Il nome "Rovine", della struttura prossima al rio di S. Secondo, lascia perplessi, può alludere a caseggiati recenti diruti come a qualche cosa di molto più antico: pare improbabile comunque che operandosi in una zona ad alto insediamento romano e con reperti che venivano alla luce nei lavori rurali o per tracimazioni del Nervia. Naturalmente i problemi erano altri ma data la vicinanza a queste opere di quella che Rossi definì
la Via dei Sepolcri (numero1 attivo) parte sostanziale di quella che era il PRINCIPALE COMPLESSO DEMICO DI VENTIMIGLIA ROMANA non sembra plaudibile che nello scavare i trinceramenti i soldati austro-sardi non abbiano incontrato almeno a livello superficiale tracce di romanità = introducendo un discorso personale fra le cose che vidi quando Nervia ancora a fine anni '50 portando ancora i pesanti danni dei bombardamenti della II guerra mondiale rammento che nel '57, avendo seguito con mia madre, mio padre Michelangelo Durante qui inviato come capotecnico e poi sovrintendente tecnico delle FF.SS., per risiedere in via Gradisca di Nervia, scoprii una frazione fervente di voglia di rinascita e con varie imprese edili in essere: nel corso dei lavori di erezione d'un nuovo palazzo ( ebbi a fine anni '50 o primi '60) gli operai individuarono, scavando, vari reperti antichi, verosimilmente romani ma assieme a questi, come mi mostrò sveltamente un lavoratore a riguardo di un oggetto che teneva in mano,
uno strumento di scopo chiaramente guerresco emerso tra gli scavi ma sicuramente non romano né medievale ed assai simile nella forma
ad una baionetta non moderna ma formalmente simile -almeno nella mia memoria- a quella qui proposte di tipologia settecentesca:
egli presto si allontanò dicendomi "non son cose da bambini" e mai più vidi tale oggetto atteso che il padrone del terreno o chi edificava l'edificio impose agli operai di disperdere o risotterare il tutto dove stava, per finalizzare sveltamente e senza impacci la costruzione.
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