Pietro Loi che fu veterinario e naturalista (ricordiamo alcuni importanti contributi in seminari, nazionali e non, alle contaminazioni del pesce ad opera del mercurio) con lo pseudonimo di Pier delle Ville scrisse vari contributi (importanti ed usati in varie parti di Cultura-Barocca)
nel contesto dall' Aprosiana (più specificatamente con il nome di "Quaderni dell'Aprosiana") rivista di "Studi Barocchi" da me a lungo diretta oltre che, qual ideale culmine di una serie di altri articoli e monografie, di un volume su Matteo da Viterbo pittore dei papi avignonesi con osservazioni pregnanti oltre che su Matteo da Viterbo anche su Petrarca, Laura de Noves e naturalmente Valchiusa.
In merito alla rivista Aprosiana (o come detto più specificatamente con il nome pregresso di "Quaderni dell'Aprosiana") è da dire che spiccano, editi postumi per la sua repentina scomparsa,
alcuni saggi assai interessanti: uno sul Cavallo, la sua veterinaria e l'opera del Ruini che PIETRO LOI analizza da un edizione pregiata ma abbastanza reperibile anche sul mercato antiquario del 1618 e non della rarissima e assaipreziosa edizione de 1598 ma altresì un lavoro sul retore Favorino di Arles (qui digitalizzato) ed ancora un intervento parimenti qui proposto informaticamente interamente digitalizzato le pagine del saggio a stampa si voltano seguendo le indicazioni del link a fondo immagine) su
IL GIARDINO DI FRATE ANGELICO: DAL TABACCO AL TE'
("Quaderno dell'Aprosiana", Nuova Serie, 1995, 3) donde utile materiale è stato ripreso
e proposto in questo sito a riguardo [ anche nel confronto con l'agronomia tradizionale romana, con quella grangitica di ascendenza medievale e con il monastico "Giardino dei Semplici" ed in perenne contrapposizione alle piante malefiche e diaboliche della tradizione botanica oltre che poi giudicate alla radice di stregoneria ed avvelenamenti (secoli dei veleni)] con particolari piante esotiche (scorri gli indici) di cui poco o nulla si sapeva.
Posto in stretto rapporto con queste ma del pari con altre acquisizioni, il saggio di Pietro Loi/Pier delle Ville si è sempre rivelato utile anche per intendere come alla scoperta nel "Nuovo Mondo" - dato lo stato della scienza e della botanica- mentre alcune piante erano a torto considerate pericolose quali soprattutto la patata
ma anche il pomodoro = per via mitologica e religiosa associato al pomo della discordia, al pomo di Eva e ai Pomi di Sodoma (e utilizzato prima del pieno successo nell'uso alimentare come pianta ornamentale specie in giardini signorili) mentre d' altre piante quantomeno si dubitava (come, per esempio, a riguardo della china) o si discuteva a dismisura, sin a coinvolgere dispute religiose e letterarie, come nel caso della
passiflora ed al contrario si riponeva grande fiducia terapeutica -senza che l'avessero- in altre ancora, tipico il caso del guaiaco come curativo della sifilide parimenti "importata" dalle Americhe.
In concomitanza con gli interrogativi e i timori appena citati sulle "piante nuove", e finalmente, dati i progressi di scienza e medicina, in relazione con constatazioni realistiche e scientifiche sulle stesse piante, per rammentare la figura di Pietro Loi sempre in merito al suo saggio IL GIARDINO DI FRATE ANGELICO: DAL TABACCO AL TE' si è appunto pensato, anche per le problematiche connesse nei secoli a riguardo del tabacco - ora reputata pianta curativa quindi edonistica ma pericolosa stante l'uso indiscriminato di certe epoche e in conclusione affatto terapeutica ma anzi dannosa per la salute - di riprodurre le sue riflessioni, in gran parte approfondite su testi antiquari della Biblioteca Aprosiana di Ventimiglia, in merito proprio al TABACCO: lavoro arricchito da qualche non inutile, forse, integrazione.
