Possessi cenobitici benedettini, ma di ardua decifrazione, coinvolsero i resti del fondo di OGGIA ove si riscontrano tracce del sistema rurale "a grangia".
Detto poi BARBAIRA o BALBAIRA (1186), in relazione all'idronimo del vicino RIO BARBAIRA [imm. da "ROCCHETTA NERVINA" a.c. Amm.Com., Pinerolo, s.d., Alzani ed.], il paese di ROCCHETTA NERVINA prese quindi nome (1230) da una Rocha dei conti di Ventimiglia.
Il Gioffredo nella "Storia delle Alpi Marittime" (p. 772) da una convenzione del 1518 fra Dolceacqua e Rocchetta scoprì che la "Barbaira" era divisa fra le due comunità "a vallone Vezione".
Un conto era quindi il piccolo "castrum Barbairae" dei Conti ed altra cosa, di estensioni più ampie, indicava il toponimo Barbaira attribuito ai siti del presumibile fondo romano di "Oggia" donde era possibile risalire all'alta valle o deviare in quella del Roia (dopo presumibili strutture romane, sui resti di un "castellaro ligure" ed insediamenti barbaro-germanici del V-VII sec., ancora dopo le fortificazioni comitali intemelie, i Doria eressero un castro sul monte Abeglio, qui a vista di un cardine strategico fra Roia e Nervia).
Per la topografia dei duecenteschi insediamenti benedettini interessa notare che il documento del Gioffredo fu redatto nel luogo detto "Vezione", in una cappella di S.Bartolomeo , di cui restano indecifrabili ruderi, e che , per ascendere dal vallone di Chino sin al colletto di Rivairolo e poi a quello di Vezione, era stato scritto di procedere verso la "fonte dell'abate", indicando una struttura monastica di un certo rilievo [le sorgenti, i laghetti, i fenomeni carsici -noto quello dell'ABISSO SGORA- hanno finito per attirare curiosità ed interesse nel corso dei secoli, senza escludere l'interesse dei Benedettini usi a costruire sempre in rapporto alla presenza di sorgenti perenni].
La vaghezza dei riferimenti non altera l'impressione che, sul tragitto d'altura da Barbaira a Colla Sgarba (colle diramazioni per il pignasco, Siestro-Maure, Val Roia) sorgessero diverse case religiose in relazione tra esse (tra cui una chiesa di S.Margherita menzionata negli "Acta Novaliciensa" di NOVALESA verisimilmente identificabile su questa trasversale nell'agro di Camporosso): : su questa linea di tragitti si sarebbero poi sviluppate fino al XVIIII secolo altre strutture, tra cui una LINEA DI FORTIFICAZIONI che finì per sostituire parecchi impianti monastici comunque già non più menzionati nel XVII secolo nel corso di una RICOGNIZIONE TOPOGRAFICA DELLO STESSO TERRITORIO
Una chiave di lettura sull'importanza viaria della val Nervia si evince da un'indagine sugli spostamenti militari del Signore di Dolceacqua IMPERIALE DORIA (la cui tirannia, che ascende al 1348, fu descritta da G. Rossi in Storia del Marchesato...cit., cap. VI, 3).
Pigna, ritenuta responsabile di vessazioni contro Castelvittorio feudo del Doria, era stata la prima località a conoscere la strategia del tiranno e la sua frazione di Buggio fu devastata [esisteranno a lungo contrasti tra gli abitanti di Pigna Sabauda e della repubblicana villa di Castevittorio: all'epoca in cui gli Sforza di Milano tenevano tra i possessi Genova ed il suo Dominato, Matteo Arcimboldi supervisore milanese inviò -dal Capitanato di Ventimiglia, 13-II-1477- tal missiva ai Duchi (in Arch.Stat.Milano - Potenze estere, Monaco): "Per avviso della Vostra Eccellenza li homini di Pigna per quella vertenza con quelli del Castelfranco hanno a la giornata de heri morto tre homini de quelli de Vostre Illustrissime Signorie delli quali doi sono de quelli dece fanti mandati là dalla compagnia de Lazaro de Landriano, avanti lo Magnifico Vicegubernatore di Genua li havesse mandato Alessandro del Castellazzo, spogliando poi dicti morti cum molti opprobrii et ultra di questo hanno preso uno altro d'essi fanti et conducto a Pigna, non so che ne habbino facto, li ho bene scritto lo debbiano relaxare(lasciar libero)").
Per sorprendere i nemici guelfi, IMPERIALE DORIA (tirannico e bellicoso esponente della casata dei Doria di Dolceacqua), oltre che del percorso di fondovalle, si valeva di sentieri trasversali: in alta valle il complesso degli itinerari faceva capo al quadrivio di MARCORA.
Per quanto cencerne l'edilizia religiosa il borgo di ROCCHETTA NERVINA presenta la CHIESA PARROCCHIALE DI S. STEFANO edificata nel XVI secolo ma rivisitata architettonicamente nel tardo seicento secondo i lineamenti del barocco ligure: è poi da visitare l'ORATORIO in cui si custodisce un dipinto del 1626 che raffigura l'abitato e l'apparizione della Vergine.
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Dopo il 1356 saccheggiò la guelfa ROCCHETTA, una II volta il territorio di PIGNA e vaste zone in val Roia, val Bevera e alla Turbia.
Il SACCO DI ROCCHETTA fu sì grave da suggerire le parole di un cronista del tempo, riprese dall' Alberti nella Storia di Sospello (p. 360, trad. = "Per devastare il castello regale di Rocchetta egli distrusse tutti gli alberi, occupò colle armi il forte e lo diede alle fiamme, uccise alcuni uomini, altri e delle donne portò via prigionieri": secondo l'Alberti territorio e castro rocchettini avrebbero subiti danni per dodicimila fiorini d' oro).
Questa impresa fu realizzabile in quanto Imperiale da Rocchetta, ove aveva rapito due donne, raggiunse Pigna vanificando i soccorsi, passando per la VIA RAPIDA che da Marcora portava all' Argeleto ed ai campi di Pigna.
Non pare un caso che il bottino in gran parte fosse stato di bestiame e che il Doria avesse catturato anche quattro pignaschi ed altri tre rocchettini.
Da Marcora a Pigna si estendevano diverse bandite ove i pastori facevano sostare greggi e mandrie: anche il tiranno di Dolceacqua andava servendosi dei percorsi della transumanza.
Tornato in Dolceacqua (facendo tappe per la dorsale da Morgi al "Portu" di Dolceacqua) egli passò in val Roia.
I movimenti gli erano dettati da una logica che non obbediva ai capricci dell'umore ma che era sostenuta da una discreta strategia.
Poiché era pericoloso intraprendere la direttrice di fondovalle ascese al Convento della Mota donde inforcò la mulattiera che portava in Bevera.
da qui ascese alla Turbia ove razziò "duecento capre".
Un successivo assalto il Doria condusse fin a Sospello: non si mosse con molti armigeri ma, grazie alle sue spie, sorprese nel territorio nemico e guelfo una mandria di 70 vacche, di razza bovino-piemontese ed un gregge di 250 capre (nel contesto delle gesta di Imperiale rientrava l'utilità del "castello del monte Abeglio" di cui il Rossi, -p. 26 della "Storia del Marchesato"- scrisse: "nelle vicinanze di Rocchetta si trova il castello di Abeglio che troviamo già in possesso dei Doria nel 1341 e che segna il punto di passaggio più agevole dalla valle del Nervia in quella del Roia.").