Al centro degli infiniti riferimenti riguardanti il magnetismo universale, simpatie ed antipatie di macro e microcosmo primeggiavano le considerazioni su svariate forme terapeutiche tra cui l'UNGUENTO ARMARIO un composto alla cui confezione concorrevano diversi elementi o componenti tra cui aveva importanza straordinaria la
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per secoli, ed ancora oltre i tempi di Aprosio, dai più ritenuta importante o di valore non per quanto effettivamente è, cioè un reperto antiquario dell'Egitto dei Faraoni (vedi testo antiquario di riferimento), ma come composizione chimica dalle rilevanti proprietà curative = secondo quanto scrisse in questo suo ottocentesco volume il Visconte di Marcellus gli antichi Egizi avrebbero raccolto questi componenti seguendo un arduo percorso da lui stesso compiuto sin a giungere in un'area pervasa da malsane esalazioni di cui il viaggiatore francese lasciò la solita puntuale descrizione e donde sarebbe pervenuto sulle rive del Mar Morto in prossimità del quale -in una totale desolazione- l'esploratore potè assistere al fenomeno dei bellissimi
POMI DI SODOMA
(cioè della città di Sodoma distrutta per volontà divina per l'empietà dei suoi abitanti)
Questi frutti -quasi a dimostrare allegoricamente che il bello nasconde spesso il male- toccati si frantumarono, tra le mani del Visconte di Marcellus in cenere maleodorante e perniciosa: consapevole delle relazioni dei pellegrini medievali contestualemente l' esploratore francese si rifornì di parte di questo materiale ma soprattutto di quelle sostanze che ivi si trovavano in abbondanza e che gli Egizi tanto cercavano come essenziali ai fini dell'imbalsamazione : vi si trovavano infatti ceneri, pissasfalto, bitume e tutte quelle sostanze che da tempi immemori gli Egizi serventi della "Casa dei Morti" accedevano a raccogliere ai fini della pratica dell'imbalsazione che come qui si vede hanno in definitiva trasmesso al Mondo e vi provenivano da ogni parte del loro Impero sia dal Medio - Alto Egitto che dal Basso Egitto affrontando mille difficoltà pur di raggiungere la grande depressione salata alimentata dal fiume Giordano la quale si vede in questa carta antiquaria sotto l'idronimo di "Morto o Mar Salato", e che è in fondo preludio di una
serie di stampe antiche dei luoghi santi della Palestina e di importanti aree geografiche con grosse testimonianze archeologiche
Il Bitume e il Pissasfalto in composizione con mirra, aloe, zafferano, e altri aromi sarebbero andati a comporre un balsamo di consistenza cerosa, colore bruno o nero, odore sgradevole appunto usato per conservare i cadaveri e che dal Medioevo sin al secolo XVII fu estratta dalle tombe egizie essendo oggetto di un attivo commercio dato che la credenza popolare -ma anche il parere di svariati medici- le attribuiva delle PROPRIETA' MEDICINALI E MAGICHE: vedi qui cosa ne scrive il SENNERTIUS in merito alla sua UTILIZZAZIONE nel facimento dell' UNGUENTO ARMARIO.
Talvolta le veniva aggiunto dell'asfalto ed era prodotta artificialmente con l'essiccamento di corpi morti.
Molti testi di medicina antica riconoscevano reale valore terapeutico alla MUMMIA: per esempio in "PETRO ISPANO VOLGAR." (2-22) si legge "Ardi insieme mummia, sangue di dragone, incenso, mastice, classe, e nella aurora danne a bere con siropo rosato o vero con zuchero rosato"
E parimenti nel FASCICULO DI MEDICINA VOLGARE (18) si trova altra medicina: "Unguento da crepati. Togli pece navale, mastice, pegola, terra sigillata, sangue di drago, scornice di carta rasa, chalidomo arsi ana on. IJ, bolo armenico, mumia armoniaco, colla di pesce ana drag. IJ e fa unguento".
