cultura barocca
L'importanza dell'opera dei librai e delle Biblioteche sia pubbliche che private per la diffusione dei prodotti a stampa e conseguentemente della cultura = (qui da La Piazza universale di tutte le Professioni del Mondo; ,Nuovamente ristampata ,& posta in luce da Thomaso Garzoni da Bagnocavallo, edita in Serravalle di Venetia, 1605, Ad instantia Di Roberto Meglietti, risulta digitalizzato il Discorso CXXVIII "De' Stampatori" in cui si esalta l'opera di coloro che tramandando con la STAMPA dei libri gli altrui scritti "ci rende vivi quegli huomini, che giacerebbono senz'essa in perpetue tenebre sopiti,& immersi" ma l'erudito T. Garzoni sottolinea pure con dovizia di particolari l'importanza dell'opera dei LIBRAI (cliccare qui per leggere l'intero testo antiquario trascritto e reso multimediale) di con particolare riferimento alla sua osservazione sulla nobiltà delle Librerie e l'importanza delle "Biblioteche Pubbliche" : lo stesso Martin Lutero ebbe occasione d'affermare che " La stampa era l'ultimo e più grande dono di Dio, poiché grazie ad essa il Signore aveva voluto far conoscere la causa della vera religione, ovunque sino alle ultime estremità del mondo e diffonderla in tutte le lingue" = da metà p. 105 del repertorio della Biblioteca Aprosiana... del 1673 si legge quando Aprosio instaurò a Venezia profonda amicizia con lo stampatore Jacopo Sarzina nella cui tipografia imparò l'arte della composizione a piombo: narrando poi nello stesso testo le vicissitudini del Sarzina e della di lui libreria anche dopo l'avvenuta sua morte nel 1639". Analizza qui il tema delle stampe non completate di vaste opere il caso di Angelico Aprosio e Michele Giustiniano(-i) e il tema settecentesco per pubblicare della Tabula Gratulatoria= = visualizza anche le Biblioteche dell'antichità classica greca e romana - vedi quindi le Biblioteche nell'età intermedia [in questo senso risuta molto utile l'opera seicentesca di Bartolomeo Piazza per l'utile rassegna critica delle Biblioteche pubbliche e private nella città di Roma] = e considera il tutto nell'interpretazione di Giambattista Palatino con osservazioni varie sul materiale scrittorio ecc. ecc. = inoltre studia lo sviluppo delle Biblioteche connesse ai Centri Universitari con particolare attenzione alla Liguria ove l'"Aprosiana" di Ventimiglia fu la prima Biblioteca Pubblica del Dominio di Genova vedi qui sotto l'incisione riguardante gli STAMPATORI e qui quella riguardante gli INCISORI:altresì Aprosio sviluppò nel contesto dell'arte della stampa rapporti stretti con l'attività di librai, di pittori (specie e pure di incisori (intensi furono anche i rapporti culturali e la la corrispondenza tra questi intellettuali ed artisti - usi pur tra loro e i dotti committenti - anche a versificare nell'accompagnare le proprie opere ed anche in dialetto genovese ) non escluso Giovanni Maria Striglioni, grande incisisore di Badalucco, già accusato di Sodomia, torturato, poi liberato e come parroco assegnato a diverse sedi fino alla Parrocchia del borgo natio ove l'archibugiata di "nessuno", cioè di qualcuno che tutti conoscevano ma di cui nessuno osò parlare, pose fine alla sua vita nel 1685 . = A titolo integrativo giova ricordare che le immagini sono tratte dal volume Nova reperta, Anversa 1600 circa con incisioni di Jan van der Straet.
inf. B. D.
