cultura barocca

VIOLENZA/ FAZIONI/ PARENTELLE

VIOLENZA POPOLANA> Fenomeno tipico, non solo in Liguria, tra XVI -XVII sec. per il generale e mediterraneo "dramma della fame" che comportò rivolte popolari contro Genova e il potere dello Stato: A. SPINOLA, Dizionario filosofico, ms. B.VIII, 25-29, s.v. "Fattioni" (v. Banditismo, Fazioni, Magistrato contro Banditi, Parentelle).
Evidenziano peraltro la storia autonomia delle CURIE LOCALI nell'affrontare anche la criminalità estrema le riflessioni fatte al Senato genovese da un giusdicente di Chiavari ("Arch. di Stato di Genova", Senato, Lettere, f.1010, 20/XI/1511) su una condanna a morte da lui comminata per un delitto efferato.
Premesso che le genti del Levante davano prova di crudeltà e falsità, egli fece cenno al fatto di violenza contadina che aveva giudicato:
"Ho processato doi fratelli di "parentella" di Fontanabona li quali al tre di ottobre di notte antigiorno amazzorno un loro cugino carnale de XVII o XVIII anni per VII leze di feno...Conosco che questo assassinamento traditore fra in el suo sangue...meriterebbe acerba et aspra morte, ma per salvamento delle anime e per non dare spesa a questa terra, ho promesso de farli impiccare".
E' difficile dire a quale alternativa esecuzione lo "schifato" giudice avesse pensato visto che, secondo gli Statuti Criminali del '56, libro II, capo 20", le pene ufficiali di morte, al 1511, dovevano essere tre, le due storiche, all'impiccagione e alla decapitazione, e la "nuova per eretici" al rogo, dopo impiccagione: avrà forse pensato a quest'ultima, ma "da vivi" come intendevano gli assertori più intransigenti della condanna al rogo? v. anche Rapimento per riscatto,Vendetta privata, Violenza locale).
Queste considerazioni non debbono però far ritenere che nel PONENTE LIGURE non si verificassero atti criminosi sia individuali che collettivi: per esempio il Manoscritto Borea cita un caso di omicidio nel XVII secolo a Sanremo e parimenti menzione una rivolta popolare duramente repressa ancora a Sanremo nel 1639 (non meno "celebri" furono comunque il misterioso assassinio di M. Striglioni, geniale incisore di Badalucco, ed ancor prima l'insurrezione antinobiliare a Ventimiglia nel 1625)

















VIOLENZA LOCALE> Difesa individuale dei diritti, sancita negli Statuti Criminali, per assenza o deficienza del sistema giudiziario: nel XVI - XVII secolo si prese tuttavia ad abusare di questa eccezionale concessione (COSTANTINI, p.190), magari proteggendosi, ben muniti, entro veri e propri FORTILIZI guardati da uomini fidati.
Nelle controversie per le più disparate ragioni (controllo delle "terre comuni", "riparto delle imposte", "controllo degli uffici" ed altro ancora) per tutto il '500, e ben oltre, continuò a funzionare il sistema delle parentelle che si esprimeva nel meccanismo delle fazioni le quali finivano per diventare espressione di potere per alcuni e falsa ragione di speranze per i più.
Appunto le fazioni stavano in un rapporto quasi osmotico col banditismo di cui si valevano per scontri di potere, specie nelle campagne, ormai superati dalla realtà storica: anche per questo gli Statuti Criminali (i quali per altro verso usavano a propri fini anche di una certa violenza locale) comminavano (e continueranno a comminare nelle successive Riforme periodiche) pesanti sanzioni avverso il banditismo (libro II capi 28, 29, 71, 72, 73, 74, 81 degli STATUTI CRIMINALI).
Ma ciò dovette servire sempre poco se Andrea Spinola, nel luogo prima citato della sua opera, ancora nel Seicento scrisse: "Non è cosa che nel nostro Paese mantenga più la peste de' banditi di quel che fanno le fattioni. Imperoché i partigiani (delle diverse fazioni) danno lor denari, portan loro provvigione da vivere, li avisano delle diligenze che la giustizia fa contro di loro e li tengono nascosti nelle case, nelle cassine et in altre nascondaglie"> in termini solo più letterari, ma a distanza di anni, ciò che vanamente avevano tentato di combattere gli Statuti Criminali del '56.
