proprio risultare in auge nella sua città natale (p. 74, VII riga dal fondo), lasciando egli intendere di essersi appunto dedicato, anche per l'appena citata e auspicabile evoluzione sapienziale dei residenti, alla raccolta di libri, pure volti in volgare da competenti traduttori, a vantaggio di una potenziale più diffusa acculturazione.
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Esternamente a questo marchingegno letterario aprosiano, ondivago tra dissimulazione ed aristocrazia intellettuale, del pari d'ordine prettamente barocco, al contrario, il più diplomatico Domenico Antonio Gandolfo (vedi qui vita ed opere), amatissimo discepolo e successore di Aprosio quale II Bibliotecario della Libraria di Ventimiglia con il tempo accostatosi ad una nuova temperie intellettuale, dimostrerà che da Nizza a Ventimiglia e Cuneo, per poi estendersi nel Ponente di Liguria, la situazione culturale di siffatto areale non era povera affatto, come sostenuto abbastanza unilateralmente fino ai suoi tempi [tra molte iniziative culturali realizzate D. A. Gandolfo "il Concionator" (che fu grande Sillogista cioè raccoglitore di notizie bio-bibliografiche su Autori dell'Ordine Agostiniano, redattore dei Fiori Poetici dell'Eremo Agostiniano e compositore dell'utilissimo Dispaccio Istorico, Curioso ed Erudito) su una copia dell'
Athenaeum Ligusticum dell'Oldoini (tuttora all'Aprosiana e da me nominato "Oldoini Corretto"), in glosse e parti manoscritte sulle pagine bianche, rivisitò la letteratura ligure, correggendo sviste dell'Oldoini o integrandone alcune mancanze, specie a riguardo del Ponente (senza però escludere scrittori e poeti di Nizza e Mentone, l'area pedemeontana ed altre località della "Liguria Marittima" sin a Savona) =
scorrendo qui solo un parziale
*****************elenco commentato degli autori, locali in senso lato*****************
associato a relazioni gandolfiane con altri eruditi italiani e non, locali e non si evince quanto sia stato meticoloso il lavoro del frate oltre che a vantaggio della Biblioteca intemelia anche a pro dei letterati locali pur se sempre al Gandolfo -atteso l'obbligo ecclesiastico cui non poteva rinunciare di trasferirsi nel Lazio a Genzano e quindi a Roma (ove pur grandi furono i riconoscimenti ottenuti)- procurò dolore -come a suoi amici ventimigliesi e non solo- la mancata istituzione contro alcune vetero opinioni di successivi critici letterari dell'ideata intemelia "Accademia degli Oscuri" attorno alla quale si sarebbero dovute coagulare le energie dei dotti locali e del circondario] ma Aprosio aveva qualche soddisfazione, da prendersi almeno fra le righe di un repertorio biblioteconomico, stanti gli scontri che, anche per il suo carattere fumantino ma assai spesso non a torto, aveva avuto sia con il clero locale che con gli amministratori e i nobili di città, i primi in merito alla tutela dei reperti romani ed epigrafici ed i secondi in relazione alla cura dell'ambiente e della salute pubblica.


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