Il TABACCO ( QUI IN UNA FOTO ANTIQUARIA UNA PIANTAGIONE DI TABACCO) (altresì citato quale TABACO -TOBACO secondo la forma delle parlate di Haiti da cui ne deriva il fitonimo) fu
termine che si prese ad utilizzare sin dal XVI secolo per indicare le foglie di origine sudamericana e caraibica che introdusse in Europa per primo nel 1559 Gonçalo Hernàndez di Toledo
per incarico del re di Spagna Filippo II.
La diffusione della pianta avvenne però soprattutto ad opera di Jean Nicot de Villemain verso il 1560 nell'ambito della corte di Francesco II e di Caterina de' Medici.
Verso il 1586 nell'Historia generalis plantarum di Jacques Dalechamps la pianta, già citata col fitonimo di herba prioris od herbe du gran Prieur in quanto coltivata a fini medicamentosi dal Gran Priore di Francia della Casa di Lorena, assunse la nuova nominazione di herba nicotiniana a titolo di commemorazione del suo principale divulgatore, appunto Nicot.
Tuttavia le rimase come fitonimo principale quello più antico di TABACCO (peraltro destinato ad essere fissato scientificamente dalla classificazione del Linneo) che i commercianti spagnoli usavano abitualmente sin dai primi tempi e che trasmisero quindi ai mercanti olandesi e quindi ai produttori americani della Virginia.
La diffusione del TABACCO in Italia (per fumo, fiuto ed uso medicamentose) procedette trionfalmente dall'Olanda verso i primi del '600 (1615): nella penisola il porto di arrivo del TABACCO era lo SCALO GRANDUCALE DI LIVORNO (alla stessa maniera di quanto accadeva per il CAFFE').
L'uso divenne tanto comune che l'illuminista Bernardino Ramazzini nella sua opera De Morbis artificum [Modena, 1700, ristampata più volte e di cui esiste una buona traduzione italiana dell'Abate Francesco Chiari, Venezia, Occhi, 1754] scrisse (si cita dalla traduzione): "E' un'invenzione di questo secolo (almeno nella nostra Italia) o un uso vizioso questa polvere dell'erba nicoziana e non v'è cosa più usata, s' dalle donne che dagli uomini e da' fanciulli altresì, in guisa che la compra di esso si ripone fra le spese quotidiane della famiglia" [all'epoca il TABACCO veniva fumato, masticato e fiutato dagli uomini, oltre che fiutato spesso anche fumato dalle donne come terapia contro il mal di denti ed inoltre era frequentemente impiegato contro la stitichezza dei bambini sotto forma di "clisteri di polvere di herba nicotiana": è peraltro poco noto che di siffatte proprietà terapeutiche del tabacco proprio un letterato ligure settecentesco
Celestino Massucco compose uno specifico elogio entro un suo poemetto, appunto intitolato Il Tabacco, e tuttora leggibile entro l'antologia letteraria ligure dell'anno 1789 curata dall'erudito e letterato ligure Ambrogio Balbi].
Eppure, a molti parrà sorprendente, la discussione sul tabacco, oggi giustamente di moda per i pericoli cancerogeni che comporta, esisteva già all'epoca si da dar vita ad una fazione di colpevolisti e ad un di innocentisti: certamente non si trattava tanto di riflessioni profilattiche e di medicina avanzata, tutto era incentrato su un uso ed abuso che per alcuni aveva pochissimo se non nulla di pernicioso o sconvenevole mentre ad esempio per la Chiesa romana si era infine dovuti giungere ad una CONDANNA DELL'USO ED ABUSO DEL TABACCO QUALE FORMA DI SCOSTUMANZA COMPORTAMENTALE, MORALE E SOCIALE [redatta entro la BIBLIOTHECA CANONICA, JURIDICA, MORALIS, THEOLOGICA.... DI L. FERRARIS (VEDI = INDICE DELLE VOCI DIGITALIZZATE)] e principio cui nello Scudo di Rinaldo II (vedi), in qualche modo dovette accodarsi anche l'Aprosio, curiosissimo di tutte le novità e soprattutto assertore di quelle
CARATTERIZZATE QUANTOMENO DA UN PIZZICO DI ESOTISMO ="15. - "GALEOTTI" E "TABACCO",
UOMINI "DIVERSI" E PIANTA DIVERSA,
"MEDICO, MEDICI, MEDICINA, MALATTIA, MALATTIE E LORO CURA" ".