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DISCORSO CXXVIII
[LA PIAZZA UNIVERSALE DI TUTTE LE PROFESSIONI DEL MONDO DI T. GARZONI]
DE' LIBRARI
La professione de'
librari [anche bibliopola / bibliopoli = il termine data ufficialmente dal 1539 con A. Caro nel Commento di ser Agresto e deriva dal lat. bibliopola(m) a sua volta originatosi dal dal greco bibliopoles, comp. di biblio- = "biblio-" e del tema di poles = "venditore" nel senso prevalentemente letterario ed erudito di venditore di libri, libraio] da tuti i tempi ha meritto d'essere annoverata fra le professioni nobili e onorevoli, come da molte rgioni e auttorità d'uomini grandi si può con molta agevolezza provare e dimostrare al mondo. Tra le quali una n'adduce, eficacisima, Polidoro Virgilio nel libro che fa degli Inventori delle cose [De inventoribus, II, 7], dicendo che la commodità de' libri loro è quella che aguzza gli ingegni degli uomini e che apre una strda facilissima a tutte le scienze e discipline, allettando meravigliosamente gli animi nostri a' nobilissimi studi delle lettere, tanto in se stesse degne di riverenza e onore.
Provasi anco la nobiltà de' librari dal conto e dalla riputazione che da tutti i tempi è stata tenuta delle librarie, cosa famosa in sé, e (per usar questa lode) è singolare e regia insieme. Chi non ha letto ne' dottissimi auttori la stima grande e singolare che n'hanno fatto imperatori, regi, gentiluomini privati e uomini dotti e periti d'ogni sorte? Isidoro nel 6 libro delle Etimologie al capitolo 3 [Etym., VI, 3, 5] narra che Alessandro Magno imperatore n'ebbe diletoto grandissimo, e che ogni suo sforzo attese a congregar de' libri, avendo l'animo implicato all'onorata professione delle lettere. Il medesimo srive che il re Tolomeo Filadelfo congregò nella città d'Alessandria settanta millia libri, e fece una libraria per due cose notabile: prima, perché quivi fu riposto il Testamento Vecchio e tutta la Scrittura Sacra dai settantadue interpreti; secondo, per il numero grande de' libri, congregati in essa. Ma Aulo Gellio e Amiano Marcellino insieme con Seneca accrescono ancora più il numero d' libri del re Tolomeo congregati, dicendo che arrivarono al numero di settecentomila. Il che non parerà cosa incredibile e strana a chi considera le ricchezze opulenti dei re d'Egitto e le spese memorabili fatte da loro in piramidi, obelisci, tempi, edifici, navi e altre grandezze inestimabili, delle uali narra alcune il Budeo nelle annotzioni delle sue Pandette, e lazaro baifo parimente nel suo trattato Delle cose navali. Scrive il famoso Plinio anch'esso che Eumene, re di pergamo, ne fece un'altra a competena della sopradetta, ove Plutarco nella Vita di Marcntonio afferma eser stati riposti ducento mila libri. E Giulio Capitolino narra che Gordiano imperatore ne ece una nella quale adunò sessantaduemila volumi insieme. plinio sopradetto fa menzione, nel 35 libro al capitolo secondo, che il primo che instituì libraria in Roma fu, secondo Isidoro, nel 6 libro delle sue Etimologie, Paolo Emilio, dopo la vittoria di Perseo da lui riportata. E dopo Polo Emilio seguitò Lucio Lucullo ricchisimo della preda di Ponto; e dopo esso, Giulio Cesare, il qual diede il carico a Marco Varrone di far una libraria sopra l'ltre famosissima. Le quali tutte, come narra Paolo Orosio, furono, per gli incendi che molte volte avvennero in Roma, in gran parte abbruciate e inutili; e se ben uel danno fu restaurato da Domiziano, mandando egli in Egitto a traslatar de' libri, riservati dalle rapine e incendi de' soldati di Cesare quando qui seguitò Pompeo, nondimeno sotto Commodo imperatore successe l'istesso incendio che fu emendato poi da Gordiano, come di sopra ho tocco.
In Grecia tutti gl'autori s'accordano a dire che Pisistrato, tiranno d'Atene, fu il primo che facesse una publica libraria in essa città, molto rara e pregiata; benché Strabone (parlando d'uomini privati) abbia affermato che Aristotile fu il primo che ragunasse in Grecia libri, molto soccorso e favorito dalla potenza del re Alessandro. E Ateneo, nelle Cene de' suoi sapienti, al libro I pone la libraria di Larensio greco sopra qulla di Pisistrato, d'Aristotile, d'Euclide, di Policrate, d'Euripide, di Nococrate ciprio, come cosa singolarissima. Plutarco nella Vita di Silla magnifica per libraria di persona privata quella di Tirannione grammatico, il qual adunò insieme più di due mila libri.
