ALTARE DELLA MADONNA: STATUA DEL XVIII SEC. ATTRIBUITA AL MARAGLIANO
ALTARE MAGGIORE: CROCIFISSO ATTRIBUITO AL MARAGLIANO (XVIII SEC.)
L'antica primigenia chiesa parrocchiale di Vallecrosia (naturalmente
medioevale) si giudicò a lungo il piccolo tempio di S. Bernardo poi
intitolato anche a Nostra Signora delle Grazie che sorge in un'area sopraelevata, fuori borgo, dove poi venne istituito il vecchio cimitero vallecrosino. Paolo Stringa (cit. p. 60, n. 139) suppose qualche cosa: "La chiesa
parrocchiale di S. Antonio rifatta nel 1737 trae forse le origini da un precedente edificio medioevale, come sembrerebbe confermare la COLONNA CON
CAPITELLO CUBICO che sul fianco destro regge la sporta di una nicchia di altare
barocco" (c'era anche sul fronte della chiesa un gemello poi riutilizzato
in un edificio privato!). La perizia è utile perche ci testimonia dati essenziali: S. Antonio esisteva da molto tempo, era piccola, danneggiata ed umida e forse aveva il
tetto in legno! Non si sono trovate, oltre a QUESTE PERIZIE TECNICHE ulteriori notizie ma l'impresa andò in porto; come
si è notato dall'analisi dell'attuale parrocchiale il piccolo campanile della
precedente vecchia costruzione venne fasciato col nuovo e più grande ma
del vecchio si riconoscono ampie porzioni, come l'intonacatura e l'affresco (e pur
con una saltuaria visitazione se ne è riconosciuta la vetusta!). La porzione della vecchia venne diruta per quanto eccedeva il terrapieno ma conservata quale cripta per inumazioni nella porzione inferiore
al pavimento della nuova chiesa ed a cui si poteva accedere per il tramite
di una botola sita presso l'altar maggiore del moderno edificio. Tenendo conto di questo evento è anche pensabile che l'edificio religioso di S. Antonio abbia avuto un periodo di non fruibilità (dai lavori
iniziati poco dopo il 1720 sino alla loro sostanziale conclusione nel 1737
quando la struttura base e sacralmente importante risultò compiuta) ma
che sia stata riaperta ai fedeli, per cui era insufficiente qualsiasi altro tempio
vallecrosino, prima della totale sistemazione (la facciata infatti risultò com
piuta molto dopo, nel 1784 = ORENGO cit., p. 128).
Nell'impianto generale la chiesa, a una sola navata con due cappelle
laterali, si rivela di una certa vetustà e può per vaghe convergenze tipologiche far riandare col giudizio ad un tardo-romanico molto influenzato dall'avvento di altre espressivita artistiche e molto condizionato da rivisitazioni posteriori.
Già il Lamboglia, in un suo fuggevole esame rimasto inedito, notò che
sotto una rudimentale copertura, forse sei-settecentesca, si individuavano
i residui, le tracce di più antichi affreschi o comunque di un'anteriore, più
fine intonacatura.
Questa impressione di antichità e l'intitolatura a S. Bernardo fece giudicare questa come la primitiva chiesa parrocchiale poi surrogata con quella
di S. Antonio nel 1737, date le esigenze di un'aumentata popolazione: ed
a confortare tale ipotesi rimasero due iscrizioni a S. Bernardo e il
fatto che proprio nel XVIII secolo il vescovo intemelio Bacigallupi avesse
consacrato la nuova chiesa parrocchiale.
A prescindere da questi dati giungevano però anche notazioni che stonavano con tale ipotesi.
La chiesa di S. Bernardo fu edificata in un'area piuttosto scomoda ed eccentrica rispetto
all'impianto urbano murato più antico e ancora nel XVIII secolo come risulta dal
cartografo Vinzoni era alquanto isolata rispetto all'abitato (A.S.G., Fondo
cartografico, Bordighera 2 = 1730 circa) sul tracciato del percorso che
prolungava fuori da Vallecrosia verso S. Biagio della Cima e quindi tutto l'entroterra, la via del mare.
Inoltre nel 1670 (A.S.G., Magistrato delle Comunità, 26-VIII-1670) gli Officiali di Vallecrosia, in una petizione per restauri ad una via, parlarono di
"... una Chiesa di S. Bernardo...", in modo troppo generico (avrebbero
altrimenti detto come soliti la Parrocchiale), quale un luogo di culto
dove, di tanto in tanto, ci si recava in processione.
A questo punto bisogna riflettere sulla parrocchiale del 1737, quella
chiesa di S. Antonio però dall'impianto ad una sola navata, certamente del XVIII
secolo con quel suo carattere stilistico proprio di un arioso barocco ligure.
