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Il CULTO DEL CORPO POST MORTEM data da epoca antichissima: parlando di mummie, mummificazione, imbalsamazione è da precisare che mentre la mummificazione, piuttosto frequente in ambito cristiano, è un processo naturale di conservazione del corpo in cui occorrono assenza totale di umidità e temperature elevatissime oppure bassissime invece l’ imbalsamazione è un processo artificiale,
per cui di primo acchito il pensiero corre alla Mummia risultato della civiltà degli Egizi (vedi immagini e leggi testo). Nel fiorire ottocentesco di un enorme interesse in Europa per l'antico Egitto (su cui poi scrisse queste notevoli pagine di approfondimento il Visconte di Marcellus) contestualmente andò a svilupparsi estrema curiosità per le Mummie che si scoprivano in Egitto sì che (anche prima del Marcellus) audaci viaggiatori presero ad indagare in merito al Mar Morto e alle sue rive desolate sulla scia del percorso degli antichi Egizi che colà si recavano per raccogliere le sostanze ed i minerali necessari ai loro processi di imbalsamazione (è da rammentare comunque che in tempi pregressi, dal medioevo ed in particolare partendo dai tempi delle crociate e specificatamente dei Cavalieri Templari, attribuendosi ai composti delle Mummie autentiche poteri terapeutici, non si mancò di farne incetta dagli Europei sì da essere distrutti molti autentici esemplari di queste per venire utilizzati onde confezionare "rimedi" costosissimi, di maniera che dati i guadagni e venendo con il tempo e specie con la dominazione turca sempre più arduo procurarsi vere Mummie, cominciarono ad essere confezionati e venduti dai criminosi Mangones supposti preparati curativi estratti da quelle finte mummie che erano le orribili "Mummie Effimere", procurate in modo scellerato e disgustoso da questi avventurieri). Prescindendo da questa introduzione è da dire che la mummificazione tuttavia non dovette esser obliata nemmeno ai tempi dell'Impero di Roma su cui è possibile qui vedere la regolamentazione delle inumazioni secondo il Digesto con rinvenimenti eclatanti come nel caso di questa fanciulla mummificata rinvenuta nel Rinascimento non lontano dall'Urbe purtroppo andata distrutta e dispersa per volere di Papa Innocenzo VIII in forza della superstizione epocale e di quella che andava serpeggiando tra una folla di visitatori sempre più numerosa[sopra l'immagine evidenziabile da link è proposto il disegno fatto, da un testimone oculare l'umanista B. Fonte, della mummia e del sarcofago]= giunti a questo punto è opportuno rammentare come in tempi relativamente recenti sia avvenuta la scoperta di una mummia di fanciulla romana, vissuta circa 1800 anni fa, rinvenuta sula via Cassia
in località "Grottarossa" nei pressi di Roma: = simili rinvenimenti archeologici sono verosimilmente prova dell'importazione in Italia di tale forma di inumazioni, specie ad opera di funzionari imperiali che, avendo prestato servizio in Egitto, presero contezza della pratica dello mummificazione. I primi cristiani riempirono le catacombe di scheletri mentre i vescovi erano sepolti nelle cattedrali.
Come sopra già scritto nell'analisi di siffatta temperie culturale è mediamente sfuggita una pubblicazione abbastanza introvabile in Italia (Hooper, Robert,
La guida per il notomico ch'espone la notomia, la fisiologia, le morbose. apparenze ec. del corpo umano e l'arte di prepararne notomicamente le parti ec. Del sig. Roberto Hooper. Prima traduzione italiana,
Napoli : dai torchi di Saverio Giordano. Si vende nel Gabinetto Letterario largo Trinita Maggiore, 1819, 2 v. ; 8°
- l'esemplare qui riprodotto proviene da Biblioteca Privata): il traduttore dall'inglese all'italiano di questa opera dell'abbastanza celebre ROBERT HOOPER <1773-1835> fu un dottore di cui ben poco si sa e di cui il nome stesso oscilla tra le forme
ANTON-JOSEPH MARIAGI ed ANTONIO GIOSEFFO MARIAGI che, ad integrazione del suo lavoro di traduttore, volendo arricchire lo scritto dello Hooper evidenziandone anche qualche lacuna, fece pubblicare in APPENDICE ALLO STESSO una sua operetta dal titolo
CENNI SULL'ARTE DI SPARARE I CADAVERI E D'IMBALSAMARLI IN APPENDICE ALLA GUIDA DEL NOTOMICO DEL SIG. HOOPER
[privare delle viscere un cadavere prima di procedere all'imbalsamazione = S. BATTAGLIA = Sparare1, pag. 701, GDLI] piuttosto interessante perché oltre a fornire vari dati sulla dissezione dei cadaveri vi si pone specificatamente il problema de L'ARTE D'IMBALSAMARE, tracciando
una concisa ma efficace storia di questa "disciplina antichissima" e contestualmente fornendo dati non inutili sul fatto che ai
primi del XIX secolo pur affermandosi vieppiù per l'IMBALSAMAZIONE un MODERNO METODO -quello che l'autore chiama
SECONDO METODO sostanzialmente identificabile con un
processo di "mineralizzazione" o "pietrificazione" ancora si praticava il METODO ANTICO quello che lo stesso MARIAGI definisce PRIMO METODO e che non senza ragioni ritiene filiazione, attraverso i millenni, delle PRATICHE DI IMBALSAMAZIONE ELABORATE DAGLI ANTICHI.