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Pier delle Ville (Pietro Loi), dunque come anticipato, nel suo sempre utile saggio ha affrontato il problema dell'uso, dell'abuso e delle presunte qualità terapeutiche del TABACCO sulla base del materiale custodito in Ventimiglia nella Biblioteca erettavi dall'erudito del '600 Angelico Aprosio.
La lettura delle pagine di Pier delle Ville permettono di vivere da vicino il dibattito appassionato che già nel Seicento si accese sulla valenza terapeutica o non del tabacco oltre che sulla moda del fumare, fiutare e masticare i vari preparati della lavorazione delle foglie del tabacco.
Scrive quindi l'autore con la riconosciuta competenza scientifica:
'(pp.1 - 5) Questa pianta, dotata di qualità ornamentali, aveva in origine due varietà: Nicotiana tabacum e Nicotiana rustica, secondo la nomenclatura botanica, distinguibili per il fiore tubolare allungato e dai petali rossicci della prima, e più piccolo e giallino dell' altra; anche le foglie diversificano per grandezza.
La Nicotiana rustica contiene molto più nicotina ed altri veleni, tutti facilmente assorbibili applicando la foglia sulla cute: è peggio della socratica cicuta mortifera, peggio dello shespiriano giusquiamo corruttore, e gli animali evitano di brucarla.
Per allontanare gli alcaloidi tossici, dopo il raccolto le foglie sono fatte appassire all' ombra, e lasciate fermentare prima di subire lavorazioni di vario tipo, per produrre i tabacchi d'uso.
Perché questa pianta, dal 1500 in poi, è entrata nell'abitudine assurda e dannosa del fumo! Il commercio transoceanico portò molti vegetali, nuovi per l' Europa, dalla patata al pomodoro, e caffè, mais , cacao, tabacco: il meno utile si affermò rapidamente nell'uso, mentre la patata destinata a sfamare i popoli potè imporsi relativamente più tardi.
Esistono testi del 1500 e del 1600 che trattano del tabacco, del cacao, e del tè: la Biblioteca Aprosiana di Ventimiglia
conserva diverse opere su questi vegetali.
Innanzi tutto numerosi testi di botanica, ad esempio uno Zenoni, Historia Botanica (Bologna, G. Lorghi, 1675) e un Montalbani, Hortus Botanigrophicus (Bologna, 1660).
Ovidio Montalbani, "philosophus naturalis", rappresenta una classificazione dei vegetali non per
caratteri, come nel 1700 farà il Linneo, ma per habitat delle piante, o per incerte somiglianze. Del melo sono elencati come affini, con descrizione, quattordici piante, compresi il melograno ed i limoni. I tassonomisti a cui si riferisce il Montalbani sono cospicui nomi del passato: Dioscoride, Teofrasto, Galeno, Dodona, Bauhinio, Lobelio. L'autore tratta anche di Nicotiana maior, di Hyoshiamus peruvianus, di Datura stramonium. Ma del tabacco specificatamente scrive il medico ravennate Massimo Zavona nell'Abuso del Tabacco nei Nostri Tempi (Bologna 1650) in lingua italiana (pagina 499, par. 35 de La Biblioteca Aprosiana) Dall'elenco "Nomi'de gl'autori citati nell'opera" si prevede una trattazione erudita piuttosto che strettamente scientifica (Agrippa, Avicenna, Cesalpino... Vucherio). In otto capitoli è considerata l'origine ed il nome del tabacco, della forma e figura... della preparazione.