Tra' cristiani, il primo che cercasse d'uguagliare Pisistrato ateniese nella libraria fu, secondo Isidoro, pur nel 6 libro delle sue Etimologie, Panfilo martire la cui vita fu scritta da Eusebio Cesariense. Ma la prima libraria che mai fosse al mondo, dice Isidoro nel sopradetto luogo, che fu la biblioteca degli Ebrei, la quale fu da' Caldei miserAmente Abbrugiata e, dopo il corso di molti anni, da Esdra scriba pieno del Spirito Santo reparata, rescrivendo egli i libri del Testamento Vecchio di nuovo, e riducendogli al numero di vintidue libri, secondo che vintidue sono le lettere dell'lfbetto.
A' tempi più nuovi scrive Filippo Bergomense, el quattrodecimo libro del suo Supplemento, che Giovanni Galeazzo Visconti fece in Pavia una libraria dignissima per l gran copi di libri che vi ripose dentro. Bartolomeo Cattaneo nel suo giudicioso Catalogo, per memorabile tiene la libraria che in Blesi raccolse Ludovico duodecimo, re di Francia, e quelle due famose parigine, massime in teologia: l'una nel Collegio Regale, e l'altra nel celebre monasterio di San Vittore, luogo antichissimo de' Canonici Regolari Lateranesi. A' tempi nostri ancora si vedono in Italia librarie assai famose, come la Biblioteca Apostolica in Roma, quella di Federico Feltrio duca d'Urbino, la libraria de' Medici in Fiorenza, quella de' Malatesti in Cesena, quella del duca di Mantoa, e moltissime altre che per brevità tralascio da parte.
La nobiltà delle librarie - scrive ancora il Garzoni parlando dei librai ma sviluppando adesso eminentemente un discorso sulle
BIBLIOTECHE PUBBLICHE
- così antiche come moderne, si cava anco da questo: che gli uomini l'hanno illustrate con l'imagini e statue di persone per virtù e per lettere eccellentssime.
Così dice Plinio nel libro settimo, che nella publica libraria d'Asinio Pollione, meritò egli, essendo ancora vivo, che la sua statua fose per grandezza collocata. Marco Tullio nella sua Epistola scrive a Fabio Gallo che gli compri le statue per la sua libreria. Plinio Nepote, scrivendo a Gallo Severo dice come Erenio Severo dottissimo uomo, voleva porre alla sua libraria, tra l'altre, l'imagine di Cornelio e di Tito Anio. E oggidì si vede fra noi la bella libraria di monsignor Giovio d'eccellentissime imagine di persone virtuose ornata e illustrata.
Per un'altra ragione si dice che la professione de' librari sia molto nobile, perché sono sempre in compagnia di persone letterate e virtuose: di teologi, di dottori di legge, di medici, d'umanisti, e di molti altri scienziati, col consorzio de' quali divengono sovente più accorti, più intelligenti e prattici, non sol dell'arte, ma delle cose di tutto il mondo insieme. E però rari son quelli che non siano scaltriti e che non sappiano il fatto loro da dovero, perché da tutti quei dotti che gli pratticano in bottega, imparano qualche bel punto da tenere a mente.
Ha del nobile parimente quest'arte perché non è sporca niente in se stessa, ma netta e polita quanto dir si possa, onde i librari non s'imbrattano pur un dito in cosa alcuna. E oltra di ciò ritiene assai dell'arte mercantile, per l'industria di comprar libri in grosso e vendergli ancora: il che le porge qualche sorte di nobiltà particolare sopra molte altre. S'acquista nome, finalmente, dal servizio universale che partorisce a tutti, perché da librari ogn'un riceve il modo d'intendere e sapere quel ch'ei vuole; e oggidì massimamente che tutte le bizzarie dell'uomo sono in stampa; e non solamente ci fanno possedere le cienzie e l'arti, ma quante cose ponno capire nell'intelletto e nella imaginazione d'una persona. Però tu trovi agevolmente da scapricciarti in un tratto dentro in una libraria, ove trovi di guerra, d'amore, di lettere, di maneggi, di mestieri, d'uffici e di quanto sai desiderare. Per questo fu celebrato quel gran libraro antico, detto Trifone, da Marziale [Epig., IV, 72] in quel verso:
Non habeo, sed habet bibliopola Trifon.