Locata nell'interno del borgo inglobata in un insieme urbano fatto con
la tecnica di case addossate a fortilizio, la chiesa conserva qualche singolarità.
E aveva ragione: fu incuriosito da quel capitello, come chi scrive, fu
incuriosito dalla lapide secentesca riutilizzata nel muro, a destra dell'uscita,
di una chiesa teoricamente completata ex novo nel 1784 (ORENGO cit.,
p. 128).
Ma in effetti una parrocchiale a S. Antonio esisteva da molto tempo
prima (XIII secolo?).
Fu poi dedicata forse anche a S. Bernardo e S. Sebastiano come si ricava da un quasi indecifrabile scritto di contabilità (Archivio Parrocchiale
di Vallecrosia = senza ordine tecnico) riguardante "Valle Croza ville vintimilij" per gli anni 1576-7 (sottoscritto Jacobus Martinus) e più specificatamente da un appunto del 20-VII-1614 da cui risulta un prestito di
L. 20 degli "Offisiari del Santissimo Rosario" agli "Offissiari" della
"Parrochiale del Santo Antonio et Santo Bernardo et Santo Sebastiano"
come dire i curatori non ecclesiastici = Ibidem, sciolto).
Qualche informazione (oltre a scritti concernenti gli "Offissiari" qui
superflui per l'evidenza di questi soli dati) la producono gli scritti relativi
alle visite pastorali: il 29-III-1621 il Vescovo intemelio Nicolaus Spinulas cresimò 26 fanciulli vallecrosini "in Ecclesia Parrochiali Valicrosie",
l'11-V-1704 il vescovo intemelio Ambrosius Spinula cresimò (in vesperis in Ecclesia Parochiali loci Vallicrosiae in actu Visitationis) 71
Puellae (fanciulle) e 70 Pueri (fanciulli) di Vallecrosia e contestualmente 11 ragazzi di Perinaldo (Podij Rainaldi), 3 di Vallebona
( Vallisbone ) e 2 di Borghetto S. Nicolò ( Burghetti ).
Il numero non inganni, i cresimandi venivano radunati, a diversi livelli
d'età, nell'epoca mai annuale delle visite pastorali per ricevere quel sacramento: ma, e questo è importante, come avrebbe potuto reggere tale affluenza la piccolissima chiesa di S. Bernardo?
Il 21-X-1711 il vescovo intemelio "Carolus Maria Mascardus... contulit sacramentum Confirmationis", a 28 tra fanciulli e puellae, "... in Ecclesia Parochiali S. Antonij Abbatis Loci Valliscrosiae..." (in Archivio Parrocchiale cit. = in ordine).
Dunque la parrocchiale di S. Antonio esisteva, consacrata, ben prima
del 1737!
Erà solo più piccola dell'attuale (ma sempre più grande di S. Bernardo!), era forse intestata a tre Santi ed era in pessimo stato.
Per ampliarla e ristrutturarla i vallecrosini pensarono di inviare una
petizione al Senato genovese per stornare una consistente somma dal deposito presso il banco di S. Giorgio fatto da un ricchissimo Giovanni Aprosio a beneficio dei compaesani e per utilizzarla all'uopo: grazie ai soldi del previdente (per i vallecrosini) Aprosio si sarebbe così avuta una buona chiesa!
Si elessero un procurator ad exigendum in Gio.Battista Lamberti il
2-VII-1719 (Sezione Archivio di Stato di Ventimiglia, notaio Gio.Francesco Guglielmi, rogito del 2-VII-1719, n. 305: ne avevano scelto uno
prima nel genovese Antonio Maccario di cui però più nulla si seppe>Ibidem,
2-VI-1717, n. 84) e poi le autorità dettero notizia al popolo riunito in
Parlamento dei dettagli dell'iniziativa.
La comunicazione (Ratificatio ad Populum) avvenne sempre il 2-VII-
1719: il rettore (Bartolomeo Cassini) e i due Consoli Gio.Francesco
e Gio.Bartolomeo Aprosio informarono i 75 capi di famiglia, convenuti al
suono della campana, che era necessario valersi di quella iniziativa e di quel
procuratore per risistemare la chiesa parrocchiale (S.A S V, notaio G. Francesco Guglielmi, rogito del 2-VII-1719, n. 303).
Contemporaneamente venne steso un ulteriore atto, da valersi per la
Comunità e per il Senato genovese, con cui alcuni periti tecnici avrebbero
garantito la necessità di quei lavori per la RISTRUTTURAZIONE e l'AMPLIAMENTO di S. ANTONIO.