L'VIII capitolo è intestato: "L'uso d'oggidì del tabacco è un abuso". Nel testo in breve si scopre una contaminazione ascientifica, non sperimentale, con le confuse fantasie del secolo: "Ma se bene tuti che scrivono del tabacco concordano a constituirlo del temperamento caldo discordano nondimeno nel determinare il grado di calore, perché Monarale e Delecampio lo costituiscono caldo e secco nel secondo grado e temperato nelle altre qualità. Cesalpinio lo pone caldo nel primo grado e secco nel terzo... Altri... dicono essere di temperamento freddissimo". Spiegare oggi perché e percome il tabacco fosse caldo o freddo sarebbe sprecare carta, inchiostro e tempo.
Gli autori, qual più qual meno, sono interessati all'uso terapeutico delle foglie, cui vengono attribuite disparate capacità curative, in parte secondo osservazione, in parte secondo la pseudoscienza del secolo fantasioso. Non mancano ricette che ci fanno pensare ad una prima introduzione farmaceutica del tabacco , con successivo sviluppo d'un uso "edonistico". Le ricette hanno l'obbiettivo di esercitare un'azione "calda" in un gran nurnero di malanni "freddi": "A dolori articolari cagionati da materia o causa fredda... giovano lefoglie applicate calde". A parte fantasiose chiacchiere, lo Zavona esprime pareri utili ancor oggi, contro il vizio del fumo: "Fui sempre e sono di parere che il tabacco (adoprato nel modo che oggi si costuma)... si debba piuttosto chiamare abuso... Di questo parere fu Pietro Francesco Frigio Autore Moderno... annovera tra i mezzi di abbreviarsi la vita lo smodato pigliare il tabacco, e dice: A questi tempi è accresciato un uso per il quale molti scioccamente si ammazzano".
Zavona conclude: "Habbisi per ultimo quella considerazione che chi disegnasse trattenersi dal troppo uso, di farlo a poco a poco, non in un subito, perché conforme a Cornelio Celso... ogni mutazione subitanea è pericolosa ". Il buon dottor Zavona aveva individuato la patologia dell'assuefazione alle droghe.
Anche più interessante è l' opera di Giovanni Crisostomo Magen (Magnenus), "Burgundi Luxoniensis Patrici philosophi medici", docente presso l'Università di Pavia, dove pubblicò nel 1648, quattordici "Exercitationes de Tabaco". Nella "Praefactio ad Lectorem" menziona gli autori che sull'argomento lo hanno preceduto:"Everartus Antverpianus (1587), Mathies Lobellius, Johannes Neander, Bremanus Vestfaliensis ( Tabacologiahoc est Tabaci seu Nicotianae eius descriptio, ecc.). Il testo è in lingua latina, con dedica a Filippo IV, ed al regio rappresentante in Italia "Heroi Othoni Caimo". L'autore si chiede: "...laudemne aut vero damnem tabaci usus?... Tum, mi lector, utere non abutere..." e sull'uso del fiutar tabacco: "...felicitatem possimus augurari, dum starnutabis".
Segue un Sillabus, ovvero Indice delle Exercitationes, ovvero Capitoli, che conferiscono un'iniziale organicità scientifica e fanno sperare una metodicità illuministica. Sul nome ci informa: "Apud indigenos americanos vocabulo Pictalet vocatur ut ait Monardels... In Hispaniola Insula Petebecenuc dicitur teste Oviedo..: Ab Novae Franciae Pet nomine... ab Hispanis inditum ab suo natali solo insula scilicet Tabaco". Ovviamente ricorda il nome Nicotiana a Johan Nicotio regis Galliarum Legati in Lusitania anno 1559 ed altri nomi: Herba Reginae... Herba Medicea (da Caterina de' Medici).