E d'altronde è singolare come a distanza di 50 anni dalla "Riforma doriana del 1528" (che aveva risolto storiche contrapposizioni faziose ) e neppure a venti anni dalle "Leggi Criminali del '56" nelle campagne o comunque fuori città l' aggressività delle fazioni, in un clima di violenza che sarebbe giusto indagare più approfonditamente, interagisse col banditismo al punto che la val Polcevera e la villa di Sestri Ponente, ed anche tutta la valle del Bisagno sino a Chiavari, per ragioni diverse, ma sempre connesse a rivalità faziose coniugate col banditismo, fossero praticamente avulse dal contesto del Dominio ed occupate, tra il '56 ed il '57, da bande armate di centinaia di ribelli che scorrazzavano a fronte di una tangibile incapacità d'intervento statale (v. Banditismo, Rapimenti per riscatto, Vendetta privata, Violenza contadina).
E peraltro le cose, nonostante i tentativi delle autorità, non migliorarono affatto con il tempo: ed ancora nella prima metà del XVIII secolo, specie nel Ponente ligustico, i contrabbandieri del sale finivano per fare il bello ed il cattivo tempo, costituendosi in bande armate così forti da sconfiggere oltre che l' organizzazione di polizia le stesse forze governative.









FAZIONE> Risultanza del sistema delle Parentelle, la Fazione era potenza per alcuni e speranza per altri>SPINOLA sui "capifazione" in Dizionario Filosofico (B.U.G., ms.B.VIII. 25-29,s.v."Fattioni") scrisse: "Ho conosciuto alcuni i quali professando di dar moto in questa bassezza e miseria di fattione, io non dirò amici fra loro, perché l'amicizia non è se non fra buoni, ma molto domestici, ridendosi della semplicità e balordaggine de lor partiggiani, attendevano d'aiutarsi l'un l'altro in tener ingannati quei meschini, et a spolparli di capretti, di ricotta e di formaggio, giocandone alla palla sotto manto di favorirli" ed aggiunse "...non è cosa che nel nostro Paese mantenga più la peste de' banditi di quel che fanno le fattioni. Imperoché i partigiani danno lor denari, portan lor provvigioni da vivere, li avisano delle diligenze che la giustizia fa contro di loro e li tengono nascosti nelle case, nelle cassine et in altre nascondaglie">Stat. Crimin.: Ribelli,lib.II,cap.71,74,81.





PARENTELLA (anche "Banditismo")> Consorterie di famiglie con stesso cognome e che si riconoscono discendenti da un nucleo originariamente investito> COSTANTINI, p. 534.: le Parentelle erano protagoniste, in senso non solo giuridico, delle controversie per uso o possesso di terre comuni, riparto di imposte, controllo di uffici e servitù. Esse si traducevano in svariati campi di vita sociale in strutture di solidarietà verticale dette Fazioni> BECCARIA, XXVI, Dello spirito di famiglia > vi si legge un' allusione ai difetti di molte Repubbliche dell'età intermedia, di cui Genova fu esempio, intese come associazioni di famiglie più che di uomini, con la prevalenza, su quelli di Stato ed individuo, degli interessi di quelle piccole monarchie che erano le famiglie.

























Nel DIRITTO INTERMEDIO vigeva l'ARBITRIO INSINDACABILE DEI GIUDICI specie quando si applicava il RITO STRAORDINARIO (che comportava misure investigative eccezionali, che si valevano facilmente della TORTURA per conseguire l'esito irrinunciabile della CONFESSIONE: i pericoli di totale Arbitrio del giudice tanto per quanto riguarda la GIUSTIZIA DELLO STATO quanto della GIUSTIZIA DELLA CHIESA fu sottolineato dal BECCARIA (cap.XXIX, Della cattura nel Dei delitti e delle pene).
