cultura barocca
Nel gergo militare si definisce RIDOTTA, o meno frequentemente RIDOTTO, una fortificazione di minore importanza o comunque considerata secondaria. La ridotta generalmente non è mai isolata in un territorio, proprio in funzione della sua minore potenza, ma è utilizzata come parte integrante di un sistema difensivo più ampio, che il più delle volte affianca alle stesse ridotte delle roccaforti, dei castelli o dei muri di difesa. Vi potevano trovar riparo soldati o materiali bellici. Gli utilizzi sono gli stessi dei castelli o dei forti, sottolineando però, data la scarsa potenza, la secondaria priorità degli obiettivi difesi Le ridotte, molto variabili nella storia per architettura e dimensione, si possono classificare in ridotte temporanee e ridotte stabili. Le ridotte temporanee sono le tipiche fortificazioni campali, create per l'uso in una battaglia o in una breve campagna militare, per essere poi smantellate o trasformate in ridotte stabili. Costruite generalmente in pochissimo tempo con materiali leggeri e facilmente trasportabili, quali legno, pietre trovate sul posto e impilate a secco, stoffe da tenda, etc., dato il carattere temporaneo, non erano particolarmente blindate e, pur concedendo all'occupante una superiorità tattica, erano facilmente espugnabili. Per ridotta temporanea si può intendere anche quella fortificazione, sempre di carattere non definitivo, ricavata da un edificio preesistente (casali, ville padronali, torri di guardia, etc.) grazie a un suo potenziamento difensivo (creazione di feritoie per il tiro, muratura delle finestre, posizionamento di artiglieria, etc.). Gli utilizzi delle ridotte temporanee generalmente si sintetizzavano in miglior controllo su punti strategici del capo di battaglia o della regione in guerra, accampamento per le truppe, postazioni difese per il tiro d'artiglieria, luoghi in cui effettuare una ritirata strategica. Le ridotte stabili sono sostanzialmente castelli, o piazzeforti di dimensioni e importanza minori, costruite con le stesse tecniche delle altre grandi opere difensive, da cui si distinguevano per minore dimensione, capacità di resistenza al nemico e soldati occupanti. Visto il carattere di inferiorità di una singola ridotta, non era difficile trovare in Europa ridotte stabili disposte in serie, per esempio intorno a una città, o comunque a loro volta controllate da altre opere difensive maggiori. (VEDI QUI DIGITALIZZATI CON INDICI MODERNI VOLUMI VARI CONCERNENTI LA RIORGANIZZAZIONE DELL'ESERCITO, DA QUELLO DEL REGNO SABAUDO DI CARLO FELICE A QUELLO DEL REGNO D'ITALIA DI VITTORIO EMANUELE II CON CORREDO DI MAPPE, TRINCERE, FORTI, RIDOTTE, ECC. = TRA MOLTISSIMI TEMI L'IMPORTANZA DELLA TOPOGRAFIA, DEI TRINCERAMENTI E DELLE FORTIFICAZIONI). Nel corso della settecentesca "Guerra di Successione Austriaca", fronteggiandosi i Gallo-Ispani che tenevano Ventimiglia e gli Austro-Sardi che occupavano fino al Roia/Roya la piana del Nervia ( conflitto tormentato e di dimensioni ultracontinentali che coinvolse tutta la Liguria e raccolse per vari aspetti la maggior nomea per l'insurrezione genovese "del Balilla" e di cui, in merito alla libertà conquistata da Genova, esistono celebrazioni poetiche tra cui val la pena di rammentare questa del letterato di Albenga Domenico Masnata, intitolata Per la liberazione di Genova seguita l'anno 1746 ed inserita in questa rara silloge qui digitalizzata di poeti liguri del '700 ) il comandante austro-sardo Barone di Leutrum fece realizzare nella Piana di Nervia di rimpetto alla Piazzaforte di Ventimiglia tenuta dai nemici gallo-ispani un esteso e formidabile complesso di fortificazioni ad opera dell'ingegnere di guerra Guibert che ne redasse una dettagliata carta qui proposta con a piè di essa la didascalia dei siti tattici e fortificati solo numerati nella mappa: qui al numero 10 si indica quella che il Guibert definisce Ridotta delle Rovine. In altra coeva carta di anonimo, meno sofisticata ma per certi aspetti con ulteriori indicazioni, viene del pari citata una Ridotta delle Ruine" ma segnata, per le didascalie sempere a piede pagina, con il numero 9 ( esistono curate da R. Capaccio nel volume a due mani Marciando per le Alpi.... due trascrizioni sugli eventi in questione = in merito a questo tema Il M.co Don Vincenzo Orengo nel suo "Racconto dei fatti avvenuti in Ventimiglia negli anni 1745/46/47/48/49", 28 cc. - manoscritto originale conservato a Bordighera in Istituto Internazionale di Studi Liguri entro "Biblioteca G. Rossi", Ms. VI, 84m. - oltre che agli eventi bellici e diplomatici allude anche alla realizazione delle varie difese e dei trinceramenti, facendo spesso notare come per procurarsi il materiale necessario alle opere, da entrambi gli eserciti, furono recati danni gravissimi all'ambiente e alle colture, ma soprattutto si sofferma su aspetti significativi nella piana di Nervia con particolare attenzione al Centro delle Fortificazioni nella Piana facente capo al Palasso Orengo [prossimo alla Chiesa di Cristo Re eretta in tempi recenti (diruta come qui si vede dai bombardamenti della II Guerra Mondiale) e restaurata: laddove cioé si estendeva la prebenda di Nervia -ove Aprosio nel '600 aveva scoperto reperti di romanità- ed ascritta tra quelle spettanti ai canonici della Cattedrale della Diocesi intemelia ma a pro della famiglia Orengo (clicca sul n. 3) nel '700 alienata dal vescovo Mascardi e il tutto sovrastato dal sito naturalmente strategico di Colla Sgarba] e ad una indagine sui lavori fatti "tra il Centro e la Coda dei Trinceramenti" [che] "il Nervia separava immediatamente l'uno dall'altro" [ Vedi il Nervia, torrente/fiume storico di Albintimilium e poi, trascorso il Medioevo e assoggetta la città da Genova, del Capitanato di Ventimiglia: vedi nella qui proposta carta settecentesca il Ponte alla foce del Nervia di metà '700 (n. 37 nella carta: manufatto della "Guerra di Successione Imperiale" od opera preesistente?) insieme alla realizzazione da parte degli Austro-Sardi nell'alveo del Bastione di S. Pietro: analizza gli spostamenti dell'alveo nel contesto dello studio Notari con il problema dei ponti del Nervia: l'assenza di un ponte alla foce dall''800, distrutto quello dell'immagine, e nei periodi di piena il superamento del corso, con la "barchetta" di un "traghettatore"] = l'autore dedica molta attenzione a descrivere gli eventi della Battaglia del Convento di S. Agostino del 13-14 gennaio 1748, con la sconfitta francese e gli enormi danni all'area ed al Convento non esclusa la "Libraria Aprosiana": utile è anche la "Relazione sulle fortificazioni di Dolceacqua 1747 - 1748", 72 cc., manoscritto del notaio Pietro Noaro conservato a Bordighera in Istituto Internazionale di Studi Liguri entro "Biblioteca G. Rossi", I, 8. che registra dati interessanti sull'areale completo delle fortificazioni austro-sarde senza escludere l'elenco di quelle più pertinenti alla piana del Nervia anche se a riguardo dell'elenco delle fortificazioni e ridotte non menziona alcuna "Ridotta delle Rovine" pur citando nomi prossimi e le grandi opere di stravolgimento dei terreni ).

