cultura barocca
Ponti Romani in Liguria e le devastazioni visigotiche di Ataulfo: da quelli tuttora superstiti, dal savonese all'ingaunia, ed invece quelli scomparsi da tempo nell'agro di Ventimiglia: nel medioevo la conquista genovese di Ventimiglia ad opera di Lotaringo di Martinengo e l'impaludamento del porto canale del Roia/Roja = in dettaglio dal guado romano che stava nel Verbone o Crosa fino al tracciato tra gli ulivi che restò ai Piani di Vallecrosia della via romana "Iulia Augusta" = il cui modesto tracciato detto per memorie antiche "strada romana" superando il rio Seborrino portava al Convento di S. Agostino (vedi il n. 7 attivo, come tutti gli altri e le voci nella carta) e quindi al ponte sul Roia/Roja in un areale paludoso per le tracimazioni e causa di malaria su cui scrisse anche A. Aprosio (alla radice della Costituzione degli Otto Luoghi con separazione per l'amministrativo delle Ville Orientali da Ventimiglia risiede anche, con molte altre ragioni, la difficoltà di comunicazione delle Ville con la Città per rifornirsi ai pubblici magazzini dell'Abbondanza, nei periodi di mal tempo con esondazione dei fiumi, come si evince da questa Petizione del Bordigotti del 1633 con allusione all'impraticabilità viaria)[Le voci nella carta sono attive: per un'integrazione clicca qui per visualizzarle = numero 2 - ponte antico e quindi detto anche ponte rinascimentale (ma più correttamente cinque-seicentesco) in muratura e ad arcate mobili sul Roia/Roja - la costruzione del ponte nuovo (voci attive) dopo la distruzione nel 1861 del ponte rinascimentale (scorri il testo e vedi l'immagine della distruzione) - e... cosa ne resta oggi (del ponte rinascimentale); visualizza altre immagini e quindi ingrandisci questa carta]Vedi qui il dibattito contestuale per la realizzazione di un forte alla marina
I ponti medievali sia sul Nervia che sul Roia/Roja = la realizzazione del ponte cinquecentesco sul Roia dopo il terremoto del 1564 rientrante negli effetti collaterali, come leggesi nel Manoscritto Borea del "Terremoto di Nizza" = vedi la Relazione dei Commissari di Genova incaricati di catalogare le rovine della città, delle strade e del ponte e visualizza alternativamente la supervisione e l'ipotesi di ricostruire un nuovo ponte in legno (che per l'usura doveva però esser in pratica restaurato ogni anno cosa che non sarebbe avvenuta con un buon ponte in muratura) si giunse alla petizione e poi alla decisione di edificare un ponte in muratura concluso tardi e poi anche necessariamente restaurato dopo che durante la guerra di Successione Imperiale nel 1746 fu fatta saltare dai Franco-Spagnoli la II arcata

Esistono alcune rare pubblicazioni (del Bartoli e dello Sterpi per esempio) che Cultura-Barocca presto metterà in rete a riguardo delle imprese di Carlo Emanuele III durante la settecentesca Guerra di Successione al Trono Imperiale [per semplificare quella un cui episodio celebre fu quello del Balilla, in merito alla liberazione di Genova dagli Austriaci, nel Dicembre 1746 (impresa cui il nobile poeta di Albenga Domenico Masnata dedicò un sonetto parimenti qui riportato)] ma in questo contesto si tratta piuttosto uno specifico argomento bellico che comporta confronti anche con l'epoca medievale. Giunto a Bordighera nel 1746 (una lapide nel Palazzo Piano ricorda l'evento = vedi Marciando per le Alpi..., pag. 104 nota 16 e bibliografia) e postovi il suo "Quartiere Reale", Carlo Emanuele III, contro le aspettative, venne informato che la città ed il forte erano stati ben difesi e muniti dai Franco-Spagnoli in ritirata e che
un attacco diretto avrebbe potuto essere assai duro in termini di perdite di vite umane, tenendo anche conto che il Ponte sul fiume Roia/Roja risultava esser stato minato.
Conseguentemente a ciò il Sovrano, lasciando a sottoposti l'assalto alla città e la presa del forte, deviò con l'armata, sulle tracce dell'Infante di Spagna comandante in capo dell'armata franco-spagnola (avendo però come meta la riconquista della sua base di Nizza), e risalendo fin a Dolceacqua, per aggirare sulle alture la forte Ventimiglia, potè osservare come rispetto al "Forte intemelio" il pur elegante Castello di Dolceacqua, ideato per altre epoche e strutturalmente edificato in un tempo in cui le moderne artiglierie non esistevano, fosse stato devastato celermente nel 1744 dall'avanzante condottiero spagnolo Marchese las Minas ( nelle alternanze di questa guerra durante la realizzazione di ridotte, cammini, trinceramenti, scavi per disporre mine i soldati, di entrambe le armate nell'area del Nervia ma non solo, finirono per accedere a zone archeologiche, più cedevoli nel realizzare escavazioni o magari facilmente accessibili già a vista dove si son poi sorprendentemente rinvenuti reperti bellici settecenteschi evidentemente abbandonati per sopraggiunti scontri e ritirate o semplicemente dimenticati = contestualmente ad un discorso sulle armi da fuoco, inclusi archibugi, pistole e fucili vedi qui il cannone che cambiò le sorti dell'artiglieria e primeggiò nelle " nuove guerre" ed analizza, recuperando le immagini dai collegamenti, l'evoluzioni delle bombe come sfere, di metallo o più spesso ancora di pietra, di cui si sfruttava l'energia di impatto alle ben più devastanti bombe esplosive)

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