Nel RICETTARIO FIORENTINO (I-C-II) era addirittura proposta una selezione fra le qualità del prodottotto commercializzato: "La mumia buona suole essere di colore nera, lucida, puzzolente, soda e facile a polverizzare, di sapore orribile": e peraltro non era impossibile rinvenire MUMMIE anche in area italiana attesa l'abitudine, pur non frequente e durante il fulcro dell'Impero di Roma, di mummificare alcuni corpi come attestano importanti RINVENIMENTI ARCHEOLOGICI tanto del passato che della contemporaneità.
Gli stessi concetti riprese e divulgò con notevole successo il Mattioli nel suo volgarizzamento del medico classico Pedanio Dioscoride: si dovette giungere a MEDICI DEL XVI SECOLO per mettere in discussione la validità di questo medicamento che comunque continuò a trovarsi nelle farmacie sino al XVIII secolo, quando contestualmente iniziarono altre investigazioni scientifiche e antiquarie sul loro segreto iniziando raccolte museali e soprattutto procedendo ad una ordinata apertura dei SARCOFAGI e ad una attenta sfasciatura delle MUMMIE in essi custodite: in merito ad una interpretazione nuova della MUMMIA non si può tuttavia far a meno di menzionare
AMATUS LUSITANUS
(visualizza qui la infinità delle sostanze da lui prese in considerazione nel suo repertorio scientifico)
laddove nel XVI secolo, in un proprio commento a Dioscoride, dissertò in modo innovativo della MUMMIA sotto le voci BITUME e PISSASFALTO (e proprio AMATUS LUSITANUS, accostandosi per certi aspetti al GOCLENIUS denunziò aspramente gli abusi dei
MANGONES (= MERCANTI FALSIFICATORI ED ADULTERATORI)
che, criminalmente ed in modo orribile valendosi di cadaveri recenti, sviluppavano nei loro laboratori le senza dubbio terrificanti MUMMIE EFFIMERE allo scopo di vendere quali MUMMIE AUTENTICHE e lucrare su un TRAFFICO ESTREMAMENTE REDDITIZIO (negli scritti si allude non solo agli artifici da laboratorio dei mercanti criminali che sacrilegamente violano i CIMITERI per sottrarre i cadaveri da poco inumati ma si fa palesare l'ipotesi che alcuni non si astengano dal rapire poveri o sbandati, ucciderli e avvalersi dei loro resti per falsificare delle mummie da propinare ignobilmente ai più creduloni o gonzi = sì da poter alternativamente esser puniti quali
PERPETRATORI DI SACRILEGI quanto ancora di REI DI OMICIDIO)
La lunghissima tradizone della MUMMIA come medicamento -cosa non molto nota- prese corpo nel Medioevo dall'opera dei mercanti italiani che se ne approvvigionarono nei mercati medio-orientali per commerciarla, ad un prezzo superiore addirittura a quello delle Spezie, nella Cristianità.
Un ruolo importante nel traffico di MUMMIA ebbero poi i CAVALIERI TEMPLARI che proprio con essa, oltre che con altri commerci e servizi, si arricchirono in Oriente: la loro fama di MAGHI (fama che fu alla base della loro rovina e che rientrò tra le principali accuse loro mosse al CONCILIO DI VIENNE del XIV sec. che ne segnò la fine) fu alimentata proprio dalla loro riconosciuta dimestichezza con l'ALCHIMIA e la conoscenza di nuove ed ancora misteriose medicine -non completamente giustificate dalla Chiesa- spesso recuperate dal patrimonio culturale del MEDIO ORIENTE e specificatamente dell'EGITTO tradizionalmente venerato e temuto come terra di maghi e di segreti insondabili.
La MUMMIFICAZIONE fu importata dai Romani nel modo occidentale e pur non divenendo pratica comune di seppellimento gli scavi archeologici hanno lasciato tracce di un certo significato con ritrovamenti avvenuti nel RINASCIMENTO come in tempi recenti.