Tale Arbitrio equivaleva, anche, all'uso o no di particolari procedure investigative, mediate sia dalla letteratura criminalistica che dal diritto canonico.
Poichè alcuni giudici si valevano anche nel genovesato ancora nel XVIII, a loro arbitrio insindacabile di forme controverse di prova parecchi autori entrarono in contesa, essendo alcuni a favore dell'utilizzazione di ogni espediente pur di individuare un colpevole mentre altri, più saggiamente, pensavano di doversi attenere ai criteri dettati dalla scienza o comunque dal buonsenso, senza scadere nella superstizione.
Di un tipo di prova (la quale riprendeva sia l'antico tema sacrificale del sangue quanto l' assunto probatorio dell'ordalia o giudizio di Dio), quella per cui che i cadaveri degli assassinati sanguinassero se davanti a loro venissero esposti i colpevoli della loro morte si occupò anche l'erudito intemelio A. APROSIO nella sua Grillaia al cap. XII, pp. 143-144 intitolato se alla presenza dei Micidiarij le ferite degli uccisi mandino fuori il sangue [e peraltro l'agostiniano intemelio vi cita due casi delittuosi nel territorio di Ventimiglia, uno accaduto nel nel 1620 (PAGINA 143, PARAGRAFO 3) quando lui era fanciullo ed un secondo molto dopo, nel 1654 (PAGINE 143-144, DA PARAGRAFO 3): entrambi "svelati" tramite siffatto sistema probatorio).
L'argomento del MAGNETISMO UNIVERSALE fu sempre gestito da APROSIO con estrema prudenza ma anche nella consapevolezza che siffatte riflessioni, per quanto da trattare con attenzione, non determinavano cadute perniciose nell'eresia atteso che i miracoli del sangue, sublimati nel miracolo di San Gennaro ma ad esso non limitati, comportavano postulazioni connesse al Magnetismo Universale
[di cui l'agostiniano parla sotto voce simpatica unione nel Grillo VIII]
e contestualmente coimplicavano riferimenti agli
ESSUDATI DELLE RELIQUIE
come alla
POLVERE SIMPATETICA
di cui vedi qui una TAVOLA PER LA REALIZZAZIONE, le osservazioni del suo PRIMO SOSTENITORE, KENELM DIGBY e quindi leggine le CARATTERISTICHE E PROPRIETA'
[da Aprosio nel Grillo citato ancora menzionata a pagina 104]
e quindi dell'
UNGUENTO ARMARIO

di cui vedi il TRATTATO DEL GOCLENIUS, la CONFUTAZIONE DEL ROBERTI e la REVISIONE CRITICA DELL'HELMONTIUS
[citato sempre nello stesso Grillo ma a pagina 103, punto 9]
(da Angelico studiati in Theatrum sympatheticum auctum, exhibens varios authores. De pulvere sympathetico quidem: digbaeum, straussium, papinium, et mohyum. De ungento vero armario: ... Praemittitur his Sylvestri Rattray, Aditus ad sympathiam et anti-pathiam Edizione Editio novissima, correctior, auctior, multisque parasangis melior, Norimbergae, apud Johan. Andream Endterum, & Wolfgangi junioris haeredes, 1662 )
"prodotti" tutti usati terapeuticamente anche da personaggi "al di sopra di ogni lecito sospetto" anche nella cattolicissima Liguria e nel suo stesso Ponente.
Siffatta questione, all'epoca, risulta davvero appassionante tanto che l'agostiniano ventimigliese finisce per trattarne nel Grillo VIII (emblematicamente dedicato a Fortunio Liceti) strutturato in effetti sul tema originario del plagio letterario ma poi, in forza di una capricciosa deviazione intellettuale, sviluppato intorno alle tematiche dell'UNGUENTO ARMARIO, su cui l'agostiniano denota il possesso di molteplici nozioni e soprattutto l'ambizione di venire al corrente della feroce polemica su questa forma di terapia innescata dal gesuita ROBERTI
avverso il suo più acceso sostenitore, il celebre scienziato tedesco GOCLENIUS, appunto autore del dibattuto
TRATTATO DELL'UNGUENTO ARMARIO.