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Sulla direttrice del menzionato ottocentesco interesse antiquario ed archeologico, col tempo divenuto autentica passione, si vennero però ad affermare molte altre curiosità sulle Mummie: tali curiosità destinate oltre che alla prioritaria valenza archeologica e museale non mancarono di influenzare l'immaginario collettivo che avrebbe raggiunto il suo apice nel contesto della letteratura orrorifica e del pari si sarebbero esplicitate in indagini scientifiche per esempio su come le Mummie fossero state realizzate dagli Egizi al punto che ,solo per menzionare tra varie altre una poco nota investigazione in Italia, si può citare una
appendice redatta da certo dott. A. Gioseffo Mariagi traduttore di questa prima edizione italiana (1819) di un'opera dell'anatomista inglese Hooper . Siffatta e qui integralmente digitalizzata appendice, costituita di 28 pagine, risulta allegata a fine del primo libro della pubblicazione dello Hooper e reca il titolo di Cenni sull'arte di sparare i cadaveri e d'imbalsamarli
[ove "sparare" equivale a privare delle viscere un cadavere prima di procedere all'imbalsamazione = S. BATTAGLIA = Sparare1, pag. 701, GDLI] = che siffatta Appendice senza nome dell'autore sia opera dell'enigmatico Mariagi lo si deduce dalla chiusa e dal fatto di essere firmata daa Gioseffo Mariagi a fine dell'introduzione rivolta ai lettori = G. Mariagi, per quanto si legge, dovette essere autore non privo di qualità visto che che come qui si può leggere descrisse con accuratezza i due metodi per lui da seguirsi nell'opera di imbalsamazione: tenendo pure nel dovuto conto, a dimostrazione delle sue conoscenze su altri procedimenti di conservazione dei corpi post mortem, recuperati da scritti di altri scienziati e da ancor vaghe rivelazioni provenienti dalle Americhe e specificatamente dalla civiltà degli Inca che il secondo metodo risulta sostanzialmente identificabile con il più moderno ed ormai maggiormente praticato processo di "mineralizzazione" o "pietrificazione".
Per conseguenza di ciò dal terzo secolo d.C. presero a comparire "mummie naturali", vale a dire corpi essiccatisi naturalmente specie per effetti dell' ambiente.
nella fattispecie il corpo di sant' Ubaldo, esposto sull' altare della cattedrale di Gubbio, costituisce un mirabile esempio di mummia naturale
come peraltro, a Lucca, anche quello di santa Zita.
Contestualmente tuttavia i cristiani praticarono anche l' "imbalsamazione artificiale" di quanti fossero emersi per dottrina o amore di Dio al fine che le loro spoglie, pubblicamente ostentate in una sorta di incorruttibilità,
potessero trasmettere per sempre tra i fedeli una qualche tangibile prova di fede.
Non deve stupire questa consuetudine della Chiesa cattolica: lo stesso Cristo fu imbalsamato o più specificatamente fu unto con balsami, prima di essere deposto nel sepolcro. E simile usanza della tradizione ebraica (come detto poi trasmessa alla cultualità cristiana) traeva le sue origini dalla cattività degli Ebrei in Egitto:
a rigor del vero pulizia e unzione della salma, pur costituivano una mummificazione vera e propria, ma finivano per garantire un processo di conservazione, al punto che, volendo segnalare una qualche distinzione tipologica tra le mummie giunte alla contemporaneità, se ne possono catalogare di tre grandi generi:
le mummie naturali, quelle artificiali ed ancora mummie, da alcuni studiosi definite "preterintenzionali" cioè formatesi ad insaputa dei pietosi loro manipolatori ignari della funzione conservatrice determinata da particolari balsami ed unguenti.