Una scoperta eccezionale che confuse Roma tutta e fece vacillare alcune coscienze fu fatta alla fine del XVI secolo nel corso di lavori casuali di sterro e recupero materiale edilizio sulla via Appia.
Nell'aprile del 1485 alcuni operai scoprirono non lungi da Roma durante uno scavo presso la "via Appia" scoprirono un SARCOFAGO dal contenuto straordinario: in esso stava il "corpo mummificato" di una ragazza romana di notevole bellezza: il sarcofago, per volere dei "Conservatori della città" venne esposto per due giorni al "Palazzo dei Conservatori" di modo che una folla enorme (oltre 20.000 persone si recò a visitarlo) spinta dalla convinzione di un fatto miracoloso ed anche dalla superstizione, ritenendosi che presso il corpo fosse stata rinvenuta una lucerna ancora accesa dopo oltre mille anni di inumazione).
Per evitare il crescere della superstizione "Papa Innocenzo VIII" ordinò che il corpo di notte fosse di nuovo portato in luogo segreto e disperso nei dintorni di "Porta Pinciana".
Il DISEGNO DEL CORPO MUMMIFICATO ("disegno a penna colorato all'acquarello, in lettera di B.Fonte a F.Sassetti, Coll. Prof. B.Ashmole, Oxford") è opera di un testimone oculare dello straordinario evento, l'umanista Da Fonte che ne scrisse all'amico fiorentino "Sassetti" che a sua volta fece resoconto del fatto al dottissimo amico "Lorenzo il Magnifico de' Medici".
Così annotò il "Da Fonte": "Bartolomeo Fonte al suo amico Francesco Sassetti salute...
Mi hai pregato di dirti qualcosa sul corpo di donna trovato di recente presso la Via Appia. Spero soltanto che la mia penna sia in grado di descrivere la bellezza e il fascino di quel corpo. Se non ci fosse la testimonianza di tutta Roma il fatto sembrerebbe incredibile...Nei pressi della sesta pietra miliare dell'Appia, alcuni operai, in cerca d'una cava di marmo, avevano appena estratto un gran blocco quando improvvisamente sprofondarono in una volta a tegole profonda dodici piedi. Rinvennero colà un sarcofago di marmo. Apertolo, vi trovarono un corpo disposto bocconi, coperto d'una sostanza alta due dita, grassa e profumata. Rimossa la crosta odorosa a cominciare dalla testa, apparve loro un volto di così limpido pallore da far sembrare che la fanciulla fosse stata sepolta quel giorno. I lunghi capelli neri aderivano ancora al cranio, erano spartiti e annodati come si conviene a una giovane, e raccolti in una reticella di seta e oro.
Orecchie minuscole, fronte bassa, sopraccigli neri, infine occhi di forma singolare sotto le cui palpebre si scorgeva ancora la cornea. Persino le narici erano ancora intatte e sì morbide da vibrare al semplice contatto di un dito. Le labbra rosse, socchiuse, i denti piccoli e bianchi, la lingua scarlatta sin vicino al palato. Guance, mento, nuca e collo sembravano palpitare. Le braccia scendevano intatte dalle spalle, sì che,volendo, avresti, potuto muoverle. Le unghie aderivano ancora saldamente alle splendide, lunghe dita delle mani distese; anche se avessi tentato non saresti riuscito a staccarle. Petto, ventre e grembo, erano invece compressi da un lato, e dopo l'asportazione della crosta aromatica si decomposero. Il dorso, i fianchi e il deretano avevano invece conservato i loro contorni e le forme meravigliose, così come le cosce e le gambe che in vita avevano sicuramente presentato pregi anche maggiori del viso.
In breve, deve essersi trattato della fanciulla più bella, di nobile schiatta, del periodo in cui Roma era al massimo splendore.