E così molti moderni in Venezia, in Roma, in Venezia, in Roma, in Parigi, in Lione, in Anvera, in Lovagna, in Basilea, [in Milano, dove aveva una nobilissima libraria Giovan Antonio delli Antoni all'insegna del Griffo, piena di esquisiti libri in tutte le professioni, dove ora si ritrova Antonio delli Antoni onorato suo nipote, nella libraria del Griffo, il quale dimostra di non punto degenerare da' suoi maggiori] e in molti altri luoghi del mondo.
E con queste lor lodi hanno pur ancor essi qualche vizio raccolto in loro: perché, per ispedir più opere, legano e battono talora male i libri; spesso gli fanno pagare il doppio dell valuta; sostentano di commune accordo quel che gli piace; e dove non hanno interesse, per diminuir l'opere altrui, si ritirano da longi; vendono a contadini e villani con ciancie quanto di sciocco hanno in bottega; e sopra tutto magnificano talora più una castronaria composta di un ciavattino che qualche opera bella e utile composta da un galant'uomo.
Or questi basti de' librari, e buoni e cattivi.
Annotazione sopra il CXXVIII discorso
Circa i librari vedi il Cardano De rerum varietate, a carte 868; e Pietro Vittorio, a carte 469 e 486. E fra' librari è degno di lode oggidì M. Gioseffo Salino piacentino.




































"Tommaso Garzoni, nato Ottaviano (Bagnacavallo, 1549 – 1589), è stato uno scrittore italiano.
Entra giovanissimo, all'età di diciassette anni (1566), nell'Ordine dei Canonici Lateranensi, i religiosi che reggevano la Basilica di Santa Maria in Porto a Ravenna. In quell'occasione assume il nome di "Tommaso" (o secondo altra lezione "Tomaso"). Studia diritto a Ferrara, poi logica a Siena. Con prodigiosa facoltà inventiva, scrive negli ultimi sei anni della sua breve esistenza tutte le opere - di taglio bizzarramente enciclopedico - che lo renderanno celebre: Il Teatro dei vari e diversi cervelli mondani; La piazza universale di tutte le professioni del mondo; Le vite delle donne illustri della Sacra Scrittura; L'hospidale de pazzi incurabili; La sinagoga de gl'ignoranti; Il mirabile cornucopia consolatorio; L'homo astratto. E, postuma, Il serraglio degli stupori del mondo.
L'eclettica opera di Garzoni conobbe un vasto successo europeo (numerose furono le traduzioni e ristampe), al punto da consacrarlo tra gli autori italiani di maggior voga del tardo Cinquecento. Oggi, dopo un lungo oblio, Garzoni viene nuovamente scoperto e analizzato dalla critica.
Fu il primo a descrivere il termine democrazia, con riferimento al contesto coevo, nella lingua italiana.
È stato anche il primo a scrivere un catalogo biografico completo delle donne nella Bibbia (), soggetto che Boccaccio (De mulieribus claris) e Lucrezia Tornabuoni (Storie sacre) avevano solo incidentalmente toccato nelle loro opere.
Nel 1589 si concluse a soli 40 anni la sua vita: la morte precoce interruppe la sua intensa produzione letteraria.
Della sua scomparsa l'unico documento biografico per 24 anni fu la lapide sepolcrale dettata in latino classico, com'era in uso al tempo, dal fratello Bartolomeo e fatta esporre nella chiesa di San Francesco di Bagnacavallo."
tratto da Wikipedia, l'Enciclopedia libera on line.