Non si trattava infatti di questione da poco ma rimandava semmai ad una discussione filosofica e medica infinitamente più estesa, che contrapponeva la scuola ippocratico-galenica e la spagiria, ma che coinvolgeva anche spiritualità e religione seppur la Chiesa romana, nonostante varie titubanze, giammai giunse a prendere una posizione definitiva.
Aprosio stesso sapeva assai bene che la questione era complessa, che non si fermava certo sulla soglia del diritto penale ma che comportava molteplici discussioni ed interpretazioni.
La più esaustiva fu forse quella espressa nel
DE MAGICA VULNERUM CURATIONE
da
JEAN BAPTISTE VAN HELMONT (HELMONTIUS),
autore peraltro noto ad Aprosio.
Ogni aspetto, compreso quello della prova giudiziale a carico dei micidiarij, rimandava quindi al ben più generale dibattito sulla TEORIA DELLE ANTIPATIE E SIMPATIE TRA MACRO E MICROCOSMO e principalmente alla loro CLASSIFICAZIONE, argomenti in qualche modo antologizzati e sublimati, entro il celebre testo alchemico poi da Aprosio ricevuto in dono da parte del genovese Fransoni, dello scozzese SILVESTRO RATTAY che appunto elencò anche la PROVA GIUDIZIALE menzionata dall'erudito intemelio (e ne citò, assieme a molti altri autori i cui lavori sono allegati nel libro al suo, una propria SPIEGAZIONE [per la precisione da P. 62 IN ALTO] che risulta astratta da ogni tipo di criminale vaghezza inquisitoriale per venire piuttosto innestata in un CONTESTO ALCHEMICO e di MAGIA NATURALE, certamente controverso e comunque soprattutto connesso ai temi dell'UNGUENTO ARMARIO e della POLVERE SIMPATETICA, ma certo non privo di supporti culturali.
Questo straordinario sistema probatorio di colpa (in Italia massimamente studiato da PIETRO SERVIO, non a caso amico o quanto meno ambito interlocutore d'Aprosio come s'evince dallo Scudo di Rinaldo I) era stato più volte applicato ad inchieste criminali non comportanti reati avverso la religione anche se parecchi giusdicenti ne avevano criticata l'oggettività.
In merito a ciò Così il SERVIO alle PP. 540-541 del suo trattato sull'unguento armario (registrato nel Theatrum Sympatheticum) adduce alcuni esempi di EMISSIONE DI SANGUE DA PARTE DI CADAVERI (traduzione) scrivendo:
"Cosa mai esiste di più straordinario dei corpi degli assassinati che gettano sangue, pur quando questo è già coagulato, allorquando gli giunga chi li ha uccisi. E perché tu non possa dire che io vado riferendo un qualche aneddoto di pura fantasia ti narrerò due episodi straordinari quanto assolutamente veritieri, capaci di persuadere anche il più scettico degli uomini qual fu Timone Niceo. La prima di queste storie riguarda un ragazzo di Cesena che era stato ucciso da suo padre. Giuliano Malacava, originariamente fabbro di professione e quindi decurione in politica, amava profondamente sua moglie e non supponeva che quel suo legame avrebbe potuto degenerare: ma così non fu ed intrapresa una relazione con una sua amante cominciò a pensare di liberarsi della moglie assassinandola. E così la strangolò, incredibile delitto, proprio mentre lei era gravida di un suo figlio. Da quando fu perpetrato il crimine erano passati già tre giorni, quando, proprio mentre tornava a casa quell'uomo, che per non suscitare possibili sospetti aveva finto d'esser assente nei poderi di campagna, innanzi a lui fu estratte il feto d'un fanciullo che immediatamente prese a sanguinare dalle narici. E ciò accadde il nel 1632 al dì terzo prima delle none di Febbraio come si apprende dalla pubblica storia di Cesena che mi fu messa a disposizione e che potei leggere compiutamente: sulla base di tal prova fu egli accusato d'omicidio innanzi il Pretore di città, fu gettato in carcere, si procedette all'investigazione e finalmente confessò il suo reato, venne quindi giustiziato per impiccagione lenta il giorno 12 Dicembre 1633. Il secondo episodio non ha a che fare