Descrive quattro varietà di piante, minutamente, e nel paragrafo 5 dell' Exercitatione Secunda distingue in uno schema le "infima tabaci folia deteriora", quelle sviluppate presso il terreno, le inferiori, e spiega che "...natura teneriora semper magis fovet ".
Il Magen, evidentemente ben informato, colto e riflessivo, permeato di scientifica cautela, sulle virtù terapeutiche del tabacco si esprime negativamente: "Censeo primo tabacum non esse reponendum inter benigna medicamenta... vomitum enim facit... cerebrum turbat", e più avanti, Exercit IV,: "Dico primo usum familiarem tabaci pueris nullo modo convenire...".
La metodicità del testo faceva presagire un criterio scientifico illuministico, da Enciclopedia, ma anche Crisostomo Magen, come Massimo Zavona, pensa che il tabacco per effetto del suo calore secco "somni conciliationem promovet", ed avrebbe una "Relatione et Analogia" di carattere zodiacale "cum Aquario et Marte"...
Il professor Magen propone numerose ricette ed indicazioni con osservazioni critiche: per esempio ad Henricius, che consigliava: "in ore detento" un decotto di tabacco e camomilla per lenire il mal di denti, risponde: "Dentium dolor a causa frigida nullo modo tollitur tabacco".
Ricorda l'avversione per il tabacco di due regnanti: uno è il Tyrannus Ammurathes IV, che per editto vietò "... ne quisquam fumo tabaci uteretur... quia prolis multiplicatione impediebat...".
Sicuro: i suoi sudditi fumavano... come Turchi! L'altro re è "Jacobus Britanniae Regis, odio ergo tabacum... libello scripsisse Misokapnion".
La pericolosità della droga si manifestò specialmente con l'usanza sociale del fumare, del masticare e dell'annusare il tabacco, ed anche di più con la somministrazione di varie preparazioni per finalità farmacoterapiche. In sostanza la nicotina e gli altri alcaloidi della linfa vegetale sono talmente tossici, che tutti i tentativi del passato di introdurli in terapia sono falliti. Infine oggi un estratto nicotinico può essere utilizzato solo in agricoltura a fine parassiticida.
Di Angelico Aprosio esiste un manoscritto, parzialmente pubblicato dal Durante nel I volume monografico di questa Nuova Serie dei Quaderni dell 'Aprosiana edito nel 1993, presso la Biblioteca Universitaria di Genova: si tratta della seconda parte "Dello Scudo di Rinaldo", opera moralistica. Il capitolo VIII, "Del Tabacco e dell 'abuso di esso" e dedicato "Al Signor Domenico Panarolo filosofo medico e pubblico professore di Medicina nel Romano Ateneo". Nella pagina segnata 254 del manoscritto l'Aprosio manifesta notevole disprezzo per l'uso del tabacco, che "Da Galeotti passò alle mani dei Birri e di simile canaglia... ridotto in sottilissima polvere cominciò a lasciarsi vedere tra quelle d'uomini dei piu' civili, in tanta moderazione che la quantità... di un fagiuolo indiano era soverchia a pascere i pruriti del naso per il corso di un anno lunare: ora è talmente cresciato l'abuso... che apparendo incapaci le scatolette, non mancano di quelli che se lo pongono nelle tasche a rinfuso... In tutte le città altro non si veggono che cartelli di tabacivendoli, ed in Londra in particolare come riferisce Barnaba de Riicke citato da Henrico de Engelgrave se ne veggono e se ne contano piu' di mille botteghe... ". A pagina 266 del manoscritto 1'Aprosio conclude con durezza: "II tabacco distrugge e malmena in tutto mentre egli fa arrugginire... i nervi immediatamente del cervello e gli rubba ogni argentino candore... Tabaci cerebro valde Inimici"...'