E' altresì da menzionare come nel Sud d'Italia, in dipendenza del clima particolarmente secco, tra i secoli XV e XVII, sia sia sviluppata
l'involontaria formazione di "mummie naturali" in dipendenza dell'inumazione di cadaveri di gente comune entro
chiese e monasteri anche da parte della gente comune: e la testimonianza più eclatante di questo tipo di "mummia intermedia" è notoriamente data
dalle Catacombe dei Cappuccini a Palermo, dove riposano 1850 salme, in gran parte mummificate da un processo naturale in qualche maniera potenziato dagli stessi frati custodi che
deponevano i corpi in camere ventilate o seduti su strutture chiamate colatoi per cui i fluidi cadaverici venivano drenati sì che, passati alcuni mesi il corpo, ancora flessibile ma prosciugato, poteva esser deposto orizzontalmente in vasche
e quindi coperto di terra vulcanica per una completa definitiva disidratazione.
Tuttavia, nella stessa epoca cristiana, il procedimento di imbalsamazione era molto spesso come si evince dai i segni di eviscerazione visibili
su mummie medievali come quella di san Bernardino da Siena (in merito alla quale è tuttora custodito il coltello utilizzato per l' incisione) o di santa Chiara da Montefalco.
Tra il XVII e il XIX secolo nel trovare sempre diverse, nuove e migliori formule, per la conservazione anatomica. Specialmente tra i sec. XVIII e XIX in tutta Europa e anche in Italia fiorirono interessanti raccolte scientifiche, che non mancavano di annoverare nei loro inventari riproduzioni e preparati anatomici animali e umani [il successo di tante grandi esplorazioni e scoperte geografiche aveva determinato crescente interesse per altre civiltà rispetto a quelle della tradizione classica ed in ciò un ruolo importante era toccato a Luigi Augusto di Thivac, visconte di Marcellus
che tra l'altro portò grande attenzione, per un pubblico variegato, sull' Egitto, sulla sua civiltà antichissima e sull'affascinante mistero delle mummie oltre che sulla sfida contro morte e dimenticanza in virtù di sostanze di cui qui si parla e dei consequenziali artifici in quella che era anche detta la "Casa dei
Morti"= dai tempi delle Crociate per il medioevo ed anche oltre si prese il destro di attribuire alla mummia egizia straordinari poteri curativi sì che molti Cavalieri Templari si diedero alla ricerca di vere mummie da portare in Europa ove si vendevano ad altissimo prezzo: cosa che indusse pericolosi ciarlatani detti Mangones di creare e mettere in commercio Mummie Effimere come qui si vede].
La tecnica moderna di "imbalsamazione" -forse più nota anche per la fama, ed il mistero, che ne circondavano alcuni illustri praticanti- tuttavia tendeva a non riproporre più le costumanze egizie o meglio i relitti di quanto era rimasto della tradizione egizia in merito: andava oramai vieppiù affermandosi una tecnica, assai guidata dalla ultime conquiste della chimica, della "mineralizzazione" dei cadaveri, spesso enfatizzata nell'espressione colorita ed orrorifica di "pietrificazione" (caso a sè stante sono poi le
mummie ritrovate nei territori dell'impero Inca.
Come con grande competenza ha scritto ArcheoMedia Rivista di Archeologia on Line="Gli Inca prevedevano la mummificazione per “elevare” i propri defunti. Scelto un processo naturale al quale apportarono piccole modifiche, le loro mummie venivano prodotte e conservate con molta cura; differenti i trattamenti tra sovrani e il popolo.
Le mummie “normali” Inca venivano disidratate per mezzo di processi naturali. Venivano esposte al sole durante il giorno e mantenute al freddo la notte.
Per i sovrani, invece, venivano utilizzate tecniche più complesse. I corpi erano trattati con sostanze che facilitavano la conservazione, zigomi e orbite venivano riempiti con zucchine o scorze di zucca; la pelle rimaneva in tensione grazie a lamine metalliche (spesso rame).
Gli organi interni subivano interventi importanti. Il cuore, in particolare, veniva estratto e ridotto in poltiglia, amalgamato con polvere d’oro e successivamente posto in un disco d’oro.
Tale tecnica, inoltre, venne integrata anche dai Chachapoya, una volta subita la conquista da parte del popolo Inca".)