Il nome "Rovine", della struttura prossima al rio di S. Secondo, lascia perplessi, può alludere a caseggiati recenti diruti come a qualche cosa di molto più antico: pare improbabile comunque che operandosi in una zona ad alto insediamento romano e con reperti che venivano alla luce nei lavori rurali o per tracimazioni del Nervia. Naturalmente i problemi erano altri ma data la vicinanza a queste opere di quella che Rossi definì la Via dei Sepolcri (numero1 attivo) parte sostanziale di quella che era il PRINCIPALE COMPLESSO DEMICO DI VENTIMIGLIA ROMANA non sembra plaudibile che nello scavare i trinceramenti i soldati austro-sardi non abbiano incontrato almeno a livello superficiale tracce di romanità = introducendo un discorso personale fra le cose che vidi quando Nervia ancora a fine anni '50 portando ancora i pesanti danni dei bombardamenti della II guerra mondiale rammento che nel '57, avendo seguito con mia madre, mio padre Michelangelo Durante qui inviato come capotecnico e poi sovrintendente tecnico delle FF.SS., per risiedere in via Gradisca di Nervia, scoprii una frazione fervente di voglia di rinascita e con varie imprese edili in essere: nel corso dei lavori di erezione d'un nuovo palazzo ( ebbi a fine anni '50 o primi '60) gli operai individuarono, scavando, vari reperti antichi, verosimilmente romani ma assieme a questi, come mi mostrò sveltamente un lavoratore a riguardo di un oggetto che teneva in mano, uno strumento di scopo chiaramente guerresco emerso tra gli scavi ma sicuramente non romano né medievale ed assai simile nella forma ad una baionetta non moderna ma formalmente simile -almeno nella mia memoria- a quella qui proposte di tipologia settecentesca: egli presto si allontanò dicendomi "non son cose da bambini" e mai più vidi tale oggetto atteso che il padrone del terreno o chi edificava l'edificio impose agli operai di disperdere o risotterare il tutto dove stava, per finalizzare sveltamente e senza impacci la costruzione.

CLICCA QUI PER VOLTARE PAGINA

CLICCA QUI PER RITORNARE ALLE RIFLESSIONI SUL NERVIA E I SUOI PONTI