Gio.Bartolomeo Biamonti architetto di Ventimiglia testimoniò: " ... Io
posso con giusta verità attestare che la Chiesa parrocchiale di St.Antonio
Abbate di Vallecrosia per la grande humidita, et acqua piovana che le viene
dal tetto ha molto bisogno di esser reparata, e per conservatione della medema giudico necessario rifarle il tetto di materia, come pure per esser assai
moltiplicato di persone il presente luogo stimo necessario l'accrescimento
della medema Chiesa verso i monti e per ciò fare giudico che ci vorrà la
spesa di lire ottomila circa non ostante che il Popolo si facci buona parte
delle fatiche...".
Il vallecrosino Giacomo Aprosio fu Gio.Angelo testimoniò subito dopo:
"... Io in compagnia del Capo mastro Gio.Batta Biamonte di XXmiglia son
stato più volte a visitare, e considerare il tetto, e muraglie della nostra
Chiesa parrocchiale di S. Antonio, et habbiamo giudicato che è necessario
per conservare detta Chiesa farle il tetto di materia perchè, quando piove,
in molti luoghi convien che le persone si ritirino per l'acqua che le viene
dal tetto, e muraglie, et io anche conosco necessario e bisognevole l'aggrandinamento di detta nostra Chiesa, perchè spesse volte in giorno di festa
quando si ufficia le persone non vi possono capir tutte, per essere cresciuto
il nostro Popolo et habbiamo giudicato che adanche noi le travagliamo li
giorni di festa, e le facciamo la buona parte delle fatiche, vi sarà la spesa
di lire ottomila circa..." (S.A.S V., not. G. Francesco Guglielmi, rogito del
2-VII-1719, n. 304 = nella Ratificatio si incaricò il procuratore di
chiedere però al Senato genovese la derogatio di solo 6.000 lire).
La più grande chiesa nuova avvolse quella vecchia: intorno a questa si
costruì un terrapieno su cui poggiò il nuovo edificio.
Questa è stata chiusa da tempo ma nelle testimonianze di chi potè
accedervi, anche per quei lavori di sistemazione, risulta sotto l'attuale
chiesa la presenza di un vano molto ampio con ai lati (riferiti e supponibili) altari o tombe utilizzate nel 1700 e soprattutto la continuazione dei
due pilastri terminali dell'edificio, oggi visibile e frequentato, in due gemelli sui quali i precedenti si reggerebbero.
A questo punto potrebbe anche avere una sua giustificazione la faccenda delle lapidi murate nella chiesetta di S. Bernardo: tempio con il
quale, nell'economia di chi le volle, non ebbero a che fare!
Le due iscrizioni dovettero riguardare la chiesa di S. Antonio: infatti una
ribadiva la venuta a Vallecrosia, per predicare in questa chiesa, di S. Bernardo di Chiaravalle (XII secolo) e l'altra del XIII secolo, denunciava come
la stessa chiesa fosse poi stata consacrata anche al grande monaco.
Ma allora perchè sono ora sistemate in S. Bernardo?
Se le due lapidi,
come visto del XVII-XVIII secolo, sono ricopiature da antiche incisioni è
presumibile che siano state riprese da iscrizioni andate distrutte nel corso
dei lavori per la ristrutturazione di S. Antonio (XVIII secolo) e che poi,
senza valutarne giustamente il significato che le voleva legate a quest'ultima chiesa, siano finite in quella di S. Bernardo, lentamente fiorita per il
culto di un Santo che aveva poco spazio in S. Antonio e la cui
chiesa la gente volle nell'edificio sacro fuori borgo.
Come potrebbe anche essere che quelle due iscrizioni siano state fatte
del tutto ex novo, all'epoca di qualche lontana celebrazione per S. Bernardo,
e senza molta considerazione del luogo e delle circostanze siano state locate
nella chiesa ormai ritenuta esclusiva di S. Bernardo (nella Parrocchiale,
stando alle lapidi e a dati diversi, pur dedicata anche a S. Bernardo la
"presenza" di S. Antonio era troppo soffocante e infatti questa fu quasi
sempre nominata quale chiesa parrocchiale di S. Antonio).
In definitiva la parrocchiale di S. Antonio, pur di dimensioni ridotte
rispetto all'attuale, esisteva da molto tempo prima di quanto il vescovo
intemelio Bacigallupi la consacrò o meglio la riconsacrò singolarmente a
S. Antonio Abate come si legge in un'iscrizione sul muro perimetrale destro all'interno: "Ant.M.a Bacigallupi / Episcopato Intem. consecravit /
Ecclesiam hanc dicatam / D.Antonio abati / anno 1737 die XXIII Januarii / eiusq. celebritatis memoriam / dominica III octobris / recolendam
statuit" (che poi, per i latinisti, è già un programma: la chiesa, dall'iscrizione, risulta consacrata ma già dedicata a S. Antonio, esistente da tempo,
e il Bacigallupi ribadì nell'occasione la necessità di celebrare il Santo in un
tempo preciso: la terza domenica di Ottobre).