con un assassinato o col suo omicida ma, cosa ancora più straordinaria, costituisce una prova eccezionale degli effetti simpatetici che possono intercorrere fra gli esseri umani. Nel mese di Luglio dell'anno scorso, che era il 1636, tal Giuseppe figlio di Pietro Paolo Pellegrino, barbiere presso la chiesa del divo Agostino in Roma, venne travolto dai gorghi del Tevere e sparve per otto giorni. Passata una settimana, riemerso, il corpo venne trasportato dalle acque del fiume sin all'Arco di Parma (così si chiama volgarmente la cloaca che giunge dalla regione della Mole di Adriano) e quindi venne raccolto da alcuni che andavano navigando nel Tevere: il cadavere era orribile, quasi informe, privo ormai di sangue, senza più alcun vago spirito vitale e oramai già quasi completamente aggredito dal processo di decomposizione. Ma quando sopraggiunse l'avvisato suo fratello gemello, di colpo e ad entrambi, prese a scorrere sangue dalle nari sì che gli astanti furono presi da gran stupore e gridarono al miracolo. E queste cose, caro lettore mio, non le ho apprese da dei creduloni o da donnette di poco conto ma le ho sapute sia da testimoni oculari assolutamente degni di fede quanto dallo stesso padre dei due giovani e ben pochi giorni dopo che avvenne quello spargimento di sangue".
Dalla lettura del GRILLO aprosiano, il saggio cioè di un uomo curiosissimo ma caratterialmente refrattario alla violenza fisica, si intravedono i meccanismi di un'affettazione intellettuale entro cui la credenza nella realtà del magnetismo universale (cioè delle interazioni tra macrocosmo e microcosmo sull'asse di antipatia e simpatia: epocalmente innegabile da parte dell'autorità ecclesiastica e dello stesso Santo Uffizio stante in particolare il miracolo di San Gennaro peraltro analizzato anche Aprosio da p.148 nel capitolo XII della Grillaja) vien fatta cautelativamente urtare (come si legge sul FINE DI PAGINA 149, CAPOVERSO 13 e seguenti) con la possibilità di avvalersi lecitamente di tale sistema probatorio (che proprio queste sostanziali brutalità, connesse ad altre violenze investigative siano state alla base di quella rinuncia alla carica di Vicario inquisitoriale, parimenti fatta con molta cautela dall'agostiniano, senza mai parlarne -lui così logorroico- quasi per la paura di essere coinvolto in tematiche per lui sconvenienti se non rischiose?).
Peraltro il penalista Francesco Casone (anche Casoni) di Oderzo, non mancando di suscitarsi critiche da più fronti, scrisse "non stimo che dal dar sangue i cadaveri possa derivare alcun indizio, se non al massimo un ben vago suggerimento ad aprire un'inchiesta. Tale effusione di sangue deriva infatti da ragioni tuttora ignote, che non debbono far trarre la benché minima conseguenza o conclusione. Qualsiasi magistrato resti quindi soddisfatto dal giudicare col buon senso e la prudenza che s'addicono all'uomo savio ed onesto, accantonando quei misteri che spettano unicamente alla Divina Provvidenza: del resto per il bene della legge non occorre sapere più di quanto occorra o serva": e poco dopo Nel XVII sec. il medico fiorentino Giovanni Nardi (citato da Aprosio sia nella Grillaia, entro il capitolo XII, p. 150 e ricordato ne La Biblioteca Aprosiana alla pagina 402) precisando che la fuoriuscita di sangue dai cadaveri dopo un certo tempo dalla morte era fenomeno di studio per medici o scienziati ed in nessun modo, a pro dei giudici, prova di reità d'un accusato) inoltrò questa ammonizione a tutti i magistrati italiani: "Si guardino bene quanti presiedono all'applicazione del diritto di sottoporre alle torture alcun uomo, davanti al quale il cadavere d'un assassinato abbia versato sangue dalle ferite" [passi del Casone e del Nardi, in latino, ripresi e tradotti dal luogo cit. della Grillaia: vedi lo
SCRITTO INTEGRALE
del Nardius nel Theatrum Sympatheticum..., ed. Norimberga del 1662].