Purtroppo il maestoso monumento sopra la cripta è andato distrutto molti secoli or sono senza che sia rimasta neanche un'iscrizione. Anche il sarcofago non porta alcun segno: non conosciamo né il nome della fanciulla, né la sua origine, né la sua età." (trad. dal latino dell'originale in "Collezione Prof. B.Ashmole, Oxford").
Uno dei più recenti ritrovamenti in Italia è stato il corpo abbastanza ben conservato di una GIOVINETTA MUMMIFICATA ritrovata in un sepolcro lungo la via Cassia, sempre presso Roma in loc. Grottarossa: la datazione scientifica riporta la mummia a circa 1800 anni or sono, quindi al fiorire di Roma imperiale: il processo di mummificazione era spesso fatto praticare da funzionari imperiali che avevano operato in Egitto ed avevano potuto ammirare la straordinaria tecnica di inumazio nel, tanto da volerne trasferire esperimentazioni anche in Italia.
A tal proposito, per quanto possa far fede l'entusiastica lettera dell'umanista "Da Fonte", in merito al più celebre ritrovamento di MUMMIA in Italia è da registrare il passo in cui egli analizzava il "taglio strano degli occhi" quasi che quella che per lui fu una fanciulla d'alto rango poteva benissimo essere la giovane congiunta orientale, siriana od egiziana magari di nobile schiatta, di qualche funzionario che ne volle portare la salma con sè: ma tutte queste restano comunque ipotesi, salvo la constatazione del rilievo che in certi ambienti culturali e di elevata condizione sociale la pratica della mummificazione fu in uso anche nella romanità prescindendo dal caso celebre delle mummie dipinte di "Fayum".
In'opera di medicina, l'Hortus Sanitatis del 1557 furono ribaditi vari concetti sulla potenzialità terapeutica della MUMMIA: la prima ILLUSTRAZIONE nota del modo abituale di procurarla (saccheggiando i depositi di mummie che affioravano o che erano stati individuati dai profanatori, esistenti sin dalla notte dei tempi) è invece contenuta nell'ultima pagina dell'opera di Joachim Struppe dal titolo Testimonianze dei più famosi dottori, storici e filosofi sui medicamenti esotici più segreti e preziosi, in special modo sulla mummia e su tutto quanto la riguardo; e come essa fu universalmente impiegata nei tempi antichi in Giudea, Egitto, Arabia e altrove.
Nella "Storia generale delle droghe" del 1694 (trad. dal francese), il commerciante e farmacista parigino "Pierre Pomet" sperava di distogliere i suoi lettori dall'uso di medicamenti a base di mummie con la spaventevole raffigurazione in primo piano d'un CADAVERE SBUDELLATO. Espresse il proprio orrore nella parola "gabbaras" riportata in alto a sinistra fra le due mummie, che sopravvive nell'inglese "garbage" il cui significato è "sterco" o "rifiuto".
Nel libro si svela che questa particolare mummia, piuttosto malandata, avrebbe fatto parte del bottino della vittoriosa battaglia navale di tardo '500 dei Cristiani contro i Turchi a Lepanto e che era stata portata nel confliitto navali dai musulmani come una sorta di talismano.
In un'opera famosa, Civiltà al Sole, "C.W.Ceram" scrisse:"Mumiya" è una parola araba che denomina propriamente un asfalto naturale al quale già in epoche precedenti si attribuivano virtù medicamentose. Quest'asfalto fu una delle sostanze con cui, dopo tentativi di ogni genere, le mummie egiziane furono finalmente imbalsamate.
Dalle tombe l'asfalto passò alle farmacie " [ed anche ai laboratori di salute delle infermerie dei patrizi, come i Signori di Dolceacqua]" d'Europa e vi rimase sin verso il XIX secolo quando la distinzione tra "mummia" e "mumija" andò perduta ed ai malati ricchi furono prescritti medicamenti costosi ricavati dalle salme polverizzate dei sovrani e delle sovrane egiziane.
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